domenica 3 aprile 2022

POST 73 – LA LOTTA CONTINUA DOPO L’ISTITUZIONE DEL PNAT

Incontri difficili e drammatici per tutto il 1996 in Regione e all’Isola d’Elba. Il Pnat fu istituito e il sindaco Landini rimase sulla sua posizione, ma alcune crepe si aprirono nella sua maggioranza e la minoranza rialzò la testa. L’azione diplomatica mia e del presidente Frontera fu una mezza sconfitta o una mezza vittoria?

Mentre lavoravo di diplomazia in perfetta sintonia con Frontera (che era comunque più introdotto di me nelle sacre stanze, essendo io eletto da poco tempo e in precedenza fuori dalla politica), ricordo una drammatica riunione in regione, alla presenza del Presidente Chiti e dell’assessore Del Lungo nella quale, per ottenere il consenso anche del comune dell’Isola del Giglio, lì rappresentato da Landini e Rossi, giunsero a promettere interventi tanto attesi dalla popolazione gigliese. Mi pare di ricordare il dissalatore, contributi consistenti, la partecipazione di un rappresentante del comune nel comitato di gestione del Parco e altro che non rammento. Ma non ci fu verso. Anche se ormai era chiaro che il Parco si sarebbe fatto, il sindaco si oppose a tutte le proposte che gli furono formulate. Di quel concitato periodo rammento anche una corsa pazzesca per recarsi a Roma ad un incontro con il ministro Ronchi, credo a Piazza Venezia, convocato tre ore prima. Non vorrei esagerare, perché il ricordo talvolta fa un po’ il gradasso, ma ho l’impressione che partiti da Grosseto alle 14,00 giungemmo a Piazza Venezia alle 15,00. Roberto, l’autista di quel periodo, si ricorderà meglio di me.

• I miei sforzi e quelli di Frontera non ottennero il risultato di spostare un po’ più avanti l’istituzione del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano, tanto che dopo appena due mesi (il 22 luglio 1996) fu varata, insieme ad altri 16 parchi nazionali (in realtà la procedura si concluse nel dicembre dello stesso anno dopo avere avuto la conferma del Consiglio dei ministri, la controfirma del Presidente della Repubblica, il passaggio dalla Corte dei Conti e dal Consiglio di Stato). E neppure quello di far partire una modifica della legge 394 del 91 (onestamente difficile) che, a dire la verità, aveva rappresentato un notevole passo avanti rispetto alla situazione precedente. Infatti, prima di quella non c’era un’altra legge nazionale sui parchi e vigeva ancora la gestione voluta dal fascismo e dalla Monarchia, che escludeva i Comuni dalla gestione dei tre unici Parchi Nazionali di cui si era dotata l’Italia: l’Abruzzo, lo Stelvio e il Gran Paradiso. C’era anzi da aggiungere che quello dei Parchi gestiti centralmente dallo Stato era il modello più diffuso nel mondo, mentre la legge italiana coinvolgeva i comuni nel direttivo del parco (anche se a nostro parere in modo non del tutto soddisfacente). Insomma, su queste due cruciali questioni registrammo una decisa sconfitta. Come dire, la partita d’andata finì 1 a 0 per i nostri avversari.

• Dal luglio al dicembre 1996 il tormentone si spostò, pertanto, sulla nomina del presidente del consiglio dell’ente parco. Ricordo una riunione molto impegnativa a Portoferraio, per proporre un presidente gradito alle comunità locali e individuare i comuni che avrebbero fatto parte del comitato di gestione. Addirittura in quel caso mi sembra di rammentare che i rappresentati dell’Isola del Giglio neppure vennero. E quindi nessuno in seguito trovò posto nel comitato. In quella circostanza noi, la provincia di Livorno, 8 comuni su 10 del PNAT fummo concordi sulla candidatura a presidente di Franco Franchini che, mi pare, fosse stato il sindaco del comune di Rio dell’Elba e in quel momento consigliere provinciale di Livorno. La nostra proposta fu avallata dalla Regione Toscana che, per legge, doveva dare il proprio placet alla proposta del ministro.

Ma il ministro dell’ambiente, il bergamasco Edoardo Ronchi, detto Edo, persona preparata ma assai radicale e cocciuto nelle proprie convinzioni, non sentì storie. Volò via come un fulmine. E pensare che Romano Prodi, viste le pressioni delle province, dei comuni e della regione, lo aveva pure inviato all’Isola d’Elba per vedere di ammorbidire le reciproche posizioni. Quella visita non fece altro che aggiungere benzina sul fuoco. Con una missiva informale il ministro fece avere al gabinetto di Chiti la sua terna: Boris Procchieschi (presidente dell’APT dell’Elba), Giovanni Frangioni (responsabile territoriale della Cgil elbana), Michelangelo Zecchini (archeologo, ispettore alle antichità dell’Elba). Siccome le voci, come si sa, circolano, almeno i primi due nomi erano già stati esclusi dalla nostra valutazione, nella quale invece – come detto – avevamo individuato Franchini. E il terzo non era gradito alla regione. Quindi la cosa ben presto naufragò. A novembre nella terna di Ronchi, composta sempre da Procchieschi e Zecchini, spunta un nome nuovo, quello di Giuseppe Tanelli, docente di Mineralogia all’Università Federico II di Napoli. Questa volta ministro e regione avevano concordato le mosse e la scelta di Tanelli ottenne il placet della Giunta regionale.

La nomina di Tanelli scatenò proteste e dimissioni specie nel Pds dell’Elba, ma a me sembrò una scelta accettabile, perché di qualità ed anche perché nella sua prima uscita pubblica ci rassicurò circa la volontà di lavorare per “la conservazione e la valorizzazione dei beni naturali e culturali presenti nel Parco in grado di produrre benessere e posti di lavoro”. “Deve essere un parco non di carta, ma fatto per la gente, per gli isolani, ma non solo per loro. Bisogna abbandonare la visione del Parco come un’entità puramente conservativa e statica, fruibile solo da pochi”. Segnalò anche che il Parco poteva aiutare ad allungare la stagione turistica, quasi esclusivamente legata al mare, e a dare valore all’agricoltura di qualità e i suoi prodotti, tra i quali citò l’Ansonica del Giglio.

• Ma noi non avevamo posto solo la questione del presidente. Avevamo anche chiesto di avere, come enti locali, la maggioranza nel consiglio direttivo (mentre la norma ce li assegnava 5 su 12), di rivedere in parte la zonizzazione, individuando anche zone contigue nelle quali svolgere una caccia regolamentata di tipo selettivo e riservata ai soli residenti. Tanelli si mostrò disponibile a ragionare di parziale rivisitazione della zonizzazione come pure a ragionare di attività venatoria di selezione (Parco: occasione di sviluppo. Il neo presidente promette: con i cacciatori ci sarà l’accordo, Il Tirreno, 27.11.1996). La Regione Toscana, inoltre, disse di aver avuto la disponibilità del Ministro a ricevere, sulle due nomine di spettanza ministeriale, l’indicazione regionale. Alcune di quelle cose io e Frontera le avevamo sempre sostenute. Questo ci permise di uscire dalla partita di ritorno con un 1 a 0 a nostro favore.

Altre cose non le ricordo, perché il PNAT era uno delle questioni che mi trovavo sul tavolo di Presidente della Provincia insieme a molte altre, ben più gravose. Ma, certo, mi fece magiare un’ala di fegato!

• Che altro aggiungere, allora?

Che alcune crepe cominciarono ad insinuarsi nel granitico corpo della maggioranza dell’Isola del Giglio, egemonizzata dal sindaco. Ed anche la minoranza ricominciò ad alzare la testa, dicendo che era ora di finirla con quella intransigenza. Interessante un’assemblea pubblica svoltasi al Giglio i primi di dicembre 1996, nella quale – dinanzi a Landini che insisteva come un forsennato contro il Parco annunciando esposti alla Procura della Repubblica di Grosseto, ricorsi al Tar, di far scrivere al difensore civico europeo, per giungere anche al Padreterno, contro quel “carrozzone” dell’ente Parco – l’assessore Walter Rossi, presidente di Forza Italia dell’Isola, si chiedeva: “Ce la sentiamo di andare a rotta di collo con la protesta e abbandonare la possibilità di essere rappresentati?” (La Nazione, 3.12 1996). Appunto, era quello che avevo sempre detto a Landini. Ma da quell’orecchio non ci sentiva.

La solita scena si verificò all’atto dell’elezione del Presidente della Comunità del Parco, il 19 febbraio 1997 a Firenze, presso la sede della Presidenza regionale. Fu eletto Antonio Galli, un ex-presidente della Comunità montana dell’Elba e vice Alberto De Fusco, sindaco di Marciana Marina. Il sindaco Landini ribadì che non avrebbe partecipato a nessuna votazione, quando poteva invece ottenere la vice-presidenza. In quell’occasione il Presidente della Regione, Vannino Chiti, prese a prestito la mia definizione di “parco possibile” da organizzare con l’organismo della comunità del parco, “anche affrontando da subito questioni come la verifica dei confini del parco, l’immediato impiego dei finanziamenti già disponibili (16 miliardi di lire), la strutturazione del parco nelle sue varie sedi e l’organizzazione del regime autorizzativo” (Il Tirreno, 20.02.1997). Il Consiglio della Comunità del Parco era formato da 1 presidente e 12 esperti: 5 designati dagli enti locali, 2 da Università e istituzioni scientifiche toscane, 2 dalle associazioni ambientaliste, 3 dai ministeri dell’ambiente e dell’agricoltura, sentita la Regione Toscana. A quella data i ministeri non avevano ancora indicato nessuno e – come ho già detto – in una precedente riunione, Vannino Chiti aveva detto di aver ottenuto dal ministro Ronchi la disponibilità a far indicare dalla Regione i due nomi di sua spettanza. Se era vero i componenti degli enti locali sarebbero saliti da 5 a 7, cioè la maggioranza del consiglio dell’ente Parco.

Mentre il sindaco Landini e l’attuale sindaco Sergio Ortelli, allora presidente dell’associazione Difesa del territorio del Giglio, confermavano i propri ricorsi al TAR contro l’istituzione del Parco, i consiglieri di minoranza del Movimento per l’Ulivo, Pacella, Andretta, Galeotti e Rum, prendendo in parola Chiti, colsero l’occasione – nella circostanza della prima riunione della Comunità del Parco tenutasi a Portoferraio – di inviare una nota a noi, alla regione e ai ministri dell’ambiente e delle risorse agricole e forestali nella quale proponevano un nome per il Consiglio del Parco: quello di Biagio Servini, ex assessore all’ambiente del comune dell’Isola del Giglio. Una persona retta, sensibile alle tematiche ambientali e soprattutto dotato di equilibrio. Proposta che segnalai alla Regione Toscana. “Noi crediamo che la difesa e l’utilizzo regolamentato del territorio – dicevano – siano una grande occasione di crescita e di sviluppo e riteniamo opportuno che una fetta così importante del Parco, quale è l’Isola del Giglio, venga rappresentata da un vero conoscitore della realtà locale” (La Nazione, 28.03.1997). Era quanto avevo sempre sostenuto. Ma era oggettivamente difficile, se non impossibile, che a rappresentare il comune dell’Isola del Giglio, contrario sino al midollo al PNAT, fosse nominata una persona indicata dalla minoranza consigliare del comune stesso. L’avrebbero mandata al macello.

Quando penso alla vicenda PNAT mi viene, ancora una volta, in mente la Preghiera della Torre di Tommaso Moro.







 

Nessun commento: