martedì 4 agosto 2020

POST 14 – L’INCONTRO CON IL CARISMATICO DINO BOFFO


I rapporti epistolari, la scuola associativa di Frascati e la IV Assemblea diocesana, nella quale ci invitò ad essere incendiari per amore

Un altro rapporto importante fu con l’allora segretario nazionale, Dino Boffo. Con lui ebbi varie relazioni epistolari ed ebbi modo di apprezzarlo in diversi convegni e seminari nazionali. Mi sembrava il più carismatico. Tra l’altro, scriveva proprio tanto a tutti i presidenti diocesani.
Ricordo un importante convegno dei presidenti alla Domus Mariae del 23-25 giugno 1978 con una sua corposa relazione su Una nuova strategia per la vita: la proposta pastorale dell’AC per il 1978/79. Con essa l’AC nazionale (o meglio, una parte di essa) voleva spingere l’associazione a tutti i livelli ad uscire dai limiti ecclesiali ed a farsi carico delle povertà vecchie e nuove del nostro Paese. A me quel tentativo piacque molto. L’obiettivo concreto – come già detto – era quello di dar vita a gruppi operativi di base in grado di far inserire nei programmi associativi e della chiesa diocesana tutta, iniziative di sensibilizzazione ed animazione sulle situazioni di non-vita presenti sul territorio.
Rammento pure l’indimenticabile Scuola Associativa di Frascati del 5-13 luglio 1980 (Rossella partecipò a quella successiva del 6-14 settembre 1980 a Nocera Umbra) nella quale, insieme a Dino, ricordo l’assistente generale Mons. Giuseppe Costanzo (che mi colpiva quando commentando le scritture partiva sempre dall’analisi dei verbi), il presidente nazionale, Mario Agnes, don Paolo Milan, Paola Bignardi, Luigi Maffezzoli, Vito Scrocco, M. Grazia Tibaldi.
Di quell’esperienza ho ritrovato una cartolina che inviai ai miei genitori firmata da Agnes, Costanzo e Boffo.

In particolare ricordo Dino quando lo invitammo alla IV Assemblea diocesana del 24 febbraio 1980 a Pitigliano.
Ripesco dal settimanale diocesano Confronto del 2 marzo 1980 a pag. 9, uno stralcio dell’intervento di Dino, sotto il titolo, L’Azione Cattolica è quella che noi la facciamo essere. E rivedo alcuni tratti della sua personalità associativa di quel periodo.
Il Dino carismatico che si immedesima, quasi, nell’Apostolo che visita le prime comunità cristiane. “Abbiamo la sensazione che nella diocesi di Sovana-Pitigliano si stia formando molto lentamente la nuova Azione Cattolica. Ci presentiamo a voi con il capo chino e il cuore grato, cioè con l’atteggiamento dei pellegrini che vanno di Chiesa in Chiesa e raccolgono le meraviglie che il Signore ha dato al suo popolo. Veniamo con il capo chino perché pensosi di quello che Dio fa e con il cuore grato perché vediamo Dio al lavoro che sta preparando grandi cose per quelli che lo amano”.
Il Dino che propone di uscire dalla sonnolenza per diventare i pionieri del nuovo modo di essere azione cattolica e la indica come scelta di vita radicale, da compiere prima di tutto al livello interiore. Appare come la risposta ad una chiamata.
“L’AC è viva in Italia. Si vede brillare negli occhi di tante persone e questo sia segno di speranza per noi e ci sproni ad andare avanti. Questi anni 80 sono per l’Azione Cattolica tempo di ricostruzione; noi siamo quelli che tracciano il sentiero poi altri seguiranno. Se la nostra età è l’età dei pionieri noi dobbiamo farci avanti. È tempo di svegliarci dal sonno come dice S. Paolo. Forse oggi una delle tentazioni più grosse è la pigrizia e vincere la pigrizia è una delle sfide più grandi per noi in questi anni. Nessuno dà la sua vita all’Azione Cattolica se non è convinto che ne vale la pena ed ognuno di noi darà sempre più se stesso, tanto in quanto riesce ad enucleare i motivi per cui ne vale sempre più la pena. Noi insieme vogliamo costruire, vogliamo fare ed essere chiamati per nome, dato che si parla della nostra vita”.
    Il Dino che ci dice di scegliere l’azione cattolica per diventare incendiari del cuore di altri fratelli, nella ordinarietà della vita resa straordinaria dall’incontro con il Signore.
“Ciascuno di noi deve prendere l’Azione Cattolica, farla sua e viverla e rendersi conto del perché è bello, del perché vale. Il Papa nello scorso Consiglio nazionale disse: ‘Siate fedeli alla vostra identità, siate fedeli a voi stessi’, significa che dobbiamo riscoprire quale è il dono che all’inizio ci convoca e poi ci porta ovunque, dove ci manda la Chiesa. Noi laici di AC siamo gente normale e non abbiamo l’ambizione di trasformarci. Siamo soltanto laici normali che dentro la nostra normalità di vita ci sentiamo chiamati dal Signore per cui la nostra vita normale diventa eccezionale, l’ordinario diventa straordinario e l’incontro straordinario con il Signore ci mette una grande rincorsa per i fratelli che, come diceva Santa Caterina da Siena, ci farebbe incendiare l’Italia. Cioè dar fuoco al cuore di ogni fratello”.
    Il Dino che rammenta la visione conciliare dell’AC e il suo essere parte del disegno costituzionale della Chiesa. Lo fa ribadendo la fondamentale importanza dei laici organizzati, del loro linguaggio e affermando la centralità della parrocchia. Anzi, la sua natalità.
“Come fa la Chiesa ad essere se stessa fino in fondo senza laici che siano trasparenti di Gesù Cristo? L’apostolato è fatto di opere ma è anche fatto di parole, di testimonianza di vita, di confessione di vita. E così secondo il nostro linguaggio dobbiamo sapere annunciare il Vangelo. Questa è azione cattolica, per questo l’ha benedetta e l’ha inserita nel suo disegno costituzionale. Siamo laici che servono a guisa di corpo organico, come afferma il Concilio, ma questo non significa legarci, significa invece essere capaci di collegamenti tali da rendere più efficace l’azione che facciamo. Laici che si impegnano, si organizzano, collaborano con il Vescovo evangelizzando e sono da lui mandati ad evangelizzare. (…). Dobbiamo essere gli strumenti della fede, e lo strumento è ciò che serve: noi dobbiamo servire la comunione della comunità. L’Azione Cattolica deve servire la comunione affinché una Chiesa vada ad incontrare l’uomo dove l’uomo vive. Ma che cosa è la Chiesa? Dove se ne può fare esperienza se non in parrocchie fortemente rinnovate dove c’è il Signore che opera? La parrocchia è l’espressione più bella del Natale (Dio con noi per sempre). Una Chiesa che rivela il volto di Dio innamorato dell’uomo. Noi dovremmo avere alta stima e considerazione di ciò che la parrocchia custodisce.
    Infine, il Dino che sottolinea l’importanza della formazione che va, però, rivoluzionata. Da essa passano gli uomini e le donne della nuova azione cattolica.
“Dobbiamo riscoprire il senso della formazione. Non pensiamo che basti la riunione o la lettura del Vangelo; non è certamente Azione Cattolica fare salotto con il parroco. Il nostro impegno racchiude tutte le nostre attività, tutta la nostra vita. E nelle varie situazioni noi viviamo l’AC. L’AC deve essere soprattutto dentro di me. Un’azione cattolica che è una scelta non detta, se volete, ma fatta; si può anche non dire, basta viverla (…). L’Azione Cattolica ha una propria identità, ha la sua intelligenza, la sua bellezza. Me è soprattutto quella che noi la facciamo essere: per cui se la rendiamo brutta è brutta, se la rendiamo bella è bella”.
 
Di fondamentale importanza fu inoltre l’auspico del Vescovo Giovanni D’Ascenzi, che l’Azione Cattolica potesse nascere in tutte le parrocchie.
L’Assemblea espresse un nutrito Consiglio diocesano e la Presidenza diocesana risultò così composta: presidente Stefano Gentili, segretaria generale e segretaria del MSAC Margherita Guastini, vice-presidenti adulti, Bergamo Sascia e Ronca Maddalena e forse Angelo Landini, vice-presidenti giovani Rita Vespasiani, Rossella Ronca e Francesco Orsini, rappresentante ACR, Renza Ginesi, amministratore Stefano Renzi, segretario MLAC Roberto Dainelli. Assistente generale unico: don Lido Lodolini.
Con l’indicazione del segretario del MLAC (Movimento Lavoratori di AC) si voleva aggredire cristianamente anche il mondo del lavoro, ma su quel fronte il nostro sforzo risultò piuttosto vano. Il gruppo dei Presidenti parrocchiali giunse a 17 ed ebbe un bel rinnovamento.
Ammesso e non concesso di essere stati in grado di aver compreso il proprium dell’AC, ci dedicammo a riflettere e a far riflettere sull’importanza dei laici all’interno della comunità ecclesiale. L’intento era quello di sensibilizzare tutti gli associati e le persone che ruotavano intorno alle nostre attività formative, sul compito che i laici, in virtù del battesimo, dovevano esercitare all’interno della chiesa. Come si era soliti dire, esercitando il triplice potere sacerdotale, profetico, regale che il Concilio Vaticano II aveva indicato come proprio anche dei fedeli laici. Non a caso il tema della IV Assemblea diocesana del 1980 fu proprio: L’AC: servizio nella parrocchia per la con-costruzione di comunità conciliari a servizio dell’uomo. Si diceva a servizio dell’uomo e, come detto, lo si declinava particolarmente nell’attenzione ai diritti umani e con la strategia per la vita.
Ma prioritariamente la nostra attenzione fu rivolta alla costruzione di comunità conciliari e lo si fece ricorrendo particolarmente ai giovani. Con i nostri adulti di base l’operazione fu più ardua, perché naturalmente risentivano dell’educazione pre-conciliare.

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