Nel 6° intervento introduttivo abbiamo ricordato che le massime
autorità ecclesiastiche prediligono rappresentare il Concilio Vaticano II sulla
linea della “riforma”, piuttosto che su quella della “rottura”.
Sia come sia… va però detto che quell’evento ha cambiato molte cose.
Il Concilio Vaticano II, infatti, ha rappresentato un vero e proprio
spartiacque per tutta una serie di atteggiamenti della Chiesa, di prassi
ecclesiastiche, di modi di vedere e di agire sedimentatesi nei secoli e non
sempre riferibili a Gesù o ai primi apostoli.
Proviamo a fare alcuni esempi.
PRIMA: il celebrante durante la messa stava con le spalle rivolte al
popolo.
DOPO: il celebrante si è posizionato con il volto
rivolto al popolo.
PRIMA: la messa era in latino.
DOPO: la messa si è iniziata a celebrarla nelle lingue nazionali.
PRIMA: gli ebrei, nella preghiera del venerdì santo, erano definiti “perfidi giudei”. Giovanni XXIII volle
eliminare quella sgradevole definizione.
DOPO: nel documento conciliare Nostra
aetate (dichiarazione sulle religioni non cristiane) al n. 4 si dice, tra
l’altro: “la Chiesa ha sempre davanti
agli occhi le parole dell'apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua razza:
‘ai quali appartiene l'adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la
legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è
nato Cristo secondo la carne’ (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine”.
E con Giovanni Paolo II, alcuni anni dopo, si giungerà a definirli “nostri fratelli maggiori”.
PRIMA: gli altri cristiani nel catechismo erano definiti “scismatici, eretici, condannati
all’eternità dell’inferno”.
DOPO: diventano i nostri fratelli con cui rendere testimonianza
all’unico Cristo e progettare una Chiesa casa comune. Nel decreto Unitatis redintegratio sull’Ecumenismo
la parola fratelli è citata 26 volte.
PRIMA: il movimento ecumenico era considerato come pericoloso e
inaccettabile.
DOPO: viene dichiarato un evento di grazia, una vocazione,
un’ispirazione dello Spirito Santo.
PRIMA: la libertà religiosa era negata (l’errore non ha diritti, si
diceva).
DOPO: “Questo Concilio Vaticano
dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa” (Dignitatis
umanae, dichiarazione sulla libertà
religiosa, n. 2).
PRIMA : la libertà di coscienza era condannata.
DOPO: “Non si deve quindi
costringerlo (l’uomo) ad agire contro la sua coscienza. E non si deve neppure
impedirgli di agire in conformità ad essa” (Digitatis umanae, n. 3).
PRIMA: la lettura della Bibbia era vietata al semplice cristiano.
DOPO: la Parola
viene accolta e si spinge affinché tutti abbiano largo accesso alla Scrittura e
si dice, anzi, ripescando S. Girolamo, che “L'ignoranza delle Scritture è
ignoranza di Cristo” (Dei
Verbum n. 25).
PRIMA: il mondo moderno era condannato come diabolico.
DOPO: diviene il luogo teologico dell’incontro con Dio, dove sono
sparsi i semi del Verbo e pertanto: “le
gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri
soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze,
le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente
umano che non trovi eco nel loro cuore” (Gaudium et spes, costituzione
sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, n. 1).
PRIMA: la Chiesa
era prevalentemente rappresentata come ‘società perfetta’.
DOPO: la Chiesa
decide di definirsi come ‘popolo di Dio’.
Vi sembrerà poco, a me no.
Stefano Gentili
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