mercoledì 20 ottobre 2010

SE FOSSE SUCCESSO IN UNA MINIERA ITALIANA

Lo traggo da Facebook, mi piace e lo giro.
Se fosse successo in una miniera italiana, le cose sarebbero andate così:
1° giorno: tutti uniti per salvare i minatori, diretta tv 24h, Bertolaso sul posto.
2° giorno: da Bruno Vespa plastico della miniera, con Barbara Palombelli, Belen e Lele Mora.
3° giorno: prime... difficoltà, ricerca dei colpevoli e delle responsabilità: BERLUSCONI: colpa dei comunisti; DI PIETRO: colpa del conflitto d'interessi; BERSANI: ... ma cosa ... è successo?? BOSSI: sono tutti terroni, lasciateli la'; CAPEZZONE: non è una tragedia è una grande opportunità ed è merito di questo governo e di questo premier; FINI: mio cognato non c'entra.
4° giorno: TOTTI: dedicherò un gol a tutti i minatori.
5° giorno IL PAPA: faciamo prekiera a i minatori ke in qvesti ciorni zono vicini al tiavolo!!
6° giorno: cala l'audience, una finestra in Chi l'ha visto e da Barbara D'Urso che intervista i figli dei minatori: "dimmi, ti manca papà?'"
dal 7° al 30esimo giorno falliscono tutti i tentativi di Bertolaso, che viene nominato così capo mondiale della protezione civile.
Dopo un mese, i minatori escono per fatti loro dalla miniera, scavando con le mani.
Un anno dopo, i 33 minatori, già licenziati, vengono incriminati per danneggiamento del sito minerario. Ma è successo in Cile.... ci siamo salvati!!!
Stefano Gentili

mercoledì 6 ottobre 2010

IO STO CON TIZIANA

Tra Rino (Fisichella ) e Tiziana (Ragni) scelgo quest’ultima.
Della doppia morale non se ne può proprio più. E dinanzi al’ex-cappellano di Montecitorio che invita a contestualizzare la bestemmia di Berlusconi e che, tempo fa, aveva parlato come un sofista per giustificare l’accesso all’eucarestia fatto dallo stesso premier durante una celebrazione, e la sofferenza della separata Tiziana Ragni, che invece non può….sto con quest’ultima.
E veicolo la sua lettera aperta pubblicata su Europa del 5 ottobre 2010.

“Caro monsignor Fisichella, vengo a Lei con questa mia per sottoporle un caso che vorrei mi aiutasse a contestualizzare. La qui presente ha condotto una vita abbastanza irreprensibile, e dunque a tratti anche piuttosto noiosa, assolvendo fin dalla tenerissima età tutti gli obblighi sacramentali da Voi previsti. Un cursus honorum che dal battesimo al matrimonio l’ha fatta stazionare una trentina di anni tra oratori, sacrestie e movimenti religiosi regolarmente approvati e da Voi riconosciuti. La scrivente ha stazionato, e non se ne è mai pentita sia chiaro, soprattutto in aule sgarrupate di parrocchie di frontiera nelle quali ha insegnato catechismo ma anche italiano e matematica per tenere impegnati – e in chiesa – ragazzini che diversamente sarebbero andati a finire, e qualcuno nonostante l’impegno della scrivente ci è finito lo stesso, nei riformatori.
Senonché due anni fa, dopo sedici anni di onorata carriera matrimoniale, suggellati da sacramento da Voi regolarmente celebrato e registrato nei Sacri Albi, la scrivente si è consensualmente separata dal suo legittimo nonché unico marito.
Marito che ha comunque cercato, nonostante l’epilogo, di amare e onorare come meglio ha potuto e finché le è stato possibile.
E arriviamo a questa benedetta udienza di separazione. Benedetta un tubo, caro monsignor Fisichella, perché appena si sono spalancate le porte del tribunale per me si sono automaticamente chiuse quelle della chiesa.
Lo status di “separata” è inconciliabile con quello di “cattolica praticante”. Perché un sacramento non si scioglie per definizione, non si scioglie mai, mi è stato giustamente spiegato, né è previsto uno sconto sulla definitività di quel “per tutta la vita”. Dunque se tu, cara, compi scelte che ti mettono fuori dalle regole della chiesa non puoi pretendere di continuare a farne parte. Indipendentemente dal contestuale curriculum che hai. Ineccepibile.
Dunque, caro monsignore, le riassumo ciò che lei ben sa: per me, da quel momento, niente più partecipazione ai sacramenti. A messa, si, ci posso andare ma la comunione no, non la posso più fare. Non posso più essere madrina di battesimi e cresime, né testimone ai matrimoni. Io sto fuori dalla porta. Posso sbirciare. E vi ringrazio. Ma non posso partecipare.
Ora però accade che un altro ex facente parte della stessa comunità ecclesiale, ugualmente separato, sia pubblicamente incline al turpiloquio e alla bestemmia, contestualizzata nell’ambito di una contestuale barzelletta sull’Olocausto, vada in giro vantandosi di cambiare una ragazza al giorno e non perda occasione per offendere le donne ed esaltare la pratica della promiscuità. Soprassiedo per carità di patria su tutto il resto. Questo signore, pensi a volte come è contestualizzata la vita, può fare – e la fa – la comunione. Io no.
Però sa una cosa, monsignore? Ora che ci penso, io non vorrei mai far parte di un club che annoverasse tra i suoi soci un signore del genere. Mi stupisce, e molto, che ci si trovi a suo agio Lei.
Ma questo è un problema suo. Che, ne sono certa, saprà adeguatamente contestualizzare”.
Stefano Gentili