Poi, tante volte, dici le cose…
Circa dieci giorni fa è giunto a casa mia un opuscolino edito dalla Fondazione Don Carlo Gnocchi descrittivo di brevi e significativi momenti della vita del sacerdote Don Carlo. Tra le cose che non conoscevo c’era anche che può essere considerato come un profeta del dono d’organi. Si legge a pag. 12 “Minato da un male incurabile muore a Milano il 28 febbraio del 1956 e l’ultimo suo gesto è la donazione delle cornee a due ragazzi non vedenti, quando in Italia il trapianto d’organi non era ancora regolato dalla legge”.
Pochi giorni prima sistemando il materiale cartaceo del passato ho ritrovato la mia tessera dell’AIDO (Associazione Italiana Donatori d’Organi) – la n. 1491 del 17 gennaio 1986 – nella quale dichiaravo "di accettare di essere donatore di organi ed essere regolarmente iscritto presso la sezione di Grosseto via Ginori, 13".
Ricordo di aver aderito all’associazione grazie all’opera di sensibilizzazione fatta presso l’I.T.G.C. di Zuccarelli di Pitigliano dall’allora responsabile di zona, Franco Giulietti.
Mi è tornato alla mente che ho conservato lungamente nel mio portafogli la tesserina ricevuta nel maggio del 2000 (spedita a casa, mi pare, a seguito della cosiddetta legge del "silenzio assenso", quella che disponeva in materia di prelievi e di trapianti di organi e tessuti) recante il mio nome, cognome, data di nascita, codice fiscale, dichiarazione di volontà, data e firma e quindi il mio assenso alla donazione.
Ricordo con sincerità che mentre compivo la scelta del 1986 e la riconfermavo nel 2000, non mi passava per l’anticamera del cervello che una opportunità del genere sarebbe potuta capitare anche a me.
Mi appariva bello e doveroso pormi sulla linea del dono anche fisico, al tempo opportuno.
La malattia che stava per prendermi non si era ancora manifestata.
Poi, inatteso, ci fu il decollo del male fisico, il non lungo percorso e l’inizio della picchiata. Vicino allo schianto, circa alle 4 di mattina dei primi giorni di gennaio 2007, una telefonata dalle Scotte di Siena ci avvisava che probabilmente era a disposizione un organo donato.
Ricordo ancora quelle sensazioni: il sobbalzo dei figli, i pensieri e i dialoghi con Rossella durante il trasporto col 118, l’arrivo a Siena prima delle 7, il chirurgo di valore e umanità, le care dottoresse che mi avevano seguito fin lì in contatto telefonico, le procedure, il via….
Poi rammento quelle di…qualche giorno dopo, in rianimazione, con immediatamente accanto professionali volti nuovi e quando possibile, poco oltre, gli amati volti di sempre.
E così la mia vita ha continuato ad essere tenuta in vita…dalla vita donata da un’altra persona.
Già, la vita...“quando credi sia finita /un'occasione nuova avrai, /ma chi l'avrebbe detto mai” (come canta Morandi in Grazie a tutti).
Mi fermo su quanto mi riguarda, ma potrei dilungarmi molto. Non l’ho mai fatto finora.
Aggiungo solo la gratitudine che provo per la persona donatrice e la sua famiglia, che non conosco ma….è come se lo fosse. E di tutte le famiglie che hanno reso possibile doni come quello che io ho ricevuto verso altre persone. Come anche l’affetto per le famiglie che non hanno potuto vedere continuare a vivere i loro cari per mancanza di organi disponibili.
Ho dovuto parlarne, con una certa fatica, perché ho sperimentato sulla mia pelle la grandezza di questo “dono” che porterò con me fino a quando, finalmente, potrò restituirlo ad altri.
Sono partito da Don Carlo Gnocchi che oggi - 25 ottobre 2009, giorno della sua nascita (avvenuta nel 1902) - viene solennemente proclamato Beato e poi ho parlato di me.
Nessun parallelismo, naturalmente.
Soltanto l’occasione per ricordare con don Carlo che donare fa bene e rendersi disponibili alla donazione degli organi fa meglio. Parola di uno che se ne intende.
Quindi, forza gente: rendiamoci disponibili al dono.
Stefano Gentili
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