Le dichiarazioni riportate oggi dalla stampa circa la volontà da parte degli USA di modificare le relazioni con Cuba, quelle esplicitate di Hillary Clinton secondo cui “l’attuale politica americana su Cuba è fallimentare” e che in conseguenza lo stesso embargo – riecheggiando le affermazioni del senatore repubblicano Richard Lugar - “dopo 50 anni possiamo dire che è stato un fallimento”, mi riportano alla memoria la politica di micro-relazioni internazionali che la Provincia da me presieduta instaurò proprio col regime cubano e in particolare con i responsabili della Provincia dell’Avana, ma non solo.
Tutto decollò dalla visita di una settimana all’Avana che tenemmo nel luglio 1997.
La proposta di quel viaggio era partita dalla Grosseto-Export, allora guidata da Achille Giusti e fu appoggiata dalla Camera di Commercio presieduta dal facente funzione Eliseo Martelli.
Fu un viaggio bellissimo per le cose viste e provate e fisicamente molto impegnativo, per la tratta aerea, il fuso, il clima, il tourbillon di incontri con il ministro del turismo, quello del commercio estero, con i massimi dirigenti della sanità, con il presidente della Camera di commercio cubana, con quello della Provincia, con il Vescovo della diocesi dell’Avana e con altri responsabili i cui ruoli non ricordo. Arrivammo vicinissimi ad incontro con Fidel Castro, ma la cosa sfumò.
Vi furono visite abbastanza pilotate a stabilimenti di artigianato tessile e a zone di possibile sviluppo termale ed aree di sicura attrazione turistica (ricordo un isola raggiunta nell'ultimo tratto a nuoto), ma anche altre che facemmo personalmente, scoprendo i forti disagi e la grande dignità di quella popolazione, come pure i progressi fatti nell’alfabetismo, nell’istruzione e nella sanità (interessantissimo l’incontro con alcuni scienziati proprio in questo campo).
L’intento di quel viaggio era quello di stabilire relazioni di amicizia e rapporti commerciali con un'area del tutto nuova e di sottoscrivere intese che aprissero la strada a partenariati duraturi. C’era, almeno in me, anche il desiderio che i nostri popoli si conoscessero meglio e avviassero ciascuno percorsi di riflessione e di autocritica: chi sul regime, chi sul modello di sviluppo, chi sulla libertà, chi sulla giustizia.
L’anno dopo i cubani restituirono la visita: nel settembre 1998 ricevetti una delegazione dell’Avana e il Presidente della Provincia che la guidava, Angel Garate Dominguez, definì la provincia di Grosseto “interlocutore privilegiato”. Per questo mi presi una reprimenda dal presidente di un Circolo grossetano di AN, Fabrizio Pazzaglia (come è possibile rileggere rintracciando l’articolo su La Nazione del 29.09.1998 dal titolo: “Gentili interlocutore di un dittatore”).
Il 28 gennaio 1999 ricevetti l’Ambasciatore in Italia di Cuba e il vicepresidente della Provincia dell’Avana per siglare un ulteriore accordo di collaborazione istituzionale.
Piccole cose, s’intende, quelle che può fare un ente come la provincia. Ma se ognuno facesse il suo....
Al di là di questo mi sovviene un episodio, anch’esso modesto, ma significativo e simpatico, che ci accadde durante la visita all’Avana del luglio ’97: il penultimo giorno, a coronamento dei colloqui dei giorni precedenti, sottoscrivemmo un accordo noi, Provincia di Grosseto, Camera di Commercio, Grosseto Export, e i nostri omologhi cubani. In quella circostanza erano previsti brevi discorsi di tutti i presidenti.
Sia io che Giusti che Martelli - pur non avendo concordato nulla e con le diverse sfumature dei ruoli - fummo molto decisi, anzi decisissimi, su una cosa: sulla fine dell’embargo (o bloquéo, come lo chiamavano) che durava dal 1960 e il ritiro della legge Helms-Burton, voluta dal Presidente Clinton, del 1996. Provvedimento che inaspriva ulteriormente l'embargo, penalizzando le imprese straniere che avevano affari con Cuba e consentiva ai cittadini americani di far causa agli investitori stranieri che utilizzassero proprietà espropriate dal regime dell'Avana.
Il tutto si concluse con l’obbligatoria fumata di un sigaro cubano (o di parte di esso), cosa che ricordo ancora con piacere e con qualche giramento di testa.
Quelle nostre dichiarazioni, riportate anche dalla radio nazionale cubana, mi sembra furono un episodio semplice ma significativo.
La simpatia della cosa è legata al fatto che a pronunciare quei discorsi veramente rivoluzionari fummo 3 ex-democristiani, quindi per definizione anti-comunisti: Eliseo e Achille certamente, io un po’ meno perché dal 1987 (quando mi iscrissi alla Dc) al 1994 (quando la Dc si dissolse) avevo sempre teorizzato lo necessità dell’incontro in Italia delle forze di tradizione marxista con quelle di tradizione cattolico-democratica (e i miei due interventi alla carica di segretario provinciale della Dc nei congressi dei primi anni ’90, regolarmente perduti, sono lì a testimoniarlo).
La circostanza che io, Achille ed Eliseo prendemmo le difese del popolo cubano, contro la strategia degli USA l’ho sempre in seguito ricordata con grande affetto e simpatia.
Per questo mi piace rammentarla oggi che le nubi sull’isola caraibica sembrano iniziare a diradarsi.
Tutto qui.
Stefano Gentili
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