lunedì 31 gennaio 2011

CAPIRE E’ MEGLIO DI SPIEGARE, PAROLA DI RUITZ, IL “CRISTO” DEL CHIAPAS

È morto Samuel Ruitz vescovo del Chiapas negli anni inquieti. E’ morto a 86 anni esiliato attorno a Città del Messico, con l’impegno di non disturbare i vescovi che ne avevano preso il posto.
Non è morto ucciso sull’altare come Mons. Oscar Arnulfo Romero, ma troppe volte hanno tentato di farlo fuori e Comunione e Liberazione promuoveva nella sua San Cristobal de Las Casas (Chiapas), convegni di ragazzi ai quali si illustravano, negativamente, gli adattamenti teologici di Ruitz alla cultura indiana (sempre zelanti i ragazzi…).

Apprendo da Maurizio Chierici, che Ruitz era giunto nel Chiapas nel 1960 ed era un conservatore di famiglia agiata. L’insegnamento del Concilio gli aveva indicato l’umiltà indispensabile a penetrare il mondo indigeno. Missione complicata dalla necessità di “difendere i contadini dall’egoismo di chi continuava a sfruttarne terre e lavoro”.
Per un piccolo periodo si confuse tra i potenti. Dodicimila militari presidiavano il Chiapas per tutelare gli espropri decisi a Città del Messico in favore di funzionari che l’età o le disavventure politiche costringevano a farsi da parte. Lo Stato federale li sistemò riunendo piccole proprietà di piccoli contadini costretti ad impoverire tacendo.

“Nei primi viaggi pastorali – raccontò in un incontro Ruitz – dormivo in belle case, letti morbidi: i latifondisti sapevano essere gentili. E organizzavano feste dove incontravo notabili e mandarini di stato. Poi ho scoperto che le vivande venivano comprate coi soldi dei contadini obbligati a pagare per onorare il pastore. E ho deciso di passare la notte nelle loro baracche. Quante cose si imparano a fare domande anziché distribuire risposte. Capire prima di spiegare.
A poco a poco la mia cultura è penetrata nella cultura Maya ed anche il mio modo di essere vescovo si è aggiornato. I principi della dottrina restano saldi, ma il modo di leggere assieme le scritture ha trovato intonazioni diverse.
Ero venuto per evangelizzare l’indifferenza indigena e dagli indigeni sono stato evangelizzato”.

Non piaceva ai grandi proprietari perché - dicevano – “difende oltre ogni limite i contadini”, dette vita ad ottomila gruppi catechistici nei quali ebbe a modulare la dottrina della Chiesa nella cultura indigena, “esperienza straordinaria – affermava – che ha rallegrato il mio spirito ed aperto la mia carità”, dove “la gente ha imparato a confrontare, villaggio per villaggio, lo spirito del vangelo e i dolori della vita” (gruppi che il nuovo vescovo sciolse dopo l’insediamento).

Egli fu straordinario mediatore nel conflitto fra le milizie zapatiste e le forze governative tra il 1994 e il 1998. Ruolo che ancora oggi gli viene riconosciuto dal Presidente del Messico Felipe de Jesús Calderón Hinojosa “Se ne è andato un grand’uomo. Merito della sua mediazione se il Chiapas è stato pacificato” e dal subcomandante Marcos, che ha espresso il suo sconcerto, dopo un silenzio durato due anni.

In Italia ho visto poche notizie dell’evento: forse, da noi non fa notizia chi teorizza che “capire è meglio di spiegare”.

Stefano Gentili

lunedì 24 gennaio 2011

UN PO’ DI SANO OSTRACISMO ALLA ATENIESE PER IL PREMIER

Propongo di introdurre nel nostro ordinamento una istituzione giuridica della democrazia ateniese, l’Ostracismo (dal greco ostrakismós) volta a punire con un esilio temporaneo di 10 anni coloro che avrebbero potuto rappresentare un pericolo per la città.
L'ostracismo consisteva in una votazione in cui il nome dell'individuo da ostracizzare doveva essere scritto su dei cocci di terracotta detti appunto ostraka.
Il giudizio di ostracismo aveva un carattere puramente politico: infatti la condanna non richiedeva e non comportava un'accusa penale, come Plutarco ci racconta di Aristide, che fu ostracizzato perché la sua buona fama e reputazione - era soprannominato “il giusto” - lo rendevano, indipendentemente dalle sue intenzioni, un tiranno potenziale.

Pertanto, mentre:
* il senatore Pdl Roberto Centaro, ad ottobre 2010 (poco dopo che i bene informati avevano saputo degli interrogatori di Ruby), aveva proposto una piccola ma significativa modifica alla Convezione di Lanzarote (un'intesa europea per proteggere i minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale): un emendamento che trasferiva i reati di pedopornografia e prostituzione minorile dalla competenza delle grandi procure (le direzioni distrettuali antimafia: e a Milano il capo è Ilda Boccassini) alle piccole procure come Monza (le circondariali), emendamento approvato dal Senato il 13 ottobre (terz’ultimo tentativo ad personam);

* il deputato Pdl Luigi Vitali, mette sul tavolo del capo una proposta di legge, sottoscritta da altri 29 parlamentari suoi colleghi, depositata alla Camera il 28 ottobre scorso (esattamente due giorni dopo l'esplodere del caso Ruby) dal chiaro titolo: "Introduzione dell'articolo 315-bis del codice di procedura penale, concernente la riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni" (penultimo tentativo ad personam);

* il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, dichiara che “l’ipotesi di abbassare la maggiore età è fra le questioni sul tavolo” (ultimo scandaloso tentativo ad personam);

propongo di utilizzare il coccio per il “tiranno in atto”, il presidente del Consiglio, da ostracizzare perché la sua fama e la sua reputazione lo rendono “unfit to lead Italy” (inadatto a governare l’Italia) come lo definiva The Economist il 18 aprile del 2008.
Stefano Gentili

domenica 23 gennaio 2011

LE SORPRESE DEI “CATTOLICONI” E DELL’ARCIVESCOVO

Sorprende, negativamente, la reazione di un gruppo di “cattoliconi” del Pdl allo scandalo Berlusconi.
Sempre pronti a passare con le scarpe chiodate dei temi eticamente sensibili sulla vita delle persone, non sono ora altrettanto capaci di prendere le distanze dal loro capo.
Raffaele Calabrò, Roberto Formigoni, Maurizio Gasparri, Maurizio Lupi, Alfredo Mantovano, Mario Mauro, Gaetano Quagliariello, Eugenia Roccella, Maurizio Sacconi hanno scritto una lettera aperta nella quale parlano della “marea di pettegolezzi che invadono ogni giorno le pagine dei giornali”, di “moralismo interessato e intermittente”, di “gogna preventiva” che “butta nella pubblica piazza con una violenza inusitata la presunta vita privata delle persone”.
Chiedono “a tutti di aspettare, di sospendere il giudizio, di non farsi trascinare nella facile trappola del processo mediatico e sommario al presidente del Consiglio”, e chiedono “che si rispetti una vera presunzione di innocenza nei suoi confronti, finché il percorso di accertamento dei fatti sarà completato”.
Lo chiedono perché non credono “all`immagine abietta del Presidente Berlusconi così come dipinta da tanti giornali”. Concludono, “certi che il tempo ci darà ragione” affermando perentoriamente: “Noi conosciamo un altro Berlusconi” e “continueremo a portare avanti il lavoro politico e legislativo (…) di difesa della famiglia”.

Sorprendono, positivamente, le dichiarazioni di monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano, trai più autorevoli esponenti del Consiglio permanente della Cei, presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e del lavoro che dice con chiarezza quello che va detto con ogni evidenza.
“Sono i giovani le prime vittime degli indecorosi spettacoli di questi giorni. Perché quando si esaltano modelli discutibili come la corsa alla ricchezza, la forza del denaro e, ancora peggio, lo sfruttamento della bellezza della donna con modi di vivere moralmente inaccettabili, i ragazzi vengono inevitabilmente danneggiati. Al di là di tutti gli aspetti legati alle note vicende personali del premier, è questa la preoccupazione maggiore che sento di dover denunciare per quanto sta accadendo. E lo faccio come vescovo, come pastore e come uomo”.
“Sono preoccupazioni mie, ma anche disagi raccolti tra quanti incontro in diocesi. Proprio ieri, durante una visita in una scuola, ho avuto modo di parlare di quanto sta succedendo con insegnanti e studenti. Ebbene, in tanti mi hanno detto che le vicende del premier hanno già compromesso uno sforzo educativo portato avanti da anni da scuole e famiglie”.

Non so perché al termine di questi brevi resoconti mi viene alla mente la frase con la quale il Cardinale Dionigi Tettamanzi chiuse la sua Prolusione al Convegno della Chiesa italiana di Verona richiamandosi alla Lettera di Paolo agli Efesini:
“Quelli che fanno professione di appartenere a Cristo si riconosceranno dalle loro opere. Ora non si tratta di fare una professione di fede a parole, ma di perseverare nella pratica della fede sino alla fine. E’ meglio essere cristiano senza dirlo piuttosto che proclamarlo senza esserlo”.
Stefano Gentili

venerdì 21 gennaio 2011

NOI DONNE CALPESTATE, NON POSSIAMO TACERE

Pubblico volentieri la lettera che l’avv. Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera, ha inviato oggi a La Repubblica, così equilibrata e chiara da rendere superfluo ogni mio commento.

“Caro direttore,
quando è in corso un'indagine che riguarda un personaggio pubblico, l'immancabile amplificazione mediatica che ne consegue è insidiosissima. Di solito, gli elementi divulgati sono soltanto quelli raccolti dai pubblici ministeri. Si finisce così per attribuire il crisma di verità a tesi parziali.
E l'idea che se ne fa l'opinione pubblica può risultarne alterata.
Da avvocato, sento quindi l'obbligo di sottolineare che l'indagine sul premier Silvio Berlusconi non deve fare eccezione: prima di formulare giudizi in merito alla fondatezza delle accuse mossegli dalla Procura, bisogna senza dubbio attendere gli sviluppi processuali.

Fatta questa doverosa premessa, voglio però subito precisare che non sono affatto d'accordo con quanti usano questo ragionamento come arma per stroncare ogni tipo di riflessione critica: in questi giorni ho infatti sentito invocare la presunzione di innocenza per mettere a tacere chi contestava non la consumazione di reati ma fatti storici oggettivamente emersi, fatti che nessun processo potrà mai cancellare.

In definitiva, se prima di condannare è necessario aspettare che si faccia chiarezza sulla sussistenza di certi reati, non si può ignorare che non tutto quanto è emerso in questi giorni è "in attesa di giudizio": il contesto oggettivo in cui sarebbero maturate le vicende processuali non ha improvvisamente squarciato un velo e mostrato un profilo imprevisto e del tutto inedito del premier.

Nelle aule di Milano si discuterà se Silvio Berlusconi abbia o meno consumato i reati di prostituzione minorile e di concussione, ma non erano necessarie le vicende sottostanti a queste contestazioni - né una sentenza - per conoscere la sua opinione sulle donne. Un'opinione che, se non ha rilevanza penale, ha tuttavia un'enorme rilevanza politica. Un'opinione da lui stesso espressa in modo inequivocabile con battute, barzellette, colloqui pubblici e privati. Un'opinione già delineatasi attraverso le dichiarazioni di Veronica Lario, quelle più recenti di Barbara Berlusconi (due testimoni molto attendibili), le vicende di Noemi Letizia e Patrizia D'Addario, nonché attraverso la singolare questione di alcune donne prima forse inserite nelle liste delle candidature alle Europee del 2009 e poi da quelle liste sicuramente scomparse.
Quello che Silvio Berlusconi sembra maggiormente apprezzare nel genere femminile è l'avvenenza, al punto da far passare in secondo piano requisiti di ben altro spessore (credo sia rimasta impressa nella memoria di tutti la rozzezza della battuta all'onorevole Rosy Bindi); ancora meglio, poi, se a un aspetto fisico di un certo tipo si accompagnano giovane età, accondiscendenza e disponibilità ad abdicare al proprio spirito critico.

Di fronte a tutto ciò, ho sentito obiettare che si tratterebbe di questioni attinenti alla vita privata del premier e che dunque - appunto per questo - dovrebbero riguardare soltanto lui e la sua coscienza.
No, non è così.

Non c'è spazio per sostenerlo: lo stile e la filosofia di vita di un uomo che riveste la carica di presidente del Consiglio non possono non ripercuotersi sulla vita pubblica. Lo dimostra il fatto che Berlusconi, con le sue parole e i suoi comportamenti, ha inferto una ferita a tutte le donne italiane: alle donne che studiano e lavorano (spesso percependo stipendi inadeguati o, come nel caso delle casalinghe, senza percepirli affatto), a tutte noi che facciamo fatica un giorno dopo l'altro; alle donne che per raggiungere ruoli di rilievo non soltanto a certe feste non ci sono andate, ma hanno semmai dovuto rinunciare a vedere gli amici; a quante, invece di cercare scorciatoie, hanno percorso con dignità la strada dell'impegno e del sacrificio. E a coloro alle quali è stato chiesto, più o meno esplicitamente, di scegliere tra vita privata e vita pubblica, perché conciliare un figlio con il successo sarebbe stato troppo difficile: con il risultato che hanno rinunciato alla maternità o che ci sono arrivate ben oltre il momento in cui avrebbero voluto.

A ciascuna di loro - nel momento in cui le donne vengono scelte e "premiate" in base non al merito ma a qualcos'altro che con la professionalità, l'impegno, l'intelligenza ha poco o nulla a che fare - è stata riversata addosso l'inutilità del proprio sacrificio.

Brucia, questa ferita. Brucia anche perché non sfugge che sono davvero in tanti a sottolineare, forse persino con un pizzico d'invidia, la fortuna e il fascino di un uomo più che maturo circondato da giovanissime più o meno avvenenti che si contendono i suoi favori, pronte a tutto pur di compiacerlo. Anche se, in un paese maschilista come il nostro, la complicità tra uomini turba ma non sorprende.

Ma non si tratta esclusivamente di una ferita inferta alla dignità della donna, c'è di più; mai le battaglie del presidente del Consiglio hanno coinciso con le battaglie delle donne. Basterebbe a tal proposito ricordare che negli elenchi delle priorità di questo governo, che via via vengono snocciolate, figura di tutto - in primis, battaglie contro magistrati "comunisti" - , ma mai, mai, battaglie a favore delle donne. Come se le donne non avessero problemi concreti e indifferibili.

Come si può ipotizzare che le leggi per combattere pm "politicizzati" siano più urgenti di quelle che dovrebbero venire incontro alle necessità di tutte noi?

E allora non copriamo con l'alibi del segreto istruttorio, o con il fragile scudo della privacy, ciò che segreto non è, e nemmeno riservato.

Ma sono le donne che per prime devono farsi forti della loro dignità e della consapevolezza del loro valore - senza distinzione di età, credo politico, provenienza geografica - per esprimere a voce alta lo sdegno che questa mentalità suscita, ne sono sicura, nella stragrande maggioranza di noi.

Se credono, gli uomini continuino pure ad ammirare e a sostenere Silvio Berlusconi; le donne, per favore, no.”
Brava Giulia.

Stefano Gentili

lunedì 17 gennaio 2011

AMICI “CATTOLICONI” , TUTTO OK!?

Nell’editoriale di Libero di ieri, 16 gennaio, Maurizio Belpietro ha scritto: “Se per tenere a bada la sinistra, i maneggioni e gli spreconi debbo pagare il prezzo di un capo di governo che tocca il sedere alle signore, non ho esitazioni. Meglio un vecchio porco di tanti giovani ipocriti tipo Fini”.
Amici “cattoliconi”, tutto OK!?
Stefano Gentili

sabato 8 gennaio 2011

GUAI A VOI, DOTTORI DELLA LEGGE

Anch’io la penso come A.M.V e C.M.M.
Una chiesa rappresentata da “taluni alti prelati” - che sono tanto impegnati ad indicare ai cattolici la via socio politica da seguire e a contrattare direttamente con la politica al fine di influire anche in ambito legislativo oltre che culturale per voler essere a ogni costo di nuovo una forza rilevante nella società, operante sullo stesso piano delle altre forze e in concomitanza e concorrenza con loro - non piace proprio.
Alti prelati e “supercattoliconi” che tanto amano proclami, non possumus, lezioni clericali, adunate e battaglie a colpi di “valori non negoziabili”.
Forse sarebbe bene ricordare loro il severo monito di Gesù: «Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili; quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!» (Lc 11,46).
Stefano Gentili

venerdì 7 gennaio 2011

GRAZIE

7 gennaio 2007 – 7 gennaio 2011.
Quattro anni.
Grazie
Stefano Gentili “trap”

sabato 1 gennaio 2011

ALTISSIMU, ONNIPOTENTE, BON SIGNORE

Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so' le laude, la gloria e l'onore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfàno
et nullu homo è ne dìgnu Te mentovare.

Laudato sie, mi Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messòr lo frate sole,
lo quale jòrna, et allumini per lui;
et ellu è bellu e radiante cum grande splendore;
de Te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si', mi Signore, per sora luna e le stelle;
in celu l'hai formate clarìte et pretiose et belle.

Laudato si', mi Signore, per frate vento,
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le tue creature dai sustentamento.

Laudato si', mi Signore, per sor'acqua,
la quale è molto utile et hùmele et pretiosa et casta.

Laudato si', mi Signore, per fratu focu,
per lo quale ennallùmini la nocte,
et ello è bellu et jocundo et robustoso et forte.

Laudato si', mi Signore, per sora nostra madre terra,
la quale ne sostenta e governa,
e produce diversi fructi, con coloriti fiori et erba.

Laudato si', mi Signore, per quilli che perdonano per lo tuo amore,
e sostengo infirmitate e tribulazione.
Beati quilli ke 'l sosterranno in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si', mi Signore, per sora nostra morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po skappare.
Guai a quilli ke morranno ne le peccata mortali;
beati quilli ke se troverà ne le tue sanctissime voluntati;
ka la morte seconda nol farrà male.

Laudate et benedicete mi Signore et rengraziate,
et serviteli cum grande humilitate. Amen

Stefano Gentili