giovedì 8 ottobre 2009

IL LODO ANGELINO

Pensare che con Angelino Alfano facevamo parte di quel gruppo di persone che dietro iniziativa di Lapo Pistelli animavano una rivista di approfondimento del Centro Toscano di Documentazione Politica di Firenze: Centocittà.
Vedi un po’ la vita…
Ma non è di questo che voglio parlare.
Desidero solo mettere un post sulla pronuncia della Corte Costituzionale di ieri pomeriggio.
Mi avvalgo di un equilibrato articolo di Giovanni Bianconi pubblicato questa mattina sul Corriere della Sera dal titolo: Il no dei 5 giudici nominati dal Quirinale.
A me è piaciuto per la sua tranquilla chiarezza e quindi mi permetto di veicolarlo.

“È arrivata la decisione che s’intravedeva già prima della discussione e della camera di consiglio. Nelle ultime settimane i giudici costituzionali avevano studiato e cominciato ad affrontare tra loro il nodo del Lodo Alfano, sciogliendolo (a maggioranza) con l’idea di rispedire al mittente una legge illegittima.
L’altro ieri hanno ascoltato gli avvocati, tutti schierati a difesa della norma bloc­ca-processi per le più alte cariche dello Stato, ma senza cambiare idea. Anzi. Qualche accen­no nelle arringhe ha convinto almeno un pa­io di indecisi a dire che proprio no, un Lodo così fatto e così scritto non andava bene.
Qualcuno nella minoranza di chi voleva salvare la norma, almeno nella parte che so­spendeva il processo milanese a carico di Sil­vio Berlusconi per la presunta corruzione del­l’avvocato Mills, ha provato a proporre le co­siddette «soluzioni intermedie»: sancire l’in­costituzionalità ma sanandola con una sen­tenza che lasciasse intatta la parte che più in­teressava il governo e la maggioranza che lo sostiene. Non ce l’ha fatta, e nemmeno ha in­sistito più di tanto. Ha capito in fretta, dopo la decisa introduzione del relatore Gallo, che le sue argomentazioni erano troppo deboli ri­spetto al «macigno» già individuato dalla maggioranza dei giudici: una legge illegitti­ma due volte, nella forma e nella sostanza. Perché doveva essere costituzionale e non or­dinaria; e perché il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge è uno di quei capisaldi che per essere intaccato ha bisogno di tali giustificazioni, filtri e controfiltri (co­m’era ad esempio la vecchia immunità parla­mentare abrogata nel ’93) che forse il Lodo Alfano non sarebbe andato bene nemmeno nella veste di una riforma della Costituzione. Ovviamente bisognerà attendere le moti­vazioni della sentenza, ma ieri sera era que­sta la più accreditata interpretazione della de­cisione della Corte.

Le voci che filtrano dalla riservatezza che avvolge il palazzo della Con­sulta parlano di una votazione finita 9 a 6 in favore della bocciatura, ma qualcuno ipotiz­za un scarto addirittura maggiore, 10 a 5 o anche di più. Circolano liste di nomi coi voti espressi, verosimili ma senza certezze. Nel­l’elenco di chi avrebbe voluto mantenere in vita la legge ci sono i tre giudici votati dal Parlamento e indicati dal centrodestra (Fri­go, Mazzella e Napolitano) più due o tre elet­ti dalle alte magistrature. Tutti gli altri si so­no detti contrari (compresi i cinque nomina­ti dal capo dello Stato e il presidente della Corte Amirante, che nel 2004 aveva steso le motivazioni della bocciatura del Lodo Schifa­ni), al termine di una camera di consiglio dai toni rimasti sempre pacati e tutto sommato sereni. Anche da parte di chi vedeva profilar­si la sconfitta e ha tentato di scongiurarla confidando sui desideri istituzionali di una soluzione meno traumatica.

Nemmeno l’argomento che ancora ieri se­ra veniva sbandierato dai parlamentari del centrodestra (la sentenza sul Lodo Schifani non aveva detto che serviva una legge costi­tuzionale) ha fatto breccia tra i giudici. Che in grande maggioranza, 11 su 15, non faceva­no parte del collegio del 2004. Però sanno leg­gere le motivazioni dei giuristi; è vero che nel precedente verdetto è scritto che il vec­chio Lodo era illegittimo «in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione», senza men­zionare il 138 che regola le riforme della Car­ta, ma subito dopo c’era un’aggiunta: «Resta assorbito ogni altro profilo di illegittimità co­stituzionale ». Il che può significare che una volta individuate le due violazioni citate pote­vano essercene anche altre, ma si decise di non entrare nel merito. Perché considerate «assorbite», appunto, dalla prima bocciatu­ra.

Questa dunque la sintesi della discussione di palazzo della Consulta, per come s’è svolta sul piano tecnico e giuridico. Però tutti i giu­dici erano consapevoli che la loro decisione avrebbe avuto anche significati ed effetti poli­tici, e quindi può esserci una lettura anche «politica» della sentenza. C’è chi pensa, ad esempio, che con questo verdetto la maggio­ranza degli inquilini della Consulta ha voluto rivendicare la propria autonomia rispetto a qualunque pressione o tentativo di influenza­re le proprie decisioni; dai più felpati ai più espliciti, come la drammatizzazione dell’atte­sa nei palazzi della politica, gonfiata dalle di­chiarazioni sempre più allarmate accavallate­si fino a pochi minuti prima della sentenza.
La Corte ha fatto vedere di essere imperme­abile a tutto ciò, e ha fatto sapere che se si vogliono riformare la Costituzione e i suoi principi fondamentali bisogna farlo con chia­rezza e con le procedure previste, non attra­verso qualche scorciatoia. È come se le argo­mentazioni usate nell’udienza pubblica dai difensori di Berlusconi su una Costituzione materiale ormai diversa da quella scritta — quando l’avvocato Pecorella ha evocato un capo del governo eletto direttamente dal po­polo; o quando l’avvocato Ghedini ha soste­nuto che la legge è uguale per tutti ma la sua applicazione no — avessero svelato un tenta­tivo di cambiare le regole (o darle per cambia­te) senza rispettare le procedure. Disegnan­do una situazione di fatto diversa da quella scritta nelle leggi, e prima ancora nella Costi­tuzione.
Così non è e non può essere, hanno stabilito i giudici della Consulta.
Certamente alcune immunità o protezioni dai processi penali si possono prevedere e stabilire, ma as­sumendosi la responsabilità di farlo con gli strumenti adeguati. Che non a caso prevedo­no l’ipotesi del referendum confermativo. Passando da quella porta la riforma è pratica­bile, altrimenti no. Anche quando le esigenze della politica fossero diverse”.

A me sembra tutto molto chiaro.
Stefano Gentili

2 commenti:

Unknown ha detto...

Grazie delle info...
ora è ancora più chiaro quante cazzate dice!
La questione delle incostituzionalità assorbite del lodo Schifani ha tolto a chi ancora difende il lodo Alfano, l'ultimo appiglio...e la cosa adesso è ben diversa, quantomeno ai miei occhi.
Ora però credo che sia l'ora di smetterla con frasi offensive nei confronti dei Napolitano, la Consulta o la Bindi che sia.
Perché non c'è mai nessuno in diretta che lo manda in culo?

A presto
Gio

Anonimo ha detto...

Finalmente qualcosa che funziona in Italia: La Corte Costituzionale, anzi dimenticavo, "i comunisti" della Corte. E' mai possibile che chi non dimostra di essere un "suddito" di Berlusconi sia "comunista", "stupido", "coglione", ecc.? Questi atteggiamenti arroganti che vengono giustificati da essere stato eletto dalla maggioranza degli italiani (comunque meno del 50%)non possono essere più tollerati. Come dice Franceschini, che invito a votare il 25 ottobre p.v., deve smettere di sentirsi il "padrone" della "azienda" Italia. Fino ad adesso siamo ancora liberi di esprimere le nostre idee, mantenere questa libertà dipende anche dall'impegno di ognuno di noi nel non "piegarsi al vento che tira". Perciò "Resistere, resistere, ...resistere.
Saluti da Roberto