Il pluralismo e la democrazia nell’informazione ci preoccupavano molto, come il futuro del cattolicesimo democratico. Ci chiedemmo onestamente se avevamo ragione noi oppure i vari Socci, Fontolan, Il Sabato, che denunciavano una corrosione protestante del cattolicesimo politico
L’anno
successivo, insieme agli amici della prima ora, redigemmo per la SFISP una batteria d’incontri (da tenere tra metà
’91 e metà ’92), per i quali predisponemmo anche delle dispense di
approfondimento. Scegliemmo temi che allora ci sembravano attuali, innovativi o
comunque stimolanti.
• Partecipazione popolare e diritti dei cittadini negli statuti delle
autonomie locali (a
seguito della riforma delle autonomie locali prodotta dalla legge 142 del
1990).
• Quali riforme per sbloccare la democrazia. Il nodo della riforma elettorale
(era il tempo di Mariotto Segni, della sua idea di introdurre in Italia la
legge elettorale maggioritaria al posto della proporzionale e del travolgente
referendum del 1991 sulla preferenza unica).
• Pluralismo e democrazia nell’informazione. Il 6 agosto del 1990 era stata
approvata la cosiddetta legge Mammì, legge detta polaroid, che seguiva un
periodo nel quale si era costituito una sorta di monopolio della televisione
privata da parte della Fininvest, al di fuori della legge, cioè contro il
divieto di interconnessione, che aveva portato ai famosi tre decreti Berlusconi
firmati da Craxi tra il 1984 e il 1985, finalizzati a contrastare gli
interventi della magistratura tesi ad impedirne la diffusione su scala nazionale.
• Le grandi sfide etiche del nostro tempo (dalla sfida ecologica a quella
bioetica allo sviluppo solidale erano questioni che ci apparivano allora come
tremendamente attuali).
• Il futuro del cattolicesimo democratico. La Dc era in decomposizione, tra i
gruppi cattolici c’era Comunione e Liberazione e il suo braccio finanziario e
operativo della Compagnia delle opere, che si muoveva come una vera e propria
lobby, una rete ramificata che si sviluppava al nord e al sud e giungeva ai
banchi del Parlamento e del governo, tutta stretta attorno al proprio Parsifal,
Roberto Formigoni. Erano interessanti e ottenevano molto successo (e vi ricordo
alcuni cari amici), ma erano caratterizzati da una visione chiusa,
autosufficiente, protesa a fronteggiare il mondo. Non erano i soli; i movimenti
di quel periodo lo erano praticamente tutti.
Insistendo marcatamente sull’identità e sulla purezza della propria
esperienza, fornivano ai propri adepti il fuoco sacro dell’appartenenza e
l’ardore missionario della conquista. Ma potevano rappresentare qualcosa di
utile per il futuro del cattolicesimo politico?
Noi, l’Azione Cattolica, e quelli che si richiamavano al cattolicesimo
democratico sembravamo più tiepidi (ma dentro ardeva il fuoco): parlavamo di
scelta religiosa, di cordiale dialogo col mondo, di apertura alle ragioni
altrui per provare a trovare sintesi ulteriori.
Di fronte a tutte queste opzioni – laicamente – ci
ponemmo il quesito se, quel tipo di
cattolicesimo che ci aveva catturati, fosse ancora attuale e potesse dire
parole, magari miti, che sapevano di futuro. Oppure avessero ragione Socci,
Fontolan, Il Sabato, L’Avvenire di Gian Guido Folloni, che denunciavano una corrosione protestante del cattolicesimo
politico provocata da quei “cattolici
intellettuali – fra i discendenti del gruppo di Cronache Sociali – che dal 1974
va sotto la definizione cattolici democratici”.
Per trattare gli argomenti previsti pensammo, ancora una volta, a persone
particolarmente qualificate. Per il primo argomento invitammo Giovanni Moro,
segretario generale di Cittadinanza Attiva. Per il secondo tentammo di
contattare Rosy Bindi. Per il tema sull’informazione invitammo Roberto
Zaccaria, docente universitario di diritto costituzionale e diritto
dell’informazione. Per le grandi sfide etiche avevamo pensato ad un referente
della Caritas Italiana. Per il quinto tema invitammo il giornalista Paolo
Giuntella, fondatore della Rosa Bianca, associazione cattolica il cui nome si
ispirava a quello di giovani cattolici e protestanti oppositori del nazismo.
Giovanni Moro non si rese disponibile, Rosy Bindi fu difficile
contattarla e con la Caritas non quagliammo. Riuscimmo a traghettare Roberto Zaccaria e Paolo Giuntella.
Il primo partecipò all’iniziativa che
si tenne a Pitigliano nella Sala Petruccioli, sul pluralismo e la democrazia nell’informazione, e fu seguita da circa
una cinquantina di persone. Interessante anche se piuttosto tecnico.
Paolo Giuntella (che avevamo incontrato più volte ai convegni estivi di
Brentonico) venne con una parte della sua famiglia e la sua familiare a
Scansano. Era un poeta ma la sua analisi fu molto precisa. Era anche radicale,
nel senso di chi va alla radice dei problemi e delle soluzioni, per questo
sembrava un po’ utopico. A noi piacque molto. Se non ricordo male, sul futuro del cattolicesimo democratico si
dimostrò abbastanza perplesso. L’incontro si concluse con una escursione
cibaria da Maria alla Capitana di Montiano. Ottimo pomeriggio!
Paolo Giuntella |
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