Un briciolino di Margherita e l’interesse per il nuovo PD, che durarono poco. Il trauma della malattia e il dono del trapianto. I giochi europei e la Profondi Respiri
La politica non sparì del tutto dalla mia vita, poi sopraggiunse la malattia, mi lasciarono i genitori e qualche caro amico.
L’esperienza politica provinciale mi aveva abbastanza stressato. Nel 1999 erano 10 anni di attività. I primi cinque li avevo impiegati nel travaglio democristiano, due volte candidato alla segreteria provinciale, poi nella fondazione del transitorio movimento di rifondazione democristiana e in seguito del Polo per la Democrazia e la Solidarietà. Gli altri quattro come presidente della Provincia di Grosseto. Insomma, avevo dato e anche ricevuto. Motivo per cui avevo bisogno di un lungo periodo di decantazione. Ma la passione è passione e un po’ di POLITICA fece di nuovo capolino. Mi lasciai coinvolgere nell’avventura amministrativa di Pitigliano dal 2002 al 2007, o meglio 2002-2005 perché la malattia prese il sopravvento.
Presi parte anche alla fondazione del PD pitiglianese. 142 persone, sabato 26 gennaio 2008, parteciparono al Teatro Salvini all’elezione dell’Assemblea comunale che vide come prima segretaria Paola Palombi. Delle molte cose che si organizzarono, oltre all’incontro del ministro Vannino Chiti con le realtà locali, mi piace ricordare il giugno democratico 2008, 4 iniziative messe in cantiere per pensare al presente e al futuro del nostro paese e animate da persone nuove rispetto ai tradizionali caporioni. Pensare non all’universo-mondo, ma ad alcune cose precise e suggerire azioni. Incontri della durata di un paio d’ore che, pur tenendosi nella sede del Pd, di Piazza S. Gregorio VII, erano aperti a tutti coloro che desideravano pensare insieme a noi. Il Pd allora rappresentava una speranza e i 1.200 pitiglianesi che lo avevano votato erano lì a testimoniarlo. Ma ci furono resistenze e alcune persone aduse a vecchie abitudini nel giro di poco sciuparono tutto, rendendolo un guscio vuoto, e costringendo chi, come noi, era entrato per dar vita ad un partito aperto, attento ai problemi reali delle persone, a distaccarsene. Rimasero anche persone in gamba, ma furono risucchiate nel vortice dei vecchi andazzi. Cosucce s’intende, ma non degne di un partito che voleva essere nuovo.
In verità, poco prima della nascita del PD, avevo partecipato a qualche incontro provinciale della Margherita. Anche lì poco di nuovo: la sede in viale adriatico come ai tempi della Dc, le persone quasi tutte quelli di allora, con i vizi di allora. Mi stufai presto, anche a causa della malattia. Ricordo una cosa che però mi colpì: un colloquio con Roberto Valente, mio feroce avversario da quando non lo nominai in giunta provinciale, che a distanza di dieci anni mi disse: “Noi dobbiamo parlare, perché ho capito di essermi sbagliato su di te. Soprattutto mi sono reso conto di essere stato usato dai Ds per farti fuori”.
Gli ultimi 15 anni della mia storia sono stati semplici e intensi, come per tutti, o quasi. Gioie e dolori si sono naturalmente intrecciati. Tra questi ultimi ricordo la morte dei miei genitori. Nel 2001, dopo 44 anni di vita insieme, mi lasciò mio babbo Ezio, all’età di 80 anni. Nel 2011 la mia mamma Ele, all’età di 84 anni. Ringraziai il buon Dio che me li aveva donati per lungo tempo, ma ciò che si prova per i genitori è assolutamente unico. I miei stessi sentimenti li provarono Rossella e i figli. Tra i dolori dovrei parlare anche della scomparsa di altri parenti e alcuni amici molto cari, ma non posso fare un necrologio. Tra tutti ricordo Mariella Gennai: rammento quando mi disse della terribile malattia, dell’abbraccio con il quale ci salutammo al termine di una visita in ospedale a Grosseto dopo che avevamo parlato a lungo non della provincia, ma del senso della vita e dell’oltre; del funerale a Massa Marittima e di quando, tempo dopo, sono andato a trovarla al cimitero di quella cittadina.
Il dolore entrò nella mia vita anche con la MALATTIA che ad un certo punto scoprii di avere. Per caso, dopo un piccolo incidente durante una partita di calcio con gli studenti e la relativa lastra, mi fu diagnosticata una grave patologia polmonare. Era marzo 2003 e la sberla fu grossa. Ripensandoci, le origini della malattia sono collocabili nella seconda parte dell’esperienza provinciale e credo a motivo del fortissimo stress che mi portavo dentro. Ho ancora una lastra con polmoni perfetti risalente al 1996. Nel 1998, durante una partita di calcio amministratori-dipendenti provinciali a Roccastrada, notai una cosa veramente strana per me. Come provavo a correre mi veniva un fiatone inaudito, tanto che uscii ben presto dal campo. Attribuii la difficoltà al fatto che non mi allenavo da molto tempo e portavo in groppa qualche chilo di troppo.
Fatto sta che i medici dell’ospedale di Pitigliano, che avevano scoperto il problema, mi spedirono subito a Siena, dove fu diagnosticata una rara e gravissima malattia polmonare e, soprattutto allora, dalle ridotte aspettative di vita. Mi dissero subito che quella bestia si poteva curare rallentandone l’evoluzione, ma non si poteva debellare. Mi presero in carico con professionalità e scrupolo e ricordo in particolare la dottoressa Antonella Fossi e la professoressa Paola Rottoli che ancora oggi mi seguono e la dottoressa Rita Filippi. Li vedevo praticamente ogni due mesi, per seguire l’evoluzione ed entrare anche in qualche sperimentazione, vista la carenza di medicinali di allora. A maggio del 2006, considerato come stava andando, mi prospettarono l’opportunità di sottopormi al TRAPIANTO. Dopo un breve consulto con Rossella e i figli accettai. Una cosa mi sembrava singolare: ero donatore di organi da metà anni ’80 con l’Aido, ma mai avrei pensato che ne avrei avuto bisogno. Nei mesi successivi mi sottoposi a tutte le analisi necessarie a verificare l’idoneità per entrare nella lista dei candidati al trapianto. Vi fui inserito nel settembre 2006 e dal mese successivo dovetti abbandonare l’insegnamento perché non riuscivo neppure a salire le scale. I medici avevano visto giusto e infatti ebbi un crollo improvviso e radicale, tanto che senza l’ausilio dell’ossigeno non potevo fare più nulla, neppure lavarmi i denti. Sentivo la fine avvicinarsi a passi rapidi, circondato dall’affetto di Rossella, Giovanni, Lucia, il piccolo Samuele, i parenti stretti, gli amici, alcuni sacerdoti che vennero più volte a visitarmi. Poi, improvvisamente la chiamata del dottor Luca Voltolini che, la mattina alle 4 del 7 gennaio 2007 mi diceva di recarmi a Siena perché probabilmente c’era un organo disponibile. Fu possibile intervenire, mi trapiantarono con successo e rientrai a casa il 14 febbraio, rimanendo protetto per tre mesi nella camera dove dormiva Lucia, dialogando con parenti a amici attraverso la porta che era stata trasformata con l’inserimento di un vetro.
Molte altre cose ci sarebbero da dire, ma non è il caso. Ne aggiungo solo due e la prima è una precisazione. Chi non conosce il trapianto pensa che una volta riuscita l’operazione e trascorso qualche mese, tutto sia risolto. Non è così, perché non è un intervento come gli altri. La possibilità del rigetto è sempre dietro l’angolo e l’organo trapiantato invecchia più rapidamente di uno proprio. Motivo per cui ho vissuto e vivo con questa spada di Damocle sulla testa, prendo una paccata di medicine e debbo fare una vita riguardata. Per lo stesso motivo ho avuto la pensione di inabilità qualche mese dopo il trapianto, non potendo frequentare ambienti super esposti a virus e batteri come le aule scolastiche.
Dico poi che mi sono stati regalati 17 anni di vita, perché mentre pubblico sul blog: 13.12.2022) sono ancora qua. Il donatore, che non conosco, ormai fa parte di me e nelle preghiere lo chiamo fratello. Cinque anni fa è accaduta una stranezza: per ricordare i miei nuovi dieci anni i miei figli mi hanno invitato a pranzo insieme ai parenti più vicini e, per una incomprensione, è stato necessario aggiungere un tavolo che alla fine ha lasciato un posto libero di fronte a me. Io so chi c’era misteriosamente seduto. Lo so.
Ho sempre pensato che anche la malattia fosse una luce, la quinta della mia vita. Non perché sia riuscito a trasformarla in gioia, come dice Tagore, anche se nel mio piccolo ho provato ad offrirla a Gesù, perché potesse unirsi alla sua croce. È stata una luce perché mi ha illuminato la vita, facendomi vedere la realtà e le persone in modo più nitido e ha messo in chiaro il limite esistenziale in cui sono e siamo immersi. Mi ha rammentato le cose che contano e quelle che non valgono un fico secco.
La vita dopo il trapianto è dunque ripartita e nel 2010 (dal 30 giugno al 4 luglio) presi addirittura parte ai “13ièmes Jeux Européens pour Transplantés du Coeur et du Poumon” che si tennero in Svezia, a Vaxjo. Vi partecipai con Rossella e Samuele e una ventina di altri trapiantati italiani, per lo più di cuore. Amicizia, condivisione, speranza di vita ci accomunavano (ricordo la slovena Anastazija Bizjak, gli italiani Silvano Piva e Nevio Toneatto). Anche l’agonismo. Io rappresentavo i nostri colori nel faticoso ping-pong (tennistavolo) e raggiunsi risultati…veramente scadenti: fuori al secondo turno nel singolo (ma il mio avversario si aggiudicò il titolo) e sempre al secondo nel doppio. Diversi italiani salirono sul podio. Ma il bello era esserci.
Nel 2015, insieme ad altri amici malati, trapiantati e no, abbiamo fondato l’associazione “Profondi Respiri Onlus” (che dopo la riforma del terzo settore si chiama Profondi Respiri APS) con l’intento di mettere in collegamento persone che si trovano e si troveranno nella nostra stessa situazione, per acquistare strumenti utili per i malati che vengono curati presso il reparto di malattie respiratorie e trapianti polmonari di Siena e tante altre cose. Sono stato costretto a fare il presidente. Protempore.
Questa per me è una vera condanna, o una vocazione: fare il presidente di qualcosa. Dell’Azione Cattolica diocesana, della Croce Rossa di Pitigliano, della Provincia di Grosseto, ora dell’associazione Profondi Respiri. Penso che quando mi presenterò al cospetto dell’Altissimo mi proporrà la presidenza di qualcosa, magari di un condominio dell’antipurgatorio.
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