lunedì 19 aprile 2021

“CHI NON CAMBIA, SE NON DEVE ANDARE IN CARCERE, ANDRÀ IN SOFFITTA O IN ARCHIVIO”

La parte della mia storia che avvio con questo post si riferisce all’impegno politico, che è durato circa 10 anni. Il primo lustro ha riguardato l’impegno politico partitico, il secondo quello politico amministrativo

La prima fase ha interessato gli anni 1990-1994 ed è cadenzata da alcuni precisi eventi provinciali. Il XVII Congresso provinciale DC del 3-4 febbraio 1990. La nascita di Rifondazione Democristiana dell’ottobre 1992. Il XVIII Congresso provinciale DC svoltosi in due momenti: maggio e giugno 1993. L’avvio del percorso costituente per la nascita del nuovo Partito Popolare dell’ottobre 1994. La nascita del Polo della Democrazia e della Solidarietà del dicembre 1994.

Entro ufficialmente nella Dc nel 1987, impegnandomi nella sezione di Pitigliano. Poi vi è una proiezione provinciale e parte l’avventura, con l’elmetto. Mai mi sarei aspettato che qualcuno mi indicasse come candidato alla segreteria provinciale della DC. La sorpresa non è solo mia se il giornalista de La Nazione, Salvatore Mannino, il 3 febbraio 1990, inizia il suo articolo con quel “Carneade, chi era costui?” di donabbondiana memoria. Vado all’assemblea il giorno dopo e emozionato intervengo… a pallettoni. Il Tirreno e La Nazione mi dipingono come il Leoluca Orlando della Maremma. “È nata una stella” commenta il generoso Giuliano Carli (La Nazione, 5 febbraio 1990). “Di sicuro c’è – continua il corrispondente S. Mannino – che la sinistra DC ha trovato il suo Leoluca Orlando: l’uomo del mondo cattolico, molto critico nei confronti dei vecchi schemi democristiani, più legato ai movimenti che al partito tradizionale. Il discorso di Gentili è stato tutto giocato sulla contrapposizione tra vecchio e nuovo. Andrei, la sua gestione, la prospettiva che offre sono il vecchio, un partito moderato e sclerotico”. Ricevo complimenti e applausi, poi in un pranzo di corrente viene deciso il mio ritiro, con mio sollievo e sollievo anche di chi mi ha presentato.

Terminato il congresso mi defilo. Fino al 12 dicembre 1992, quando, insieme a un bel gruppo di amici, presentiamo le nostre idee per il rilancio della DC. E proponiamo una vera e propria rottamazione. Chiediamo di rimuovere i detriti perché il partito è diventato una necropoli, di abbattere il clientelismo-nepotismo, di finirla con il professionismo politico, di buttare alle ortiche la confusione tra incarichi, di porre fine all’era dei portaborse, di azzerare il tesseramento e cambiare totalmente la dirigenza provinciale. Il tutto per una politica della speranza, con in mente Padre Bartolomeo Sorge.

Avevo giurato a me e stesso di non farlo più, ma cado un’altra volta nel tranello: di nuovo candidato al Congresso provinciale del 1993, contro Felice Matrisciano. Mi muovo per la provincia per confrontare le nostre radicali idee di rinnovamento (Castel del Piano, Grosseto, Follonica, Albinia). Idee che partono dalla presa di coscienza della fine di un’intera stagione politica, della fine di quella forma partito, del crepuscolo di quella Dc. E si reggono su tre convinzioni. La fine di quella forma partito non presuppone la fine dei partiti, ma la loro radicale rifondazione. Il crepuscolo di quella DC non fa tramontare la necessità del contributo del cattolicesimo democratico alla politica. Per offrire un serio contributo in questa direzione è ancora necessaria un’aggregazione politica che si ispiri ai valori cristiani.

Quello che penso lo dico in un’intervista al settimanale diocesano, che inizia così: “Dopo il 18 aprile chi non cambia, se non deve andare in carcere, andrà in soffitta o in archivio”. E aggiungo: “Se la mia candidatura, con tutto quello che rappresenta, non trova il consenso degli aderenti democristiani, ma ancora una volta si preferiscono candidati ingabbiati nella vecchia logica, considero chiusa la mia esperienza in questa DC provinciale”.

Posizioni effettivamente forti, forse integraliste, sicuramente intransigenti e, pertanto, prestano il fianco ad essere ritenute presuntuose, irrispettose, totalitarie. Non è certo questo l’intento che le muove; v’è invece l’avvertita coscienza della gravità del momento, che richiede interventi extra-ordinari.

Al congresso affermo che il nuovo è: tornare alle radici, il partito dei cittadini, eliminare le strutture di peccato, puntare sui valori e, in primis, sono le persone nuove. Perdo la sfida, anche se analizzando i voti delle sezioni territoriali vi sono molte sorprese. E Mauro Schiano teorizza “il bello della sconfitta”.

Partecipo anche all’Assemblea per il nuovo Partito Popolare e la linea è sempre la distinzione tra vecchio e nuovo. Il nostro slogan è “dentro, contro, oltre”. Interessante un convegno che facciamo al Castello della Triana.




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