giovedì 28 febbraio 2013

BENEDETTO XVI ABDICA: “NON ABBANDONO LA CROCE, MA RESTO IN MODO NUOVO PRESSO IL SIGNORE CROCIFISSO”



Tra meno di 4 ore, alle 20.00, Papa Benedetto XVI abdicherà.
Il suo gesto è stato rivoluzionario, unico nella storia, come ricorda Franco Cardini.
Gli altri casi che si ricordano (Celestino V, Gregorio XII, Benedetto IX, ecc.) furono diversissimi.
Delle motivazioni dichiarate da Benedetto anche a me, come Cardini, ha molto colpito la triade: motivi “fisici, psichici, spirituali”. E non per i primi due, certamente legati all’età, ma per i terzi: i motivi spirituali.
Cosa ha voluto dirci il Santo Padre?
Non mi permetto di discettare, sento solo il dovere di ringraziare il Signore perché ce lo ha voluto donare.
E sento anche il desiderio di riportare il testo del suo intervento, durante l’ultima udienza generale in Piazza S. Pietro di ieri 27 febbraio 2013.

 “Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato!
Distinte Autorità!
Cari fratelli e sorelle!
Vi ringrazio di essere venuti così numerosi a questa mia ultima Udienza generale.
Grazie di cuore! Sono veramente commosso! E VEDO LA CHIESA VIVA! E penso che dobbiamo anche dire un grazie al Creatore per il tempo bello che ci dona adesso ancora nell’inverno.
Come l’apostolo Paolo nel testo biblico che abbiamo ascoltato, anch’io sento nel mio cuore di dover soprattutto ringraziare Dio, che guida e fa crescere la Chiesa, che semina la sua Parola e così alimenta la fede nel suo Popolo. In questo momento il mio animo si allarga ed abbraccia tutta la Chiesa sparsa nel mondo; e rendo grazie a Dio per le «notizie» che in questi anni del ministero petrino ho potuto ricevere circa la fede nel Signore Gesù Cristo, e della carità che circola realmente nel Corpo della Chiesa e lo fa vivere nell’amore, e della speranza che ci apre e ci orienta verso la vita in pienezza, verso la patria del Cielo.
Sento di portare tutti nella preghiera, in un presente che è quello di Dio, dove raccolgo ogni incontro, ogni viaggio, ogni visita pastorale. TUTTO E TUTTI RACCOLGO NELLA PREGHIERA PER AFFIDARLI AL SIGNORE: perché abbiamo piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, e perché possiamo comportarci in maniera degna di Lui, del suo amore, portando frutto in ogni opera buona (cfr Col 1,9-10).

In questo momento, c’è in me una grande fiducia, perché SO, SAPPIAMO TUTTI NOI, CHE LA PAROLA DI VERITÀ DEL VANGELO È LA FORZA DELLA CHIESA, È LA SUA VITA. Il Vangelo purifica e rinnova, porta frutto, dovunque la comunità dei credenti lo ascolta e accoglie la grazia di Dio nella verità e nella carità. Questa è la mia fiducia, questa è la mia gioia.

Quando, il 19 aprile di quasi otto anni fa, ho accettato di assumere il ministero petrino, ho avuto la ferma certezza che mi ha sempre accompagnato: questa certezza della vita della Chiesa dalla Parola di Dio. In quel momento, come ho già espresso più volte, le parole che sono risuonate nel mio cuore sono state: SIGNORE, PERCHÉ MI CHIEDI QUESTO E CHE COSA MI CHIEDI? E’ un peso grande quello che mi poni sulle spalle, ma se Tu me lo chiedi, sulla tua parola getterò le reti, sicuro che Tu mi guiderai, anche con tutte le mie debolezze. E otto anni dopo posso dire che IL SIGNORE MI HA GUIDATO, MI È STATO VICINO, HO POTUTO PERCEPIRE QUOTIDIANAMENTE LA SUA PRESENZA.

E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che HA AVUTO MOMENTI DI GIOIA E DI LUCE, MA ANCHE MOMENTI NON FACILI; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore.

Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. VORREI INVITARE TUTTI A RINNOVARE LA FERMA FIDUCIA NEL SIGNORE, AD AFFIDARCI COME BAMBINI NELLE BRACCIA DI DIO, CERTI CHE QUELLE BRACCIA CI SOSTENGONO SEMPRE E SONO CIÒ CHE CI PERMETTE DI CAMMINARE OGNI GIORNO, ANCHE NELLA FATICA. Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano. In una bella preghiera da recitarsi quotidianamente al mattino si dice: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano…». Sì, siamo contenti per il dono della fede; è il bene più prezioso, che nessuno ci può togliere! Ringraziamo il Signore di questo ogni giorno, con la preghiera e con una vita cristiana coerente. Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo!

Ma non è solamente Dio che voglio ringraziare in questo momento. Un Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è la sua prima responsabilità. IO NON MI SONO MAI SENTITO SOLO NEL PORTARE LA GIOIA E IL PESO DEL MINISTERO PETRINO; il Signore mi ha messo accanto tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state vicine. Anzitutto voi, cari Fratelli Cardinali: la vostra saggezza, i vostri consigli, la vostra amicizia sono stati per me preziosi; i miei Collaboratori, ad iniziare dal mio Segretario di Stato che mi ha accompagnato con fedeltà in questi anni; la Segreteria di Stato e l’intera Curia Romana, come pure tutti coloro che, nei vari settori, prestano il loro servizio alla Santa Sede: sono tanti volti che non emergono, rimangono nell’ombra, ma proprio nel silenzio, nella dedizione quotidiana, con spirito di fede e umiltà sono stati per me un sostegno sicuro e affidabile. Un pensiero speciale alla Chiesa di Roma, la mia Diocesi! Non posso dimenticare i Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato, le persone consacrate e l’intero Popolo di Dio: nelle visite pastorali, negli incontri, nelle udienze, nei viaggi, ho sempre percepito grande attenzione e profondo affetto; ma anch’io ho voluto bene a tutti e a ciascuno, senza distinzioni, con quella carità pastorale che è il cuore di ogni Pastore, soprattutto del Vescovo di Roma, del Successore dell’Apostolo Pietro. OGNI GIORNO HO PORTATO CIASCUNO DI VOI NELLA PREGHIERA, CON IL CUORE DI PADRE.

Vorrei che il mio saluto e il mio ringraziamento giungesse poi a tutti: IL CUORE DI UN PAPA SI ALLARGA AL MONDO INTERO. E vorrei esprimere la mia gratitudine al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, che rende presente la grande famiglia delle Nazioni. Qui penso anche a tutti coloro che lavorano per una buona comunicazione e che ringrazio per il loro importante servizio.

A questo punto vorrei ringraziare di vero cuore anche tutte le numerose persone in tutto il mondo, che nelle ultime settimane mi hanno inviato segni commoventi di attenzione, di amicizia e di preghiera. SÌ, IL PAPA NON È MAI SOLO, ORA LO SPERIMENTO ANCORA UNA VOLTA IN UN MODO COSÌ GRANDE CHE TOCCA IL CUORE. IL PAPA APPARTIENE A TUTTI E TANTISSIME PERSONE SI SENTONO MOLTO VICINE A LUI. E’ vero che ricevo lettere dai grandi del mondo – dai Capi di Stato, dai Capi religiosi, dai rappresentanti del mondo della cultura eccetera. Ma ricevo anche moltissime lettere da persone semplici che mi scrivono semplicemente dal loro cuore e mi fanno sentire il loro affetto, che nasce dall’essere insieme con Cristo Gesù, nella Chiesa. Queste persone non mi scrivono come si scrive ad esempio ad un principe o ad un grande che non si conosce. Mi scrivono come fratelli e sorelle o come figli e figlie, con il senso di un legame familiare molto affettuoso.

QUI SI PUÒ TOCCARE CON MANO CHE COSA SIA CHIESA – NON UN’ORGANIZZAZIONE, UN’ASSOCIAZIONE PER FINI RELIGIOSI O UMANITARI, MA UN CORPO VIVO, UNA COMUNIONE DI FRATELLI E SORELLE NEL CORPO DI GESÙ CRISTO, CHE CI UNISCE TUTTI. Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti parlano del suo declino. Ma vediamo come la Chiesa è viva oggi!

In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. AMARE LA CHIESA SIGNIFICA ANCHE AVERE IL CORAGGIO DI FARE SCELTE DIFFICILI, SOFFERTE, AVENDO SEMPRE DAVANTI IL BENE DELLA CHIESA E NON SE STESSI.

Qui permettetemi di tornare ancora una volta al 19 aprile 2005. La gravità della decisione è stata proprio anche nel fatto che da quel momento in poi ero impegnato sempre e per sempre dal Signore.
Sempre – chi assume il ministero petrino non ha più alcuna privacy. Appartiene sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa. Alla sua vita viene, per così dire, totalmente tolta la dimensione privata. HO POTUTO SPERIMENTARE, E LO SPERIMENTO PRECISAMENTE ORA, CHE UNO RICEVE LA VITA PROPRIO QUANDO LA DONA. Prima ho detto che molte persone che amano il Signore amano anche il Successore di san Pietro e sono affezionate a lui; che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della vostra comunione; perché non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui.
Il “sempre” è anche un “per sempre” - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. NON ABBANDONO LA CROCE, MA RESTO IN MODO NUOVO PRESSO IL SIGNORE CROCIFISSO. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. EGLI CI HA MOSTRATO LA VIA PER UNA VITA, CHE, ATTIVA O PASSIVA, APPARTIENE TOTALMENTE ALL’OPERA DI DIO.

Ringrazio tutti e ciascuno anche per il rispetto e la comprensione con cui avete accolto questa decisione così importante. Io continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che vorrei vivere sempre. Vi chiedo di ricordarmi davanti a Dio, e soprattutto di pregare per i Cardinali, chiamati ad un compito così rilevante, e per il nuovo Successore dell’Apostolo Pietro: il Signore lo accompagni con la luce e la forza del suo Spirito.
Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria Madre di Dio e della Chiesa perché accompagni ciascuno di noi e l’intera comunità ecclesiale; a Lei ci affidiamo, con profonda fiducia.
Cari amici! DIO GUIDA LA SUA CHIESA, LA SORREGGE SEMPRE ANCHE E SOPRATTUTTO NEI MOMENTI DIFFICILI. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore. Grazie!”

Parole da meditare….molto.
Stefano Gentili

martedì 26 febbraio 2013

REQIUESCAT IN PACE IL VESCOVO GIOVANNI D’ASCENZI



Questa mattina è morto il Vecovo Giovanni D’Ascenzi alla venerabile età di 93 anni.
Lo ricordo, insieme a Rossella, con un affetto ancora molto vivo.
Fu Vescovo illuminato della nostra diocesi nel delicato e strategico periodo 1975-1983.
Ricordo il suo ingresso il 21 dicembre 1975 in una giornata rigida e le sue prime parole sopra un palco in Piazza della Repubblica.
E ricordo la sua uscita verso la diocesi di Arezzo, una mattina con appena una piccola valigia di indumenti personali, accompagnato da me e pochi altri.
Eppure nessuno come lui aveva tentato di modificare radicalmente il modo di evangelizzare della nostra Chiesa diocesana.
Ma…era troppo avanti. E le resistenze – contro le quali lottò con tutte le sue forze – alla fine si fecero sentire.

Per chi vuole rammentare un po’ di quel periodo può ravvisarlo sempre su queste pagine andando all’anno 2011 al titolo UN PO’ DI STORIA DI LAICI (5). LA SCOSSA DEL VESCOVO D’ASCENZI di mercoledì 10 agosto.
Oppure sfogliare le pagine di Toscana-Oggi Confronto di metà anni ’90 nelle quali ricostruii in modo abbastanza dettagliato (in diverse puntate) quello straordinario periodo.
La sua figura è stata anche molto altro, specie nel periodo precedente l’ordinazione episcopale, con ruoli di primo piano anche di livello internazionale.

A me interessa solo onorare la sua memoria e ringraziare Dio perché ce lo ha voluto donare.
Reqiuescat in pace.
Stefano Gentili

martedì 19 febbraio 2013

LE PREFRENZE ELETTORALI (DI UN ANNO FA) DI ALCUNI NOSTRI CATTOLICI IMPEGNATI: I GIOVANI PIU’ CENTRO-SINISTRI, GLI ADULTI-ANZIANI PIU’ CENTRO-DESTRI



Continuo la riflessione sul possibile voto dei cattolici, questa volta concentrandomi su 40 persone della nostra diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello e su un sondaggio effettuato da me e Mauro Schiano circa un anno fa.
Il sondaggio  fu effettuato tra i partecipanti all’Assemblea diocesana dell’Azione Cattolica di Pitigliano-Sovana-Orbetello dell’11 marzo 2012, tenutasi presso la sala riunioni dell’ex-seminario di Pitigliano (GR).
Un sondaggio complesso (43 domande) che si muoveva tra il personale, l’ecclesiale, il sociale e che ha dato risultati assai significativi e da meditare con attenzione.
Stranamente è rimasto nel cassetto.
Ne estrapolo solo la piccolissima parte relativa alle preferenze politiche dei partecipanti a quell’assemblea.

Ricordo che era l’11 marzo 2012. Oggi siamo esattamente un anno dopo e di acqua sotto i ponti ne è passata molta. E’ quindi possibile che vi sia stata una evoluzione nelle preferenze elettorali.
Ma “dare i numeri” è sempre cosa buona e giusta.
Ecco, quindi, cosa ci diceva la tabella n. 15 di quel sondaggio.

SE OGGI SI TENESSERO LE
ETA'
ELEZIONI POLITICHE
17-40
41-65
PER QUALE AREA VOTERESTI?

e oltre
Destra
0,0
4,0
Centro Destra
8,3
28,0
Centro
8,3
4,0
Centro Sinistra
41,7
20,0
Sinistra
8,3
0,0
Raggruppamento di Mario Monti
0,0
12,0
Altro
0,0
4,0
Voterei scheda bianca
25,0
4,0
Non andrei a votare
0,0
0,0

L’analisi che ne facevamo era la seguente.
“In merito alla intenzione di voto (tabella 15) la preferenza degli intervistati si distribuisce in totale quasi in modo lineare tra i diversi schieramenti.
Con una marcata differenza generazionale.
I giovani si riconoscono maggiormente nel centro-sinistra+sinistra (50%) e il 25% voterebbe scheda bianca.
Gli adulti maggiormente verso il centro-destra+centro+destra (48% complessivo, compreso un 12% ad un eventuale raggruppamento capeggiato da Mario Monti) con un 20% orientato a centro-sinistra”.

La tabella 15 era seguita da un’altra nella quale si chiedeva quale fosse la fiducia in una serie di leader nazionali (il ciclone Renzi non era ancora decollato e anche Grillo non era al massimo della contestazione).
Tra i politici che riscuotevano molta fiducia dagli intervistati emergevano Napolitano (14), Monti (12).
A seguire, a distanza, Bindi (4), Casini (3), Bersani  Vendola (2), Camusso, Marcegaglia (1).
Berlusconi, Bossi, Bonanni, Di Pietro, Fini, Grillo (inseriti in tabella) non erano preferiti da alcuno.

Si commentava: Non esiste un comportamento univoco nei confronti delle diverse aree politiche e il riconoscimento della crisi delle passioni politiche emerge in modo evidente oltre che nella distribuzione delle intenzioni di voto (equidistribuite tra i diversi schieramenti anche se con la faglia generazionale), nella individuazione nella fiducia dei leader (si indicano soprattutto le figure istituzionali quasi a sottolineare una certa distanza dai leader politici)”.

Concludevamo con un quesito.
“Interessante sarebbe anche interrogarsi – sulla linea della ipotetica identità fondamentale che tutto permea, anche le scelte dell’urna – quanto questa diffusione pluralistica del consenso cattolico (dei nostri intervistati, ma non solo) sia conforme alla linea (indicata? sussurrata? suggerita con linguaggio non verbale?) della gerarchia ecclesiastica”.

Amen.
Stefano Gentili

venerdì 15 febbraio 2013

PER CHI VOTANO I CATTOLICI? I terzi 10: 6 PD, 1 MONTI, 1 INDECISO TRA PD E MONTI, 1 ORIENTATO A CENTRO DESTRA, 1 NON VOTA



Riporto le terze 10 interviste pubblicate da Jesus del gennaio 2013 sulle preferenze elettorali di cattolici impegnati.

CAMPANIA
Gabriele, 50 anni, sposato e senza figli, si occupa di amministrazione di condomini. È membro del Consiglio pastorale della parrocchia di San Biagio vescovo e martire a Lanzara di Castel San Giorgio (Salerno), arcidiocesi di Salerno- Campagna-Acerno: «Monti non mi affascina, ma do un occhio al centro di Casini. Alla fine penso che voterò PD, anche se ho dubbi sui temi della famiglia e della vita. Su questi temi, la componente cattolica del Partito democratico dovrebbe avere più coraggio, così come sulla libertà dell'insegnamento, sull'attenzione agli ultimi, sulle politiche sociali».

Raffaele, 34 anni, fidanzato, è avvocato e membro del Consiglio pastorale a Santa Maria La Nova-Sant'Anastasia, nella cinta urbana periferica di Napoli ma che ricade nel territorio della diocesi di Nola: «Voterò PD perché ho apprezzato le primarie per il leader e per i parlamentari; è l'unica coalizione omogenea, a differenza di quelle di centro-destra e centro; e infine ha per priorità il problema del lavoro e la questione ambientale. Renzi? Mi sembrava troppo liberista, ma nelle ultime dichiarazioni si è dimostrato uomo di squadra, non solo un libero battitore».

PUGLIA
Marta, 54 anni, sposata, 4 figli, è impiegata amministrativa in una scuola e fa parte del Consiglio pastorale della parrocchia Sant'Achille martire, diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi: «Voterò PD quasi sicuramente, perché a livello cittadino e regionale è il partito più vicino ai problemi della gente, nonostante alcune delusioni. Ma avrei preferito come premier Nichi Vendola».

Anna, 41 anni, è single e fa l'impiegata. Vive a Lizzanello, a sei chilometri da Lecce ed è membro del Consiglio pastorale nella parrocchia Maria SS. Addolorata, 7.500 abitanti, arcidiocesi di Lecce: «Sono indecisa tra PD e Monti: sceglierò il meno peggio. Alle primarie del Partito democratico non ho votato per le regole restrittive che sono state imposte, ma probabilmente avrei scelto Renzi. Serve un dialogo più stretto con il centro e con Monti piuttosto che con Vendola».

BASILICATA
Vito, 70 anni, pensionato, sposato con due figli, diacono permanente della parrocchia Spirito Santo, nella vicaria dello Spirito Santo in località Lavangone di Potenza (arcidiocesi Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo): «Il mio orientamento è di NON ANDARE PROPRIO A VOTARE, perché non ho fiducia in nessuno di questi politici».

CALABRIA
Luca, 32 anni, avvocato, fa parte del Consiglio pastorale della parrocchia San Raffaele Arcangelo, diocesi di Lamezia Terme (Catanzaro). Sposato e padre di due bambini, lavora all'Agenzia delle entrate. Vive in una zona in espansione, dove alla povertà si affiancano sacche di criminalità: «Alle precedenti elezioni avevo votato Udc. Ora mi oriento su MONTI per le scelte a tutela della persona e della famiglia, per le politiche di difesa del più debole e dei poveri. Preferisco Monti rispetto al Pd, perché mi rispecchio di più nel suo schieramento, e anche per la possibilità di rimettere al centro franchezza e responsabilità».

Giuseppe, 66 anni, sposato con due figli, è pensionato, con una carriera alle spalle di dirigente amministrativo. Ora si dedica al volontariato nell'associazione Cittadinanzattiva ed è inserito nel consiglio pastorale del duomo o chiesa matrice (diocesi di Oppido Mamertina-Palmi), la principale parrocchia cittadina di Polistena (Reggio Calabria), paese di 12 mila abitanti al centro della Piana di Gioia Tauro: «Non mi appassiona il "montismo". Il mio orientamento? PD, con la speranza che metta ai margini le frange estreme: ali non valide per la stabilità del Governo. Voto questo schieramento per la sua grande attenzione ai problemi del sociale, anche se auspico un forte rinnovamento della dirigenza: non proprio la "rottamazione" di cui ha parlato Renzi, ma una spinta verso un impegno politico diverso».

SARDEGNA
Andrea, 32 anni, single, giornalista di Ussana (20 chilometri da Cagliari), è membro del Consiglio pastorale della parrocchia di San Sebastiano: «Il PD ha un progetto in cui ho creduto fin dall'inizio: dare all'Italia una sinistra di taglio riformatore. Poi il segretario Enrico Letta rispecchia l'area che fa riferimento ai cattolici. Però mi aspettavo un diverso risultato alle primarie: Renzi non mi sarebbe dispiaciuto».

SICILIA
Marcello, 68 anni, sposato con quattro figli, è professore di matematica in pensione e fa parte del Consiglio pastorale della parrocchia di San Espedito, a Palermo, che si trova in una zona centrale della città: circa 15 mila abitanti, compresi un buon numero di immigrati: «Mi sono sempre collocato nell'area di centro, ma la presenza di Berlusconi mi ha tolto la libertà di orientarmi in altro modo. Alle prossime elezioni inizialmente pensavo di scegliere Monti, però nella sua agenda manca l'attenzione all'aspetto sociale, alle parti più deboli e fragili della società. Voterò PD anche se è un grande calderone con molte anime. Complessivamente, però, mi ritrovo in diversi dei suoi valori. Con le primarie, fenomeno interessante, il partito si è riscattato... Sarebbe stato interessante capire cosa avrebbe fatto Renzi con la sua voglia di innovare. Ingroia e il Movimento 5 Stelle? Li trovo troppo fluidi e imprevedibili, un po' fondamentalisti, mentre la politica deve essere equilibrio e mediazione».

Orazio, 53 anni, sposato con tre figli, libero professionista come tecnico geometra, vive sulle colline di Aci Sant'Antonio (Catania), alle pendici dell'Etna – paese di 18 mila abitanti, a dieci minuti dal mare – ed è membro del Consiglio pastorale della parrocchia Sant'Antonio Abate, nella diocesi di Acireale: «Non ho ancora le idee chiare. Sono nato centrista e spero di morirci, ma non penso di votare il professor Monti: mi ha dato la sensazione di essere un lobbista. Pensavo di non andare a votare. Comunque mi oriento più verso il CENTRO-DESTRA, perché appoggia la liberalizzazione. Ma bisogna far girare l'economia muovendo la moneta, mentre avere un prestito dalle banche è ancora difficile per i piccoli imprenditori. Il Movimento 5 Stelle? Qualcuno si è comportato bene, bisogna vedere se è solo strategia o realtà».
(Interviste raccolte da Alberto Laggia, Annachiara Valle e Laura Badaracchi)

Buona terza e ultima meditazione.
Stefano Gentili

mercoledì 13 febbraio 2013

PER CHI VOTANO I CATTOLICI? I secondi 10: 4 PD, 2 INDECISI TRA PD E SEL, 1 SEL, 1 MONTI, 1 INDECISO TRA PD E MONTI, 1 INDECISO TRA MELONI E SCHEDA BIANCA



Riporto le seconde 10 interviste pubblicate da Jesus del gennaio 2013 sulle preferenze elettorali di cattolici impegnati.

TOSCANA
Piero, 28 anni, fiorentino di nascita e di diocesi, è titubante: «Lo so, a Firenze ci si aspetta che io sia renziano. Invece, anche alle primarie ho votato per Bersani. Adesso però sono un po' indeciso tra PD e SEL. Mi sembra che sui temi del lavoro Vendola abbia difeso di più i diritti dei lavoratori e anche lo Stato sociale. Però non condivido certi suoi attacchi a Monti. Senza l'intervento di Monti non avremmo più neppure un Paese di cui parlare. Aspetterò fino all'ultimo per scegliere definitivamente».

Marco, 37 anni, diocesi di Grosseto: «Probabilmente voterò MONTI. Il suo Governo ha fatto bene e potrebbe continuare l'opera di risanamento della nostra economia. Sarebbe un peccato buttare via i sacrifici che abbiamo fatto in questi mesi se si dovesse invertire la rotta. Mi piace il suo stile sobrio e il modo di lavorare. L'unica cosa che non mi convince è il modo in cui è nata questa forza politica e l'influenza di Montezemolo. Da cattolico non mi sento affatto rappresentato da certe persone».

MARCHE
Paola, poco più di 40 anni, diocesi di Pesaro: «Voterò assolutamente PD. Ero una di quelle che votava Ppi e quindi mi sembra coerente votare il Partito nato dai popolari e dai diessini. I cattolici democratici come me hanno nel Pd la loro naturale collocazione. Poi spero in un accordo con Monti, ma con un Pd forte che possa difendere lo Stato sociale e i diritti dei più deboli».

Giorgio, 50 anni, Macerata: «Ho pensato per qualche settimana di votare Grillo, perché mi sembrava finalmente una forza nuova che potesse ripulire un po' la politica. Poi ho cambiato idea: mi sembra una protesta sterile. A questo punto, sarebbe meglio non votare o votare scheda bianca. Però questo è contrario al mio stile. Da cattolico mi sembra che sia una mancanza di responsabilità. Non sono del tutto convinto, ma alla fine penso che voterò per il PD o per SEL, perché mi sembrano i partiti più vicini alla povera gente».

UMBRIA
Alessandro, 35 anni, diocesi di Perugia: «Sono un cattolico confuso. La mia scelta sarà tra BERSANI e MONTI, ma non ho ancora deciso definitivamente. Lo farò dopo aver visto le liste. Non mi piace che attorno al professore cerchino di riciclarsi vecchi "banditi" del Pdl. Se vedrò nomi che non mi piacciono nelle liste Monti voterò certamente Pd».

LAZIO
Anna, 48 anni, diocesi di Viterbo: «Sono indecisa fra Monti e Bersani, però alla fine credo proprio che voterò per il PD. È molto più vicino alla gente. Monti ha fatto bene e il centro, da cattolica, mi ha sempre tentata, anche se non avrei mai votato per l'Udc. Pensandoci bene, però, mi convince di più un partito maggiormente radicato sul territorio e nel quale la componente cattolica è ben presente. Basta guardare le liste per vedere quanti siano e di che spessore gli esponenti dell'associazionismo cattolico più impegnato. Certo, anche nelle liste Monti ci sono persone affidabili, ma alla fine credo proprio che il mio voto andrà al Partito democratico».

Francesca, 35 anni, di Terracina, diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno: «Non ho dubbi: voto PD, perché è un partito di centro-sinistra. Ho studiato molto bene la dottrina sociale della Chiesa. Se la si applica davvero si deve concludere che è, di fatto, un programma politico. È una visione dei rapporti sociali e del bene comune molto preciso. E questa visione non è né di destra né di centro, ma appunto di centro- sinistra. Quindi, conseguentemente con il mio impegno ecclesiale, non posso che votare Pd».

Valerio, 45 anni, della diocesi di Roma: «Avevo pensato di votare Pdl perché, anche se oggettivamente Berlusconi è stato incoerente con i principi non negoziabili, il suo partito li ha difesi. Sull'aborto, sulla famiglia, sull'eutanasia ha tenuto duro. L'alleanza di Berlusconi con la Lega, però, mi ha fatto cambiare idea: da romano, non posso votare per una forza che vuole prendersi i soldi di tutto il Paese. A questo punto sono indeciso fra il nuovo partito di Giorgia Meloni e votare scheda bianca».

ABRUZZO
Cristina, 43 anni, diocesi dell'Aquila: «Scelgo Vendola. Con il terremoto abbiamo sentito tante promesse e pochi fatti. Ci siamo fatti un'idea precisa delle furbizie della politica. Invece mi sembra che Vendola sia sempre stato coerente e che si sia battuto per i diritti soprattutto dei più poveri. Pur avendo apprezzato su alcuni punti il lavoro del Governo Monti, mi sembra che da cristiani dovremmo chiedere qualcosa in più del primato dell'economia e della finanza. Vendola è una garanzia che non ci si dimentichi dei valori della solidarietà e della persona».

MOLISE
Chiara, 38 anni, diocesi di Campobasso: «Ho avuto una sbandata per Monti, lo ammetto. Ma poi ho deciso di votare PD, come ho fatto anche l'ultima volta. Mi riconosco di più nell'agenda Bersani, se proprio vogliamo usare questo termine. Mi sembra più vicina al mio sentire di donna impegnata sia in parrocchia che nel volontariato. Quando ascolto i problemi delle persone che hanno perso il lavoro, che non ce la fanno ad arrivare a fine mese, che hanno paura del futuro, penso che una risposta migliore possa essere data da quelle forze, come il Pd, che hanno alle spalle anche la tradizione del cattolicesimo sociale».

Di nuovo buona meditazione.
Stefano Gentili

sabato 9 febbraio 2013

PER CHI VOTANO I CATTOLICI? I primi 10: 4 PD, 3 MONTI, 2 INDECISI TRA PD E MONTI, 1 INDECISO TRA PDL E MONTI



Riporto le prime 10 interviste pubblicate da Jesus del gennaio 2013 sulle preferenze elettorali di cattolici impegnati.

PIEMONTE
Lidia, 51 anni. Abita e s'impegna a Mirafiori, periferia Sud di Torino: «Questa volta ci va bene. Abbiamo l'imbarazzo della scelta. Per me, personalmente, è un pareggio: tre a tre. Ho scoperto infatti di conoscere tre candidati del Pd e altrettanti di Scelta civica, la lista che fa capo al premier uscente. Da noi, tra gli altri, si candidano gli ex presidenti nazionali dell'Agesci (Edo Patriarca, Pd), della Gioventù operaia cristiana (Tommaso Panero, con Monti alla Camera) e delle Acli (Andrea Olivero, al Senato con Monti). Alla fine credo che voterò PD, perché ha una politica economica e una sensibilità sociale in cui mi ritrovo maggiormente. E poi, lo dico con franchezza, perché temo che possa tornare in gioco Silvio Berlusconi. Meglio quindi optare per un voto utile».

Sergio, 63 anni, pensionato, impegnato nel volontariato sociale, abitante di Borgomanero (Novara): «Anche se con qualche mal di pancia, voterò PD. Monti e il suo Governo mi hanno profondamente deluso in merito soprattutto alla difesa del welfare: il 2012 è stato un anno orribile per il volontariato sociale e il non profit. E nell'agenda montiana non trovo spazi per il rilancio del Terzo settore. Il programma del Pd, invece, mi dà fiducia per l'attenzione ai temi fondamentali dell'equità sociale e della giustizia. Infine, da credente, mi pare ci sia da parte di Bersani la giusta attenzione anche verso i cosiddetti valori non negoziabili».

LIGURIA
Antonio, 50 anni, impiegato, Genova: «Sono un deluso del Pdl. Stavolta voto MONTI. Mi ha convinto per quanto ha fatto nell'anno del suo Governo tecnico e, ora, per la sua determinazione a lavorare con una squadra nuova, con personaggi "puliti", lontani dal mondo dei mestieranti della politica. Tra l'altro, anche il nostro arcivescovo ha benedetto la sua "salita in campo". In passato ho dato il mio appoggio elettorale a Silvio Berlusconi perché pensavo che un imprenditore di successo come lui potesse guidare un Governo e attuare le riforme necessarie al nostro Paese. Mi sono sbagliato».

LOMBARDIA
Anna, 46 anni, farmacista, Milano: «Dopo molta incertezza, ho deciso che voterò per Mario MONTI. Avevo seguito con interesse le primarie del Pd e ho accolto, invece, con sgomento la nuova candidatura di Berlusconi. Ho l'impressione che gli italiani si lascino abbindolare troppo facilmente da proclami e messe in scena. Non è stata una scelta a cuor leggero: anche Monti rappresenta forti interessi, ma ho fiducia nella sua capacità di governare guardando solo al bene dell'Italia e di tutti i suoi cittadini. E voglio dare l'opportunità all'ex premier di completare il suo programma».

VENETO
Piero, 70 anni, pensionato, Torri di Quartesolo (Vicenza): «Ho sempre votato per il centro sinistra, ma stavolta penso che darò il mio suffragio a Scelta civica di Mario MONTI. Certo, come molti italiani ho subito l'Imu come un pesante balzello, ma ho fiducia nel fatto che l'ex premier nell'arco di una intera legislatura sappia realizzare la seconda parte del programma, che col Governo tecnico era rimasta sulla carta: le riforme per la ripresa economica e per il lavoro alle nuove generazioni. Per le famiglie m'aspetto che finalmente passi il cosiddetto "quoziente familiare" e, da cattolico, auspico un sostegno alla scuola paritaria».

Sandra, 49 anni, catechista, libera professionista, Venezia: «Come molti altri, non so ancora chi andrò a votare: se la giocano il PD e una lista MONTI. Ritengo essenziale che il prossimo Governo debba decisamente tutelare i ceti più poveri. Dovrà individuare le politiche per dare speranza alle nuove generazioni. Mi preoccupano, al contempo, i proclami elettorali taglia-tasse e temo che il rigore per i conti dello Stato, condotto dal Governo uscente, venga abbandonato. Il rischio di default porterebbe alla guerra civile. Riguardo a Monti e alle sue liste, mi infastidisce l'appoggio di vecchi marpioni della politica, come Casini e Fini. Ma come cattolica, non m'ha lasciato indifferente il fatto che l'ex premier abbia trovato simpatie e stima anche nella Cei».

Rosalia, 55 anni, lavora nella Sanità pubblica e vive a Belluno: «Voterò PD, turandomi il naso. Pur avendo parteggiato per Renzi alle primarie, Bersani mi dà fiducia come premier. Non sono una "rottamatrice" e penso che l'anagrafe da sola non basti per decretare la fine di un politico: ho apprezzato Rosy Bindi quand'era ministro della Sanità e la vedrei bene anche in un nuovo Governo. Il liberismo sfrenato mi fa paura. I più deboli sono destinati a soccombere se non c'è uno Stato sociale. Infine, rispetto alla difesa dei valori cattolici, sono convinta che non è scrivendo sulla carta di un programma che si sostiene la famiglia o si difende il matrimonio. E i vescovi dovrebbero smetterla di interferire sul voto, dando orientamenti ai cattolici».

TRENTINO ALTO ADIGE
Giorgio, 63 anni, ex insegnante, volontario in un'associazione ecclesiale, Trento: «Sono un "renziano" convinto e voterò PD. È il partito di gran lunga più attento alle istanze dei ceti deboli, i più bastonati dagli ultimi Governi: giovani, famiglie, pensionati, lavoratori, piccoli imprenditori. Anche a livello locale (cittadino e provinciale), ho avuto modo di apprezzare il lavoro che gli amministratori hanno svolto finora. Non vedrei male una coalizione governativa con Monti».

FRIULI VENEZIA GIULIA
Stefano, 43 anni, libero professionista, Pordenone: «Voterò senza alcuna convinzione, incerto tra PD e MONTI, comunque deluso dall'offerta che presenta ovunque dei "falliti" politici, riciclati e poco presentabili. Speravo nell'affermazione di Renzi alle primarie del Pd: sarebbe stato un bel segnale di rinnovamento e invece ancora una volta ha vinto l'Italia che non vuole cambiare. D'altra parte Monti rappresenta comunque un mondo "potente", di interessi forti. Non seguo affatto le indicazioni del Magistero, che dovrebbe fare un passo indietro e non interferire in queste faccende».

EMILIA-ROMAGNA
Arturo, 51 anni, medico di Cesena: «Mi dichiaro francamente un cattolico molto confuso. Il Pdl m'ha deluso, ma alla fine sceglierò tra Berlusconi e Monti. Non riesco, soprattutto, a trovare parole chiare e impegni precisi nei programmi elettorali in merito ad alcune questioni che mi stanno a cuore come credente: dalla difesa della vita e dell'embrione alla libertà educativa e il sostegno alla scuola paritaria. Vorrei vedere maggior coraggio e lo stesso impegno che s'è messo contro la salita dello "spread", a favore dei valori non negoziabili per noi cattolici».

Buona meditazione.
Stefano Gentili

giovedì 7 febbraio 2013

ELEZIONI POLITICHE 2013 - PER CHI VOTANO I CATTOLICI?


Nel numero di Jesus del gennaio 2013 è apparsa – a cura di quella redazione - un’interessante inchiesta sul voto dei cattolici “impegnati”. Ritengo opportuno veicolarla.

“Abbiamo intervistato trenta componenti di trenta diversi Consigli pastorali parrocchiali in tutta Italia, chiedendo loro cosa voteranno e perché. Il risultato che è emerso è, per certi versi, stupefacente.

Non c'è dubbio: il "quadro" cattolico medio vota Centro- sinistra. Gli uomini e le donne che ogni santo giorno fanno marciare le parrocchie e che formano il tessuto connettivo della comunità ecclesiale italiana sembrano fare una scelta di campo esplicita per il Partito democratico e, in misura minore, per Mario Monti. Se questa fosse l'Italia intera (cosa che certamente non è), dalle elezioni del 24 e 25 febbraio emergerebbe lo scenario di un governo saldamente nelle mani del Pd, con Scelta civica dell'attuale Presidente del consiglio che si aggiudica il ruolo di secondo gruppo parlamentare.
E con Berlusconi, la Lega e le altre liste di destra relegate al ruolo di modesta minoranza, destinata a una semi-trascurabile opposizione.

La situazione, però, non è così definita, ovviamente. Questa, infatti, non è una proiezione scientifica sulle intenzioni di voto degli italiani e neanche un sondaggio statisticamente significativo sulle preferenze di coloro che si dichiarano «cattolici». È, più semplicemente, il risultato di una nostra inchiesta giornalistica, fatta senza pregiudizi ideologici di sorta, con l'unico obiettivo di tastare il polso ai credenti impegnati al livello della "cellula base" della Chiesa italiana: la parrocchia.
Per fare questo, abbiamo intervistato trenta persone scelte casualmente in tutta Italia, che avessero una sola caratteristica in comune: essere membri di un Consiglio pastorale parrocchiale, cioè l'organismo di persone scelte dal parroco per collaborare con lui nella gestione della comunità cristiana locale. Trenta credenti laici dunque, cioè né preti né religiose o religiosi. Persone comuni, con una famiglia e un mestiere, che dedicano stabilmente parte del loro tempo occupandosi del catechismo e dell'oratorio, coordinando le attività pastorali, dando una mano a preparare la liturgia, seguendo le iniziative di volontariato sociale e qualunque altra attività la loro parrocchia abbia deciso di intraprendere.

Dalle risposte di questi trenta cattolici "ordinari", che riportiamo nelle pagine seguenti, emerge un quadro molto interessante, che conferma alcune linee di tendenza politiche generali ma che, contemporaneamente, smentisce non pochi luoghi comuni che vanno per la maggiore, riguardo al cosiddetto «voto cattolico».

Ma cominciamo dai dati: su trenta persone intervistate, 11 sono donne e 19 uomini. Le età oscillano da un massimo di 70 anni a un minimo di 28, con la media che si assesta sui 48 anni. Quanto alle intenzioni di voto, 14 persone (cioè il 42%) indicano chiaramente che sceglieranno il Pd di Luigi Bersani; 5 (15%) daranno la propria preferenza a Scelta civica di Mario Monti; una persona soltanto fa con certezza una scelta di campo in favore di Sel, guidata da Nichi Vendola; nessuno invece esprime una preferenza sicura per il Pdl di Berlusconi o la Lega di Roberto Maroni; nessun "voto" da parte dei nostri intervistati totalizzano inoltre le liste di Grillo, Ingroia o l'Idv di Di Pietro.

Bisogna aggiungere al conto finale una persona che esprime la propria intenzione di astenersi dal voto e, soprattutto, ben 9 su 30 (il 27%) che sono ancora indecisi. L'elevato tasso di incerti si deve in parte alla tempistica della nostra inchiesta: tutte le interviste sono state raccolte entro il limite ultimo del 15 gennaio. È quindi naturale che diverse persone non abbiano ancora elaborato una scelta definitiva, con più di un mese ancora a disposizione prima del voto. In parte, però, l'incertezza deriva dall'obiettiva novità rappresentata dalla «salita in campo» di Mario Monti: dei 9 incerti che abbiamo registrato, 4 (il 12%) sono indecisi tra Scelta civica e Pd; 2 (il 6%) sono indecisi tra Scelta civica e Pdl; altri 2, poi, sono indecisi tra Pd e Sel; e uno è incerto tra votare una lista di destra collegata con Berlusconi e scegliere scheda bianca. Come si vede (e come era anche intuibile "a naso"), la presenza di una lista Monti tra le possibili scelte è salutata come una interessante e appetibile alternativa, di volta in volta, al riformismo del Pd o al populismo della destra berlusconiana.

Altre due considerazioni che rappresentano, in qualche modo, delle conferme rispetto alla tradizione del voto cattolico: innanzitutto, la quasi totalità si orienta verso formazioni politiche che abbiano una vocazione maggioritaria e di governo, tralasciando le liste minori a vocazione "testimoniale"; in secondo luogo, in questa tornata elettorale 23 intervistati su 30 (il 69%) sceglieranno il Pd oppure la lista Monti. Il dato rappresenta non soltanto il crollo del Pdl come «casa abitabile» dai cattolici, ma anche una rivincita del cattolicesimo politico e, insieme, una sorta di rinascita: non della Democrazia cristiana in quanto tale, ma delle sue due anime fondamentali, quella social - riformista (che oggi si identifica più facilmente con il Partito democratico e che è nettamente prevalente) e quella moderata-conservatrice (che vede di buon occhio l'aggregazione di forze creatasi intorno a Mario Monti).

Un'ultima nota conclusiva: analizzando le risposte, il tema dei «valori non negoziabili » non sembra criterio fondamentale per la scelta politica. In alcuni casi, è solo uno dei criteri di scelta, accanto ad altri.
Nella gran parte delle risposte, non è neppure menzionato, mentre prevalgono argomentazioni di tipo "laico": l'onestà/moralità pubblica del candidato, le scelte di politica-economica, la protezione delle fasce deboli della popolazione, il ruolo del welfare.
Da ciò che emerge nella nostra ricognizione, insomma, i credenti delle parrocchie sono meno bigotti di quanto li dipinga la stampa laica.
Inoltre, emerge un indubbio scollamento e una non trascurabile distanza tra l'agenda pubblica dei vertici ecclesiastici (Cei e Segreteria di Stato) e le priorità della base cattolica: un nodo che, ad elezioni avvenute, sarà bene che la comunità ecclesiale italiana trovi il modo di mettere a tema.
Di seguito, le interviste ai 30 membri di Consigli pastorali parrocchiali che abbiamo raccolto in tutta Italia”.  
E che io pubblicherò le prossime volte.
Interessante, non vi pare?
Stefano Gentili

sabato 2 febbraio 2013

Documenti conciliari: GAUDIUM ET SPES – I SEGNI DEI TEMPI


La profonda svolta teologica di cui abbiamo parlato deve essere completata da un secondo argomento. La GS, affrontando i più gravi problemi sociali del nostro tempo, dichiara di volerlo fare procedendo “alla luce del vangelo e dell’esperienza umana” (GS 46). Questo specifica il metodo che la costituzione intende assumere nella seconda parte. La chiesa per vivere in pienezza la propria missione ha bisogno dell’esperienza umana, ha bisogno del mondo. Ciò è un preciso riferimento alla DOTTRINA DEI SEGNI DEI TEMPI.

A. Nei documenti del Vaticano II si trova per tre volte l’uso esplicito della formula.
Gaudium et spes 4“Per svolgere questo compito, è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico”;
Unitatis redintegratio 4: “Siccome oggi, sotto il soffio della grazia dello Spirito Santo, in più parti del mondo con la preghiera, la parola e l'azione si fanno molti sforzi per avvicinarsi a quella pienezza di unità che Gesù Cristo vuole, questo santo Concilio esorta tutti i fedeli cattolici perché, riconoscendo i segni dei tempi, partecipino con slancio all'opera ecumenica”;
Presbyterorum ordinis 9: “Siano pronti ad ascoltare il parere dei laici, tenendo conto con interesse fraterno delle loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversi campi dell'attività umana, in modo da poter assieme riconoscere i segni dei tempi”.

Altre volte i testi richiamano lo stesso concetto, pur non usando esplicitamente la formula:
ad esempio, GS 11: “Il popolo di Dio, mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l'universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, orientando così lo spirito verso soluzioni pienamente umane”; 
ed ancora GS 44: “È dovere di tutto il popolo di Dio, soprattutto dei pastori e dei teologi, con l'aiuto dello Spirito Santo, ascoltare attentamente, discernere e interpretare i vari linguaggi del nostro tempo, e saperli giudicare alla luce della parola di Dio, perché la verità rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa venir presentata in forma più adatta”; 
il concetto lo si può infine rintracciare in Presbyterorum ordinis 6, Apostolicam Actuositatem 14, Dignitatis Humanae 15.

B. L’acquisizione della categoria dei segni dei tempi non era stata del tutto pacifica nella fase di preparazione del concilio.
Si può parlare di una preistoria della formula che muove il primo passo dalla Scrittura. In Mt 16,2-3 infatti si dice:“Ma egli rispose: "Quando si fa sera, voi dite: Bel tempo, perché il cielo rosseggia; e al mattino: Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo. Sapete dunque interpretare l'aspetto del cielo e non sapete distinguere i segni dei tempi?”
Nella tradizione teologica la troviamo nel teologo spagnolo del XVI sec. Melchior Cano (1509-1560), nella sua opera De Locis theologicis, dove per la prima volta tra i luoghi teologici che rivelano la presenza di Dio viene indicata anche la storia; un luogo laico accanto ai luoghi più sacrali (la chiesa, i sacramenti, la Bibbia). E nella storia, secondo Cano, luogo privilegiato di rivelazione di Dio sono i poveri.
In tempi più recenti era stato principalmente Giovanni XXIII ad usare la formula, nella Bolla di indizione del Vaticano II (1961), poi nell’enciclica Pacem in terris (1963). Quindi Paolo VI riprenderà la stessa formula nell’enciclica Ecclesiam suam (1964). Più tardi, in documenti come la Populorum progressio (1967) e la Octogesima adveniens (1971), Paolo VI assumerà la scansione metodologica proposta dalla JOC -vedere, giudicare, agire- facendo della lettura dei segni dei tempi addirittura il punto di partenza per le riflessioni teologiche e per le indicazioni pastorali.
I biblisti cercarono di opporsi al passaggio dal significato biblico - cristologico (il grande segno dei tempi che viene indicato è Gesù, compimento dell’era messianica e punto d’incontro di Dio con la storia dell’umanità) al significato sociologico - culturale; ma la formula passa e il teologo M.D. Chenu, definisce così i segni dei tempi: “I fenomeni che, per la loro generalizzazione e la loro frequenza, caratterizzano un’epoca e attraverso i quali si esprimono i bisogni e le aspirazioni dell’umanità presente”.

C. E’ il significato di storia e il riferimento ad essa la vera novità che entra nella teologia e nel magistero con la formula dei segni dei tempi. Il passaggio appare chiaro richiamando l’impostazione dei documenti della dottrina sociale della chiesa precedenti al vaticano II.
Nell’impianto metodologico, ad esempio, della Rerum novarum la storia era una realtà che stava deviando e che quindi occorreva riportare sulla strada giusta con la chiarezza e la forza dell’insegnamento, al quale doveva seguire la prassi, come esecuzione di un progetto ben strutturato. Il fondamento di tale insegnamento non era tanto la Scrittura, quanto il concetto di natura. La storia, insomma era vista come realtà passiva, amorfa che riceve dinamismo e forma da elementi ad essa estranei e provenienti dal mondo delle idee, dei princìpi. In una storia sentita e vissuta in questa maniera, il dovere dell’uomo è di tipo esecutivo e consiste nel portare la storia, cioè gli avvenimenti, in linea con le idee e i princìpi.

Ma l’attenzione per la persona, che aveva mosso la stessa Rerum novarum, favorisce il cambiamento metodologico, che sarà poi adottato dalla GS, attraverso l’assunzione della categoria della storicità, come categoria essenziale dell’essere umano e di tutte le realtà e le esperienze, compresa l’esperienza della fede cristiana. E due sono gli elementi portanti di una nuova visione che nasce dall’acquisizione della storicità.

Un elemento teologico  (il Dio della fede cristiana è il Dio della storia) maturato nella teologia attraverso l’accresciuta conoscenza e familiarità con la Bibbia: Dio, più che un “essere perfettissimo creatore e signore di tutte le cose”, appare come il “Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe”, il Dio della creazione, dell’esodo, della sapienza; il Dio di Gesù Cristo. Un Dio che intreccia la sua storia con la storia di uomini, di un popolo e che diviene il protagonista di una storia di salvezza.

Un elemento antropologico, (l’uomo, con le sue scelte nella storia, gioca se stesso) maturato attraverso l’assunzione della riflessione personalistica (Newman, Teilhard de Chardin, Congar, Chenu, Daniélou, Rahner, De Lubac) e in un clima culturale attento ad evidenziare la libertà della persona e dei gruppi sociali, i diritti e i doveri, la partecipazione democratica (l’esperienza tragica della seconda guerra mondiale appariva come la negazione sistematica e teorizzata della persona umana, considerata solo oggetto o numero o pedina).

D. Dopo la GS, la formula dei segni dei tempi viene esplicitamente o implicitamente usata di continuo nei documenti papali (Populorum progressio, Sollicitudo rei socialis) e in quelli episcopali.
E l’accoglienza della categoria della storicità determina l’acquisizione di una scansione metodologica nella riflessione teologico - pastorale (già in precedenza richiamata).
L’Esposizione introduttiva della GS (4-10), pur essendo la parte più datata del documento, è  importante da un punto di vista metodologico: partire dall’ascolto della storia contemporanea.
Dopo la lettura dei fatti o fenomeni (vedere) il metodo prevede l’approfondimento teologico, risalendo normalmente alle fonti del pensiero cristiano, Bibbia e Tradizione (giudicare); infine vengono elaborate alcune indicazioni operative (agire). Il metodo porta non solo a leggere i fatti, ma a mettersi, come atteggiamento interiore previo, in un ascolto empatico (profonda penetrazione) degli avvenimenti e degli uomini.

A livello di documenti, il segno di questa rinnovata attenzione all’uomo e alla storia appare evidente nella Centesimus annus di Giovanni Paolo II.
I primi tre capitoli sono una grande lettura sapienziale della storia dell’Occidente europeo dalla Rerum novarum al 1989, condotta alla luce di quello che viene definito “il principio etico fondamentale”: la dignità della persona umana accolta nella sua verità e nella sua libertà. Appare quasi una nuova stesura della GS.
Se una differenza può essere notata essa consiste nel fatto che nella CA, come in tutto il magistero dei Giovanni Paolo II, la “lettura” degli avvenimenti non è semplice constatazione o registrazione da accostare in un secondo momento alle fonti del pensiero cristiano, ma si tratta già di una lettura mirata e perciò valutativa. In tal senso emblematica è la lettura dell’anno 1989 al capitolo terzo: nel registrare i fatti se ne ricercano anche le cause, che appaiono di natura filosofica, etica e religiosa, e vengono segnalate le indicazioni operative.

E. La dottrina dei segni dei tempi è così precisabile: lo Spirito di Dio è sempre all’opera nella storia; e perciò negli eventi, nelle esigenze, nelle aspirazioni degli uomini del nostro tempo si deve cercare quali possano essere i segni della presenza di Dio e quindi del progetto di Dio per noi, che in questo tempo viviamo. Senza un’appassionata attenzione a tali segni rischiamo di non essere in grado di comprendere la chiamata di Dio per noi.
Si tratta di esperienze umane dirette di sofferenza e di aspirazioni (Giovanni XXIII nella PT, 1963, aveva indicato la reale liberazione dei paesi decolonizzati, la rivendicazione della dignità dei lavoratori, il riconoscimento della piena dignità della donna; ma anche la scelta per i poveri fatta dalla Chiesa a Medellin come risposta a un preciso segno di oppressione in America Latina).
E si tratta anche di un altro tipo di esperienza che si può chiamare riflessa: tutta la ricchezza di conoscenze umane formatisi in lunghi secoli e proveniente da ambiti scientifici, culturali: tutto ciò apre sempre nuove vie alla verità e alla stessa comprensione della natura dell’uomo. Ciò è di grande aiuto alla chiesa non solo per meglio proporre il vangelo, ma prima di tutto per capirlo più profondamente.

E’ chiaro che tutte queste voci richiedono un discernimento, ma è necessario prendere sul serio tutto quello che l’esperienza umana riflessa - religiosa o atea che sia - ci offre. Dovunque può esservi una traccia dello Spirito, che la chiesa deve essere in grado di cogliere: questo era l’atteggiamento dei Padri e dei grandi teologi.
Naturalmente non si dice che nella riflessione umana tutto è bello e buono o vero, ma si dice - ed è certezza di fede - che dovunque lo Spirito è all’opera in ogni coscienza umana, e che quest’opera dello Spirito va cercata amorevolmente. Da questo il tema, ricorrente in tutta la GS, della cooperazione con gli uomini di buona volontà  (92) anche se  non credenti o non cristiani.
Pertanto, anche l’accusa al concilio di eccessivo ottimismo è falsa e teologicamente ridicola.

Stefano Gentili