martedì 25 maggio 2021

POST 33 – LA NASCITA DEL NOSTRO POLO E L’APPRODO FINALE DEL “GENTILIPENSIERO”

L’ultimissima carta: il Polo della Democrazia e della Solidarietà con quaranta amici. L’intervista a Toscana Oggi-Confronto dell’8 gennaio 1995 e l’incontro di Capalbio del 3 marzo 1995, segnalavano l’approdo finale della mia visione politica.

Le elezioni del marzo 1994 con la discesa in campo di Berlusconi, il fascino dell’imprenditore di successo che prometteva di farla finita con la vecchia e detestata politica partitica, la sua spregiudicata politica delle alleanze, la sciagurata macchina da guerra di Occhetto, la testarda posizione degli ex-DC, rappresentarono la devastazione dell’assetto politico che aveva retto l’Italia dal dopoguerra.

Naturalmente anche io non avevo previsto il fenomeno Berlusconi e ritenevo che si potesse costruire, in un PPI rinnovato, l’alternativa popolare al campo socialista, realizzando così la terza fase morotea.

Anche se, sul fronte provinciale, sin dal congresso DC del 1990, avevo parlato della necessità dell’incontro tra la tradizione democratico-cristiana e quella comunista. Chi vuol rileggersi quel mio intervento troverà, nel paragrafo titolato Una particolare attenzione alla costituente proposta dal PCI, i seguenti passaggi: “Dobbiamo operare, rispettosi del travaglio che moltissimi comunisti stanno vivendo, perché nella nuova forza che si andrà costituendo non prevalgano le suggestioni radical-libertarie e populiste, ma prenda il sopravvento quello che chiamerei lo spirito di Godesberg basato sull’etica cristiana, sull’umanesimo. Perché giunga a superamento la pretesa di avere una risposta ideologica a tutto, come pure venga superato definitivamente il concetto di egemonia affidato ad una classe, ad un partito, ad un’ideologia che voleva rappresentare la chiave per aprire le porte della storia. Consentire la riuscita di questo processo vorrebbe dire non avere più timore della conclamata alternativa, che è l’igiene della democrazia; e significherebbe favorire una competizione alta tra il riformismo forte di sinistra e quello altrettanto radicale ed equilibrato dei democratici cristiani. Ma dovrebbe anche favorire, secondo questo nuovo contesto, collaborazione e accordi ai vari livelli con la cosa che uscirà dalla costituente, sempre però giustificati dalla politica alta e popolare e non da brutali questioni di potere”.

Vedevo quello storico incontro da attuare sul territorio (comuni, provincia, regione) come un’autentica opportunità di rinnovamento perché in quei campi era cresciuta l’erba della buona politica, purtroppo ancora insieme a troppa gramigna. Pensavo, comunque, che il contesto esterno di indignazione, pulizia, moralità, rinnovamento radicale, avrebbe potuto favorire l’erba buona. Il sogno era quello di prendere i ciuffi buoni dei due campi e seminarli nell’orto della rinascita.

 

In attesa che qualcosa maturasse, tra l’incudine della diaspora politica e il martello del tritello elettorale, insieme ad alcuni dei soliti amici e qualche new entry, tentammo un’ultimissima carta proprio per la provincia di Grosseto. L’8 dicembre 1994 comunicammo LA NASCITA DEL POLO DELLA DEMOCRAZIA E DELLA SOLIDARIETÀ, sottoscritto da 40 cattolici della provincia: Baccetti Alessandro, Biagioli Claudio, Bonelli Massimiliano, Bruscoli Mario, Buggiani Cecilia, Caoduro Bruno, Capone Claudio, Ceccarelli Alberto, Cesarini Adriano, De Concilis Mario, Di Paola Carlo, Furzi Adalgiso, Galli Virgilio, Gentili Stefano, Ginanneschi Luca, Giulietti Paolo, Luti Paolo, Manini Loriano, Mecheroni Bista, Merli Giampaolo, Messina Ombretta, Migliorini Silvia, Moretti Agnese, Nardi Luciano, Nardi Simone, Orsini Francesco, Patti Adelina, Piccolotti Bruno, Pistis Rosalba, Renzi Stefano, Romani Maurizio, Romualdi Bulfardo, Saccardi Mario, Schiano Mauro, Valsecchi Pier Luigi, Vergnory Susanna, Vescera Matteo, Vignoli Paolo, Vistoli Fabio.

Ritenevamo che fosse giunto il momento “di operare per la nascita, anche nella nostra provincia, di un grande movimento, non rigidamente precostituito, ma capace di coinvolgere quanti nella società civile si riconoscono nei citati valori della democrazia e della solidarietà e di abbracciare chi, nell’ambito delle aree culturali e socio-politiche tradizionalmente sensibili a tali valori, è alla sincera ricerca di momenti aggregativi nuovi e capaci di dare una risposta concreta ai molteplici problemi delle gente”. E ci dichiaravamo disponibili a cimentarsi anche nei successivi passaggi elettorali, qualora vi fossero stati “evidenti segnali innovativi nelle persone, nei metodi e nei programmi”.

 

L’8 gennaio 1995, in una intervista a Toscana Oggi Confronto, ribadii i concetti coralmente espressi nel documento di nascita del Polo, che fanno propendere definitivamente il mio pensiero politico sul fronte dell’alternanza tra due schieramenti, con noi schierati sul fronte alternativo al centro-destra organizzato da Berlusconi. Ubicazione opposta a quella che teoricamente avevo immaginato, ma in linea – come detto – con quello che avevo da tempo auspicato almeno per la provincia di Grosseto.

Anche in questo caso ripropongo l’intervista curata sempre dal direttore, Mariano Landini.

“L’anno da poco tramontato, tra le altre cose, ci fa intravedere, nelle nostre zone, i bagliori di un nuovo movimento politico e culturale di ispirazione cristiana che si prefigge l’ambizioso obiettivo di costruire un Polo della democrazia e della solidarietà nella provincia di Grosseto. Il manifesto fondativo è stato sottoscritto da 40 cattolici della provincia. Per comprendere meglio il senso dell’iniziativa abbiamo rivolto alcune domande ad uno dei fondatori, Stefano Gentili.

D. Partiamo dal generale. Quella che abbiamo dinanzi agli occhi è la disfatta della presenza cattolica nella politica italiana?

Assolutamente no; a patto che si comprenda – e si operi per far comprendere – la necessità di fare i conti con il nuovo sistema politico inaugurato dalla riforma elettorale. Non risponde al vero l’opinione che i cattolici italiani non hanno più casa: sono, anzi, spinti ad averne due, sui due versanti dello schieramento politico. Sarà lì che, fedeli ai valori di sempre, dovranno contribuire, da posizioni diverse, alla costruzione della casa di tutti.

D. Andiamo al particolare. Quale è il senso della vostra iniziativa politica?

Anche noi stiamo cercando di lavorare per mantenere attiva la presenza dei cattolici in provincia. Nella nuova democrazia dell’alternanza, chi ha la nostra biografia sente più congeniale lavorare per la costruzione di un moderno polo riformatore, senza con questo giudicare negativamente quei cattolici che si ritroveranno legittimamente nell’altro polo.

Quello che mi sembra pericoloso è invece perseguire l’illusione di un nuovo partito centrale. Illusione perché il partito del centro nel maggioritario non esiste; pericolosa perché mentre ci si avventura nella ricerca di qualcosa che non c’è, altri organizzano i poli prima e senza di noi. Cosa, che in parte è già avvenuta.

D. Un partito d’ispirazione cristiana, allora non ha più senso?

Intanto di forze che esplicitamente dichiarano di ispirarsi ai valori cristiani ne vedo almeno tre: i Cristiano-sociali, il PPI, e il Centro Cristiano Democratico (il CDU non era ancora nato).

E, paradossalmente, l’anomalia è rappresentata dall’attuale PPI. Perché non vuol scegliere e perché è minato da insanabili contraddizioni interne che non fanno pronosticare una lunga vita: non è possibile, infatti, che la simpatia di alcuni per la concezione liberista di Forza Italia possa stare insieme alla visione nettamente solidaristica degli altri. L’ispirazione cristiana può quindi ormai concretizzarsi in forme politiche differenziate e tutte legittime (se coerenti con la matrice). Quello che ha mosso la nostra iniziativa è stata la volontà di tenere alto il vessillo del popolarismo di ispirazione cristiana che ha senso se agisce da coscienza critica, se è animato da coraggioso riformismo e opera scelte di progresso e se si propone di veicolare il centro della società civile (questo sì esistente e determinante) sino a farlo diventare forza trainante del Polo della democrazia e della solidarietà.

D. Ma in una provincia come la nostra non rischiate di diventare un semplice cespuglio sotto la Quercia?

E perché mai? Quando diciamo di voler costruire il Polo della democrazia e della solidarietà con i Progressisti non vogliamo dire che si debbono accettare alcune mitologie della sinistra tradizionale, né teorie etiche permissive. Anzi, chiediamo proprio ai Progressisti di europeizzarsi. Il progressismo da qualche anno in Europa si sta rimodellando su proposte politiche che, come quella di Delors, mettono insieme le spinte del riformismo di ispirazione religiosa insieme alle eredità positive del liberalismo e dell’apertura sociale. Scegliere di costruire il Polo della democrazia e della solidarietà non vuol dire, allora, indossare casacche diverse, ma riproporre, in un mutato sistema politico, quello che, ad esempio, da tempo propone il cattolico Gorrieri sulle politiche sociali.

D. Come è possibile quello che dici?

Superando quelli che sono i mali della politica nostrana: l’eccesso di provincialismo, la scarsa cultura politica, l’attaccamento e la fame di potere.

D. Cosa temi da parte progressista?

Che non si colga la rilevanza culturale dell’iniziativa e si ragioni solo secondo logiche di schieramento e di potere.

D. Cosa temi da parte dei cattolici della provincia?

Che continuino ad ignorare, con tutta tranquillità, l’ingiustizia esistente e che si pensino di centro tra la giustizia e l’ingiustizia. Che non si schierino dalla parte dei poveri e dei deboli, ma cerchino un’inesistente terza via tra ricchi e poveri, tra interessi forti e interessi deboli, tra il pianto del Sud del mondo e l’opulenza del Nord. Che siano ammaliati – in nome di un becero anticomunismo – dalle americanate di Berlusconi che scopre le povertà nazionali girovagando il Paese, commosso (sic!), con l’elicottero e le scarpe da tennis”.

 

Questo è dunque il “Gentili-pensiero” (come lo battezzerà ironicamente in seguito Enzo Rossi) della fase politica precedente a quella amministrativa provinciale, che troverà il suo approdo il 3 marzo 1995 a Borgo Carige, dove alcuni vecchi amici, tra cui il carissimo Luigi Corazzini, mi invitarono a fare “Quattro chiacchiere sulla situazione politica italiana”. Il testo di quell’intervento è ancora una volta rintracciabile sul mio Blog: http://stefanogentili.blogspot.com/2015/03/quattrochiacchiere-sullasituazione.html 

 

Lo conclusi con una famosa frase di Aldo Moro: “Questo paese non si salverà e la stagione dei diritti si rivelerà effimera, se non nascerà in Italia un nuovo senso del dovere”.

Ne ero proprio convinto.


Gennaio 1995 - Gruppo di famiglie alla Maiella


 

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