venerdì 4 dicembre 2020

POST 9 – NOI, INVASATI DELLA VITA, CONTRO LA LEGGE CHE LEGITTIMAVA L’ABORTO

La strategia per la vita faceva parte del mio Dna e in Azione Cattolica era diventata un programma. Fu quindi naturale la nostra battaglia contro la 194. Incontri, scontri, battaglie con la penna e i volantini. Poi la dura sconfitta, che ci aprì gli occhi.

Il terzo fatto significativo si colloca negli anni ’80. Erano gli anni – per dirla con l’amico Bertani – nei quali c’era chi “vestiva alla marinara, chi la sera andava in via Veneto e anche chi leggeva La Chiesa italiana e le prospettive del paese”.

A proposito, che fine ha fatto quell’illuminato documento della conferenza episcopale italiana?

Sparito dalla circolazione. Perché ebbe quello strano destino? Perché sparì dalla circolazione e non se ne è più riparlato? Eppure era un piccolo saggio di appena 28 paginette ed anche senza note. “Con gli ultimi e con gli emarginati, potremo tutti recuperare un genere diverso di vita. Demoliremo, innanzitutto, gli idoli che ci siamo costruiti: denaro, potere, consumo, spreco, tendenza a vivere al di sopra delle nostre possibilità”. Alcune risposte mi frullano per la testa. Una è di carattere ecclesiale ed è tutta italiana, l’altra è di natura politica e riguarda quella nostrana e quella internazionale; ce n’è poi una anche di carattere culturale che ha a che fare con la Pamela, Bobby, J.R., Bim Bum Bam, Drive in. Mentre l’oggettistica e i programmi televisivi si spalmano su tutto il decennio quel documento è del 1981.

 

Proprio l’anno in cui mi catapultai nella battaglia referendaria per l’abrogazione della legge 194/78, Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza (popolarmente detta legge sull’aborto), che legalizzava e autorizzava l’aborto presso le strutture pubbliche entro i primi 90 giorni di gravidanza.

Con alcuni amici ed amiche ci buttammo a capofitto in quella campagna, convinti che fosse una lotta di civiltà e consapevoli del fatto che il vento soffiava e veniva sospinto nel verso contrario ai nostri desideri e alle nostre convinzioni.

Per la verità la nostra attenzione alla vita, in Azione Cattolica, era già iniziata. Anzi la chiamavamo proprio, sia a livello nazionale che locale, Strategia per la vita e riguardava la maternità (contrasto dell’aborto, adozione, affidamento educativo), ma anche altre povertà materiali e immateriali, come la tossicodipendenza.

 

“Chi ha paura di Virginia?” era un po’ il nostro slogan del 1981, supportato da un opuscolo mignon di 20 paginette nel quale si descriveva dettagliatamente e succintamente il percorso della vita dal 14° giorno del ciclo materno (“Io, Virginia, con il mio identikit unico e irripetibile, individuato dai 46 cromosomi contenenti 6 milioni di geni, già esisto”) al 90° (“Ora misuro 8 centimetri e peso 25 grammi…mi spuntano i capelli e le unghie: mi preparo così ad affrontare la vita”). Noi facevamo parte del Movimento per la vita, nato a livello nazionale e rappresentavamo una sua articolazione periferica (vedere il settimanale diocesano Confronto del 19 aprile 1981).

 

La battaglia fu entusiasmante e dura. Dovevamo rispondere colpo su colpo alle ragioni di quelli che secondo noi portavano acqua alla cultura della morte. Il giudizio detto così – a ripensarci oggi – era errato, perché diversi di coloro che non volevano l’abrogazione della legge lo facevano per togliere l’aborto (che esisteva, eccome, e in condizioni pericolose) dalla clandestinità. Ma altrettanti erano gli invasati dell’utero è mio e lo gestisco io. E poi c’erano anche i cinici: quelli che volevano sfruttare il referendum per ragioni politiche. Fu dura la battaglia, perché quello era il periodo nel quale la foga social-comunista e radical-femminista facevano la voce grossa, dopo la vittoria sul divorzio e l’ascesa elettorale.

 

Ma questi fatti, lungi dallo scoraggiarci, ci gasarono di più. E allora via con i volantinaggi, i contatti porta a porta, gli incontri formativi, culturali e scientifici (per i quali ricordo di aver predisposto una sinossi tra la legge 194 e le modifiche che voleva apportare il movimento per la vita e quelle ancor più permissive dei radicali), la partecipazione ai dibattiti anche se in minoranza schiacciante. A tal proposito rammento ancora un dibattito al teatro Salvini di Pitigliano nel quale a rappresentare la parte nostra, quella di chi voleva la vita del feto-bambino difesa ad ogni costo, invitammo P. Vincenzo D’Ascenzi che fece valere le ragioni della vita in modo asciutto, argomentato, chiaro e scientificamente ineccepibile. P. D’Ascenzi, che pure era accusato di essere troppo indulgente verso il mondo marxista, accusava i comunisti, “di tradire le attese del popolo poiché esso non era a favore di una legge sull’aborto ma fu spinto verso questa scelta da una ragione di opportunismo politico per aumentare il blocco compatto della sinistra e del fronte laico, per indebolire la Democrazia Cristiana”.

 

La battaglia fu ardua e si combatté senza esclusione di colpi sino all’ultimo momento, anche attraverso le parrocchie. E così fecero anche gli altri, che a differenza di noi potevano usufruire di un’autentica macchina organizzativa micidiale e capillare. Organizzammo in modo ferreo anche la nostra presenza ai seggi con scrutatori e rappresentanti di lista agguerriti, ma alla fine la batosta fu clamorosa. A livello nazionale 21.505.323 elettori dissero NO all’abrogazione della legge e 10.119.797 SI: in percentuale di 68 a 32. E nei comuni della diocesi fu anche peggio (a parte l’Isola del Giglio). Le differenze erano circa le stesse delle elezioni e quindi la gente, in larga parte, dette retta ancora una volta alle indicazioni dei partiti, con qualche rara eccezione. Anzi, alcuni che votavano DC e altri di centro non votarono o votarono no. Cosa, per alcuni, ancora più indigesta.

 

Eppure in campo ecclesiale molti ancora pensavano all’Italia come un paese cattolico o almeno ossequioso alle indicazioni morali della Chiesa, nonostante vi fosse già stata la sberla del divorzio. Il risveglio fu traumatico, ma almeno mise tutti dinanzi alla realtà. Ci fu chi si mise a inveire, chi disse “ripartiamo da 32”, chi, come alcuni amici cattolici di P. S. Stefano, si impegnò a “dare la vita all’oggi” e chi aveva già invitato sulle pagine diocesane – sotto il titolo “Bambino mio: ricchezza dell’umanità” – a dare alla luce i bambini, ma aiutando la donna ad essere sempre più donna e madre.

E noi? Noi, in Azione Cattolica, continuammo a portare avanti la strategia per la vita.













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