La sconfitta contro Felice Matrisciano e i vecchi leoni. Con Martinazzoli per la Costituente. Il nuovo è: tornare alle radici, il partito dei cittadini, eliminare le strutture di peccato, puntare sui valori. Il nuovo sono le persone nuove: né lifting, né silicone. Il malinteso Gentili-Corsi
A rileggere oggi le mie posizioni di quel periodo (comuni con altri
amici) debbo riconoscere che esse erano effettivamente forti; non so se integraliste,
io le definivo intransigenti. Sicuramente prestavano il fianco ad essere
ritenute presuntuose, irrispettose, totalitarie. Non era certo questo l’intento
che le muoveva; v’era però l’avvertita coscienza della gravità del momento, che
richiedeva interventi extra-ordinari.
Questa sensazione avevo tentato di farla percepire negli incontri di
base, nell’assemblea degli eletti il 15 maggio e in quella dei delegati
sezionali del giorno successivo. Per introdurre quanto intendevo dire non usavo
sempre le stesse parole e, tra i miei appunti, ho ritrovato lo schema di quello
che dissi il pomeriggio del 15 maggio all’assemblea degli eletti. Quando l’ho
letto, mi è preso un colpo. Avevo fatto un esempio, forse efficace, che mai
avrei immaginato potesse corrispondere in alcuni tratti a quello che invece
sarebbe capitato a me (fisicamente) 10 anni dopo.
Ecco lo schema di quanto dissi.
“Immaginiamo un
organismo claudicante e ferito per le bastonate ricevute (elettorali e
tangenziali); colpito da carenza immunitaria sia per le infezioni contratte (la
mala politica) che per l’incapacità del midollo osseo di produrre le necessarie
difese; che perde un organo che si aggrega ad un altro organismo (Etica 2000);
che introduce al proprio interno un mezzo organo proveniente da un altro
organismo, quindi incompatibile (candidatura a sindaco di Grosseto di Fausto
Giunta); trapianto che provoca il rigetto in tutte le parti sane dell’organismo
e conduce alla perdita di un altro organo (Testimonianza per la città) che
tenta di vivere in modo autonomo; che tenta una disperata trasfusione di sangue
buono (alcuni amici presenti nella lista ufficiale della DC) ma che l’organismo
non è in grado di assorbire in modo salutare, tanto è debilitato; che è sul
punto di perdere altri organi (noi) se non si rigenera e si trasforma in modo
reale e radicale, nel rispetto del proprio DNA. E domandiamoci che organismo è
quello che non è più in grado di condurre a unità le spinte vitali delle sue
diverse parti; che non è più capace di prendere la materia dall’ambiente
circostante (mondo cattolico, mondi vitali…) per metabolizzarla e utilizzarla
per crescere e svilupparsi. Diciamo la verità: non rientra più nella categoria
dei viventi.
È un morto che cammina”.
Ma… lasciamo stare i miei brividi personali
e torniamo alla questione.
A supporto della mia candidatura presentai un documento oggi
rintracciabile sul mio blog
http://stefanogentili.blogspot.com/2015/03/documentopolitico-presentato-ai.html
L’indice di quell’intervento era il seguente:
1 La fine di un’intera stagione politica; 2 La missione compiuta della DC
e il tramonto della sua forma partito; 3 La crisi della forma partito in
genere; 4 La delicatezza di una fase di passaggio; 5 Tre grandi sfide per i
democratici e i cattolici democratici; 6 Con Martinazzoli per la Costituente; 7
Il nuovo sono le persone nuove: né lifting, né silicone; 8 Il nuovo è tornare
alle radici: la fontana del villaggio; 9 Il nuovo è il partito dei cittadini:
dall’istituzione all’associazione; 10 Il nuovo è eliminare le strutture di
peccato: la rimozione dei detriti; 11 Il nuovo è la costruzione di un nuovo
Partito Popolare: per una via italiana all’Europa; 12 Il nuovo è un’aggregazione
ricca di umanesimo integrale: i valori nelle condizioni umane.
Chiudevo il 13° e ultimo capitolo, intitolato Chi sa
se il gran naviglio…, con le parole di Antonio Rosmini: “chi sa se approssimi oggimai un tempo in cui il gran naviglio sciolga
nuovamente dalle sue rive, e spieghi le vele nell’alto, alla scoperta di
qualche nuovo, e fors’anco più vasto continente!”.
La speranza era proprio quella ed era forte, anche se sapevo che vincere
quella battaglia era quasi impossibile. Ma, hai visto mai.
Fatto sta che le votazioni sezionali, i cui risultati convogliarono
nell’assemblea del 16 maggio, unite a quelle degli eletti, decretarono la
vittoria di Matrisciano con il 59% dei voti congressuali. Insomma, le
chiacchiere anche in quel caso stavano a zero.
Nel congresso del 1990 mi ero ritirato dopo aver sfidato Andrei, nel 1993
persi contro Matrisciano: due volte sul ring, due volte battuto ai punti. Altre
possibilità non ve n’erano. Non so se per consolazione, Mauro Schiano teorizzò “il bello della sconfitta”. Mauro era
intelligente, ma disse una fesseria politica. Non una fesseria etica, anzi. Dal
punto di vista etico è bello lottare e magari perdere, per le cose in cui credi
o che ritieni essere al servizio del bene comune. Ma non in politica, perché se
perdi non conti nulla e di sconfitta in sconfitta c'è il pericolo di entrare
nel tunnel della mentalità minoritaria, dalla quale poi rischi di non liberarti
più. E non serve a fare le cose belle in cui credi.
In verità, considerando che dalla mia avevo solo la parola e l’amicizia,
non presi proprio pochi voti: ottenni il 41% su base provinciale che saliva al
47,3% senza il dato del comune capoluogo, per me inaccessibile. Presi più
consensi di Matrisciano a Campagnatico, Castedelpiano, Castell’Azzara, Civitella
Paganico, Gavorrano, Massa Marittima, Monte Argentario, Orbetello, Roccastrada,
Scansano, Sorano, Roccalbegna. A Castiglione della Pescaia gli stessi voti.
Persi grandemente a Grosseto, con una bella distanza anche ad Arcidosso,
Cinigiano, Follonica; negli altri comuni persi di pochissimi delegati. A
Pitigliano non riuscii neppure questa volta ad avere la meglio (voti
congressuali per Matrisciano 292, per me 262). La differenza la fece un socio o
forse due. Evidentemente in patria profeta non ero.
Il percorso di quel Congresso diviso in due parti, si concluse con
l’assise di Marina di Grosseto il 27 giugno, dove i rapporti tra noi e gli
altri non migliorarono. Anzi, per dirla con l’articolista de La Nazione, P.F.
De Robertis, “dopo un lungo, teso,
accanito dibattito e una lacerante votazione, la ferita si è approfondita e le
due anime della democrazia cristiana vivono ora più che mai separate in casa”.
Io non ricordo cosa dissi nel mio intervento, ma ci pensarono gli altri amici
della lista “ad attaccare la dirigenza
vecchia e nuova della Democrazia Cristiana” (La Nazione, 28 giugno 1993).
La lista di Matrisciano elesse nel comitato provinciale tutti e 27 i
candidati; noi conquistammo 9 posti.
L’articolo de Il Tirreno del 28 giugno commise un
errore di non poco conto, perché dichiarò che la nostra lista faceva
riferimento a Gentili e Corsi. Non era
affatto vero, perché Corsi con noi non c’entrava nulla. E lo consideravamo
parte di ciò che andava rottamato (anche se non usavamo questo termine). Ammetto
di aver pensato che quell’innaturale accoppiata non fu un ingenuo errore, ma
una porcatella. Sia come sia, quell’articolo provocò diversi malumori in alcuni
amici (o presunti tali). Conservo ancora una lettera dell’allora giovane
Riccardo Dominici di San Quirico, che avevamo fatto eleggere insieme a Luigi
Fanciulli delegato al congresso regionale, il quale si rivolgeva a me nel
seguente modo: “Ho appreso stamane
leggendo il giornale Il Tirreno che la lista ‘Dentro, contro, oltre per il
nuovo partito popolare’ che io e gli altri amici di Sorano abbiamo
gratuitamente appoggiato, convinti delle istanze innovative da essa portate
avanti, oltre che a te faceva capo anche, alla faccia del rinnovamento e in
ossequio alla vecchia maniera, all’on. Hubert Corsi, esempio emblematico, anche
se persona onesta e capace, di quei soggetti contro i quali tu stesso hai da
tempo proposto, intenzione ribadita anche domenica scorsa, l’ostracismo dalle
cariche e dall’influenza sul partito senza compromessi o transigenze di sorta.
Dopo aver amaramente appurato che neppure tu sei in grado di sganciarti del
tutto da certe logiche e di garantire il nuovo di cui il partito ha bisogno,
per sopravvivere o per addivenire dignitosamente alla Costituente, ti
comunico…ecc. ecc.”.
La cosa provocò in me molta amarezza, perché era falsa, e naturalmente
spiegai a Riccardo che non era come detto da Il Tirreno, ma ottenni scarsi
risultati.
Ho voluto riportare quella lettera per dire come allora fosse facile lasciare intendere anche cose non vere. Bastava
farle veicolare attraverso gli unici due quotidiani del tempo. Per il resto non
c’era nulla che potesse consentire una comunicazione diretta con le persone: il
linguaggio HTML aveva fatto capolino nel 1990, il CERN aveva annunciato la
nascita del World Wide Web nel 1991, la rete delle reti non sapevamo neppure
cosa fosse. Pertanto, per la comunicazione con l’esterno eravamo in balia di
chi controllava i due giornali provinciali.
Con pochi mezzi, contro i giganti delle tessere e con nessuna possibilità
di interagire in tempo reale con la nostra base, per argomentare il senso di
quelle nostre prese di posizione radicali – che, se non spiegate, avevano tutte
le caratteristiche per non essere comprese ed accettate dalla nostra gente, più
propensa a ragionamenti unitari che a quelli che dividevano – i risultati di
quel periodo andarono effettivamente al di là di ogni aspettativa.
Se fosse stata l’epoca odierna con gli attuali strumenti comunicativi a disposizione, avremmo fatto cappotto. O no.
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