I rapporti epistolari, la scuola associativa di Frascati e la IV Assemblea diocesana, nella quale ci invitò ad essere incendiari per amore
Un altro rapporto importante fu con l’allora segretario nazionale, Dino
Boffo. Con lui ebbi varie relazioni epistolari ed ebbi modo di apprezzarlo in
diversi convegni e seminari nazionali. Mi
sembrava il più carismatico. Tra l’altro, scriveva proprio tanto a tutti i
presidenti diocesani.
Ricordo un
importante convegno dei presidenti alla Domus Mariae del 23-25 giugno 1978 con
una sua corposa relazione su Una nuova
strategia per la vita: la proposta pastorale dell’AC per il 1978/79. Con
essa l’AC nazionale (o meglio, una parte di essa) voleva spingere
l’associazione a tutti i livelli ad uscire dai limiti ecclesiali ed a farsi
carico delle povertà vecchie e nuove del nostro Paese. A me quel tentativo
piacque molto. L’obiettivo concreto – come già detto – era quello di dar vita a
gruppi operativi di base in grado di far inserire nei programmi associativi e
della chiesa diocesana tutta, iniziative di sensibilizzazione ed animazione
sulle situazioni di non-vita presenti sul territorio.
Rammento
pure l’indimenticabile Scuola Associativa
di Frascati del 5-13 luglio 1980 (Rossella partecipò a quella successiva
del 6-14 settembre 1980 a Nocera Umbra) nella quale, insieme a Dino, ricordo
l’assistente generale Mons. Giuseppe Costanzo (che mi colpiva quando
commentando le scritture partiva sempre dall’analisi dei verbi), il presidente
nazionale, Mario Agnes, don Paolo Milan, Paola Bignardi, Luigi Maffezzoli, Vito
Scrocco, M. Grazia Tibaldi.
Di
quell’esperienza ho ritrovato una cartolina che inviai ai miei genitori firmata
da Agnes, Costanzo e Boffo.
In
particolare ricordo Dino quando lo invitammo alla IV Assemblea diocesana del 24 febbraio 1980 a Pitigliano.
Ripesco
dal settimanale diocesano Confronto del 2 marzo 1980 a pag. 9, uno stralcio dell’intervento
di Dino, sotto il titolo, L’Azione
Cattolica è quella che noi la facciamo essere. E rivedo alcuni tratti della
sua personalità associativa di quel periodo.
Il
Dino carismatico che si immedesima, quasi, nell’Apostolo che visita le prime
comunità cristiane. “Abbiamo la
sensazione che nella diocesi di Sovana-Pitigliano si stia formando molto
lentamente la nuova Azione Cattolica. Ci presentiamo a voi con il capo chino e
il cuore grato, cioè con l’atteggiamento dei pellegrini che vanno di Chiesa in
Chiesa e raccolgono le meraviglie che il Signore ha dato al suo popolo. Veniamo
con il capo chino perché pensosi di quello che Dio fa e con il cuore grato
perché vediamo Dio al lavoro che sta preparando grandi cose per quelli che lo
amano”.
Il
Dino che propone di uscire dalla sonnolenza per diventare i pionieri del nuovo
modo di essere azione cattolica e la indica come scelta di vita radicale, da
compiere prima di tutto al livello interiore. Appare come la risposta ad una
chiamata.
“L’AC è viva in Italia. Si vede
brillare negli occhi di tante persone e questo sia segno di speranza per noi e
ci sproni ad andare avanti. Questi anni 80 sono per l’Azione Cattolica tempo di
ricostruzione; noi siamo quelli che tracciano il sentiero poi altri seguiranno.
Se la nostra età è l’età dei pionieri noi dobbiamo farci avanti. È tempo di
svegliarci dal sonno come dice S. Paolo. Forse oggi una delle tentazioni più
grosse è la pigrizia e vincere la pigrizia è una delle sfide più grandi per noi
in questi anni. Nessuno dà la sua vita all’Azione Cattolica se non è convinto
che ne vale la pena ed ognuno di noi darà sempre più se stesso, tanto in quanto
riesce ad enucleare i motivi per cui ne vale sempre più la pena. Noi insieme
vogliamo costruire, vogliamo fare ed essere chiamati per nome, dato che si
parla della nostra vita”.
Il
Dino che ci dice di scegliere l’azione cattolica per diventare incendiari del
cuore di altri fratelli, nella ordinarietà della vita resa straordinaria
dall’incontro con il Signore.
“Ciascuno di noi deve prendere
l’Azione Cattolica, farla sua e viverla e rendersi conto del perché è bello,
del perché vale. Il Papa nello scorso Consiglio nazionale disse: ‘Siate fedeli
alla vostra identità, siate fedeli a voi stessi’, significa che dobbiamo
riscoprire quale è il dono che all’inizio ci convoca e poi ci porta ovunque,
dove ci manda la Chiesa. Noi laici di AC siamo gente normale e non abbiamo
l’ambizione di trasformarci. Siamo soltanto laici normali che dentro la nostra
normalità di vita ci sentiamo chiamati dal Signore per cui la nostra vita
normale diventa eccezionale, l’ordinario diventa straordinario e l’incontro
straordinario con il Signore ci mette una grande rincorsa per i fratelli che,
come diceva Santa Caterina da Siena, ci farebbe incendiare l’Italia. Cioè dar
fuoco al cuore di ogni fratello”.
Il
Dino che rammenta la visione conciliare dell’AC e il suo essere parte del
disegno costituzionale della Chiesa. Lo fa ribadendo la fondamentale importanza
dei laici organizzati, del loro linguaggio e affermando la centralità della
parrocchia. Anzi, la sua natalità.
“Come fa la Chiesa ad essere se
stessa fino in fondo senza laici che siano trasparenti di Gesù Cristo?
L’apostolato è fatto di opere ma è anche fatto di parole, di testimonianza di
vita, di confessione di vita. E così secondo il nostro linguaggio dobbiamo
sapere annunciare il Vangelo. Questa è azione cattolica, per questo l’ha
benedetta e l’ha inserita nel suo disegno costituzionale. Siamo laici che servono
a guisa di corpo organico, come afferma il Concilio, ma questo non significa
legarci, significa invece essere capaci di collegamenti tali da rendere più
efficace l’azione che facciamo. Laici che si impegnano, si organizzano,
collaborano con il Vescovo evangelizzando e sono da lui mandati ad
evangelizzare. (…). Dobbiamo essere gli strumenti della fede, e lo strumento è
ciò che serve: noi dobbiamo servire la comunione della comunità. L’Azione
Cattolica deve servire la comunione affinché una Chiesa vada ad incontrare
l’uomo dove l’uomo vive. Ma che cosa è la Chiesa? Dove se ne può fare
esperienza se non in parrocchie fortemente rinnovate dove c’è il Signore che
opera? La parrocchia è l’espressione più bella del Natale (Dio con noi per
sempre). Una Chiesa che rivela il volto di Dio innamorato dell’uomo. Noi
dovremmo avere alta stima e considerazione di ciò che la parrocchia custodisce.
Infine, il Dino che sottolinea l’importanza
della formazione che va, però, rivoluzionata. Da essa passano gli uomini e le
donne della nuova azione cattolica.
“Dobbiamo riscoprire il senso
della formazione. Non pensiamo che basti la riunione o la lettura del Vangelo;
non è certamente Azione Cattolica fare salotto con il parroco. Il nostro
impegno racchiude tutte le nostre attività, tutta la nostra vita. E nelle varie
situazioni noi viviamo l’AC. L’AC deve essere soprattutto dentro di me.
Un’azione cattolica che è una scelta non detta, se volete, ma fatta; si può
anche non dire, basta viverla (…). L’Azione Cattolica ha una propria identità,
ha la sua intelligenza, la sua bellezza. Me è soprattutto quella che noi la
facciamo essere: per cui se la rendiamo brutta è brutta, se la rendiamo bella è
bella”.
Di fondamentale importanza fu inoltre l’auspico del Vescovo Giovanni D’Ascenzi,
che l’Azione Cattolica potesse nascere in tutte le parrocchie.
L’Assemblea espresse un nutrito Consiglio diocesano e la Presidenza
diocesana risultò così composta: presidente Stefano Gentili, segretaria
generale e segretaria del MSAC Margherita Guastini, vice-presidenti adulti,
Bergamo Sascia e Ronca Maddalena e forse Angelo Landini, vice-presidenti
giovani Rita Vespasiani, Rossella Ronca e Francesco Orsini, rappresentante ACR,
Renza Ginesi, amministratore Stefano Renzi, segretario MLAC Roberto Dainelli.
Assistente generale unico: don Lido Lodolini.
Con
l’indicazione del segretario del MLAC (Movimento Lavoratori di AC) si voleva
aggredire cristianamente anche il mondo del lavoro, ma su quel fronte il nostro
sforzo risultò piuttosto vano. Il gruppo dei Presidenti parrocchiali giunse a
17 ed ebbe un bel rinnovamento.
Ammesso e
non concesso di essere stati in grado di aver compreso il proprium dell’AC, ci dedicammo a riflettere e a far riflettere sull’importanza dei laici all’interno della
comunità ecclesiale. L’intento era quello di sensibilizzare tutti gli
associati e le persone che ruotavano intorno alle nostre attività formative,
sul compito che i laici, in virtù del battesimo, dovevano esercitare
all’interno della chiesa. Come si era soliti dire, esercitando il triplice
potere sacerdotale, profetico, regale che il Concilio Vaticano II aveva
indicato come proprio anche dei fedeli laici. Non a caso il tema della IV
Assemblea diocesana del 1980 fu proprio: L’AC:
servizio nella parrocchia per la con-costruzione di comunità conciliari a
servizio dell’uomo. Si diceva a servizio dell’uomo e, come detto, lo si
declinava particolarmente nell’attenzione ai diritti umani e con la strategia
per la vita.
Ma
prioritariamente la nostra attenzione fu rivolta alla costruzione di comunità conciliari e lo si fece ricorrendo
particolarmente ai giovani. Con i nostri adulti di base l’operazione fu più
ardua, perché naturalmente risentivano dell’educazione pre-conciliare.
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