martedì 23 giugno 2020

«CAMPO SCUOLA STORY»: LE EMOZIONI DEI TEMPI EROICI


Sono passati quarant'anni da quando l'Azione cattolica inaugurava, in Toscana, la stagione dei campi scuola regionali. Un'età «pioneristica» che ha dato il via alle varie esperienze diocesane. Mons. Icilio Rossi, attualmente vicario generale della diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza, ricorda quel periodo.


Non è per nulla facile racchiudere in poche righe, la storia che 3700 giovani hanno scritto con la loro partecipazione ai Campi Regionali che, prima fra tutte, l'Azione cattolica ha organizzato a partire dagli anni '70 e '80!
Campitello di Fassa, Carbonin, La Mendola, Soraga, Sappada, Passo Falzarego: sono località che balzano nei ricordi di tanti giovani che incontro tuttora, attestanti l'importanza dell'esperienza vissuta, determinante, in moltissimi casi, del loro futuro di cristiani e di laici impegnati (alcune foto di quei periodi sono in https://drive.google.com/drive/u/1/folders/10HaILfmX8qVNls4B5nJeR3c7lnvIlYAj).

Alcune linee portanti dell'esperienza
A distanza di anni dobbiamo avere il coraggio e la sincerità di ammettere che Qualcuno e non la nostra sapienza, ci ha guidato nel proporre itinerari forti e proposte decise.
Intanto c'è da dire che si è tentato di lavorare per la costruzione dell'identità personale e questa, inserita il più possibile dentro la storia e la cultura di ogni giovane. Attestano ciò, le lunghe, approfondite relazioni nel campo e fuori, sì da determinare una costante nel cammino formativo.
Tale itinerario educativo tendeva a creare lo sviluppo della capacità del giovane di partecipare alla vita sociale, ecclesiale in modo autonomo e critico.
Ma tutto questo esigeva la conoscenza di un sistema etico di riferimento, per cui dalla preghiera all'ascolto della Parola di Dio, dallo studio (gruppi) al silenzio riflessivo personale, il Campo offriva dei momenti che a distanza di anni, sono ancora capaci di meravigliarci, tanto erano seguiti con fedeltà e serietà con orari severi quotidiani! L'ultimo campo-scuola, ad esempio (anno 1982), portava questa tematica impegnativa: «La contemplazione in una società secolarizzata» (Maritain).
Vari collegamenti
La possibilità di accogliere, del dare fiducia al giovane, di confrontarsi o scontrarsi con lui, passa attraverso l'esistenza di una comunicazione autentica e possibilmente vissuta dalla parte che la propone. Eravamo convinti, noi animatori che su questa comunicazione si fonda ogni azione educativa volta alla trasmissione sia dei contenuti che dei valori, dato che sono importanti i criteri e la qualità dei contenuti stessi, ma più importante è la qualità della relazione umana che si instaura tra educatore ed educando! Tutto questo diventa ancora più valido, se porta con sé una testimonianza vissuta. Proprio per questo, ricordo che non abbiamo organizzato un campo senza la presenza certa di sacerdoti, persone consacrate, uomini impegnati anche notoriamente nel sociale!
Quante amicizie sono nate da tali rapporti, sia pure nella reciproca libertà di scelta di vita ma sempre nello spirito di integrazione e di complementarietà!
Quanto mai significativo è stato anche il rapporto con i Centri Diocesani Vocazioni! È stato in questo periodo infatti, che si sono diffusamente maturate le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.

Coscienza ecclesiale
Mancherei gravemente se non spendessi due righe a favore di quanto ho appena accennato e cioè relativamente alla proposta formativa al senso di Chiesa e all'appartenenza a questa, sì da sentirla come parte indispensabile alla formazione spirituale. A questo proposito, alcune espressioni ricorrenti ai campi-scuola sono diventate proverbiali! Di queste: «La Chiesa, la parrocchia ideale è quella reale» e poi: «Non c'è completezza di formazione spirituale se alla coscienza personale non si uniscono la coscienza sociale ed ecclesiale».
Eravamo, infatti, (...ma la storia si ripete!) in tempi in cui il criticare preti, la Chiesa rappresentava lo scoglio presso il quale si infrangevano, sia pure ingiustamente, i tentativi dei giovani alla partecipazione.

Profonda riconoscenza
Mi si chiede un ricordo di questa esperienza: tale ricordo mi è dato di riviverlo anche con una certa frequenza, quando, trovandomi parroco a Pienza, meta di tanti turisti, mi sento abbracciare dai giovani di un tempo (...anche loro!) i quali mi dichiarano che sono stati segnati da quella proposta! E così, da parte di giovani diventati sacerdoti, da ragazze ora consacrate, da uomini e donne impegnate nel mondo del sociale e della politica.
Questo è veramente bello e motiva la nostra profonda riconoscenza a Colui che è capace di cose grandi!
Vorrei, da queste pagine, salutare i 3700 giovani e le loro famiglie e dire loro: grazie!

Don Icilio Rossi
(articolo tratto da Toscana Oggi del 13/07/2011)

lunedì 15 giugno 2020

DON ICILIO FA RIMA CON CONCILIO

“Cari giovani, ritornate nei vostri ambienti e trasmettete ai vostri amici Gesù Cristo. Contribuite a convertire le vostre parrocchie, se necessario anche i parroci e i vescovi allo spirito conciliare”

È questo il don Icilio Rossi dei campi scuola regionali: quelli organizzati dal 1970 al 1982 (Campitello di Fassa, Carbonin, La Mendola, Soraga, Sappada, Passo Falzarego) e che hanno coinvolto 3.700 giovani (nella prima foto Don Icilio a 47 anni).
Non v’è dubbio che sia stato un leader dalla forte personalità, ma di quelli che ad un certo punto si dissolvono per fare spazio al Maestro. Più ancora lo definirei un padre nella fede. Grazie a lui ho incontrato Gesù, e con me tanti altri.
La sua impronta spirituale è rintracciabile nei percorsi che ci indicava ai campi scuola.
Prima il senso della vita, “siete chiamati da Dio a fare cose grandi. Scelte degne dei giovani, forti, radicali, controcorrente” e coniava lo slogan “se non agisci come pensi, pensi come agisci”.
Poi la Trinità e la presentazione di Cristo perché potessimo innamorarci di Lui, dialogare con Lui. Ce ne parlava insieme ai responsabili più grandi, ma soprattutto ci aiutava a dialogare con Lui nei minuti e nelle ore dedicate alle adorazioni guidate e abbandonate, perché potessimo restare a tu per tu con Gesù eucaristico, il nostro “sole”. Ricordo a Soraga e, forse con maggiore intensità, al Passo della Mendola, seduti su quelle stuoie di canne, in posizioni quasi da yoga; lì ciascuno di noi chiedeva: “Signore cosa vuoi che io faccia?” e maturavano le scelte decisive. Lo slogan era “adorare per aderire”.
Quindi la Chiesa, che ci aiutava ad amare nelle sue bellezze e povertà, ricordando che “la Chiesa ideale è quella reale”.
Condotti sul Tabor di una Chiesa trasfigurata con i tratti della Lumen gentium, ricordava: “il vostro posto è là, là in mezzo a loro”, in quella parrocchia magari scalcinata, incapace di dialogare con i giovani e con quel prete un po’ così (nella seconda foto Don Icilio nel 2005 ad Arabba con Rossella e Samuele).
Chiesa incentrata in Cristo, che – sillabava con in mano la Gaudium et spes – “per essere fedele a Dio deve essere fedele all’uomo” e deve impegnarsi per la pace e la giustizia. E coniava lo slogan “metti il grembiule e servi”. Che fuoco dentro di noi!
Infine, c’era la proposta del gruppo di Azione Cattolica (aperto a tutti), come palestra di vita cristiana, formazione, spiritualità, amicizia, dialogo.
Il percorso era molto rigoroso e gli scrittori cristiani del 900 da lui maggiormente citati erano Dietrich Bonhoeffer, Italo Mancini, Jean Guitton, Charles Péguy, Jacques Maritain. E poi citazioni di Congar, Daniélou, de Lubac precursori del concilio. E anche tanto Antico e Nuovo Testamento.
Da tutto quell’itinerario, animato dalla fiducia verso i giovani ai quali parlava con franchezza, sono emerse vocazioni religiose, sacerdotali e soprattutto laicali: uomini e donne inseriti con spirito cristiano nella vita quotidiana, professionale, sociale e politica.
Insomma mi sembra di poter dire che Icilio non è tanto un nome proprio di persona, singolare. Icilio è, per noi, un nome comune, o un sostantivo plurale. Dire don Icilio è dire esperienze forti, è dire catena di amicizie cristiane, è dire sollecitazione per scelte chiare, anche contro corrente, è dire mamma Italia, amore per le Alte vette (in senso fisico e spirituale) è dire sete del Concilio (nella terza foto Don Iclio a 91 anni)
Già, Icilio fa anche rima con “Concilio”, che ci veniva sminuzzato in tutte le salse. In particolare ricordo l’insistenza sul sacerdozio comune dei fedeli, che lungi dall’essere una venatura protestante, ci spronava tutti a dare lode a Dio con la nostra vita, nelle piccole cose di tutti i giorni, nell’ordinarietà; e l’universale chiamata alla santità, non più intesa come “stato di perfezione, ma perfezione di stato”.
Insieme a Rossella – ma sono certo a tantissimi ex-giovani -  ringraziamo Dio, perché l’ha posto sulla nostra strada a cavallo tra l’adolescenza e la prima giovinezza, quando si dicono quei due e tre sì e quei due o tre no che ti guideranno per tutta la vita.
Il 25 novembre di due anni fa (2018), ci siamo ritrovati a Sinalunga insieme a tanti cari amici per festeggiare i suoi 90 anni. L’età non fa sconti a nessuno, ma quel volto, quella voce dal tono alto, quell’autorevolezza cristiana sono ancora perforanti e la frase ripetuta durante l’omelia nella Collegiata, “ciò che conta è la fede”, è stata la vera sintesi del suo insegnamento e della sua vita (nell'ultima foto Don Icilio con alcuni ex-giovani a Sinalunga per i 90 anni). 
Lunga vita a don Icilio, uomo di fede e di concilio.

domenica 7 giugno 2020

POST 10 – LE FONDAMENTALI ESPERIENZE DEI CAMPI SCUOLA REGIONALI E DIOCESANI


Il gruppo, gli slogan, gli scrittori cristiani. Il rilancio dell’AC diocesana

Ho già avuto modo di dire che i 9 anni di presidenza diocesana dell’Azione Cattolica furono esaltanti. Lo furono per il cammino di fede, per l’incontro con belle persone, per la volontà di provare a dar ragione della speranza che era stata messa in noi dall’incontro con il Signore. Ma furono faticosissimi.
Il 1976, quando a 19 anni fui scelto e scaraventato nell’arena diocesana come presidente dell’Azione Cattolica, non era un periodo facile. Non era facile (se mai vi sono tali periodi) perché si veniva da una fase diocesana delicata per il mondo associazionistico.
Scegliere un diciannovenne come presidente dell’AC unitaria poteva essere dettato dal coraggio o dalla disperazione. Forse entrambi, ma ciò non toglie che stessero ad indicare la difficoltà di acquisire disponibilità o la necessità di produrre forti cambiamenti.
In effetti, dal 1970 al 1976, l’AC diocesana era passata da 1.372 a 587 iscritti e il gruppo dei laici più impegnati di allora, perlopiù costituito da giovani-adulti, per motivi di lavoro dovette lasciare la diocesi e, forse, la parte più adulta risentiva ancora molto di una educazione pre-conciliare, che faticava ad innestare i cambiamenti che la Chiesa italiana post-conciliare e l’Azione Cattolica della scelta religiosa reclamavano.
Non che a livello parrocchiale non vi fossero belle figure laicali. Anzi, uomini e specialmente donne di profonda spiritualità, senso della chiesa, attente al prossimo, specie quello più bisognoso, costellarono la vita di alcune parrocchie. Qualcuna ci ha lasciato, altre sono ancora con il testimone in mano a condurre la buona battaglia (Sascia, Viviana, Elisabetta, Rita, Maddalena, poi Garda…). Ma certo, il numero era troppo esiguo, soprattutto rispetto al corpo cattolico ancora molto tradizionalista, per sopportare lo sforzo che ci attendeva: convertirsi come singoli e come comunità ecclesiale alla Chiesa tratteggiata dal Concilio Vaticano II.

Dalla nostra parte, in quel periodo, avemmo l’opportunità di fare esperienze veramente forti e significative. Il tragitto fu lungo e doloroso, ma anche grazie alla spinta del Vescovo Giovanni D’Ascenzi, provvidenzialmente nominato nel 1975 e ai contatti con diversi amici del Centro Nazionale di Azione Cattolica, dopo circa 10 anni di amministrazione apostolica si imboccò la strada di una sempre maggiore fedeltà al Vangelo e di una chiesa quindi sempre più conciliare. Non tutti seguirono, anzi alcuni reagirono. Ma questa è la vita.
Il nostro percorso ebbe una sua naturale evoluzione, un po’ legata alla nostra età, un po’ alla sempre maggiore consapevolezza del compito che spettava ai laici cristiani nella chiesa e nel mondo.
Il PRIMO TEMPO lo ricordo con una spiccata attenzione alla formazione personale e all’attività dei gruppi giovanili. L’ACR con la sua struttura esperienziale ci fece comprendere un modo nuovo di stare con i ragazzi. Più fatica si fece con gli adulti, a parte qualche lodevole eccezione. Le esperienze formative del periodo furono veramente cariche di significato: giornate associative, esercizi spirituali e soprattutto campi-scuola. Come non ricordare, ad esempio, quelli giovanili promossi dall’Azione Cattolica, prima regionali (Carbonin 1972, Soraga 1973-74-75, Passo della Mendola 1976, Sappada 1978 e cito solo quelli a cui ricordo di aver partecipato), poi diocesani (una breve parentesi a Faltona nel 1977, quindi a Triana dal 1978).
Alcune foto dei campi scuola di Faltona sono su:
Fu alla scuola di quelle esperienze, specie regionali, magistralmente guidate dall’assistente don Icilio Rossi, che molti nostri giovani (spinti a partecipare da Don Giorgio Gubernari) sentirono parlare di Concilio, di Chiesa-comunione, di vocazione dei laici, di partecipazione dei laici alla vita della Chiesa, di dialogo con il mondo, di giustizia sociale, di umanesimo integrale e plenario. Gli slogan che costellarono quel periodo furono: “se non agisci come pensi, pensi come agisci”, “la santità non è uno stato di perfezione, ma una perfezione di stato”, “adorare per aderire”, “la chiesa ideale è la chiesa reale”, “mettiti il grembiule e servi”, “il gruppo per stare in piedi deve mettersi in ginocchio”, “le strutture sono i rapporti”.
Gli scrittori cristiani del 900 maggiormente citati erano Dietrich Bonhoeffer, Italo Mancini, Jean Guitton, Charles Péguy, Jacques Maritain. Come pure André Frossard con Dio esiste, io l’ho incontrato, C’è un altro mondo, Le 35 prove che il diavolo esiste, Georges Bernanos con Diario di un curato di campagna, Carlo Carretto con Il deserto nella città e L’utopia che ha il potere di salvarti, Don Lorenzo Milani con Lettera ad una professoressa, Esperienze pastorali, L’obbedienza non è più una virtù, La parola fa uguali. E poi citazioni di Congar tratte per lo più dal suo famoso Jalon pour une théologie du laicat, Daniélou, de Lubac precursori del concilio. E anche tanto Antico e Nuovo Testamento.
Tutto quello sforzo spirituale, intellettuale, esperienziale fece maturare decisioni e impegni che condussero un bel gruppo di giovani, oggi adulti, ad acquisire perlomeno una forma mentis conciliare ed a trasferirla nei gruppi parrocchiali e nei campi scuola diocesani che, dal 1978, inizieranno a decollare a pieno ritmo sotto la sapiente guida spirituale del giovane assistente diocesano AC Giovani, don Lido Lodolini e di quello AC Ragazzi, don Mario Amati.
Ed anche in queste esperienze diocesane cresceranno vocazioni alla vita laicale adulta e troveranno spazio quelle di speciale consacrazione: come non ricordare, tanto per fare un esempio piuttosto eclatante, la segretaria diocesana del movimento studenti di azione cattolica, Franca Lacchini, poi diventata monaca di clausura (cosa che avvenne, a livello regionale, anche per la pontassievina Isa Manzini).
Dal 1978 al 1993 sono transitati alla Triana diverse centinaia di ragazzi.
Quei campi rappresentarono un unicum specie per l’entusiasmo che si respirava e per quel sacro fuoco che spingeva giovani laici a maturare impegni ecclesiali e sociali sempre più rilevanti.

martedì 2 giugno 2020

POST 13 – LA NASCITA DEL MOVIMENTO STUDENTI DI AC, IL NUOVO SETTORE GIOVANI, LA RIVOLUZIONE DELL’ACR.


Grazie al sostegno di alcuni dirigenti nazionali e alla disponibilità di tante persone della diocesi, demmo una bella spinta all’associazione diocesana.

Nel corso dell’esperienza associativa approfittai molto della disponibilità di alcuni dirigenti nazionali di AC e li invitai a più riprese in diocesi. Gli incontri più frequenti furono con i responsabili del MSAC, il Movimento Studenti di AC nazionale: Umberto Folena, don Giuseppe Valensisi, altri di cui non ricordo il nome (mi pare Guido Baffi) e, più avanti, Luisa Prodi. Il desiderio di veder nascere anche in diocesi un MOVIMENTO STUDENTI di Azione Cattolica era per noi molto forte, sia perché il vescovo diocesano, Giovanni D’Ascenzi, ci stimolava continuamente ad uscire dai nostri gruppi parrocchiali, sia per dimostrare a noi stessi e alle comunità parrocchiali che non tutta la nostra azione si poteva ridurre ad attività strettamente interne al perimetro ecclesiale. E poi anche perché dal centro nazionale ci sollecitavano.
Sfogliando qualche vecchia agenda di Rossella (sempre molto precisa nel prendere appunti) e aprendo scartoffie del passato, m’è tornato alla mente il momento fondativo dell’esperienza del MSAC in diocesi: fu il 29 gennaio 1979 nella saletta del centro diocesano di Pitigliano in piazza Fortezza, alla presenza dell’assistente nazionale don Giuseppe Valensisi e di 16 presenti (Marco Vagaggini, Orietta Brinchi Giusti, Margherita Guastini, Gina Dionisi, Monica Renzi, Massimiliano Dainelli, Riccardo Bancalà, Rossella Ronca, Antonio Magliulo, Cristina Benedetti, Marco Santarelli, Maria Teresa Pietrangeli, Valeria Elmi, Massimo Allegrini, Stefano Gentili, Roberto Dainelli) . Ci disse don Giuseppe iniziando il suo articolato intervento: “Non siamo cristiani solo in parrocchia, facendo l’ACR o organizzando momenti ricreativi… Siamo cristiani anche a scuola e soprattutto lì. Noi siamo l’unico vangelo che i nostri compagni hanno in mano. La nostra persona deve concretizzare la presenza del Signore. La S. Messa comincia nel momento in cui mettiamo il piede fuori dalla chiesa. Se non annunciamo il vangelo a scuola diamo una risposta negativa al Signore che ci vuole missionari là dove viviamo. Non creiamoci alibi, lavorando solo in parrocchia…”.
Roba seria, dunque. E roba forte per la mentalità di allora. Non era desiderio di attivismo, ma risposta piena all’essere cristiani.
La cosa si consolidò con i 33 partecipanti alla Tre giorni di Triana del 12-14 giungo 1979 dalla quale emersero i veri pionieri. Infatti da loro scaturirono i responsabili diocesani e le persone che effettivamente provarono ad impegnarsi a livello di scuole. Rossella Ronca aveva un po’ il compito di coordinare il percorso iniziale insieme a Margherita Guastini; i segretari diocesani, se non erro, nella successione temporale sono stati Margherita Guastini, poi Salvatore Dei Bardi e in seguito Franca Lacchini (ma qui siamo già al 1984), questi ultimi seguiti in particolare da Francesco Orsini. Dell’81 trovo lettere dei responsabili diocesani firmate anche da Fulvia e Patrizia e del 1984 da Gabriella.
Se visivamente ripenso a quel periodo, oltre alla voglia di fare di alcuni studenti, mi vengono alla mente e quindi agli occhi le paccate di Presenza & Dialogo Studenti che arrivavano in centro diocesano e poi venivano distribuite ai gruppi d’istituto.
Mi pare si usasse anche Wolking un pieghevole a 8 facciate, che doveva durare altrettante settimane, dove erano riportati i passi biblici a tema da meditare ogni giorno. In seguito prendemmo in mano anche la guida teorico-pratica del MSAC, Viva il Movimento.
La cosa decollò, lo sforzo fu intenso, anche se una verifica, richiesta dal MSAC nazionale, fatta il 19 luglio 1980 evidenziava con franchezza, accanto alle attività riuscite, le difficoltà incontrate. I gruppi più forti erano a Pitigliano e, in secondo luogo, P.S. Stefano. Negli altri istituti la nascita di gruppi riuscì meno e ci si limitò alla pur importante diffusione di Presenza & Dialogo.
Al di là degli esiti che poi ebbe, ricordo con grande gioia quel tentativo e sono ancora riconoscente a tutte le persone che vi dedicarono parte del loro tempo.

Sul fronte scolastico ci muovemmo anche con gli universitari. A partire dal 1982 fu tentato un lavoro di coinvolgimento e stimolo coordinato da Stefano Paoli e che vedeva i punti di riferimento di ateneo nei nostri giovani ormai cresciuti: per Siena, Daniela Franci e Fausta Sestini; per Firenze, Rossella Ronca, Renza Ginesi, Carlo Ronconi; per Pisa, Laura Monellini, Piero Rossi, M. Assunta Magnani.

Quanto detto sul Msac e sugli universitari, insieme ai campi-scuola di cui ho già parlato, era parte del possente lavoro condotto innanzi dal SETTORE GIOVANI sotto la guida spirituale di don Lido Lodolini e di Roberto Dainelli, Rossella Ronca, Valeria Elmi, Margherita Guastini, Monica Renzi. Grande attenzione fu data anche a quella che si chiamava, nel settore giovani, Missione 78: Gruppi nuovi per servire il Vangelo, iniziativa volta appunto a costruire gruppi nuovi o motivare quelli esistenti anche attraverso un lavoro di coordinamento e accompagnamento formativo-spirituale. In seguito, specie a partire dal 1980, molta attenzione si concentrò sulla riscoperta del Concilio Vaticano II, definito in quell’iniziativa “una parola per l’uomo d’oggi”.
(Anche in questo caso invitammo ad un incontro di approfondimento la responsabile nazionale giovani, Annalisa Aicardi, ora monaca di clausura carmelitana scalza.
Con Annalisa ebbi modo di incontrarmi molte volte in centro nazionale e nacque un’amicizia spirituale molto profonda, confermata dall’unica corrispondenza che ho potuto avere con lei quattro anni fa (d’altronde è in clausura) e della quale mi permetto di rivelare un piccolo passaggio, sperando di non essere indiscreto. Nella risposta alla mia lettera, quasi all’inizio, afferma: “Ormai sono passati parecchi anni, ma mentre leggevo il tuo scritto mi sono resa conto che il legame di amicizia è rimasto inalterato, era come se ci fossimo visti pochi giorni prima…: quando l’amicizia è fondata nel Signore, resta viva in Lui. Com’è grande questo nostro Signore che ci fa gioire della comunione in Lui!”. Che bella persona Annalisa).
In realtà sul libro ho commesso l’errore di confondere Annalisa con Maria Teresa Vaccari (nella foto). Fu quest’ultima che dal 10 al 14 agosto del 1979 partecipò, come vice-presidente nazionale del settore giovani, al Corso per responsabili di AC che svolgemmo a Triana. E ci parlò dell’AC come singolare forma di ministerialità laicale, dello Statuto e del Regolamento, del Responsabile di Azione Cattolica. Dopo che don Lucio Mattei ci aveva fatto riflettere sull’ecclesiologia del Concilio Vaticano II e don Giorgio Gubernari sulla teologia e la spiritualità del laicato. Ed anche di Maria Teresa, tornata al Padre nel maggio del 2019, ci sarebbe da dire molto. Ha vissuto il primato del Vangelo e offerto la sua vita al Signore. Tra le sue carte sono state trovate le seguenti parole sotto il titolo Offerta globale: “Dio dei nostri Padri, Signore del cielo e della terra, aiutami a donarmi nella verità della mia esistenza e in tutta la sua forza vitale. Se ciò è secondo la tua volontà, sia la mia vita spesa interamente e unicamente per la comunione con Dio e tra gli uomini del nostro tempo, a servizio del Vangelo”.
Il 1980 lo ricordo anche per il grande incontro dei giovani-giovanissimi-ragazzi (16 settembre) che avevano partecipato ai campi-scuola (ed anche altri) all’Isola del Giglio: fu chiamato simpaticamente lo sbarco dei 500, tanti infatti giungemmo nell’isola.

Lavorammo molto anche per comprendere e far comprendere (ripeto di nuovo quella nostra esigenza: il ruolo ci costringeva ad esser maestri, ma noi ci sentivamo prima di tutto scolari) la novità dell’ACR, convinti come eravamo di quanto aveva detto il presidente nazionale Vittorio Bachelet nel lontano 1971: “Credo che l’aver fortemente richiamato la loro (dei ragazzi) dignità di cristiani e la ricchezza del dono che essi fanno alla comunità, è un grande servizio che l’AC rende non solo ai piccoli ma all’intera comunità cristiana. L’aver sottolineato questo dono, questa corresponsabilità attiva anche attraverso la forma dell’impegno associativo dei fanciulli e dei preadolescenti sottolinea infatti che anche essi sono non solo oggetto dell’azione pastorale, ma soggetti della costruzione della Chiesa partecipi a pieno titolo – e certamente a loro misura – della sua missione apostolica; e questa consapevolezza arricchisce tutta la Chiesa”.
Allora, ci si mise sotto ad approfondire le idee-forza per un cammino di catechesi esperienziale, a partire dalle istanze biblico-teologiche e pedagogico-pastorali. E dall’1 al 3 maggio 1981 si organizzò una interessantissima Tre giorni a Triana guidata dal Responsabile nazionale ACR, Piero Chinellato (nella foto), e volta ad approfondire il Progetto Acr e la fisonomia dell’Educatore Acr, dopo che don Angelo Comastri aveva riflettuto sul cammino di fede del ragazzo nella Chiesa.
Molta attenzione fu posta anche nell’organizzazione delle iniziative annuali: (1978-1979) Ehi, ci siamo anche noi, (1979-1980) Sì, ma insieme!, (1980-1981) Sotto il grigio toh, l’arcobaleno, (1981-1982) Venite nel mio campo c’è un tesoro, e via dicendo.
I pionieri di quest’altro fronte furono Elisabetta Bassanelli, M. Chiara Giusti, Renza Ginesi e Augusto Ronca, insieme all’assistente diocesano don Mario Amati (nella foto).