L’ultimo consiglio provinciale. La mia lettera di saluto e alcune belle risposte: l’importanza delle relazioni. Il passaggio di consegne con Scheggi. Senza rimpianti
Il 29 aprile 1999 si tenne l’ultimo consiglio provinciale, nel quale presentai il bilancio di legislatura. Ho ancora nella mente (perché ho conservato gli articoli) e nel cuore (perché mi piacquero) quello che scrissero le due giornaliste di punta di quel periodo, Bianca Zaccherotti e Marina Marenna. Non a caso due donne.
• “Gentili come Cesare, che di ritorno a Roma dall’Iberia, per prima cosa (caso più unico che raro anche all’epoca) presentò il rendiconto della sua amministrazione. Redigere e presentare – dice Gentili – la raccolta ordinata delle principali azioni nelle quali il nostro Ente è stato coinvolto – ora come decisore e finanziatore, ora come orientatore e veicolatore di risorse, ora come protagonista principale di interventi da altri enti finanziati – fa bene alla democrazia. Le fa bene perché consente la verificabilità dell’azione amministrativa da parte della sovranità popolare fatta di rappresentanti istituzionali, associativi, imprenditoriali e di cittadini. Fa bene all’Ente per analizzare l’azione, convalidarla oppure correggerla” (Bianca Zaccherotti, Tutti i numeri di Gentili. Un bilancio da oltre 1000 miliardi, Il Tirreno, 30.04.1999).
• “Usa soli i numeri Stefano Gentili per tracciare il bilancio della legislatura della sua giunta e aggiunge poche parole. ‘Mi sembrano dati di tutto rispetto, ma non voglio autocelebrarmi’. Il saluto del presidente Gentili è in linea con il comportamento tenuto in questi quattro anni durante i quali ha lavorato senza clamore (il patto territoriale su tutto), ha preso decisioni importanti senza gridarle, ha attraversato polemiche senza perdere la bussola. Con la stessa dignità con la quale ha annunciato di ritirarsi dalla corsa per la rielezione quando il clima gli è sembrato diventare irrespirabile” (Marina Marenna, La provincia per amica. L’eredità che il Presidente della provincia, Stefano Gentili, lascia a malincuore ma con stile, La Nazione, 30.04.1999).
• Da segnalare in quel consiglio l’inaspettato ringraziamento che ebbi dal consigliere di opposizione (gruppo Vivi) Jurij Di Massa: “A nome di tutti giovani del centro-destra voglio dire che abbiamo avvertito e capito la diversità del modo di essere e di lavorare del Presidente Stefano Gentili rispetto al passato. Per questo lo ringraziamo”. Cosa che fece andare su tutte le furie il popolare Giancarlo Bastianini che, addirittura, mi chiese di rifiutare i ringraziamenti perché fatti post-mortem e per giunta, intendeva dire, da parte dei fascisti. Io non rifiutai affatto, colsi la buona fede e ringraziai per il ringraziamento. L’intervento di Roberto Barocci di Rifondazione fu più critico, ma rispettoso. E poco dopo, come ho già scritto, con in mano un aperitivo che volli offrire a tutti, mi disse: “Sei una brava persona, anche se siamo stati divisi molte volte”, dimenticando peraltro che lui e il suo gruppo avevano votato i nostri provvedimenti 80 volte su 100. O forse più. Non ricordo se Enzo Rossi, a nome della mia parte politica intervenne, ma se anche lo fece disse parole di circostanza, perché non le ricordo proprio. Dopo tutto avevano già voltato pagina e prima si chiudeva il sipario meglio era.
• Negli articoli di giornale di aprile e maggio ogni volta che parlavano di me i giornalisti segnalavano un modo di fare, ‘lo stile’, e due sentimenti, ‘la fierezza’ e ‘l’amarezza’. Evidentemente era così. In sede storica non posso che registrare. Confesso, però, che un altro sentimento mi abitava: ‘la gratitudine’ verso tutti coloro che avevano marciato nella stessa mia direzione per il bene del territorio provinciale, ciascuno secondo la funzione che ricopriva o nella specificità che lo caratterizzava. E li ringraziai con una breve lettera di saluto, evidenziando proprio “l’aver pedalato insieme”. La inviai a rappresentati istituzionali, responsabili di associazioni, vescovi, giornalisti e lo feci avendoli in mente uno a uno. Diversi mi risposero, altri mi chiamarono. Alcune lettere furono belle e significative (la risposta di Francesco di Nomadelfia, del vescovo Gualtiero Bassetti, del sindaco Alessandro Antichi e di Roccastrada Olinto Bartalucci, del parlamentare Ds Flavio Tattarini, del presidente della giunta regionale toscana Vannino Chiti, degli assessori regionali Moreno Periccioli e Paolo Giannerelli, del direttore artistico del Festival di cinema e cultura ebraica Michela Scomazzon Galdi), altre personalissime, altre ancora di circostanza.
Ho sempre pensato che la politica fosse, prima di ogni altra cosa, relazione. Curare le relazioni è bello e produce risultati. Chi ricopre incarichi istituzionali deve cercarle in tutti modi, anche a costo di apparire meno popolare. La polemica, ad esempio, sulla regione matrigna (talora veritiera) può essere slogan da campagna elettorale o usata da chi, vinte le elezioni, vive il ruolo come se continuamente fosse in campagna elettorale. Però…tanti consensi tra il popolo, ma pochi risultati amministrativi.
Un altro saluto lo inviai a tutti i dipendenti dell’amministrazione, ringraziandoli per quello avevano fatto “di buono e di bello per l’Amministrazione Provinciale di Grosseto, quindi per i cittadini”. Ricevetti poche risposte, una trentina su 600 dipendenti, ma quella che mi giunse dall’eremo di via Scrivia fu veramente simpatica.
• Ci furono le elezioni, vinse al primo turno Lio Scheggi e si chiuse formalmente l’esperienza Gentili. Simbolicamente organizzai un passaggio di consegne – che non c’era stato con Ciani nel 1995 (figurarsi) – con il nuovo presidente eletto della Provincia di Grosseto. Ecco cosa gli dissi e quello che gli consegnai il 18 giugno 1999 nel Palazzo della Provincia.
“Consegno simbolicamente al Presidente della Provincia, Lio Scheggi, le chiavi del Palazzo, il Punto di Legislatura, una citazione di Aristotele.
Le chiavi sono il simbolo dell’autorità del padrone di casa: colui che apre e chiude. Sono il simbolo del potere di governo, in questo caso della Provincia di Grosseto, derivato dalla sovranità popolare. Auguro al Presidente Scheggi di esercitare pienamente l’autorità che gli deriva dall’elezione diretta popolare e di amministrare il potere a servizio dei cittadini, specie di quelli più in difficoltà.
Le 3.600 azioni della legislatura riportate sul ‘Punto’ rappresentano la raccolta ordinata delle attività che la nostra amministrazione ha realizzato negli anni 96-99 e delle politiche che ne stanno alla base. Le consegno al Presidente Scheggi perché le possa valutare e, spero, condividere e, partendo da queste, riesca a condurre la Provincia verso traguardi sempre più importanti.
La citazione tratta dall’Etica Nicomachea di Aristotele è un invito al coraggio riformista: Compiendo cose giuste diventiamo giusti, compiendo cose moderate diventiamo moderati, facendo cose coraggiose, coraggiosi”.
Due giorni prima il giornalista Luciano Salvatore chiudeva il suo articolo con un “mentre Gentili lascia il palazzo che ha onorato, Scheggi ringrazia tutti” (La Nazione, 16.06.1999). Era intitolato “Presidente che va, presidente che viene”.
Era sfumata l’irritazione e con la mente avevo già abbandonato l’amata. Dovevo andare avanti senza rimpianti, anche se le ferite erano fresche. Nel giro di pochi mesi maturai la convinzione che alcuni anni dopo ho trovato esplicitata nel libro della scrittrice Giulia Carcasi, ‘Ma le stelle quante sono’ (2005): “Vivere è come scalare le montagne: non devi guardarti alle spalle, altrimenti rischi le vertigini. Devi andare avanti, avanti, avanti… Senza rimpiangere quello che ti sei lasciato dietro, perché, se è rimasto indietro, significa che non voleva accompagnarti nel tuo viaggio”.
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