venerdì 9 ottobre 2009

LE CATASTROFI, NOI E LE GENERAZIONI FUTURE

Enzo Boschi non sarà né santo né santone, ma le sue qualità sono evidenti.
In una breve riflessione fatta sul Magazine del Corriere della Sera (8 ottobre 2009, pag. 27) riferendosi alle violenze dei terremoti e alla devastazione delle città si pone le due classiche domande: si poteva prevenire? Si poteva prevedere?
Come ha fatto altre volte, risponde NO alla prima domanda e SI alla seconda.
“Prevedere un terremoto può forse salvare vite umane – sempre che si riesca a organizzare evacuazioni ordinate – ma non salva le case in cui l’uomo vive, i suoi viadotti, le sue centrali elettriche”.
Al contrario “prevenire gli effetti di un terremoto atteso costruendo in modo adeguato salva sia l’uomo, sia i suoi beni, sia la civiltà”.
“Cosa impedisce – si domanda - all’uomo del XXI secolo di capire questa differenza? Una delle ragioni è certamente il costo della prevenzione, associata a un certo fatalismo che è tipico di molte culture tra cui la nostra”.
Ricordava infatti Kofi Annan, Segretario Generale dell’Onu, nel 1999: “I costi della prevenzione si pagano oggi, i benefici si vedranno in un futuro anche distante; e saranno scarsamente tangibili, perché rappresentati dalle catastrofi che saranno evitate”.

E’ un autentico balzo esistenziale-culturale-politico quello che c’è da compiere, anzi, di più, ci vuole una conversione.
Perché gli ostacoli sono molti.

Ne segnalo tre.
Il primo è esistenziale e rischia di sfociare nella rozzezza: è l’idea che tutto quello che esiste e la sua durata coincida con l’arco della nostra esistenza. E quindi, dopo, chi se ne frega.

Il secondo è culturale e si chiama non curanza, repulsione per le regole, primato del 'faccio quel cavolo che mi pare', come costruire edifici sulle anse dei fiumi, sulle pendici dei vulcani o in aree statisticamente a rischio, trasformare fiumare in discariche o strade.

Il terzo è l’antipolitica: sia ‘l’antipolitica- politica’ che ‘l’antipolitica-antipolitica’.
La prima è quella di chi esercita la nobile arte della polis incurante di quello che fa per il piccolo spazio che amministra e non pensa alle ricadute presenti e future delle sue azioni; pensa a sé, al suo potere, alla sua permanenza.
La seconda è quella di chi la rifiuta perché ritiene che proprio non serva.
Cosa da comprendere diversamente è l’antipolitica da schifo.

Avere lo sguardo lungo, prendersi cura, volere e sapere programmare sono tre antidoti contro le tre derive. Ma tutto si riassume in uno dei termini più belli del nostro lessico: responsabilità.

Si, si, lo so che ritorno al solito fascista me ne frego e al solito milaniano mi prendo a cuore, ma se non si cambia rotta…poi, quando accadrà di nuovo, vattelo pure a prendere... con la Natura, con l’Eterno, col Fato.

Stefano Gentili

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