lunedì 26 maggio 2008

NON MI PIACE UN MOVIMENTO CATTOLICO "SENSIBILE"

“Mamma, mi si è ristretto il campo…”.
E’ quanto mi viene da dire se penso a quello che è avvenuto negli ultimi anni all’interno della Chiesa italiana per responsabilità di alcuni dei suoi massimi esponenti. Per di più in un tempo in cui, grazie al magistero dei pontefici degli ultimi anni, la Chiesa ha invece dilatato il suo spazio d’interesse.

Da qualche anno, infatti, e in modo sempre più pressante, i cattolici sono inviati ad occuparsi dei cosiddetti temi eticamente sensibili, con una marginalizzazione di tutto il resto in qualcosa di puramente opzionale.

Con ciò dimenticando la vera e propria canonizzazione della dottrina sociale della chiesa coma una parte della teologia morale e pertanto impegnativa per tutti, in ogni aspetto della vita pubblica.
Come pure facendo spallucce – tanto per fare un riferimento puntuale – a quanto Giovanni Paolo II ebbe a dire circa le strutture di peccato.

Questa riduzione concettuale e formativa dimostrata dalla insistenza sui temi eticamente sensibili – che poi sarebbero soltanto l’aborto e l’embriologia, il divorzio e la famiglia – determina l’abbandono di altre questioni, compresa la giustizia sociale che – secondo questa impostazione - viene scorporata dalla politica e ridotta ad atto poco più che individuale.

“Sul piano concettuale e formativo – ricorda Ruggero Orfei in un recente intervento – finisce per diventare normale che tutte le questioni politiche siano, tranne quelle ricordate, non eticamente sensibili”.
E in questa direzione si vorrebbe dar vita a “un movimento cattolico in qualche maniera unitario, ma solo connesso con i temi sensibili”.

L’idea che l’azione politica investa realtà sempre eticamente sensibili, nel senso anzidetto, la riduce a tal punto da renderla priva di significato. Giorgio La Pira in un discorso del 1951 – annota ancora Orfei – ebbe a precisare: “La carità non è la carità delle dieci lire. E inoltre il pensiero moderno cristiano accentua il giudizio cristiano sulla parabola dei talenti, sull’intervento. Prendo un bilancio familiare: 1) vitto: ebbi fame e mi avete nutrito; 2) alloggio: ero pellegrino e mi avete ospitato; 3) vestiario: ero nudo e mi avete vestito; 4) salute: ero malato e mi avete visitato”.

Alimentazione, casa, abiti, sanità, come pure il tema della guerra e quello di strutture a servizio dei cittadini sono tutti temi che fanno parte della politica e sulla quale i cristiani, anche in forza dell’insegnamento sociale della Chiesa, possono e debbono dire la loro, alla luce del vangelo.

Come mai sono scomparsi dall’agenda dei primi responsabili della Chiesa italiana? E, di conseguenza, anche dall’attività formativa proposta a livello di base? E, quindi, anche dalla coscienza di molti credenti che varcano gli atri delle nostre chiese?

Saremo mica ancora alla logica denunciata dal vescovo brasiliano Helder Camara (1909-1999) che diceva: "Quando dò da mangiare a un povero tutti mi chiamano santo, ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista".
Forse no.

Io, però, un’idea ce l’avrei. Ma si tratta di un pensar male. E a pensar male – come diceva un politico nostrano – si fa peccato.
Ma spesso ci si azzecca.

Stefano Gentili

9 commenti:

Anonimo ha detto...

“Io, però, un’idea ce l’avrei. Ma si tratta di un pensar male. E a pensar male – come diceva un politico nostrano – si fa peccato. Ma spesso ci si azzecca”.
Queste sono le parole con le quali termini la tua riflessione. Io dico che le idee servono, e servono ancora di più se, come dici:" E a pensar male si fa peccato". Tu sai, come dice la Scrittura, che dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la Grazia. Non è una frase di circostanza, o da Catechismo, è il dono del Pensiero che il Buon Dio offre a chi ha in possesso l'intelligenza per produrre le idee, che devono essere manifestate, esternate, per porre il cristiano nella condizione di "domandarsi" se ancora oggi c'è bisogno di teorie, oppure se è venuto il momento di agire, di Vivere la Buona Novella, che non limita il suo operare ai soli temi sensibili.
Forse in un piccolo centro c'è più lucidità; in una città, è tutto molto più caotico, e così, la grandezza della Parola di Dio, si nasconde dietro i temi sensibili, dell'operare quotidiano, in una sorta di finto perbenismo, che tutto fa eccetto che bene alla Chiesa, .....che siamo noi.
Andrea

giuseppe ha detto...

Stefano, io una idea ce l'avrei, dal punto di vista, diciamo, generale, è molto meglio parlare di temi etici, ti coinvolgono solo a parole, raramente con i fatti, piuttosto che "sporcarsi" le mani con i problemi sociali di tutti i giorni, l'emarginazione, la povertà, etc.. molto meglio parlare di aborto, eutanasia, divorzio, anzi accendiamo un forte dibattito su questi temi e lasciamo da parte i problemi reali del paese Italia; lasciamo che mettano le discariche vicino ai centri abitati, che non si faccia una vera politica di risollevamento economico, e potrei continuare di questo passo. Penso che il cristiano, a maggior ragione se cattolico, debba essere in prima fila per combattere e cercare di risolvere i problemi reali e sociali della vita di tutti i giorni. Cerchiamo quindi di essere cristiani non solo a parole ma nei fatti della vita di tutti i giorni.

Anonimo ha detto...

sono sospreso.
Parlare di aborto che equivale a parlare di vita o di morte sarebbe, in definitiva...riduttivo ? Ho capito bene ? ma....sogno o sono desto ?
ma dove vivete ! ma non vi rendete conto che quello che è messo in discussione sono le fondamenta della convivenza ? dove il diverso è accantonato e messo da parte ? la società in cui viviamo si proclama tanto disponibile con i diversi salvo eliminarli alla radice prima che nascano.
Quando è nata Arianna, mia figlia down, la infermiera, senza che nessuno gli avesse chiesto nulla, guarda con sguardo compassionevole mia moglie e gli fa: ...ma signora non ha fatto l' amniocentesi ? Come a dire...allora di che ti lamenti !.
Sveglia cattolici !!
ci fanno fuori e neanche ve ne accorgete !
saluti.
Alessandro Bartoli

giuseppe ha detto...

Mi permetto di rispondere ad Alessandro, probabilmente non sono riuscito a farmi capire, intendevo che molte volte , per ragioni che nulla hanno a che fare con il vero problema, si tende a parlare, specie i nostri politici, di temi, diciamo, di largo respiro senza entrare nel merito della questione, e distogliendo le persone da altri problemi che, a mio avviso, sono più urgenti. E' indubbio che problemi come aborto, divorzio, etc... vanno affrontati, ma forse, in questo momento alle persone interessa di più come arrivare a fine mese, oppure che ti mettono la discarica sotto casa. che, a mio avviso, sono bisogni primari che adesso bisogna affontare. Chiaramente non dobbiamo tirarci indietro sugli altri problemi, ma che credibilità abbiamo se diciamo di essere contro l'aborto e il divozio e poi non affrontiamo e risolviamo i bisogni reali(arrivare a fine mese,strutture di aiuto per la famiglia, ...) che la vita ci pone davanti ogni giorno?
Un salutone
Giuseppe Pizzati

Anonimo ha detto...

rispondo a Giuseppe.
Concordo in parte con il Tuo ragionamento . Sono daccordo ma mentre di fine mese, di discariche, di precariato parlano tutti, ma proprio tutti, quello di cui non si parla - e che per certi versi invece dovrebbe qualificare la nostra testimonianza - è l' accettazione del diverso, dell' altro, ma soprattutto di colui che esce dai canoni edonostici della nostra società che non si adatta ai criteri di normalità in voga.
Non fraintendetemi, forse è facile parlare di fine mese, tutto sommato modificare le strutture ch enon vanno si può e si deve; diventa più difficile comprendere il perchè tuo figlio non potrà mai fare quello che "normalmente" fanno tutti gli altri .
E alloro ti chiedi il senso della vita e con quanta siperficilità se ne parla. In occasione del referendum sulla legge 40 partecipai ad un incontro dei promotori il cui slogan era "famolo sano" ...riferito alla possibilità della selezione pre-impianto.
Al temine dell' incontro li invitai a conoscere mia figlia....non sono mai venuti.
Cordialità
Alessandro Bartoli

giuseppe ha detto...

Quello che ha detto Alessandro mi trova pienamente concorde, purtroppo molte cose non si possono capire se non ci si passa di persona, ecco pechè dicevo partiamo dai problemi reali e poi passiamo a quelli etici. Il problema di Alessandro è reale e non, solo, etico; è pericoloso parlare di aborto, di divorzio, di eutanasia e non conoscere il problema, si rischia, come ho scritto in precdenza, di parlare, accendere dibattiti, anche con un certo livore, e poi lasciare tutto come prima e non solo per i problemi trattati ma anche per molti altri che sono urgenti.
Ha ragione Alessandro quando dice che è difficile capire pechè un figlio non potrà fare normalmente quello che fanno gli altri, ma ha questo punto entra in gioco il nostro essere cristiani, perchè se vogliamo cambiare le cose dobbiamo sporcarci le mani con tutti i problemi; come dicevo nell'altro intervento come possiam parlare di aborto se poi non riusciamo ad affrontare i problemi che abbiamo ogni giorno? Non voglio ripetermi ma creando una coscienza comune e partendo dal nostro quotidiano allora possiamo cambiare le cose, ci sarà meno precariato, ci saranno sempre meno pesone che hanno problemi ad arrivare alla fine del mese, ci saranno sempre meno persone che ricorrerranno all'aborto, terapeutico e non, ci saranno sempe più persone che accetterranno l'altro cosi come è, senza pregiudizi, senza guardare l'aspetto fisico e potrei continuare. Penso che solo cominciando a cambiare noi, possiamo cambiare la nostra società.
Ciao
Giuseppe Pizzati

Anonimo ha detto...

Quello che ha detto Alessandro mi trova pienamente concorde. Purtroppo molte cose non si possono capire se non ci si passa di persona; ecco perché dicevo partiamo dai problemi reali e poi passiamo a quelli etici.
Il problema di Alessandro è reale e non solo etico; è pericoloso parlare di aborto, di divorzio, di eutanasia e non conoscere il problema, si rischia, come ho scritto in precedenza, di parlare, accendere dibattiti, anche con un certo livore, e poi lasciare tutto come prima e non solo per i problemi trattati ma anche per molti altri che sono urgenti.
Ha ragione Alessandro quando dice che è difficile capire perchè un figlio non potrà fare normalmente quello che fanno gli altri, ma a questo punto entra in gioco il nostro essere cristiani, perchè se vogliamo cambiare le cose dobbiamo sporcarci le mani con tutti i problemi. Come dicevo nell'altro intervento come possiamo parlare di aborto se poi non riusciamo ad affrontare i problemi che abbiamo ogni giorno?
Non voglio ripetermi ma creando una coscienza comune e partendo dal nostro quotidiano allora possiamo cambiare le cose, ci sarà meno precariato, ci saranno sempre meno persone che hanno problemi ad arrivare alla fine del mese, ci saranno sempre meno persone che ricorreranno all'aborto, terapeutico e non, ci saranno sempre più persone che accetteranno l'altro cosi come è, senza pregiudizi, senza guardare l'aspetto fisico e potrei continuare. Penso che solo cominciando a cambiare noi stessi possiamo cambiare la nostra società.
Ciao
Giuseppe Pizzati

Anonimo ha detto...

Vorrei dire al caro Alessandro che non è che non veda il grande rilievo del tema vita connesso alla questione aborto, della famiglia come pilastro della civile convivenza, la grandiosità dell’esistenza umana anche nei suoi ultimi drammatici istanti. Lo vedo…e lo sento.
Solo che continuo a chiedermi ad alta voce perché alcuni dei massimi responsabili della comunità che amo, la chiesa cristiano-cattolica, all’interno dell’organismo voluto dal Vaticano II, detto CEI:
1.battano sempre e quasi solo su tali temi dimenticando il resto della questione antropologica: il divario planetario tra ricchi e poveri della Populorum progessio di Paolo VI, con i connessi temi del sottosviluppo e della miseria in cui vivono milioni di esseri umani, la peccaminosità delle strutture di peccato denunciata da Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis, la convivialità delle differenze, l’educazione alla legalità, il ripartire dagli ultimi (concetti contenuti in documenti CEI dei primi anni ’80), il lavorare per un mondo più equo e pacifico.
2.diano l’impressione di essere più una lobby, una confindustria dei temi eticamente sensibili che non gli annunciatori dell’evento di liberazione chiamato Gesù Cristo;
3.di fatto hanno forgiato un laicato a loro immagine e somiglianza rendendolo subalterno alle loro opinabili iniziative, emarginando chi non accetta di sottomettervisi.

E’ bello che il dibattito tra noi “blogghisti” abbia preso le sue libere direzioni. Ma la mia inquietudine è altra rispetto soprattutto al duetto Giuseppe-Alessandro, che ringrazio vivamente.
Io sono preoccupato dell’immagine e della sostanza dell’azione della Chiesa italiana (e non solo italiana) rispetto al suo fine di fondo.
E sono preoccupato del ruolo che non le vedo svolgere riguardo alla democrazia.
La democrazia ha anche bisogno del contributo della Chiesa cattolica, ma è opportuno rendersi conto che oggi è a rischio “la sopravvivenza del costume cristiano, dell’ethos evangelico, e in ultima istanza di quell’ethos civile condiviso che sta alla base di ogni società democratica” e che pertanto l’intervento dei cattolici “deve riguardare i metodi della politica prima dei contenuti contrassegnati da particolari valenze etiche (come la vita, la famiglia, il lavoro, la scuola etc.)” (Cardinale C.M. Martini)
Insomma, ci sono, certamente, valori cristiani da custodire ma ci sono anche virtù civili da promuovere. Questo è la linea di confine di una visione del problema non chiusa agli “interessi cattolici” e per ripresentare la presenza della Chiesa come elemento ispiratore di una tensione etica senza la quale la convivenza in una società democratica è esposta al degrado (P. Scoppola).

Se nella Chiesa si offusca il compito dell’annuncio e si accentua il rischio di una funzione lobbistica rispetto al potere siamo sulla strada sbagliata.
Se nella Chiesa il laicato non ridiventa consapevole del suo essere e protagonista del suo agire, vuol dire avere svenduto una buona fetta di Concilio (Vaticano II, naturalmente).

Se poi vogliamo entrare sulle grandi questioni vita-aborto, vita-findivita, famiglia, accetto. Ai prossimi “post”.
Stefano Gentili

Anonimo ha detto...

L' ultimo intervento di Stefano mi vede completamete daccordo. Mi porta però a trarre delle conclusioni. Il "nostro" mondo che è quello poi che in un certo senso "permea" il comune sentire del popolo italiano che sarà anche stanco e secolarizzato ma nel suo profondo - per quanto male le ideologie abbiano potuto fare - è ancora permeato da valori profondamente cristiani. Anche da parte di chi non si dice cattolico "militante".
Non me la sento di riprendere la nostra Chiesa (che ha i suoi problemi che sono di vocazioni, di un invecchiamento inesorabile che comporta i suoi problemi..), non che debba rinunciare al suo ruolo sociale, tutt' altro. Dico che dovremmo essere invece noi laici ad assumerci le nostre responsabilità, per come è possibile per ogniuno di noi, nelle piccole e nelle grandi cose.
Credo che le potenzialità del laicato cattolico siano enormi ma sottostimate e sottovalutate (forse volutamente) da un complesso di situazioni che ne limita la manifestazione.
In più, la diaspora seguita alla fine della DC se da un lato mette sotto scacco tutte le forze poliche perchè le costringe a confrontarsi con il voto cattolico, dall' altra ha depotenziato le risorse che dal mondo cattolico possono venire.
Basti vedere quale e quanta rappresentanza i cattolici possono vantare nelle massime istituzioni del Paese. E non è una questione di visibilità o meno. E' una questione di mettere a disposizione del Paese delle risorse che possono essere fondamentali per la crescita - a tutto tondo - dell' Italia.
Ad maiora.
Alessandro Bartoli