lunedì 21 dicembre 2009
BUON NATALE CON DON PIETRO GABRIELLI E IL SUO “PICCOLO TESORO”
Nell’aprirlo ho visto che conteneva un “piccolo tesoro”: una raccolta di 34 poesie del sacerdote Don PIETRO GABRIELLI, da inserirsi – si legge nel frontespizio – nel Libro di Lettura dei bambini delle Scuole Elementari. Era forse un progetto che aveva in mente lo stesso Don Pietro oppure qualcuno glielo aveva esplicitamente chiesto.
Fatto sta che mi ripromisi di salvare il piccolo scrigno digitando tutto il contenuto e conservando la bellezza del quaderno originale.
Don Pietro nasce il 15 marzo 1917 a Castell’Azzara (e una poesia la dedica la suo paese nativo), studia presso il Pontificio Seminario Regionale ‘S. Maria della Quercia’ a Viterbo e viene ordinato sacerdote il 2 aprile 1938.
Svolge il servizio pastorale presso la Parrocchia di San Rocco in Pitigliano come parroco per circa 40 anni.
Nel 1980 lascia l’incarico per malattia e muore il 10 novembre 1981.
Organista eccellente e Sacerdote apparentemente ‘sbrigativo’ (per noi bambini erano note le sue confessioni superveloci e le messe sprint), in realtà era ‘molto attento alle persone’ per lo più non frequentanti, con le quali spesso si intratteneva al bar per la serale partitella a carte.
Evidentemente, il fanciullino rimasto in lui vi teneva “fissa la sua antica serena maraviglia” e faceva sentire “tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello” e Don Pietro amava “parlare con lui e udirne il chiacchiericcio” (G. Pascoli, Il Fanciullino): almeno questo sembra emergere nella raccolta che può essere visitata nel ‘link’ allegato.
I titoli delle poesie offrono con chiarezza il quadro concettuale complessivo. Riprendono la vita reale del tempo ritmata dalle stagioni, dai suoi frutti e dai fiori, dalle feste e dal calendario liturgico: Ginestra, Vendemmia, Autunno, 2 Novembre, Natale, L’Olivo, Neve, Inverno, Carnevale, Primavera, Le Campane di Domenica, Venerdì Santo, Pasqua, Viole, Il Grano, Contrada, Estate, Nuvole, Il Mare, Bimbo, Giornata delle Ceneri, Maggio, Mandorlo fiorito, Il Tempo, Uccelli nel cielo estivo, La Mietitura, I Grilli, Ultima Cena, Panorama meraviglioso, Rondini, Corpus Domini, Castell’Azzara, Lucciole, Trattorato.
Conservare il quaderno e pubblicare il contenuto è per me un impulso dell’anima per la riconoscenza che debbo ad uno dei sacerdoti che ho avuto l’onore di frequentare durante l’infanzia e perché le poesie sono molto belle e degne di essere fatte conoscere.
Prossimi, oramai, alle feste natalizie, auguro a tutti frequentatori del blog e ed agli occasionali…un autentico Natale cristiano e la possibilità di trascorrere un periodo di festività sereno.
Lo faccio prendendo a prestito la poesia di Don Pietro proprio dedicata al Natale.
NATALE
Nel cuore / di una notte / gelida, invernale / suona la campana.
I rintocchi / rimbalzano / giù, / nei profondi / anfratti / che circondano / l’abitato.
Il suono / è un richiamo: / i fedeli / si rovesciano / nella chiesa madre, / per assistere / al mistero / del Natale cristiano.
Ogni anno / una culla / riempie / di gioia, / di festa / i cuori semplici / che si aprono / alla fede.
La luce / che brillò / nel cielo / d’oriente / molti secoli fa, / ripete il miracolo / di un rinnovato / incontro / tra l’uomo / e /Dio.
Buon Natale
Stefano Gentili
http://docs.google.com/View?id=df488bnb_30d8b6dxgt
giovedì 17 dicembre 2009
GLI SPAZI PUBBLICI IN DEMOCRAZIA, IL CROCIFISSO E I SIMBOLI RELIGIOSI
Riprendo l’infuocato argomento sulla presenza dei simboli religiosi - e, quindi, del crocifisso - nei luoghi pubblici di una democrazia, ad una certa distanza dalle più arroventate polemiche. Quando posso, faccio così.
E subito chiarisco che, secondo me, la cosa …dipende…da che dipende. Da che punto guardi il mondo tutto dipende….
Può apparire buffo che canticchi il ritornello di una canzone di Jarabe De Palo.
Ma a seconda della prospettiva dalla quale guardi l’argomento la risposta può anche diversificarsi. Magari, anche no. Ma è più probabile di si.
Allora, da quale prospettiva prenderlo.
A livello di fede? A livello di forma o di sostanza? A livello di tradizione storico-culturale? A livello di identità etnica? A livello di opportunità socio-politica? A livello di società democratica e pluralista?
Senza perdermi in troppi preamboli dico che la prospettiva utile da dibattere sia quella valida per tutti, quindi quella della società democratica e pluralista nella quale viviamo.
E, andando subito al sodo, mi appare evidente che nei luoghi pubblici di una società democratica - cioè in quegli spazi dello stato e degli altri enti o organismi pubblici dove, per esercitare diritti e doveri, le persone (o certe categorie di persone) debbono in talune circostanze obbligatoriamente recarsi (aule scolastiche, tribunali, uffici amministrativi, assemblee elettive, ecc.) – sarebbe bene che non vi fossero simboli religiosi, quindi che non vi fosse neppure il crocifisso cattolico.
Or vero, vi sarebbe un’altra possibilità.
Affinché il luogo pubblico sia luogo di tutti e non della maggioranza, quindi senza privilegi, né discriminazioni per nessuno (neppure di uno solo, poiché la democrazia liberale si giudica da come tutela le minoranze), vi sono due opzioni: o si rinuncia a qualsiasi simbolo o si ammettono tutti i simboli.
E’ dinanzi agli occhi che la presenza di una pluralità di simboli rischierebbe di sfiorare il ridicolo. Pensiamo ad una parete con affissi: un crocifisso (cattolico), una croce (protestante), una croce a tre braccia (ortodossa), una stella di Davide, una mezzaluna islamica, la ruota della legge buddhista, il tao taoista e del confucianesimo, il torii shiontoista, un triangolo massonico, un cartello dell’unione atei con scritto “Dio non c’è”. No comment.
La conclusione - la ripeto: sarebbe bene che nei luoghi pubblici non vi fossero simboli religiosi - mi appare così ragionevole da essere veramente elementare.
Non sono, però, così sprovveduto da non comprendere il coacervo di emozioni che la “questione crocifisso” evoca sia in chi lo ama che in chi non lo sopporta, in chi lo vuole difendere e in chi solo utilizzare, in chi lo tollera e in chi neppure lo nota.
E comprendo anche obiezioni di tipo identitario, di storia, di cultura.
Ma a queste obiezioni si può facilmente obiettare e rispondere che la non presenza del crocifisso cattolico negli spazi pubblici non attenta minimamente all’identità, alla storia e alla cultura del nostro Paese.
Che vede, peraltro, la presenza di crocifissi e di altra simbologia religiosa cattolica in vie e piazze delle nostre città, paesi, borgate, nelle nostre chiese, nelle opere d’arte, sulle cime dei monti, sui fondali dei mari.
Non penso sia il caso che mi dilunghi troppo in questo post.
Ma se si innesta un dibattito, magari serrato, sono disposto proseguire e, nel dialogare, a continuare a dire la mia su crocifisso e identità, crocifisso e fede, crocifisso e storia europea, crocifisso e storia italiana, crocifisso simbolo universale, ad analizzare le spassose e gravi parole del ricorso del governo italiano contro la nota richiesta della
Oppure a riprendere le profonde parole di Natalia Ginzburg e Miguel De Unamuno e confrontarle con le tante parole superficiali e odiose pronunciate i giorni successivi alla sentenza della Corte europea.
Anche perché, parlando di forma e di sostanza, per come la s’intende nel linguaggio comune, mi domando cosa avrebbe fatto l’ebreo Gesù inchiodato e affisso alle pareti delle scuole in virtù di regi decreti del 1924 e del 1928 quando, con le infami leggi razziali del 1938, dalle scuole furono scacciati gli ebrei e lui lo lasciarono lì?
Certamente se ne sarebbe andato.
Stefano Gentili
mercoledì 16 dicembre 2009
DOSSETTI: QUANTO RESTA DELLA NOTTE?
Ieri è stato l’anniversario della sua morte avvenuta il 15.12 1996 e nel caos di questi giorni è bene richiamare questa eminente figura che, tra il 1994 e il ‘95, quando Berlusconi annunciò all’Italia cosa aveva in mente dopo aver demolito la vecchia Repubblica, abbandonò l’esilio spirituale nelle montagne della Giordania.
Tornò a Bologna e raggranellò un gruppo di costituzionalisti con un discorso che sarà poi, drammaticamente confermato.
«Parlò di una ‘mitologia sostitutiva’ con la quale il liberismo della destra aveva aperto il conflitto costituzionale.
‘Mitologia sostituiva’ che tendeva a sostituire la sovranità popolare ‘col mito antidemocratico, anzi idolatrato, di un potere da conservare ad ogni costo e contro ogni ragione e interesse del paese’ mediante la sollecitazione di forme plebiscitarie per ‘ridurre il consenso del popolo sovrano all’applauso del popolo sovrano’.
Dossetti ricordava il senso della sovranità del popolo custodito dalla Costituzione, che si sarebbe voluto cambiare stravolgendo ‘la volontà popolare che ha, come normale espressione, la sua rappresentanza nelle assemblee del Parlamento, e normale garanzia le istituzioni che vegliano sulla Carta Magna: presidente della Repubblica e Corte costituzionale’.
Dossetti era così preoccupato da girare l’Italia a 81 anni per lanciare l’allarme.
Ogni sera la sua voce denunciava che ‘alla Costituzione ancora formalmente e sostanzialmente vigente si sono volute opporre ipotetiche norme di una mitica Costituzione ancora non scritta, del tutto immaginarie, sulla semplice base di deduzioni ricavate solamente dalla legge elettorale maggioritaria, deduzioni del tutto infondate e senza nessun precedente in qualunque ordinamento costituzionale’» (Maurizio Chierici)
Parole profetiche quelle di Dossetti rilette appena 13 anni dopo. Attualissime, vivissime.
E nel caos calmo (?) degli ultimi mesi, mi viene da riprendere la citazione del profeta Isaia (cap.21, 11-12) che proprio Dossetti utilizzò commemorando Giuseppe Lazzati il 18 maggio 1994:
«Mi gridano da Seir Sentinella, quanto resta della notte? Sentinella, quanto resta della notte?
La sentinella risponde: viene il mattino, e poi anche la notte; se volete domandare, domandate, convertitevi, venite!»
Quanto durerà ancora questa notte delle coscienze, dell’etica, della legalità, delle false parole, dell’arbitrio, dell’indifferenza.
Quanto durerà, sentinella?
Quanto ancora dobbiamo resistere?
La memoria ancora viva di Giuseppe Dossetti rappresenta un’àncora nel cammino resistenziale.
Stefano Gentili
venerdì 4 dicembre 2009
IL PARADOSSO TRA GASPARE (SPATUZZA) E PIETRO (DI BETSAIDA)
Lo rammento non per entrare nel merito delle questioni sollevate, sia pure nella loro apparente enormità.
Ne parlo perché Gaspare «u tignusu» (senza capelli), l’ex imbianchino di Brancaccio, l’assassino di don Pino Puglisi e del piccolo Giuseppe Di Matteo e di molti altri innocenti per conto della mafia è da qualche tempo entrato nell’occhio del ciclone vestendo i panni dell’ortodossia del pentimento: il desiderio di pagare le colpe attraverso un percorso di redenzione.
Spatuzza studia teologia, dal
Per l’appunto questa sera durante la recita del Vespro il salterio mi pone dinanzi una breve lettura dell’apostolo Pietro di Betsaida, pescatore a Cafarnao.
“Davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell'adempire la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi.” (
Anche Spatuzza e quelli che si sono macchiati di sangue innocente come lui?
Rimango trasecolato e lo dico.
Stefano Gentili
martedì 1 dicembre 2009
INIZIO DICEMBRE 2009 CON “IL MONDO DI SOFIA”
Prendo spunto dal recente rapporto annuale sui consumi mediatici dell'Istituto di studi sociali del Censis – il quale ci dice che volano i social network (hanno contagiato 19 milioni di italiani): Facebook, è noto al 61,6%, seguono Youtube (60,9%), Messenger (50,5%), Skype (37,6%) e Myspace (31,8%); sono stabili i cellulari, la diffusione di Internet segna un po' il passo, la lettura di libri e giornali regredisce di qualche punto percentuale – per…..consigliare la lettura di un libro.
Lo faccio anche perché secondo un sondaggio di non moltissimo tempo fa promosso dalla Mondadori tra gli italiani che non leggono è emerso che la maggior parte di costoro pensa che leggere un libro sia un’inutile perdita di tempo.
Il libro che propongo è stagionatello: edito in Italia nel 1994 dalla Longanesi (oggi alla XVII edizione), l’autore è JOSTEIN GAARDER, nato a Oslo nel 1952, il titolo è IL MONDO DI SOFIA. Romanzo sulla storia della FILOSOFIA.
Calma, calma…non arricciare subito il naso vedendo… filosofia.
Intanto perché tra le sofferenze del mondo c’è anche “la mancanza di pensiero”, poi….perché - almeno per me - inoltrarmi in questo testo è stata una piacevolissima ed esaltante avventura. L’ho vissuta nel gennaio 2007, costretto dentro una stanza.
Il Mondo di Sofia è un meraviglioso viaggio di intelletto e immaginazione che fa dare un'occhiata alla vita mediante gli occhi di un'adolescente. La protagonista del libro è Sofia Amundsen, una ragazza norvegese quindicenne che conduce una vita normale con la propria madre. Quando Sofia riceve due messaggi anonimi, è sconcertata: "Chi sei tu?" "E da che mondo provieni?"
La ragazza riceve poi dei pacchi di fogli di un corso di filosofia. E qui comincia la misteriosa avventura di Sofia.
Attraverso un misterioso modo di comunicare, Sofia diventa la studente di un filosofo anonimo, che continua a insegnarle la storia della filosofia.
Infatti, noi possiamo formulare la nostra visione della vita imparando dalle convinzioni di altre persone.
Impariamo che l’unica cosa di cui abbiamo bisogno per essere dei buoni filosofi è la capacità di farsi delle domande. Essere un filosofo è simile a guardare il mondo attraverso gli occhi di un bambino, non permettendo che il mondo si trasformi in un'abitudine.
Nonostante questo, non tutti diverranno dei filosofi. Molte persone sono così prese dalla loro vita che smettono di porsi delle domande. Il desiderio del filosofo per Sofia è che lei abbia una mente sempre pronta a chiedersi il perché delle cose. La filosofia stessa è creativa e viene presentata molto semplicemente. Sofia viene messa davanti a varie questioni filosofiche e metodi di ragionamento, per potersene creare uno proprio (abstract di Roberta V. ripreso da ‘Shvoong’).
Oltre a considerare i pensieri di Socrate, Platone, Aristotele, e i filosofi che li hanno preceduti, Alberto porta Sofia attraverso l’Ellenismo, al Cristianesimo, fino alla sua interazione con il pensiero Greco e al Medioevo. Parla inoltre del Rinascimento, del Barocco, dell’Illuminismo e del Romanticismo, e dei filosofi che hanno preso parte a questi periodi, come Cartesio, Spinosa, Locke, Hume, Berkley, Kant, Hegel, Kierkegaard, Marx, Darwin e Freud.
Naturalmente non mi metto a raccontare i momenti più magici e fantastici della storia. L’autore del libro è riuscito a inserire una vera e propria guida per principianti alla filosofia in una storia coinvolgente.
Ritengo sia un libro da non perdere.
Se fossi insegnate di filosofia, lo adotterei a scuola o, comunque, lo regalerei ai ragazzi.
A me è sembrato molto stimolante.
Ad inizio dicembre auguro a tutti i frequetantori del blog….. buona lettura.
Stefano Gentili