giovedì 13 maggio 2021

POST 30 – IL XVIII CONGRESSO PROVINCIALE DELLA DC: IL BELLO DELLA SCONFITTA

La sconfitta contro Felice Matrisciano e i vecchi leoni. Con Martinazzoli per la Costituente. Il nuovo è: tornare alle radici, il partito dei cittadini, eliminare le strutture di peccato, puntare sui valori. Il nuovo sono le persone nuove: né lifting, né silicone. Il malinteso Gentili-Corsi

A rileggere oggi le mie posizioni di quel periodo (comuni con altri amici) debbo riconoscere che esse erano effettivamente forti; non so se integraliste, io le definivo intransigenti. Sicuramente prestavano il fianco ad essere ritenute presuntuose, irrispettose, totalitarie. Non era certo questo l’intento che le muoveva; v’era però l’avvertita coscienza della gravità del momento, che richiedeva interventi extra-ordinari.

Questa sensazione avevo tentato di farla percepire negli incontri di base, nell’assemblea degli eletti il 15 maggio e in quella dei delegati sezionali del giorno successivo. Per introdurre quanto intendevo dire non usavo sempre le stesse parole e, tra i miei appunti, ho ritrovato lo schema di quello che dissi il pomeriggio del 15 maggio all’assemblea degli eletti. Quando l’ho letto, mi è preso un colpo. Avevo fatto un esempio, forse efficace, che mai avrei immaginato potesse corrispondere in alcuni tratti a quello che invece sarebbe capitato a me (fisicamente) 10 anni dopo.

Ecco lo schema di quanto dissi.

“Immaginiamo un organismo claudicante e ferito per le bastonate ricevute (elettorali e tangenziali); colpito da carenza immunitaria sia per le infezioni contratte (la mala politica) che per l’incapacità del midollo osseo di produrre le necessarie difese; che perde un organo che si aggrega ad un altro organismo (Etica 2000); che introduce al proprio interno un mezzo organo proveniente da un altro organismo, quindi incompatibile (candidatura a sindaco di Grosseto di Fausto Giunta); trapianto che provoca il rigetto in tutte le parti sane dell’organismo e conduce alla perdita di un altro organo (Testimonianza per la città) che tenta di vivere in modo autonomo; che tenta una disperata trasfusione di sangue buono (alcuni amici presenti nella lista ufficiale della DC) ma che l’organismo non è in grado di assorbire in modo salutare, tanto è debilitato; che è sul punto di perdere altri organi (noi) se non si rigenera e si trasforma in modo reale e radicale, nel rispetto del proprio DNA. E domandiamoci che organismo è quello che non è più in grado di condurre a unità le spinte vitali delle sue diverse parti; che non è più capace di prendere la materia dall’ambiente circostante (mondo cattolico, mondi vitali…) per metabolizzarla e utilizzarla per crescere e svilupparsi. Diciamo la verità: non rientra più nella categoria dei viventi.

È un morto che cammina”.

Ma… lasciamo stare i miei brividi personali e torniamo alla questione.

A supporto della mia candidatura presentai un documento oggi rintracciabile sul mio blog

http://stefanogentili.blogspot.com/2015/03/documentopolitico-presentato-ai.html

 

L’indice di quell’intervento era il seguente:

1 La fine di un’intera stagione politica; 2 La missione compiuta della DC e il tramonto della sua forma partito; 3 La crisi della forma partito in genere; 4 La delicatezza di una fase di passaggio; 5 Tre grandi sfide per i democratici e i cattolici democratici; 6 Con Martinazzoli per la Costituente; 7 Il nuovo sono le persone nuove: né lifting, né silicone; 8 Il nuovo è tornare alle radici: la fontana del villaggio; 9 Il nuovo è il partito dei cittadini: dall’istituzione all’associazione; 10 Il nuovo è eliminare le strutture di peccato: la rimozione dei detriti; 11 Il nuovo è la costruzione di un nuovo Partito Popolare: per una via italiana all’Europa; 12 Il nuovo è un’aggregazione ricca di umanesimo integrale: i valori nelle condizioni umane.

Chiudevo il 13° e ultimo capitolo, intitolato Chi sa se il gran naviglio…, con le parole di Antonio Rosmini: “chi sa se approssimi oggimai un tempo in cui il gran naviglio sciolga nuovamente dalle sue rive, e spieghi le vele nell’alto, alla scoperta di qualche nuovo, e fors’anco più vasto continente!”.

La speranza era proprio quella ed era forte, anche se sapevo che vincere quella battaglia era quasi impossibile. Ma, hai visto mai.

Fatto sta che le votazioni sezionali, i cui risultati convogliarono nell’assemblea del 16 maggio, unite a quelle degli eletti, decretarono la vittoria di Matrisciano con il 59% dei voti congressuali. Insomma, le chiacchiere anche in quel caso stavano a zero.

 

Nel congresso del 1990 mi ero ritirato dopo aver sfidato Andrei, nel 1993 persi contro Matrisciano: due volte sul ring, due volte battuto ai punti. Altre possibilità non ve n’erano. Non so se per consolazione, Mauro Schiano teorizzò “il bello della sconfitta”. Mauro era intelligente, ma disse una fesseria politica. Non una fesseria etica, anzi. Dal punto di vista etico è bello lottare e magari perdere, per le cose in cui credi o che ritieni essere al servizio del bene comune. Ma non in politica, perché se perdi non conti nulla e di sconfitta in sconfitta c'è il pericolo di entrare nel tunnel della mentalità minoritaria, dalla quale poi rischi di non liberarti più. E non serve a fare le cose belle in cui credi.

In verità, considerando che dalla mia avevo solo la parola e l’amicizia, non presi proprio pochi voti: ottenni il 41% su base provinciale che saliva al 47,3% senza il dato del comune capoluogo, per me inaccessibile. Presi più consensi di Matrisciano a Campagnatico, Castedelpiano, Castell’Azzara, Civitella Paganico, Gavorrano, Massa Marittima, Monte Argentario, Orbetello, Roccastrada, Scansano, Sorano, Roccalbegna. A Castiglione della Pescaia gli stessi voti. Persi grandemente a Grosseto, con una bella distanza anche ad Arcidosso, Cinigiano, Follonica; negli altri comuni persi di pochissimi delegati. A Pitigliano non riuscii neppure questa volta ad avere la meglio (voti congressuali per Matrisciano 292, per me 262). La differenza la fece un socio o forse due. Evidentemente in patria profeta non ero.

 

Il percorso di quel Congresso diviso in due parti, si concluse con l’assise di Marina di Grosseto il 27 giugno, dove i rapporti tra noi e gli altri non migliorarono. Anzi, per dirla con l’articolista de La Nazione, P.F. De Robertis, “dopo un lungo, teso, accanito dibattito e una lacerante votazione, la ferita si è approfondita e le due anime della democrazia cristiana vivono ora più che mai separate in casa”. Io non ricordo cosa dissi nel mio intervento, ma ci pensarono gli altri amici della lista “ad attaccare la dirigenza vecchia e nuova della Democrazia Cristiana” (La Nazione, 28 giugno 1993).

La lista di Matrisciano elesse nel comitato provinciale tutti e 27 i candidati; noi conquistammo 9 posti.


L’articolo de Il Tirreno del 28 giugno commise un errore di non poco conto, perché dichiarò che la nostra lista faceva riferimento a Gentili e Corsi. Non era affatto vero, perché Corsi con noi non c’entrava nulla. E lo consideravamo parte di ciò che andava rottamato (anche se non usavamo questo termine). Ammetto di aver pensato che quell’innaturale accoppiata non fu un ingenuo errore, ma una porcatella. Sia come sia, quell’articolo provocò diversi malumori in alcuni amici (o presunti tali). Conservo ancora una lettera dell’allora giovane Riccardo Dominici di San Quirico, che avevamo fatto eleggere insieme a Luigi Fanciulli delegato al congresso regionale, il quale si rivolgeva a me nel seguente modo: “Ho appreso stamane leggendo il giornale Il Tirreno che la lista ‘Dentro, contro, oltre per il nuovo partito popolare’ che io e gli altri amici di Sorano abbiamo gratuitamente appoggiato, convinti delle istanze innovative da essa portate avanti, oltre che a te faceva capo anche, alla faccia del rinnovamento e in ossequio alla vecchia maniera, all’on. Hubert Corsi, esempio emblematico, anche se persona onesta e capace, di quei soggetti contro i quali tu stesso hai da tempo proposto, intenzione ribadita anche domenica scorsa, l’ostracismo dalle cariche e dall’influenza sul partito senza compromessi o transigenze di sorta. Dopo aver amaramente appurato che neppure tu sei in grado di sganciarti del tutto da certe logiche e di garantire il nuovo di cui il partito ha bisogno, per sopravvivere o per addivenire dignitosamente alla Costituente, ti comunico…ecc. ecc.”.

La cosa provocò in me molta amarezza, perché era falsa, e naturalmente spiegai a Riccardo che non era come detto da Il Tirreno, ma ottenni scarsi risultati.

Ho voluto riportare quella lettera per dire come allora fosse facile lasciare intendere anche cose non vere. Bastava farle veicolare attraverso gli unici due quotidiani del tempo. Per il resto non c’era nulla che potesse consentire una comunicazione diretta con le persone: il linguaggio HTML aveva fatto capolino nel 1990, il CERN aveva annunciato la nascita del World Wide Web nel 1991, la rete delle reti non sapevamo neppure cosa fosse. Pertanto, per la comunicazione con l’esterno eravamo in balia di chi controllava i due giornali provinciali.

Con pochi mezzi, contro i giganti delle tessere e con nessuna possibilità di interagire in tempo reale con la nostra base, per argomentare il senso di quelle nostre prese di posizione radicali – che, se non spiegate, avevano tutte le caratteristiche per non essere comprese ed accettate dalla nostra gente, più propensa a ragionamenti unitari che a quelli che dividevano – i risultati di quel periodo andarono effettivamente al di là di ogni aspettativa.

Se fosse stata l’epoca odierna con gli attuali strumenti comunicativi a disposizione, avremmo fatto cappotto. O no.






Nessun commento: