martedì 28 dicembre 2021

POST 48 – ALCUNE CURIOSITÀ

Perché quella legislatura durò solo quattro anni? Quale era il mio compenso? Ricevetti avvisi di garanzia? Ebbi mai richieste di raccomandazioni? Fui mai minacciato?

Superato il primo consiglio provinciale del maggio 1995, si poteva dire che eravamo finalmente decollati. E il decollo come l’atterraggio sono sempre i momenti più rischiosi, quando al comando non vi sia un pazzo. Prima di entrare nelle cose dette e fatte durante la legislatura, voglio soddisfare alcune curiosità.


• Anzitutto, PERCHÉ QUELLA LEGISLATURA DURÒ 4 ANNI?

Perché la legge 81 del 1993, che aveva introdotto l’elezione diretta del sindaco e del presidente della Provincia (avvicinando così la forma di governo dei due enti al modello presidenziale), aveva anche fissato in 4 anni la durata del mandato. Termine che per noi valse una sola legislatura, in quanto l’art. 51 del Decreto legislativo 267 del 2000, portò di nuovo la durata ai tradizionali 5 anni. La logica del legislatore del 1993 era quella che prevedeva, per così dire, l’accoppiata di legislatura. Si immaginava che un presidente (o sindaco) eletto direttamente dal popolo avesse la necessità, per condurre in porto i progetti del suo programma, di un tempo congruo. Cinque anni erano considerati pochi, dieci quasi troppi (e se l’eletto era del tutto inefficiente? o avesse messo l’elmo del ducetto?). Allora si optò per una legislatura di 4 anni, di fatto rinnovabile per un’altra (se il popolo avesse acconsentito). E basta. Otto anni, appunto.

• Inoltre, quale era il COMPENSO DEL PRESIDENTE della Provincia di Grosseto?

Il mio compenso ammontava a circa 4.200.000 lire nette (pari a 2.170 euro odierni). Era un buon appannaggio, per allora. Per me rappresentò un bel salto di qualità dal mio stipendio di insegnante, che mi sembra si aggirasse sul milione e mezzo di lire. Alla fine del mandato non era previsto nessun vitalizio e neppure il trattamento di fine rapporto, che introdussero dalla legislatura successiva, pari ad una mensilità per ogni anno di legislatura.

Aggiungo, inoltre, che in quanto Commissario Straordinario del Parco della Maremma, nominato a fine gennaio 1999, per la grave crisi che quell’ente stava attraversando, avevo diritto ad un compenso di circa 1.600.000 lire nette al mese. Vi rinunciai da febbraio ad agosto (circa 11.000.000 di lire), sia perché fino a giugno già prendevo il compenso di Presidente della Provincia, poi perché l’ente era in serie difficoltà di bilancio. Infine, perché avere più incarichi pubblici con compensi economici corrispondenti, non faceva per me e per la mia idea di politica come servizio.

• Durante il mandato, HO RICEVUTO AVVISI DI GARANZIA da parte dell’autorità giudiziaria?

Si, ne ho ricevuti 3, tutti poi archiviati. Ed allora ricevere uno di questi avvisi era pesante, essendo ancora in auge il clima di tangentopoli, anche se un po’ stemperato. Alcune persone solo per un avviso (che giuridicamente è a tutela dell’indagato) si erano addirittura suicidate.

Ammetto che fui molto turbato, poi – quando mi resi conto cosa riguardavano – lo fui molto meno: tutta roba di cinghiali e cinghialai. Addirittura, nell’unico rapido interrogatorio a cui fui sottoposto, presente il mio avvocato di fiducia, Maurizio Andreini, mi si chiedeva se corrispondesse al vero quanto aveva sostenuto il responsabile di un’azienda venatoria dinanzi a due guardie, credo provinciali; e cioè, di fronte alla contestazione di qualche procedura non rispettata, lui aveva agito in quel modo perché glielo aveva suggerito il presidente della Provincia.

Si dava il caso che io fossi all’oscuro di tutto e che non conoscessi assolutamente la persona che mi fu indicata dall’interrogante. La questione si chiuse rapidamente e sperai vivamente che il magistrato avesse poi proceduto contro il responsabile di quell’azienda per false dichiarazioni e millantato credito. Ma non seppi più nulla. Comprendo l’obbligatorietà dell’azione penale, ma angustiarmi, con tutti i problemi che dovevo affrontare, con quei mammiferi artiodattili della specie delle scrofe, era quanto di meno mi sarei aspettato. Mi consolavo con una diceria che circolava in ambito politico: “se un amministratore non prende almeno un avviso di garanzia durante il suo mandato, vuole dire che non ha fatto nulla degno di nota”.

• EBBI MAI RICHIESTE DI RACCOMANDAZIONI?

Sì, ma poche volte. Per lo più furono richieste di lavoro in Provincia o in qualche azienda esterna. Mi chiedevano di fare qualcosa per il figlio, il marito della figlia e così via. Persone dignitose, che facevano quel passo chissà con quale magone dentro. Ero cosciente di quello che provavano, ma la mia fu sempre la risposta debole dell’amministratore 54.

Dicevo loro con chiarezza che il rispetto per il ruolo che ricoprivo, mi impediva di fare alcunché di particolare per loro. Avrei abusato del mio ufficio per scopi privati, anche se nessuno mai mi propose qualcosa in cambio: non consenso, tantomeno denaro.

Ribadivo, però, con forza che ero impegnato con tutto me stesso per favorire le condizioni per la nascita di nuovi posti di lavoro, che avrebbero potuto, quindi, interessare anche i loro cari.

Non mi sfuggiva la loro delusione per la mia risposta, che celavano con la cortesia del saluto e il ringraziamento per averli ricevuti. Né mi sfuggiva la debolezza della mia risposta, quella dell’amministratore 54: “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore” (art. 54 della costituzione italiana).

 

• FUI MAI MINACCIATO durante i 4 anni?

Sì, una volta. Era il tempo delle nostre decisioni nel campo della caccia e il consiglio provinciale, su proposta della giunta, optò per dividere il territorio in 3 ATC (ambiti territoriali di caccia), invece che in due come auspicava soprattutto la Federazione italiana della caccia provinciale. In quei giorni ricevetti alcune telefonate, presso la mia abitazione, di sedicenti cacciatori con affermazioni di questo tenore: “se non cambi le decisioni prese, spariamo a te e alla tua famiglia!”. Non detti troppo peso a quelle che mi sembravano spacconerie, ma il mio segretario Fausto Vannozzi, venutolo a sapere, avvisò le forze dell’ordine che, per un po’ di tempo mi sorvegliarono, con discrezione.





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