Il gruppo, gli slogan, gli scrittori cristiani. Il rilancio
dell’AC diocesana
Ho già avuto modo di dire che i 9
anni di presidenza diocesana dell’Azione Cattolica furono esaltanti. Lo furono
per il cammino di fede, per l’incontro con belle persone, per la volontà di
provare a dar ragione della speranza che era stata messa in noi dall’incontro
con il Signore. Ma furono faticosissimi.
Il 1976, quando a 19 anni fui scelto e scaraventato nell’arena
diocesana come presidente dell’Azione Cattolica, non era un periodo facile. Non era facile (se mai vi sono tali periodi) perché si veniva da
una fase diocesana delicata per il mondo associazionistico.
Scegliere un diciannovenne come
presidente dell’AC unitaria poteva essere dettato dal coraggio o dalla
disperazione. Forse entrambi, ma ciò non toglie che stessero ad indicare la
difficoltà di acquisire disponibilità o la necessità di produrre forti
cambiamenti.
In effetti, dal 1970 al 1976, l’AC
diocesana era passata da 1.372 a 587 iscritti e il gruppo dei laici più
impegnati di allora, perlopiù costituito da giovani-adulti, per motivi di
lavoro dovette lasciare la diocesi e, forse, la parte più adulta risentiva
ancora molto di una educazione pre-conciliare, che faticava ad innestare i
cambiamenti che la Chiesa italiana post-conciliare e l’Azione Cattolica della
scelta religiosa reclamavano.
Non che a livello parrocchiale non
vi fossero belle figure laicali. Anzi, uomini e specialmente donne di profonda
spiritualità, senso della chiesa, attente al prossimo, specie quello più
bisognoso, costellarono la vita di alcune parrocchie. Qualcuna ci ha lasciato,
altre sono ancora con il testimone in mano a condurre la buona battaglia
(Sascia, Viviana, Elisabetta, Rita, Maddalena, poi Garda…). Ma certo, il numero
era troppo esiguo, soprattutto rispetto al corpo cattolico ancora molto
tradizionalista, per sopportare lo sforzo che ci attendeva: convertirsi come
singoli e come comunità ecclesiale alla Chiesa tratteggiata dal Concilio
Vaticano II.
Dalla nostra parte, in quel
periodo, avemmo l’opportunità di fare
esperienze veramente forti e significative. Il tragitto fu lungo e
doloroso, ma anche grazie alla spinta del Vescovo Giovanni D’Ascenzi,
provvidenzialmente nominato nel 1975 e ai contatti con diversi amici del Centro
Nazionale di Azione Cattolica, dopo circa 10 anni di amministrazione apostolica
si imboccò la strada di una sempre maggiore fedeltà al Vangelo e di una chiesa
quindi sempre più conciliare. Non tutti seguirono, anzi alcuni reagirono. Ma
questa è la vita.
Il nostro percorso ebbe una sua naturale evoluzione, un po’ legata alla
nostra età, un po’ alla sempre maggiore consapevolezza del compito che spettava
ai laici cristiani nella chiesa e nel mondo.
Il PRIMO TEMPO lo ricordo con una spiccata attenzione alla formazione
personale e all’attività dei gruppi giovanili. L’ACR con la sua struttura
esperienziale ci fece comprendere un modo nuovo di stare con i ragazzi. Più
fatica si fece con gli adulti, a parte qualche lodevole eccezione. Le
esperienze formative del periodo furono veramente cariche di significato:
giornate associative, esercizi spirituali e soprattutto campi-scuola. Come non
ricordare, ad esempio, quelli giovanili promossi dall’Azione Cattolica, prima
regionali (Carbonin 1972, Soraga
1973-74-75, Passo della Mendola 1976, Sappada 1978 e cito solo quelli a cui
ricordo di aver partecipato), poi diocesani (una breve parentesi a Faltona nel 1977, quindi a Triana dal 1978).
Alcune foto dei campi scuola di Faltona sono su:
Fu alla scuola di quelle
esperienze, specie regionali, magistralmente guidate dall’assistente don Icilio Rossi, che molti nostri
giovani (spinti a partecipare da Don Giorgio Gubernari) sentirono parlare di
Concilio, di Chiesa-comunione, di vocazione dei laici, di partecipazione dei
laici alla vita della Chiesa, di dialogo con il mondo, di giustizia sociale, di
umanesimo integrale e plenario. Gli slogan che costellarono quel periodo
furono: “se non agisci come pensi, pensi
come agisci”, “la santità non è uno
stato di perfezione, ma una perfezione di stato”, “adorare per aderire”, “la
chiesa ideale è la chiesa reale”, “mettiti
il grembiule e servi”, “il gruppo per
stare in piedi deve mettersi in ginocchio”, “le strutture sono i rapporti”.
Gli scrittori cristiani del 900
maggiormente citati erano Dietrich Bonhoeffer, Italo Mancini, Jean Guitton,
Charles Péguy, Jacques Maritain. Come pure André Frossard con Dio esiste, io
l’ho incontrato, C’è un altro mondo, Le 35 prove che il diavolo esiste, Georges
Bernanos con Diario di un curato di campagna, Carlo Carretto con Il deserto
nella città e L’utopia che ha il potere di salvarti, Don Lorenzo Milani con
Lettera ad una professoressa, Esperienze pastorali, L’obbedienza non è più una
virtù, La parola fa uguali. E poi citazioni di Congar tratte per lo più dal suo
famoso Jalon pour une théologie du laicat, Daniélou, de Lubac precursori del
concilio. E anche tanto Antico e Nuovo Testamento.
Tutto quello sforzo spirituale,
intellettuale, esperienziale fece
maturare decisioni e impegni che condussero un bel gruppo di giovani, oggi
adulti, ad acquisire perlomeno una forma mentis conciliare ed a trasferirla nei
gruppi parrocchiali e nei campi scuola diocesani che, dal 1978, inizieranno a
decollare a pieno ritmo sotto la sapiente guida spirituale del giovane
assistente diocesano AC Giovani, don Lido
Lodolini e di quello AC Ragazzi, don
Mario Amati.
Ed anche in queste esperienze
diocesane cresceranno vocazioni alla vita laicale adulta e troveranno spazio
quelle di speciale consacrazione: come non ricordare, tanto per fare un esempio
piuttosto eclatante, la segretaria diocesana del movimento studenti di azione
cattolica, Franca Lacchini, poi diventata monaca di clausura (cosa che avvenne,
a livello regionale, anche per la pontassievina Isa Manzini).
Dal 1978 al 1993 sono transitati
alla Triana diverse centinaia di ragazzi.
Quei campi rappresentarono un unicum specie per l’entusiasmo che si respirava
e per quel sacro fuoco che spingeva giovani laici a maturare impegni ecclesiali
e sociali sempre più rilevanti.
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