martedì 11 dicembre 2012

L’OCCHIO DELLA GAUDIUM ET SPES SULLA PIAGA DELLA GUERRA (3)


PITIGLIANO, 18 DEL POMERIGGIO. Lettere del Concilio (5 c)
Prima di parlare della guerra che ancora funesta la scena del mondo, la Gaudium et spes parla della pace e di quanto la definisce.
Ma al fine di completare il nostro ragionamento sulla guerra, continuiamo concludendo la nostra riflessione, suddivisa in questa lettera e nella prossima.

“OGNI ATTO DI GUERRA … È DELITTO CONTRO DIO E CONTRO LA STESSA UMANITÀ”
Nella precedente lettera avevamo esordito con i Padri conciliari che dicevano di essere obbligati “a considerare l'argomento della guerra con mentalità completamente nuova” (GS 80).
E questo accadde, ma probabilmente non traendone tutte le evangeliche conseguenze.
Vediamo il perché.

Chi conosce la storia della Gaudium et spes sa che essa è stata oggetto di molte letture e riletture perché –diciamo così – variopinte erano le opinioni dei padri conciliari.
Di fronte ad una lettura attenta dell’iter redazionale seguito dal testo per arrivare alla sua stesura finale, ci si rende conto della complessità della sua formulazione a causa delle numerose critiche che ad ogni lettura le venivano fatte dai Padri, che rimandavano indietro lo schema, per ulteriori correzioni.
La redazione finale è stata frutto, dunque, del complesso lavoro di mediazione della sottocommissione che ha portato alla stesura di un compromesso il quale, alla fine, come tutti i  compromessi, ha lasciato scontenti molti, anche se con ragioni diametralmente opposte (Giulio Cesareo).
Proprio sulla questione della condanna della guerra totale, il confronto tra le varie correnti e posizioni fu molto acceso: da una parte il card. Feltin e il card. Alfrink, presidente internazionale di Pax Christi, fautore di un testo che condannasse in modo chiaro e netto ogni guerra nucleare (ai quali si aggiunse lo stesso card. Ottaviani: famosa e impressa nel Concilio fu la sua frase “Bellum omnino interdicendum” – la guerra è sempre da condannare); dall’altra il card. Spellman, vescovo ausiliare di Washington, mons. Hannan, arcivescovo di New Orleans, e l’arcivescovo di Liverpool, mons. Beck, che “hanno soprattutto insistito sui servizi che la bomba atomica potrebbe rendere e sulla legittima difesa”.
“Mons. Roberts ci ha dichiarato in proposito: ‘Questi due interventi sembrano preparati dal Pentagono’. […] Per quei due vescovi anglosassoni non è, sembra, impensabile che si possa, nel caso, difendere la civiltà cristiana con le armi nucleari. Questa è almeno l’interpretazione che non si mancherà di dare ai loro interventi, quali che siano la purezza di intenzioni e le evidenti difficoltà del soggetto” (Henri Fesquet).

L’episcopato era diviso tra i fautori di una condanna radicale del possesso e dell’uso delle armi nucleari e coloro che, invece, accettavano l’uso di armi nucleari tattiche. I vari schemi del testo erano stati più volte rimandati indietro e il lavoro della commissione fu proprio quello di cercare una conciliazione almeno verbale delle due correnti.
Ciò che è emerso alla fine sembra un passo se non indietro, almeno laterale, rispetto alle affermazioni della Pacem in Terris.
Si può forse dire che quest’ultima era caratterizzata da un afflato profetico, la Gaudium et spes da un’attenzione politica. Con l’aggettivo “politica” o “realistica” si suggerisce la necessità di mediare fra la purezza dell’ideale e la dura realtà, fra le esigenze della morale o del diritto e le situazioni concrete che vanno governate.

Comunque sia, dirigiamoci verso le affermazioni conciliari, dicendo subito in premessa che per il Concilio il concetto di guerra giusta è ormai esaurito anche se azioni militari di difesa “e l’equilibrio del terrore trovano ancora una stentata e contorta ma reale giustificazione” (Giuseppe Alberigo); superato è anche il concetto di sovranità che deve cedere dinanzi al bene comune del genere umano.
La sovranità di uno stato è sempre limitata dal bene dell’umanità; e l’idea di guerra giusta era totalmente dipendente, a partire dal XVI secolo, dalla sovranità dello stato.
L’unico esercizio lecito di violenza di stato al suo esterno si configura nella legittima difesa, non nella guerra di legittima difesa: pertanto siffatte azioni belliche dovranno sottostare alle rigorose condizioni della legittima difesa.

Saranno l’introduzione del concetto di universa familia humana [“Il mondo che esso ha presente è perciò quello degli uomini, ossia l'intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa vive” (GS 2)] e di quello conseguente di bene comune dell'intera famiglia umana - [“Pertanto ogni gruppo deve tener conto dei bisogni e delle legittime aspirazioni degli altri gruppi, anzi del bene comune dell'intera famiglia umana” (GS 26)] - le novità che apriranno la strada a quanto detto in precedenza e potranno condurre alla condanna della guerra totale.

Una dura condanna quest’ultima, espressa con forza e radicalità – se non erro, l’unica vera condanna conciliare – che viene formulata in modo formale e solenne, seguendo lo schema classico di ogni sentenza ecclesiastica, come ricorda Enrico Chiavacci.
Leggiamo la parte centrale del paragrafo 80.

“His attentis, haec Sacrosancta Synodus, …declarat:”
“Avendo ben considerato tutte queste cose, questo Sacro Concilio, … dichiara:”
[“His attentis” è l’equivalente nello stile curiale della formula “per questi motivi” delle sentenze civili; “haec Sacrosancta Synodus” è  l’autorità emanante la sentenza: qui è il Concilio che si nomina nella forma più solenne con le tradizionali maiuscole.
Dopo i due punti il testo va a capo e riprende con una maiuscola. Cosa che mai si fa né in italiano, né in latino. Questo modo di procedere è invece consueto nello stile giudiziario ecclesiastico, in quanto la frase che segue in due punti è il dispositivo della sentenza, che ha una sua vigenza ormai autonoma e può essere citato anche staccato dal contesto].
Ecco la sentenza di irrevocabile condanna:
“Omnis actio bellica quae in urbium integrarum vel amplarum regionum cum earum incolis destructionem indiscriminatim tendit, est crimen contra Deum et ipsum hominem, quod firmiter et incunctanter damnandum est.”
Ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione.”

Non è la condanna della guerra in sé in quanto contraria al vangelo, come volevano alcuni.
E’ la condanna di quella che veniva indicata con le prime lettere dell’alfabeto (ABC: atomica – biologica – chimica) come guerra totale, che coinvolgeva i civili oltre agli stessi combattenti.
La condanna è comunque chiara e decisa: pertanto esiste un vincolo morale assoluto.
È senza dubbio una delle affermazioni più importanti e impegnative in cui il Concilio si lancia.

Stefano Gentili

Nessun commento: