venerdì 26 giugno 2009

PROVINCIALI 1995 E 2009: UN CONFRONTO TRA VINCITORI E VINTI

Sono trascorsi 15 anni dalla prima elezione diretta del Presidente della Provincia di Grosseto (come in tutta Italia) e di acqua sotto i ponti ne è passata.
Mettere a confronto i risultati dei 2 ballottaggi (quello del 1995 e quello recente del 2009) può essere utile per analizzare l’accaduto.
A me sembra che vi siano indicazioni interessanti. E voi cosa dite?
Buona lettura della tabella allegata.
Stefano Gentili
http://spreadsheets.google.com/pub?key=r4LV1R2i-2LQPVl6wgppFpg&gid=0



martedì 9 giugno 2009

I PRESIDENTI DELLA PROVINCIA DI GROSSETO E L’ASTICELLA DEL CONSENSO

Di presidenti, la provincia di Grosseto, ne ha conosciuti parecchi.
Ma quelli eletti direttamente dal popolo partono da dopo l’approvazione della legge n. 81 del 1993.
Il primo ad essere stato eletto col nuovo meccanismo sono stato io e l’ultimo…lo conosceremo tra due settimane.
Ecco i dati, giusto per fare un po’ di storia.

Nel 1995 fui eletto al secondo turno con 76.746 voti (58,1%) .
L’avversario era Giovanni Tamburro che ottenne 55.327 voti (41,9%).

Nel 1999 Lio Scheggi fu eletto al primo turno con 70.196 voti (52,6%).
L’avversario era Alessandro Carlotti che conquistò 53.826 voti (40,3%).

Nel 2004 sempre Lio Scheggi fu eletto al primo turno con 77.577 voti (57,91%).
L’avversario era Laura Cutini che raggiunse 46.640 voti (36,31%).

Nel 2009, come noto, al primo turno Leonardo Marras ha ottenuto 61.075 voti (47,71%) e il suo avversario Alessandro Antichi ne ha guadagnati 53.381 (41,71%).

Il mio augurio è che il prossimo presidente possa posare l’asticella sopra il fatidico 58%.
Non me ne voglia Alessandro, ma io tifo per Leonardo.
Stefano Gentili

giovedì 4 giugno 2009

L’INCIVILTA’ ISTITUZIONALE (3)

Continua P. Sorge: “Anche a livello istituzionale, la partecipazione democratica è soppiantata gradualmente da una sorta di presidenzialismo di fatto: chi ha il potere comanda (non ‘governa’); diviene allergico a ogni sorta di controllo e agli stessi contrappesi essenziali del sistema democratico (si tratti della magistratura o del Presidente della Repubblica); preferisce il ricorso a decreti legge e al voto di fiducia, esautorando di fatto il Parlamento e riducendolo al ruolo di notaio delle decisioni prese dal Governo; vede i dibattiti e le necessarie mediazioni della democrazia politica come un intralcio.
La classe politica è cooptata dall'alto: si toglie ai cittadini la libertà di ‘eleggere’ i propri rappresentanti e viene loro lasciata solo la possibilità di ‘ratificare’ con il proprio voto liste confezionate dal vertice.
E così si avanza verso l'inciviltà istituzionale, in rotta di collisione con lo spirito (e a volte con la lettera) della nostra Costituzione”
.

Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere
di gente infame, che non sa cos'è il pudore,
si credono potenti e gli va bene quello che fanno;
e tutto gli appartiene.
(Franco Battiato, da Come un cammello in una grondaia, 1991)
Stefano Gentili

mercoledì 3 giugno 2009

L’INCIVILTA’ POLITICA (2)

Accanto all’inciviltà sociale, P. Sorge, mette un’altra forma di inciviltà.
Dice il gesuita: “Il falso presupposto che la legittimazione popolare (la maggioranza elettorale) sia criterio di legalità mina alla radice la nostra civiltà politica e giuridica e fa degenerare la democrazia in ‘autoritarismo’.
Infatti, il giudizio di legalità non spetta al popolo, ma alla magistratura.
Non si può usare il potere legislativo per sottrarsi alla giustizia o per ridurre l'autonomia della funzione giudiziaria. Quando questo accade, l'effetto è devastante: si diffonde la sfiducia nello Stato e nelle sue istituzioni; s'incrina nei cittadini il senso civico e della legalità; si favorisce la corruzione pubblica e privata; s'insinua nell'opinione pubblica la convinzione che, dopotutto, il 'fai da te' premia.
Così si va verso l'inciviltà politica".

Elementary, my dear Watson!
Stefano Gentili

martedì 2 giugno 2009

L’INCIVILTA’ SOCIALE (1)

Nell’editoriale di Aggiornamenti Sociali dell’aprile 2009, Padre Bartolomeo Sorge invitava e “risalire la china dell’inciviltà”, partendo, nelle sue considerazioni, da una riflessione di Giovanni Paolo II.
“Una domanda interpella profondamente la nostra responsabilità: quale civiltà si imporrà nel futuro del pianeta? Dipende infatti da noi se sarà la civiltà dell'amore, come amava chiamarla Paolo VI, oppure la civiltà - che più giustamente si dovrebbe chiamare ‘inciviltà’ - dell'individualismo, dell'utilitarismo, degli interessi contrapposti, dei nazionalismi esasperati, degli egoismi eretti a sistema”. Perciò - concludeva il Papa - “la Chiesa sente il bisogno di invitare quanti hanno veramente a cuore le sorti dell'uomo e della civiltà a mettere insieme le proprie risorse e il proprio impegno, per la costruzione della civiltà dell'amore” (Angelus, 13 febbraio 1994).
Quel monito, dice P. Sorge, oggi si rivela profetico.
Il mondo sta scivolando pericolosamente verso l'inciviltà dell'individualismo e dell'egoismo eretti a sistema.
Il progressivo deterioramento civile della situazione è sotto gli occhi di tutti.

“I fatti parlano da soli e sono inequivocabili. I problemi che affliggono il Paese non sono nati oggi; ce li trasciniamo da decenni. Nuova, però, è la ‘filosofia’ con cui si affrontano, che produce effetti deleteri. È un fatto che siamo tutti condizionati dalla paura e dal bisogno di sicurezza; ma è ideologico addossarne la responsabilità solo all'uno o all'altro problema emergente. Nessuno nega che l'immigrazione ‘clandestina’ porti con sé problematiche gravi, ma trasformarla - come si fa - nella causa di tutti i mali della società italiana significa affrontare il problema in modo ideologico e fuorviante.
Introdurre il reato di ingresso e di soggiorno illegale, imporre tasse per ottenere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, consentire ai medici di denunciare i pazienti stranieri senza documenti, ventilare l'ipotesi di classi separate nelle scuole, rifiutare agli stranieri i servizi sociali e i sussidi di disoccupazione garantiti agli italiani, sono tutte scelte che aggravano la situazione.
Perché stupirsi poi se, in un clima inospitale e discriminatorio, si moltiplicano - da una parte e dall'altra - casi di violenza brutale, di intolleranza, di razzismo e di xenofobia? Se le città diventano sempre più invivibili e insicure? Come non accorgersi che inviare i soldati a pattugliare le strade e istituire ronde di ‘volontari per la sicurezza’ (che ricordano troppo da vicino una omonima ‘milizia’ di malfamata memoria) serve soltanto a esautorare le forze dell'ordine e ad avallare l'idea che è più efficace che i cittadini si facciano giustizia da sé? Così si scivola verso l'inciviltà sociale".
Condivido e rilancio.
Stefano Gentili