Bravo Gentili, a morte Gentili. L’epilogo sta nel prologo. Il giorno della firma del Patto per lo Sviluppo ritirai la mia disponibilità. Un sondaggio del marzo ’99 diceva che ero il più competitivo
La legislatura in cui incappai fu breve perché la legge sull’elezione diretta del presidente della provincia era congegnata in modo tale che, salvo clamorosi errori, inadempienze o plateali inadeguatezze, il presidente uscente fosse riproposto anche per la seconda legislatura, giudicando in 8 anni complessivi il giusto tempo per condurre a compimento programmi e progetti. Invece, i commensali del tavolo che doveva decidere – ormai non più nella gloriosa sede di via Ximenes nata nel 1950 e benedetta addirittura dal Migliore – deliberarono in premessa: “tutti candidabili, meno Gentili”. Insomma, bravo Gentili, si diceva nelle poche prese di posizione pubbliche e a morte Gentili si derubricava nei più ristretti tavoli e tavolini. Perbacco, qualcosa di molto profondo doveva essere accaduto e qualche ideuccia ce l’avevo.
Il racconto sarebbe lungo, perché l’epilogo sta nel prologo e anche nello svolgimento.
Dovrebbe partire dalla nomina della giunta (fase 1 e fase 2), che diversi non mi perdonarono e dalle altre nomine, a cominciare dall’azzeramento dei vertici della Rama – con il licenziamento degli amministratori, la nomina di un nuovo presidente e un amministratore delegato – alle scelte dei sindaci revisori in vari enti, per andare agli incarichi ai professionisti esterni che furono assegnati dai dirigenti secondo il principio della rotazione, alla trasparenza di tutta la nostra azione, a cominciare dai compensi degli amministratori, dirigenti e incaricati vari. Al fatto di non considerare nessuna associazione privilegiata nel rapporto con la Provincia, fosse essa di sinistra, destra o di centro, si chiamasse Cgil, Cia, Federcaccia, Coldiretti e compagnia cantando. Di considerare tutte le zone della provincia degne della nostra attenzione e del nostro impegno, senza privilegiare le solite forti e di altre cose che dirò nel prossimo post parlando dei miei errori. Politicamente, di operare secondo lo spirito ulivista, che anticipammo, dando più valore alla sintesi di squadra che alle esigenze di parte.
Consapevole che i leggeri commensali del tavolo provinciale, sospinti dalle più pesanti figure che stavano dietro, avevano già deciso in modo irrevocabile la mia defenestrazione, il 30 marzo 1999 ritirai la mia disponibilità.
Perché quel giorno l’ho già detto in un precedente post. Comunque ribadisco perché era quello della sottoscrizione finale del Patto per la Maremma. Nel primo pomeriggio lo sottoscrissi, insieme agli altri soggetti pubblici e privati, e subito dopo avevo convocato una conferenza stampa nella quale espressi il mio pensiero e ritirai la mia candidatura. Lo feci per mostrare plasticamente che veniva impedito al Presidente che aveva ottenuto un risultato concreto così importante (insieme agli altri già citati), di candidarsi a guidare di nuovo l’amministrazione provinciale.
Nessuno lo sapeva o forse due o tre persone, non ricordo bene. Tanto che presi tutti in contropiede. “Colpo a sorpresa ieri sera in Provincia. Prima la firma del Patto territoriale per lo sviluppo della maremma grossetana tra presidente della Provincia, un centinaio di imprenditori pubblici e privati oltre ai rappresentanti di enti e istituzioni. Subito dopo la ‘storica firma’, la comunicazione di Stefano Gentili con la quale il presidente dell’amministrazione ‘prendendo atto, ma non comprendendo’ certe pregiudiziali, ha ritirato la propria disponibilità per un’eventuale candidatura alla presidenza dell’ente nella prossima legislatura” (Paolo Pighini, Gentili firma i Patti e si ritira, La Nazione, 31.03.1999).
Riporto il testo di quello che dissi, sempre per non edulcorare il mio pensiero di allora.
• “Non mi ero candidato alla presidenza della Provincia. Avevo dichiarato la mia disponibilità ad esserlo a certe condizioni.
La mia candidatura era naturalmente sul tavolo del centro-sinistra perché Presidente uscente e in questa logica i popolari l’avevano riproposta. I componenti del tavolo, con l’eccezione del segretario dei Popolari e qualche altro distinguo, hanno più volte chiesto l’accantonamento della mia candidatura. Prendo atto del non gradimento e registro la volontà dei responsabili provinciali di alcuni partiti del centro-sinistra di optare per una forte discontinuità con l’esperienza, i risultati, lo stile amministrativo del Governo Gentili. Prendo atto e ritiro la mia disponibilità. Prendo atto, ma non comprendo.
La coalizione, forte della nostra esperienza, avrebbe potuto: vantare risultati amministrativi concreti (frutto di un duro e costante lavoro) di fronte a tanti parolai; esibire lo stile collaborativo, anzi fraterno della Giunta e la stabilità garantita dal gruppo dei consiglieri di maggioranza, dinanzi alla fibrillazione e agli scontri di altri palazzi; presentare le innovazioni introdotte per organizzare un ente più vicino ai cittadini, più trasparente e imparziale; valorizzare il senso delle istituzioni mostrato dagli amministratori, teso a difendere la Provincia dalle improprie invasioni di campo.
Invece si è deciso di intraprendere la strada della rottura con questo modo di amministrare. Quali ragioni vengono addotte per giustificare l’operazione? Non è dato averne pubblica conoscenza.
• Stando ai “si dice”, alcuni sembrano aver sostenuto che, pur avendo ben amministrato, abbiamo lavorato troppo sotto traccia, non riuscendo a capitalizzare consensi.
Rispondo che questo lavoro di capitalizzazione sarebbe stato proprio delle forze politiche della coalizione che, invece, nei 4 anni sono state su questo completamente latitanti. E poi, perché non lasciare la parola al popolo sovrano? Sono sicuro che molti cittadini hanno compreso il nostro modo nuovo di amministrare la cosa pubblica.
• Stando ai “si dice”, sembra che qualcun altro protagonista dell’operazione ritenga il candidato Gentili non in grado di avere la forza per attrarre i necessari consensi per vincere la competizione elettorale, in quanto ancora poco conosciuto.
Giudicare su questo è veramente opinabile. Ricordo peraltro di aver già vinto nel 1995 e di aver vinto il ballottaggio anche nel Comune di Grosseto. Ho inoltre in mano un sondaggio condotto sul territorio provinciale il 1 marzo 1999 – non commissionato da me – dal quale emerge un grado di notorietà di Gentili pari al 69% dei cittadini (79% a Grosseto). Sempre lo stesso sondaggio evidenzia che la propensione al voto per Gentili, rispetto ad un gruppo ipotetico di candidati, è di gran lunga la più alta, anche se resta elevato il numero degli incerti. Posso aggiungere oggi, a 21 anni di distanza, che i candidati individuati dai sondaggisti, oltre a me, erano tutti di notevole forza politica e sociale: Maurizio Andreini, noto e rinomato avvocato grossetano di area repubblicana, Lamberto Ciani, ex-presidente della Provincia, ex-socialista e commissario al piano dei rifiuti, Hubert Corsi, democristiano di lungo corso, di grande notorietà politica, parlamentare per tre legislature e ben visto da parte del Polo come possibile candidato, Aldo Mattia, dal 1994 rampante direttore della Coldiretti e molto appetibile per l’area di destra, Giuseppe Turini conosciutissimo senatore di Alleanza Nazionale da più legislature. Insomma, non si trattava di pischelletti.
• Stando ai “si dice”, sembra che qualche altro stratega giustifichi la mia defenestrazione con la necessità di trovare un candidato in grado di attrarre voti dal centro-destra. Il sondaggio Abacus evidenzia una discreta propensione al voto per Gentili anche da parte di elettori che nel recente passato hanno votato centro-destra. E ciò a differenza di altri candidati.
• Stando ai “si dice”, altri sembrano infarcire l’operazione dicendo che era necessario non ricandidare il Presidente uscente in ragione dell’allargamento della maggioranza provinciale ad altre forze politiche. Giustificazione risibile. La stessa cosa non la si sostiene – saggiamente – in nessun altro Comune della provincia ove è in atto la stessa operazione di allargamento (Follonica insegna, ma anche Massa, Sorano e via dicendo).
• Stando ai “si dice”, altri ancora sembrerebbero sostenere l’inopportunità di una mia ricandidatura perché non avrei sufficientemente contrastato l’Amministrazione comunale di centro-destra di Grosseto. Questione mal posta, perché gli unici titolati a contrastare democraticamente la politica amministrativa del Governo Antichi sono i gruppi dell’opposizione in quel Consiglio Comunale, i quali debbono essere in grado di elaborare e presentare ai cittadini un proprio progetto di governo della città. La Provincia, per sua natura istituzionale, si colloca su un piano diverso rispetto a quello comunale e non può ingaggiare battaglie, né prendere gli spazi di alcun Comune, fosse il più piccolo del territorio. D’altro canto, il cittadino può liberamente valutare se lo stile e i risultati amministrativi di un Governo di centro-sinistra come quello che ha retto la Provincia siano stati migliori, per il bene comune, di quelli del Comune di Grosseto o di altri comuni amministrati dal centro-destra.
• Non sembrano dunque esservi giustificati motivi per gettare alle ortiche l’esperienza amministrativa della Giunta Gentili. Non ve ne sono amministrativi, né politici perché un allargamento della maggioranza verso sinistra richiede proprio una candidatura di centro cattolico in grado di contrastare l’automatica tendenza del voto cattolico non popolare a polarizzarsi verso il centro-destra. Né vi sono motivi tattici: di Gentili si sarebbe potuto anche spendere il suo essere più dalla parte dei cittadini che dei partiti come valore aggiunto.
Insomma, ritenevo di essere (insieme agli amici della Giunta) una risorsa, magari piccola, del centro-sinistra provinciale, invece mi hanno fatto diventare un caso, come Ocalan. Ok! Il caso è chiuso”.
Mi piacque che il giornalista Paolo Pighini, nelle parole con le quali illustrai il percorso del Patto, colse una sfumatura per me molto importante. “Nelle parole conclusive del discorso di Gentili c’è stato un passaggio particolare che aveva mandato un segnale preciso. In questo patto – ha precisato il presidente provinciale – c’è una fetta del nostro futuro. E voglio dedicare questo patto proprio ai nostri giovani che meritano di avere un posto di lavoro. Abbiamo lavorato pensando soprattutto a loro” (Paolo Pighini, Gentili firma i Patti e si ritira, La Nazione 31.03.1999).
Aver colto quel passaggio per me, in quel momento, valse più di 100 candidature.
Ancora di più mi piacque l’accorato appello che, un mese dopo, fece in mio favore il partigiano follonichese comunista, on. Gennaro Barboni: “…Nessuno dei capi politici ci ha detto perché il Presidente Gentili è stato spodestato. Eppure, alla luce delle ultime legislature, questo è stato il miglior presidente sotto ogni punto di vista. …Avanzo una chiara proposta al tavolo del centro sinistra e al capo dei Ds: smettetela! Sono mesi che discutete confusamente…Accantonate tutte le velleità, cambiate candidato (era ormai stato scelto Scheggi) e, tornando alla Canossa maremmana, richiamate il Presidente, Stefano Gentili, e così sia”. (Stefano Gentili doveva essere confermato, La Nazione, 25.04.1999).
Figuratevi se i nuovi compagni ex-comunisti ascoltarono l’appello dell’anziano partigiano comunista.
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