Si parla spesso di “valori non negoziabili” e lo si fa a proposito e a sproposito.
Nel secondo caso li si presenta come in un prontuario farmaceutico, dotati di foglietti illustrativi, li si vuole validi per tutti chiedendo provvedimenti di legge, li si usa strumentalmente per comprare silenzi o assensi.
Non nego – pur riconoscendo lo straordinario valore di molti di quelli che normalmente sono indicati nei vari elenchi che se ne fanno – di provare un certo fastidio tutte le volte che li incontro citati. Fastidio perché comprendo il fine che ha chi talvolta li cita, lo stile che adotta, il rispetto che nutre per chi la pensa in modo diverso e l’idea di democrazia che lo anima.
Inoltre, debbo confessare di aver compreso male la fede che mi è stata donata.
Io ho sempre creduto, alla luce di questa, che i veri valori non negoziabili fossero quelli indicati da Matteo al capitolo 5 del suo Vangelo (vv. 3-12):
“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”.
O no.
Stefano Gentili
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