martedì 28 dicembre 2021

POST 49 – ALTRE CURIOSITÀ

Perché scelsi due dirigenti esterni. Su quali dirigenti potei effettivamente contare. Un piccolo segreto. Perché nominai due volte i nuovi assessori Moreno Canuti e Daniele Morandi. Come mi trovai nella città delle donne. Mariella Gennai, la donna emergente.

Continuo sulla linea delle curiosità.

• Perché scelsi DUE DIRIGENTI ESTERNI all’amministrazione?

Giunto in Provincia, trovai una pletora di dirigenti (mi sembra una ventina) e una proposta di riorganizzazione del personale che prevedeva appunto 20 posizioni apicali dirigenziali. Una tragedia. Erano troppi e perlopiù figli della prima repubblica: tot comunisti, tot socialisti (che facevano la parte del leone), tot democristiani (pochini) e tot ai partiti minori. Tra di loro c’erano molte persone veramente in gamba, mentre altri avevano raggiunto il vertice per grazia ricevuta. Io provai a prendere il massimo da parte di tutti, senza pregiudizialmente escludere nessuno. Una parte, fortunatamente, era andata in pensione poco prima del mio avvento e un’altra ci sarebbe andata pochi mesi dopo. I problemi di fondo erano prevalentemente due: un eccesso di mentalità proceduralistica e una scarsa abitudine/attitudine a dirigere strutture complesse.

La mentalità proceduralistica si poteva tradurre così: l’importante era seguire a puntino la procedura burocratica, curandosi il minimo o per nulla del risultato finale. L’opposto di quello che volevamo noi amministratori: a noi interessava il risultato, raggiunto con efficacia ed efficienza. E naturalmente nel rispetto della norma e della procedura, ma senza tante arzigogolature.

La scarsa abitudine/attitudine a dirigere le strutture e il personale della Provincia era semplicemente un dato di fatto, che andava migliorato con l’applicazione e l’esperienza. Essere competente nella materia del proprio settore non implicava la capacità direzionale. E far capire questa evidente verità fu impresa non sempre facile.

Vi erano poi due grandi fronti che, a mio parere, dovevano essere coperti da personale esterno, perché non presente in amministrazione.

Uno che – dopo la riorganizzazione dell’ente fatta grazie al consulente esterno Giovanni Valotti della Bocconi di Milano – chiamammo Modernizzazione e riqualificazione, proprio per promuovere l’adeguamento dell’organizzazione e dei sistemi di gestione della Provincia, garantire lo sviluppo di nuove funzioni qualificanti il suo ruolo. Si organizzò, il 7 febbraio 1997, una selezione che offriva un inquadramento dirigenziale mediante sottoscrizione di un contratto di diritto privato di durata biennale. Nel giro di tre mesi scegliemmo il dottor Pierluigi Mastrogiuseppe, che ci aiutò ad elaborare il Piano Esecutivo di Gestione (PEG), a legare la retribuzione dei dirigenti e dei dipendenti ai risultati raggiunti, a riorganizzare la parte informatica. Lo snodo fondamentale fu il PEG che per sua natura rappresentava per gli enti locali (e quindi per noi) lo strumento di raccordo tra le funzioni politiche di indirizzo e controllo degli organi di governo e le funzioni di gestione proprie dei dirigenti e dei rappresentanti dei servizi. In esso si realizzava la traduzione operativa dell’intero impianto pianificatorio della Provincia, consistente nell’elaborazione di progetti per obiettivi e di strumenti di analisi, monitoraggio e misurazione. Fu un salto di qualità straordinario.

L’altro fronte riguardava la Formazione professionale che andava completamente rivoluzionata. Era un corsificio, tutto gestito all’interno.

Anche in questo caso si avviò una selezione e giungemmo alla individuazione del professor Carlo Odoardi che aveva competenze sui sistemi formativi unitamente a quella psicologica che, a nostro parere, sarebbe stata utilissima per rimotivare l’intero fronte della Formazione, dell’Orientamento e delle Politiche del Lavoro. Che l’acquisto di Odoardi avesse funzionato ce lo dimostrò il programma della formazione professionale del 1998: tutto il piano fu realizzato e i corsi terminarono tutti entro la fine dell’anno. Fu l’unico caso in tutta la Toscana e ci permise di far partire subito il piano del 1999.

Le procedure di selezione che scegliemmo per individuare le figure dirigenziali che ci servivano furono diverse dai tradizionali concorsi, che avrebbero richiesto anni prima di essere portati a compimento. La cosa non piacque ad alcuni dipendenti interni che, supportati da qualche sindacato, denunciarono uno dei due casi all’autorità giudiziaria, con gli strascichi che ne seguirono.

• Su QUALI DIRIGENTI POTEI EFFETTIVAMENTE CONTARE per portare avanti con decisione ed efficacia il nostro programma di governo?

Oltre alle due figure esterne ricordate, i pilastri che sostennero con determinazione, credo anche entusiasmo (e qualche arrabbiatura), la nostra azione furono Milvio Parentini, Pietro Pettini, Massimo Luschi, Laura Pippi, poi, in seguito, anche Fabio Fabbri. Non dimentico neppure altri dirigenti che svolsero i loro compiti con dedizione e competenza (Gherghi, Brandi, Martorini, ecc.), ma con finalità più interne. Come debbo rammentare la saggezza e il fiuto politico-amministrativo del segretario Giovanni Battista Biserni, che ci servì molto finché rimase con noi.

Quest’ultimo riferimento mi offre l’opportunità di ricordare UN

PICCOLO SEGRETO.

Quando ci lasciò Biserni, per raggiunti limiti d’età, dovevo individuare un’altra figura di segretario e per primo domandai la disponibilità a Giovanni Tamburro.

Sì, proprio lui, quel Tamburro che era stato il mio sfidante nelle elezioni e che in consiglio, finché rimase (27 febbraio 1996), mi riempì di bordate. Credo fosse il 1998 avanzato e durante un incontro presso l’Assindustria di Grosseto, gli chiesi un veloce colloquio privato. Gli domandai, appunto, se voleva assumersi l’impegno di Direttore Generale della Provincia. Rimase molto sorpreso, mi ringraziò e mi disse che si sentiva più a suo agio nel ruolo di direttore degli industriali. Dopo tutto era il suo vero mondo. Non so se l’ha mai detto a nessuno. A distanza di tanti anni da quella richiesta che, se accettata, mi avrebbe creato problemi politici (ma non me ne importava nulla), desidero ricordarla per dire, ancora oggi, la mia stima per un uomo che ha lasciato il segno della sua passione e competenza nella nostra terra.

• Perché NOMINAI DUE VOLTE I NUOVI ASSESSORI Canuti e Morandi?

Era trascorso un anno e mezzo di lavoro e le cose messe in cantiere erano tante. I 4 assessori della prima ora, nonostante la loro forte tempra, erano veramente messi a dura prova. Ed io con loro. Ecco perché quando, il 6 ottobre 1996, il decreto legge 56 permise anche alla nostra Provincia di portare il numero degli assessori da 4 a 6, presi la palla al balzo e l’8 novembre comunicai al consiglio provinciale l’intenzione di nominare, la settimana successiva, due nuovi assessori e di revisionare le deleghe, spalmandole meglio su 6 persone. Purtroppo il decreto decadde, per mancata conversione, il 4 dicembre dello stesso anno e le nomine decaddero. La situazione fu sanata in modo impreciso nella legge finanziaria e rimediata nel decreto di fine anno e, quelle precisazioni normative, mi consentirono di firmare un nuovo decreto che confermava le nomine.

Con Moreno e Daniele inserii due belle e competenti persone nella giunta e potei riorganizzare gli impegni in modo più funzionale. A Moreno Canuti (PDS), ex-sindaco di Cinigiano, affidai le politiche sociali e il raccordo con il volontariato, la cooperazione internazionale, le attività culturali, la scuola, lo sport e lo spettacolo. A Daniele Morandi (SI), che proveniva dalla presidenza dell’Acquedotto del Fiora, delegai le azioni a difesa del territorio, la bonifica, la protezione civile.

Questa operazione mi permise di sgravare Giampiero Sammuri di quello che prese Morandi e di orientare Mariella Gennai sulla Promozione economica (che era divenuta la sua vera passione), togliendola ad Alessandro Pacciani, per dedicarlo totalmente allo Sviluppo rurale. Si faccia attenzione, non all’Agricoltura vecchio stile, ma alla Sviluppo rurale inteso sulla linea di quanto definito nel corso della conferenza provinciale effettuata i primi di novembre.

• Come mi trovai nella CITTÀ DELLE DONNE?

Quando divenni Presidente della Provincia, Grosseto era stata battezzata da un articolo del Corriere della Sera (17 luglio 1993), “la città delle donne” e ogni tanto le cronache locali ritornavano su questo refrain. C’era la signora Prefetto (Anna Maria D’Ascenzo), la signora Questore (Maria Alessandra Barbantini), la signora Presidente della Camera di commercio (Franca Spinola), la signora vicesindaco (Annamaria Spada). Ero contento, ma anche un po’ intimorito. Ero il più piccolo di tutti e alcune di quelle donne avevano una storia di rilievo.

Con la vicesindaca Annamaria Spada ebbi pochi rapporti, perché quelli che dovevo avere li intrattenevo col sindaco Valentini. Con la contessa Franca Spinola in Malfatti furono abbastanza fugaci, perché poco dopo la mia elezione ci fu il cambio della guardia alla camera di commercio, non ricordo se per scadenza naturale del mandato o per sue dimissioni. Nei pochi colloqui che ebbi con lei ne trassi l’impressione di una persona grintosa e determinata, le espressi la mia volontà di collaborazione a tutti i livelli, dicendole anche che della presidenza della Grosseto sviluppo (che piaceva tanto al mio predecessore Ciani) non me ne interessava proprio nulla. Mi interessava che funzionasse e basta.

Con la dottoressa Anna Maria D’Ascenzo (in quanto Prefetto, autorità provinciale politica di pubblica sicurezza) il rapporto fu costante e leale. Certo, lei era una presenzialista e in qualche caso un po’ populista, ma i nostri rapporti filarono lisci.

Con la dottoressa Maria Alessandra Barbantini (Questore e, quindi, autorità provinciale tecnica di pubblica sicurezza) i dialoghi furono più sporadici e prevalentemente legati al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica o ad alcune commemorazioni. Ma è di lei che ho il ricordo più bello, e non perché ci lasciò troppo prematuramente, ma perché trasmetteva serenità, dolcezza e grande umanità. Nominata questore di Grosseto nel 1993, in una successiva intervista aveva detto: “Ormai sono grossetana anch’io, almeno tale mi sento e mi piacerebbe riuscire a dare di questa zona, a tutti gli abitanti della città e della provincia, un’immagine di comunità moderna, dove si può ancora vivere con serenità e si può ancora riuscire a crescere socialmente e culturalmente, con uno sviluppo economico portato avanti con equilibrio e senso di responsabilità”. Spesso si incontrava con i giovani delle scuole, motivo per cui gli fu anche dedicata la scuola materna di via Adamello.

•MARIELLA GENNAI, LA DONNA EMERGENTE.

Delle 4 donne che trovai all’inizio della legislatura (maggio 1995) alla fine (giugno 1999) non era rimasta nessuna. La signora Spada non era più vicesindaco, perché Alessandro Antichi aveva sbaragliato Loriano Valentini. La signora Spinola non era più presidente della camera di commercio. La signora Barbantini, purtroppo, era deceduta. La signora Anna Maria D'Ascenzo non era più prefetto di Grosseto.

Ma era emersa un’altra donna: Mariella Gennai. Aveva raggiunto spessore politico provinciale e anche oltre, era entrata dentro i meccanismi socio-economici e culturali della provincia, aveva relazioni diffuse sul territorio ed era molto stimata.

Quando decisero di non ripresentarmi, sarebbe stata Mariella la naturale candidata alla presidenza della provincia. Era una scelta di eccellenza, ma non la fecero, anche se delle sue competenze non poterono fare a meno. Mi era stata troppo vicina.

Ecco perché ai suoi funerali non mi piacquero quelli che l’avevano impallinata e, in quell’occasione, la lodarono.




1996 - Stefano, Alessandro, Moreno, Renato, Mariella, Giampiero, Daniele


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