Secondo la testimonianza contenuta nei diari del suo segretario, Benito Mussolini soleva affermare: “Io sono cattolico e anticristiano”.
Probabilmente voleva dire che si richiamava ad alcuni elementi della cultura cattolica del popolo italiano, semplificati nel trittico, ‘Dio, Patria e famiglia’, ma che ripudiava l’essenza del cristianesimo, fatta di perdono, amore dei nemici, forza della croce, mitezza, fedeltà, accoglienza e via dicendo; insomma lo spirito delle beatitudini.
Anche nel nostro Paese, ma pure negli Stati Uniti, in Spagna e altrove, si tende, da parte di una fetta delle gerarchie cattoliche e dei cattoliconi, osannare “chi sembra loro alleato nella difesa di valori in cui non crede o da chi urla battagliero valori che sono centrali nel Vangelo, mentre in realtà smentisce ogni giorno con la propria vita quel che afferma”.
Non si tratta naturalmente di ostracizzare la ricerca di convergenze e la volontà di dialogo con tutti coloro che sono seriamente disponibili. Anzi quando si muove in questa direzione va solo incoraggiato.
E neppure di tappare la bocca a chi vuole urlare "le grandi cose che il Signore ha fatto per noi" (Salmo 125).
Si tratta invece di non farci prendere per i fondelli e di chiedere quel minimo di coerenza tra le varie affermazioni che si fanno e tra queste e i comportamenti che si hanno, pubblici e privati.
“Come si fa ad accettare che qualcuno definisca l’ascolto e l’accoglienza parole famigerate e poi parli come cristiano in difesa della famiglia, per essenza luogo di accoglienza e di ascolto?” (Enzo Bianchi).
Come si fa ad accettare che qualcuno faccia mercimonio di giovani ragazze e poi parli ai cristiani dei valori della famiglia, per essenza spazio della fedeltà e del rispetto reciproco?
Come si fa?
Stefano Gentili
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