venerdì 8 aprile 2022

POST 78 – IL FIORE ALL’OCCHIELLO DEL PATTO TERRITORIALE PER LO SVILUPPO DELLA MAREMMA GROSSETANA

Lo volli con tutte le forze e mi ci dedicai in modo monacale, inizialmente con pochi compagni di viaggio. Dall’estate 1995 al 3 febbraio 1999 fu una corsa a perdifiato. Fu il patto toscano più finanziato con 100 miliardi di lire. Lo dedicai ai nostri giovani

Ho già parlato della Lumachella di Trilussa, che mi conduce ad incensare il mio operato. Ma questa volta, dovendo riflettere sul Patto Territoriale per lo Sviluppo della Maremma Grossetana, mi sia consentito esondare in soddisfazione. Sì, perché di questo si tratta: soddisfazione, gioia di aver sudato per un obiettivo ambizioso ed essere giunto alla meta.  Preciso che pubblicherò due post. Questo per ricordare i protagonisti, l’articolato e duro percorso che dovemmo seguire per traguardare, unitamente ad alcune puntualizzazioni sul fatto che rappresentò un importante momento di crescita culturale, fece decollare l’archivio progetti provinciale e fu anche fatto oggetto di uno studio scientifico. Con una chiosa finale sulla mia defenestrazione, proprio nel momento di massimo successo. Il prossimo per parlare di cosa conteneva il Patto e del bilancio che se ne può fare oggi a distanza di 20 anni dalla sottoscrizione finale. Preciso anche un aspetto lessicale. Mentre noi correttamente l’abbiamo sempre chiamato Patto territoriale al singolare, invalse l’uso, nella stampa e in tanti altri soggetti, di chiamarlo al plurale patti territoriali. Io provai più volte a precisare, ma quando parte la valanga nessuno la può trattenere.

Vediamo, dunque, come andò.

① I PRIMI PROTAGONISTI. Quando proposi la mia intenzione di lavorare per la realizzazione del Patto Territoriale (d’ora in poi PT) la maggior parte degli interlocutori locali mostrarono un forte scetticismo. Fatti salvi il visionario concreto Fabio Taiti (che con la Grosseto Sviluppo fu decisivo nella raccolta dei progetti e nella descrizione degli assi di sviluppo), il lungimirante e preparatissimo Milvio Parentini (che dall’interno della Provincia fu un diesel inesauribile) e il super tecnico Pietro Pettini (che si dedicò con sapienza e cura alla messa in piedi di circa 40 varianti urbanistiche). Ai quali si aggiunse in seguito, dopo che le avevo dato la delega alla Promozione Economica, l’assessora Mariella Gennai, che lo sposò con tutte le sue forze, ed anche il nostro dipendente Roberto Seghi, che l’ha seguito come si segue un bambino, sino ad oggi.

② LA PARTENZA DELLA NAVE PATTO TERRITORIALE.

La nave del PT molla gli ormeggi il 22 maggio 1996 con la richiesta avanzata al CNEL (che ero andato a sondare qualche mese prima con il segretario generale della Provincia, Giovanni Battista Biserni) di avviare l’iniziativa per la formulazione di un PT provinciale. Ma l’idea di partire per la nuova avventura l’avevo già annunciata, nell’estate ’95 rifacendomi a un dossier predisposto da Parentini, alla X Commissione Attività Produttive della Camera in visita a Grosseto e fu inclusa nel documento che recepiva le conclusioni dell’incontro tenuto a Grosseto il 20 febbraio ‘96 tra la Giunta Regionale, Provinciale e del Comune capoluogo. In quella sede, infatti, si decideva “di procedere alla definizione di patti territoriali quali strumenti di concretizzazione dei progetti di sviluppo locale attraverso l’impegno comune di Provincia, Comuni, Regione e delle categorie economiche e sociali”. Ma perché pensai di imbarcare la provincia sulla nave PT, quando si erano consolidate positivamente altre scialuppe di sostegno? Per una preoccupazione. La preoccupazione che i vari strumenti di sostegno finissero per produrre ricadute positive molto parziali, per i meccanismi di selezione operanti o per la mancanza di organicità degli interventi sostenuti. Mentre il PT poteva consentire non solo un ulteriore consistente afflusso di contributi, ma anche di perseguire più pienamente UN DISEGNO ORGANICO DI RILANCIO, chiamando all’appello proposte progettuali sulle vocazioni di sviluppo locale e collegando le proposte a quanto in corso di realizzazione grazie all’uso degli altri strumenti.

Nel settembre ’96 l’equipaggio della nave ebbe ad iniziare la concertazione vera e propria e giunse alla elaborazione della strategia, alla individuazione delle filiere, alla raccolta dei progetti. Ciò fu possibile perché sindaci, altri amministratori locali, imprenditori, responsabili di categoria, di aggregazioni consortili di scopo, di sindacati, di istituzioni creditizie si mostrarono disposti a superare le connotazioni comportamentali del lamento e dell’attesa di una salvazione dall’esterno e si resero promotori e attori di uno sviluppo locale pensato, progettato e realizzato dal basso. La strumentazione di bordo del PT si dimostrava idonea allo scopo e tale da spingerci a comprendere che il salto di qualità nello sviluppo della nostra provincia passava attraverso la realizzazione di un circuito virtuoso tra gli attori sociali e istituzionali.

③ LE TRE PAROLE CHIAVE: PROGETTUALITÀ, BANCABILITÀ, CANTIERABILITÀ. Sempre più convinti della bontà dell’iniziativa, noi amministratori – in quanto parte della concertazione – continuammo a remare, nella convinzione che amministrare non volesse dire denunciare i problemi o evocare i desideri. E che di fronte alle tenebre, piuttosto che maledire il buio, fosse meglio accendere una candela. Amministrare voleva (e vuole) dire farsi carico dei problemi e dare gambe ai desideri; e i desideri per stare in piedi hanno bisogno almeno di tre supporti: progettuali, finanziari, urbanistici. Altrimenti sono chiacchiere da bar.

Ci muovemmo insieme alle associazioni e alle altre istituzioni funzionali, con le imprese, i sindacati e la Grosseto-Sviluppo (che svolse un ruolo di primo piano) per dare le gambe progettuali e finanziarie, anche attraverso l’Accordo tra le parti sociali dell’8 maggio 1997 e il Protocollo tra gli Istituti di credito e i Consorzi Fidi del luglio dello stesso anno. Nacquero progetti che avevano le carte in regola per muoversi in una moderna economia di mercato. Forti di significative dotazioni finanziarie messe a disposizione dai privati e dal sistema creditizio (la bancabilità).

Su questa lunghezza d’onda ci fu il fecondo lavoro con la Regione Toscana per supportare i progetti pubblici di valenza sovracomunale. Ne nacque l’Accordo tra soggetti pubblici firmato il 20.10.1997. Era un accordo dai contenuti profondamente innovativi: poca aria fritta e molta sostanza, dichiarazioni d’intenti limitate e molti impegni precisi sia di tipo finanziario che urbanistico per tutti coloro che avevano titolo ad esercitare competenze su quest’ultimo fronte (Regione, Provincia, Comuni, Parco Regionale della Maremma). La Regione dichiarava di considerare il nostro PT prioritario nell’ambito regionale, vi aggiungeva risorse per circa 12 miliardi e si impegnava ad orientarvi oltre 2 miliardi della 204/93 (legge di sostegno minerario). Attraverso l’utilizzo di un’altra legge dello Stato, la 236 (interventi urgenti a sostegno dell’occupazione), vi si dirottarono altri 3 miliardi. La Provincia vi posizionava 15 miliardi sulle infrastrutture viarie provinciali funzionali al Patto, 5 miliardi per la Rete delle Riserve Naturali, 500 milioni per il potenziamento dell’aerostazione, oltre alla destinazione prioritaria delle risorse disponibili per la Formazione e l’Orientamento professionale. I Comuni, sui 28 progetti pubblici presentati, misero complessivamente sul banco circa 30 miliardi di risorse proprie.

Da un punto di vista urbanistico eravamo in presenza di grandi novità: 40 progetti che nell’arco di 4-7 mesi giunsero ad avere la concessione edilizia. Il lavoro con la Regione Toscana prima richiamato, era teso soprattutto a costruire la indispensabile gamba urbanistica, senza la quale quei progetti non avrebbero mai potuto vedere la luce. Questa operazione fu, infatti, possibile grazie ad una consistentissima accelerazione delle procedure dovuta ad un utilizzazione straordinaria della ordinaria L.R. 5/95 ed al recepimento della finanziaria ’96 e della delibera CIPE del 21.3.97 in virtù delle quali, nelle aree di crisi, era possibile convocare conferenze di servizi ove adottare determinazioni congiunte di tutte le amministrazioni interessate con effetto di variazione degli strumenti urbanistici e di sostituzione delle concessioni edilizie.  Quest’ultima fu l’operazione forse più significativa, a dimostrazione che se le volontà si incrociano si trovano anche gli strumenti normativi per fare velocemente quello che invece avrebbe richiesto mesi e anni. Alla faccia dei pigri e dei burocrati dei miei stivali.

④ I PASSAGGI FORMALI PER TRAGUARDARE. Da quanto detto non credo sia sfuggita la complessità delle operazioni richieste per la realizzazione del PT. Per renderla ancora più evidente, voglio elencare tutti passaggi formali che dovemmo seguire affinché la nostra nave potesse attraccare al porto dell’approvazione ministeriale.

Vediamoli, dunque. – La decisione di inoltrare al CNEL la richiesta per avviare la procedura formale del PT con mia lettera del 22 maggio 1996. – Lo svolgimento di una prima Sessione di Consulta generale per discutere di ipotesi strategiche e progetti da inserire nel processo di definizione del PT (9 settembre 1996). – L’elaborazione delle prime proposte e l’assistenza alla formulazione di uno stock di progetti da parte di Grosseto Sviluppo. – Lo svolgimento di una Seconda Sessione di Consulta generale per definire la strategia del PT e varare gli organi di coordinamento (23 settembre 1996). – La costituzione formale nel corso di quella sessione: di una Consulta Permanente per il PT fatta dai rappresentati di tutte le istituzioni e le organizzazioni aderenti all’iniziativa (Soggetto promotore); di un Coordinamento Strategico composto dai rappresentati della Presidenza della Provincia, di quelli della Presidenza della Camera di commercio e di un rappresentante delle Organizzazioni sindacali; di una Segreteria tecnica, individuata in Grosseto Sviluppo. – Il Protocollo con la Regione Toscana per lo snellimento delle procedure per le opere contenute nel Patto Territoriale (18 dicembre 1996). – L’individuazione di un primo schema di PT e la raccolta e la definizione di un consistente pacchetto di ipotesi-progetto. – La riapertura dei termini di raccolta dei progetti di iniziativa privata e pubblica, dopo l’emanazione di una nuova delibera CIPE sulla programmazione negoziata (21 marzo 1997). – La sottoscrizione di un protocollo di intesa tra le parti sociali (8 maggio 1997). – La sottoscrizione di una Lettera d’intenti per il sostegno al PT tra le Banche e i Soggetti Finanziari (luglio 1997). – La sottoscrizione di una parallela Lettera d’intenti tra i Consorzi Fidi operanti nella provincia di Grosseto (luglio 1997). – La sottoscrizione di un protocollo d’intesa fra la Regione Toscana e gli Enti Locali (27 ottobre 1997). – La sottoscrizione del Protocollo d’intesa tra tutti i Gruppi Promotori (4 marzo 1998). – La scelta dell’Istituto di credito al quale affidare il vaglio dei progetti del Patto e la consegna del Patto allo stesso. Fu scelto il Mediocredito Toscano (4 marzo 1998). – La firma tra i soggetti componenti il PT: imprenditori privati, Provincia, Enti Locali, Parco della Maremma, Regione Toscana (30 marzo 1999). Dopo quell’ultimo atto pubblico, noi, in quanto soggetto responsabile, inoltrammo alla Cassa depositi e Prestiti la documentazione finale.

 

⑤ L’APPRODO DEL PATTO: 100 MILIARDI A DISPOSIZIONE DEL NOSTRO TERRITORIO.

Tra il quattordicesimo e il quindicesimo atto vi fu la notizia tanto attesa: il nostro PT era stato finanziato. Anzi, avevamo ottenuto dal Ministero del Tesoro il finanziamento più cospicuo fra i sei protocolli d’intesa sottoscritti dalla Regione Toscana. Era il 3 febbraio 1999. Il nostro entusiasmo era alle stelle, ma quante paure nei giorni precedenti. Specie quando il Sole 24 Ore, pochi giorni prima, aveva pubblicato l’elenco dei PT approvati e mancava proprio il nostro. Per la miseria. “Voci che si rincorrevano, smentite, imprecazioni, speranze”, diceva Capecchi su La Nazione del 2 febbraio. Mi prese un colpo, ma non ci volevo credere, non ci potevo credere, dopo tutto quel lavoro. In poche ore attivammo il mondo. A rasserenarci un po’ venne la dichiarazione dell’assessore regionale Mauro Ginanneschi: “Nessun timore, il PT grossetano, insieme a quello dell’Appenino centrale, è fuori quota, quindi fuori discussione”. Il giorno dopo risultammo finanziati. Raccontati oggi questi frangenti lasciano il tempo che trovano, ma lo stress che provocò su di me e Mariella fu enorme. La mia malattia esordì in quel periodo e Mariella qualche anno dopo ci ha lasciati. Casualità?

Non saprei.

⑥ UN MOMENTO DI CRESCITA CULTURALE E PROFESSIONALE. Ma il patto territoriale fu anche un momento di crescita culturale e professionale per chi ha partecipato alla sua formazione. L’architetto Pietro Pettini qualche anno fa mi scrisse un ricordo molto bello di quel periodo.

“Ricordo – diceva – il grande lavoro di coordinamento svolto all’interno dell’Ente e soprattutto nei confronti degli attori esterni (Comuni, privati, ecc.) per la valutazione dei progetti che furono selezionati in ragione di una loro reale fattibilità economico-finanziaria e occupazionale. Vorrei ricordare, però, un altro elemento efficace di quell’importante esperienza che costituì di fatto un fondamentale banco di prova per l’elaborazione e formazione del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia (PTC). Infatti, dall’esame dei progetti da inserire nel Patto furono di conseguenza verificate e adeguate le regole urbanistiche e paesistico-ambientali del nuovo Piano che, prima della sua adozione da parte del Consiglio Provinciale nell’aprile del 1997, ebbe l’occasione, più unica che rara per uno strumento urbanistico, di essere testato e valutato in anticipo. Grazie all’effettiva collaborazione tra gli Uffici, tra i Dirigenti, gli Assessori e il Presidente, la Provincia di Grosseto, tra le prime in Italia, si dotò in contemporanea di due strumenti di grande importanza sia per la programmazione economica (Patto Territoriale) che per la pianificazione territoriale e urbanistica (PTC) che consentirono in modo straordinario di rispondere concretamente e sapientemente allo sviluppo e alla crescita della provincia in armonia con il sistema territoriale e ambientale”. Se lo dice Pietro.

⑦ HA FATTO DECOLLARE L’ARCHIVIO PROGETTI DELLA PROVINCIA. Quella esperienza consentì anche l’attivazione dell’Archivio Progetti della provincia di Grosseto. Avevamo infatti appreso che per cogliere al volo le occasioni che di volta in volta si potevano presentare, tramite leggi e interventi finanziari europei, nazionali e regionali, era indispensabile farsi trovare pronti, come detto, con progetti bancabili e cantierabili. Il compito che si assunse l’Amministrazione Provinciale, in collaborazione con le associazioni dell’industria, dell’artigianato e del commercio, fu quello di attivare un costante censimento dei progetti che nascevano negli enti locali e nelle aziende private. Conoscere soprattutto per ottimizzare l’uso delle opportunità finanziarie, anche in vista dei protocolli aggiuntivi al PT e per tutte le altre forme di programmazione negoziata in generale praticabili. L’archivio – che doveva essere aperto, nelle nostre intenzioni, anche al mondo agricolo, escluso per legge dal PT – rappresentò un grande cambiamento nei metodi d’approccio allo sviluppo economico. Rappresentava uno strumento per fare realmente sistema, uscendo dalle fumisterie dei chiacchieroni, garantire l’ottimizzazione delle idee progettuali e tentare di offrire prospettive occupazionali e di sviluppo al nostro territorio. Zero chiacchiere, ma fatti concreti, coerenti con lo sviluppo che si era insieme scelto di perseguire.

 

⑧ È STATO ANCHE FATTO OGGETTO DI STUDIO. Il nostro Patto Territoriale è stato anche oggetto di studio scientifico. La sociologa Anna Carola Crespi ha scritto un saggio su “Stato e Mercato”, storica e autorevole rivista de Il Mulino al numero 63, del dicembre 2001 (pagg. 451-486) dal titolo “Capitale sociale, politica e sviluppo. L’esperienza dei Patti in Toscana”. Ne riporto alcuni stralci, anche se vale la pena leggere il saggio per intero.

Quello di “Grosseto è uno dei patti più estesi a livello nazionale”. “Il patto di Grosseto è quello che dei casi qui esaminati raggiunge il tetto CIPE finanziabile per i patti”. “Questo viene subito concepito come occasione per puntare a obiettivi nuovi ed aggiuntivi rispetto a quelli previsti dalle misure già finanziate, incoraggiando il rafforzamento di filiere intorno a vocazioni tipiche dell’area”. “Il patto costituisce così l’occasione per rafforzare il ruolo di tutti gli attori locali, attraverso il raccordo intorno ad una visione e ad un progetto complessivo largamente condiviso”. In particolare, “l’Ente provinciale ha mantenuto nell’esperienza grossetana un ruolo centrale di coordinamento politico-amministrativo, fondato su una legittimazione di tipo istituzionale, in risposta ad una domanda imprenditoriale strutturata”. Infatti, “si riconosce ampiamente alla Provincia la funzione decisiva di leadership nel coordinamento istituzionale e gestionale”. “In due dei casi studiati una forte leadership pubblica – a Grosseto di tipo collegiale, nell’Appennino Centrale di tipo più personale, ma allo stesso tempo con una spinta forte all’affermazione di un nuovo livello politico-istituzionale – ha favorito con intensità diversa un processo di istituzionalizzazione del patto come nuovo soggetto delle politiche di sviluppo locale”. “In questo senso, rispetto alla tipizzazione di tipo dirigista del caso livornese, il patto di Grosseto si distanzia avvicinandosi di più al tipo del patto integrativo”. Se lo dice Anna Carola.

 

⑨ LA SIDERALE DISTANZA TRA LA BUONA POLITICA E I POLITICANTI. Pensare alla sala della Provincia semi-vuota del settembre 1996 e strapiena del marzo ’99, mi riempie ancora oggi di soddisfazione. Colsi volutamente quell’occasione, terminato l’ultimo atto dell’approvazione del PT – convocando una conferenza stampa nelle ore successive – per dire che chiudevo la mia esperienza politico-amministrativa, vista la guerra che alcuni responsabili delle forze politiche della mia maggioranza ormai mi stavano facendo da diversi mesi. E lo feci per segnalare l’abissale distanza esistente tra i politicanti che decidevano nel chiuso di una stanza le sorti di questo e di quello e la realtà dei fatti di un’amministrazione che portava a casa un risultato eccezionale (accanto a molti altri). I partiti della maggioranza, che non avevano mai offerto alcun contributo alla realizzazione del PT, uscirono con comunicati di apprezzamento per il risultato raggiunto. Il Partito Popolare, per la verità, era stato l’unico a dichiarare per tempo il proprio appoggio pubblico a quella scommessa (Il PPI plaude ai patti: Scommessa per il futuro, La Nazione, 29.10.1997). Gli altri si fecero avanti solo quando c’era da raccogliere i frutti del duro lavoro. E, mentre decidevano di defenestrarmi, l’esecutivo dei DS provinciali dichiarava che “il patto costituisce un’occasione di grandissima rilevanza per l’economia grossetana” e “per questo esprimiamo una grande soddisfazione per il risultato ottenuto”.

Io precisai che il PT non era ascrivibile agli uni o agli altri, ma era di tutti, come riportò il giornalista P.P. de La Nazione: “E bene ha detto Stefano Gentili, presidente della Provincia, quando ha affermato che ‘si è trattato della vittoria della concertazione’. Gentili, poi ha ringraziato tutti i protagonisti: Camera di Commercio, il fronte sindacale, gli imprenditori, Grosseto Sviluppo, la Regione Toscana ed in modo particolare il presidente Chiti e gli assessori Ventura, Barbini e Ginanneschi. Un ringraziamento particolare è stato rivolto al sottosegretario al bilancio, Giorgio Macciotta e all’onorevole Flavio Tattarini” (‘I patti sono di tutti’. I Popolari e i DS esprimono soddisfazione per i risultati ottenuti, La Nazione, 11.02.1999).

I popolari, dopo avere espresso la propria soddisfazione colsero la palla al balzo per ripropormi (insieme ad altri sindaci) per la legislatura entrante. Dopo tutto… sembrava così naturale. Il neosegretario dei DS, Fabio Capitani, rispose: “Sugli amministratori uscenti diamo un giudizio positivo”. Ma…aggiunse un ma. “Nella scelta dei candidati vanno coinvolti gli elettori del centro sinistra e non deve essere appannaggio solo dei partiti. Ricordo, inoltre, che il coordinamento politico ha detto sì, all’unanimità, ad una vasta consultazione, senza escludere le primarie” (Il PPI ricandida Gentili e i sindaci. ‘I nostri rappresentanti nelle istituzioni hanno lavorato bene’. I patti territoriali fiore all’occhiello dell’azione del Presidente, Il Tirreno, 22.02.1999). In una intervista – di cui parlerò più avanti – rilasciata lo stesso giorno al giornalista Giancarlo Capecchi e pubblicata quello successivo su La Nazione, accettai la sfida e rilanciai. Alla domanda di Capecchi: “E delle primarie, presidente, cosa pensa?”, risposi: “Che sono un’iniziativa di straordinaria importanza. Se ben fatte, dotate di opportune garanzie e controlli, veramente aperte ai cittadini e non solo preda dei soliti noti. Se la coalizione avrà il coraggio e l’intelligenza di metterle in piedi, offrirà ai cittadini un segnale di straordinaria rilevanza”. “E lei si sottoporrà al rischio delle primarie?” continuò l’intervistatore. “Certamente” risposi, “competition is competition” (Giancarlo Capecchi, Qualcuno vuole fermare il nuovo, La Nazione, 23.02.1999).

Le primarie fecero la fine del povero Matteotti, non ne parlò più nessuno e i soli partiti, per riprendere l’espressione di Capitani, o meglio, aggiungo io, le 5-10 persone che decidevano (sommando i comandanti in capo dei DS, Democratici, Socialisti Italiani, Repubblicani, con l’aggiunta dei parvenu di Rifondazione Comunista e qualche Popolare sottobanco) decisero di disarcionare Gentili. Alla faccia del Patto.


























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