lunedì 15 giugno 2020

DON ICILIO FA RIMA CON CONCILIO

“Cari giovani, ritornate nei vostri ambienti e trasmettete ai vostri amici Gesù Cristo. Contribuite a convertire le vostre parrocchie, se necessario anche i parroci e i vescovi allo spirito conciliare”

È questo il don Icilio Rossi dei campi scuola regionali: quelli organizzati dal 1970 al 1982 (Campitello di Fassa, Carbonin, La Mendola, Soraga, Sappada, Passo Falzarego) e che hanno coinvolto 3.700 giovani (nella prima foto Don Icilio a 47 anni).
Non v’è dubbio che sia stato un leader dalla forte personalità, ma di quelli che ad un certo punto si dissolvono per fare spazio al Maestro. Più ancora lo definirei un padre nella fede. Grazie a lui ho incontrato Gesù, e con me tanti altri.
La sua impronta spirituale è rintracciabile nei percorsi che ci indicava ai campi scuola.
Prima il senso della vita, “siete chiamati da Dio a fare cose grandi. Scelte degne dei giovani, forti, radicali, controcorrente” e coniava lo slogan “se non agisci come pensi, pensi come agisci”.
Poi la Trinità e la presentazione di Cristo perché potessimo innamorarci di Lui, dialogare con Lui. Ce ne parlava insieme ai responsabili più grandi, ma soprattutto ci aiutava a dialogare con Lui nei minuti e nelle ore dedicate alle adorazioni guidate e abbandonate, perché potessimo restare a tu per tu con Gesù eucaristico, il nostro “sole”. Ricordo a Soraga e, forse con maggiore intensità, al Passo della Mendola, seduti su quelle stuoie di canne, in posizioni quasi da yoga; lì ciascuno di noi chiedeva: “Signore cosa vuoi che io faccia?” e maturavano le scelte decisive. Lo slogan era “adorare per aderire”.
Quindi la Chiesa, che ci aiutava ad amare nelle sue bellezze e povertà, ricordando che “la Chiesa ideale è quella reale”.
Condotti sul Tabor di una Chiesa trasfigurata con i tratti della Lumen gentium, ricordava: “il vostro posto è là, là in mezzo a loro”, in quella parrocchia magari scalcinata, incapace di dialogare con i giovani e con quel prete un po’ così (nella seconda foto Don Icilio nel 2005 ad Arabba con Rossella e Samuele).
Chiesa incentrata in Cristo, che – sillabava con in mano la Gaudium et spes – “per essere fedele a Dio deve essere fedele all’uomo” e deve impegnarsi per la pace e la giustizia. E coniava lo slogan “metti il grembiule e servi”. Che fuoco dentro di noi!
Infine, c’era la proposta del gruppo di Azione Cattolica (aperto a tutti), come palestra di vita cristiana, formazione, spiritualità, amicizia, dialogo.
Il percorso era molto rigoroso e gli scrittori cristiani del 900 da lui maggiormente citati erano Dietrich Bonhoeffer, Italo Mancini, Jean Guitton, Charles Péguy, Jacques Maritain. E poi citazioni di Congar, Daniélou, de Lubac precursori del concilio. E anche tanto Antico e Nuovo Testamento.
Da tutto quell’itinerario, animato dalla fiducia verso i giovani ai quali parlava con franchezza, sono emerse vocazioni religiose, sacerdotali e soprattutto laicali: uomini e donne inseriti con spirito cristiano nella vita quotidiana, professionale, sociale e politica.
Insomma mi sembra di poter dire che Icilio non è tanto un nome proprio di persona, singolare. Icilio è, per noi, un nome comune, o un sostantivo plurale. Dire don Icilio è dire esperienze forti, è dire catena di amicizie cristiane, è dire sollecitazione per scelte chiare, anche contro corrente, è dire mamma Italia, amore per le Alte vette (in senso fisico e spirituale) è dire sete del Concilio (nella terza foto Don Iclio a 91 anni)
Già, Icilio fa anche rima con “Concilio”, che ci veniva sminuzzato in tutte le salse. In particolare ricordo l’insistenza sul sacerdozio comune dei fedeli, che lungi dall’essere una venatura protestante, ci spronava tutti a dare lode a Dio con la nostra vita, nelle piccole cose di tutti i giorni, nell’ordinarietà; e l’universale chiamata alla santità, non più intesa come “stato di perfezione, ma perfezione di stato”.
Insieme a Rossella – ma sono certo a tantissimi ex-giovani -  ringraziamo Dio, perché l’ha posto sulla nostra strada a cavallo tra l’adolescenza e la prima giovinezza, quando si dicono quei due e tre sì e quei due o tre no che ti guideranno per tutta la vita.
Il 25 novembre di due anni fa (2018), ci siamo ritrovati a Sinalunga insieme a tanti cari amici per festeggiare i suoi 90 anni. L’età non fa sconti a nessuno, ma quel volto, quella voce dal tono alto, quell’autorevolezza cristiana sono ancora perforanti e la frase ripetuta durante l’omelia nella Collegiata, “ciò che conta è la fede”, è stata la vera sintesi del suo insegnamento e della sua vita (nell'ultima foto Don Icilio con alcuni ex-giovani a Sinalunga per i 90 anni). 
Lunga vita a don Icilio, uomo di fede e di concilio.

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