Il gruppo, gli slogan, gli scrittori cristiani. Il rilancio
dell’AC diocesana
Ho già avuto modo di dire che i 9
anni di presidenza diocesana dell’Azione Cattolica furono esaltanti. Lo furono
per il cammino di fede, per l’incontro con belle persone, per la volontà di
provare a dar ragione della speranza che era stata messa in noi dall’incontro
con il Signore. Ma furono faticosissimi.
Il 1976, quando a 19 anni fui scelto e scaraventato nell’arena
diocesana come presidente dell’Azione Cattolica, non era un periodo facile. Non era facile (se mai vi sono tali periodi) perché si veniva da
una fase diocesana delicata per il mondo associazionistico.
Scegliere un diciannovenne come
presidente dell’AC unitaria poteva essere dettato dal coraggio o dalla
disperazione. Forse entrambi, ma ciò non toglie che stessero ad indicare la
difficoltà di acquisire disponibilità o la necessità di produrre forti
cambiamenti.

Non che a livello parrocchiale non
vi fossero belle figure laicali. Anzi, uomini e specialmente donne di profonda
spiritualità, senso della chiesa, attente al prossimo, specie quello più
bisognoso, costellarono la vita di alcune parrocchie. Qualcuna ci ha lasciato,
altre sono ancora con il testimone in mano a condurre la buona battaglia
(Sascia, Viviana, Elisabetta, Rita, Maddalena, poi Garda…). Ma certo, il numero
era troppo esiguo, soprattutto rispetto al corpo cattolico ancora molto
tradizionalista, per sopportare lo sforzo che ci attendeva: convertirsi come
singoli e come comunità ecclesiale alla Chiesa tratteggiata dal Concilio
Vaticano II.
Dalla nostra parte, in quel
periodo, avemmo l’opportunità di fare
esperienze veramente forti e significative. Il tragitto fu lungo e
doloroso, ma anche grazie alla spinta del Vescovo Giovanni D’Ascenzi,
provvidenzialmente nominato nel 1975 e ai contatti con diversi amici del Centro
Nazionale di Azione Cattolica, dopo circa 10 anni di amministrazione apostolica
si imboccò la strada di una sempre maggiore fedeltà al Vangelo e di una chiesa
quindi sempre più conciliare. Non tutti seguirono, anzi alcuni reagirono. Ma
questa è la vita.
Il nostro percorso ebbe una sua naturale evoluzione, un po’ legata alla
nostra età, un po’ alla sempre maggiore consapevolezza del compito che spettava
ai laici cristiani nella chiesa e nel mondo.

Alcune foto dei campi scuola di Faltona sono su:
Fu alla scuola di quelle
esperienze, specie regionali, magistralmente guidate dall’assistente don Icilio Rossi, che molti nostri
giovani (spinti a partecipare da Don Giorgio Gubernari) sentirono parlare di
Concilio, di Chiesa-comunione, di vocazione dei laici, di partecipazione dei
laici alla vita della Chiesa, di dialogo con il mondo, di giustizia sociale, di
umanesimo integrale e plenario. Gli slogan che costellarono quel periodo
furono: “se non agisci come pensi, pensi
come agisci”, “la santità non è uno
stato di perfezione, ma una perfezione di stato”, “adorare per aderire”, “la
chiesa ideale è la chiesa reale”, “mettiti
il grembiule e servi”, “il gruppo per
stare in piedi deve mettersi in ginocchio”, “le strutture sono i rapporti”.

Tutto quello sforzo spirituale,
intellettuale, esperienziale fece
maturare decisioni e impegni che condussero un bel gruppo di giovani, oggi
adulti, ad acquisire perlomeno una forma mentis conciliare ed a trasferirla nei
gruppi parrocchiali e nei campi scuola diocesani che, dal 1978, inizieranno a
decollare a pieno ritmo sotto la sapiente guida spirituale del giovane
assistente diocesano AC Giovani, don Lido
Lodolini e di quello AC Ragazzi, don
Mario Amati.

Dal 1978 al 1993 sono transitati
alla Triana diverse centinaia di ragazzi.
Quei campi rappresentarono un unicum specie per l’entusiasmo che si respirava
e per quel sacro fuoco che spingeva giovani laici a maturare impegni ecclesiali
e sociali sempre più rilevanti.
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