martedì 28 aprile 2009

IL CORRIDOIO TIRRENICO, NOI, LA REGIONE, ATTILA-ALTERO E TUTTI GLI ALTRI

DIRÒ SUBITO COME LA PENSO.
Il corridoio tirrenico è una necessità.
E’ utile al sistema-paese per sanare il famoso buco di 200 chilometri nel percorso autostradale che dalla Manica arriva sino allo Stretto di Messina, serve a collegare all’Europa le città e i porti della Toscana inserendoli in un sistema a rete, ovviamente insieme alla Due Mari.
Risolve, specie in certi tratti, il grave problema della sicurezza. Il tratto Civitavecchia-Grosseto è purtroppo una delle strade più pericolose d'Italia con quasi il doppio degli incidenti sulla media nazionale nei tratti a due corsie senza spartitraffico, dove si arriva al triste record di 0,90 incidenti per chilometro.
Penso che porterà dei benefici, occupazione di cantiere, facilitazioni per le imprese; insomma, ci farà crescere, anche se non siamo nel Nord-Est dove la realizzazione del Passante di Mestre dovrebbe evitare, secondo i calcoli degli industriali di Treviso (per ritardate consegne delle merci, consumo supplementare di carburante, ore di lavoro perdute da chi era al volante, e via dicendo), danni per 350-400 milioni di euro l’anno.
Ci toglierà pure: porterà un di più di traffico e quindi anche di inquinamento (si parla di passare dai 17.000 veicoli di oggi ai 27.000 del 2030).
Corridoio tirrenico, per la verità, significherebbe infrastruttura plurimodale fatta di “mare, ferro e strada” con la funzione anche di collegare i porti commerciali e turistici toscani.
Ma ora mi soffermo sulla “strada”.

E facciamolo pure come Autostrada Tirrenica.
Il corridoio va fatto visto che il Ministero delle Infrastrutture, capitanato dal ministro-sindaco di Orbetello Altero Matteoli (insignito dal WWF qualche anno fa del Premio Super-Attila), ha abbandonato il progetto Lunardi e rispolverato il tracciato costiero voluto dalla Regione Toscana: non un’arteria collinare che altererebbe il paesaggio con 11 gallerie e 33 viadotti da Orbetello a Montalto, devasterebbe i vigneti, inquinerebbe le falde acquifere e avrebbe costi di realizzazione molto più elevati, ma un percorso costiero.
A livello teorico, confesso, che non mi è mai dispiaciuta l’ipotesi di messa in sicurezza dell’Aurelia (il cosiddetto adeguamento con tipologia autostradale), ma se le carte non sono truccate e ha ragione l’Assessore regionale Riccardo Conti - il quale, in un intervista a Il Tirreno dell’8 gennaio 2009, ha sostenuto che la messa in sicurezza dell’Aurelia avrebbe richiesto la chiusura di 500 incroci, la predisposizione di una viabilità alternativa fatta di complanari, svincoli e sovrappassi e avrebbe finito per intasare l’Aurelia costringendo a raddoppiarla, visto che l’ipotizzato allargamento della strada comunale dell’Origlio e della provinciale Pedemontana nel comune di Capalbio, parallele all’Aurelia, avrebbe avuto un impatto drammatico -si faccia pure l’Autostrada costiera.

Notoriamente, il “come fare” questa benedetta strada è sempre stato oggetto di accese disfide e ha dato vita a mille, legittimi, sentiti quanto inconcludenti, dibattiti.

Già, perché la cosa sembra avere qualcosa di mitologico e la sua origine si perde nella notte dei tempi.
Partita l’avventura, quando io avevo 12 anni, nel lontano 1969 con un decreto ministeriale che autorizzava la concessione alla SAT (Società Autostrada Tirrenica) da parte dell'Anas per la costruzione e l'esercizio dell'autostrada Livorno-Civitavecchia, già nel 1975 fu bloccata dalla legge La Malfa (Ugo) con il fermo messo a tutte le costruzioni di nuove autostrade. Costruzioni che tornarono poi in pista nel 1982 e furono confermate nel 1985, ma senza risultati concreti. Nel 1991 il progetto autostradale, con tracciato “interno”, presentato dalla concessionaria SAT (alla redazione del quale aveva collaborato il futuro Ministro Lunardi) fu oggetto di pronunciamento di Valutazione di Impatto Ambientale negativo da parte del Ministro dell’Ambiente di concerto con quello dei Beni Culturali e Ambientali (ricordo, infatti, che con Direttiva Comunitaria 85/337/CEE, recepita in Italia con Legge 349 dell’8 luglio 1986, era stata introdotta la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale).
Da noi, polemiche, dibattiti, prese di posizione, propaganda sul “come farla”: alcuni nel riempirsi la bocca ci si sono ingrassati.

DIRÒ QUINDI COSA FACEMMO "NOI" PROVINCIA DI GROSSETO
Continuando sulla linea degli ultimi rievocativi post (si sa, gli anziani sono nostalgici), cercherò di raccontare l’esperienza fatta in questo campo nella legislatura provinciale 1995-99, perché anch’essa mi sembra istruttiva.
Nel maggio 1995, eletto Presidente della Provincia di Grosseto, mi trovai in un vero e proprio bailamme.
I punti esclamativi di quel periodo, “Fare l’autostrada è un obbligo morale!”, “Non si deve fare!”, “Muovetevi o moriamo!”, “Non c’è volontà politica!”, ecc.!, ecc.!, andavano bene per il circolo bocciofili, per i dibattiti congressuali, per le polemiche sulla stampa.
Ma la realtà in cui si trovava chi doveva tentare di fare qualcosa di concreto era il caos assoluto, ed era davvero difficile trovare il pertugio utile.

Sul fronte dei soggetti che potevano dire e fare cose operative, la confusione era massima.
Non si riusciva a comprendere chi avesse veramente il bandolo in mano. C’era l’ANAS (da poco Ente nazionale per le strade) con il Presidente Giuseppe D’Angiolino, la SALT (Società Autostrade Ligure Toscana) col presidente Francesco Baudone, la SAT (Società Autostrade Tirrenica) non ricordo con quale presidente, poi in seguito nacque la SPAT (Società per l’Autostrada Tirrenica) con presidente Carlo Alberto Dringoli, una società privata costituita dalle associazioni industriali di nove province della fascia tirrenica e dalla stessa Salt.
Sembrava un tavolo da gioco e nessuno sapeva se i giocatori avevano in mano il poker d'assi o una coppia di sette.

Se penso poi agli interlocutori politici, mi viene il mal di mare.
Tutte persone rispettabilissime e di livello, naturalmente…..ma troppe!
Nella legislatura maggio 1995 – giugno 1999 ho passato 3 Presidenti del Consiglio, Dini, Prodi e D’Alema e 4, dico 4, Ministri dei Lavori Pubblici, Paolo Baratta (fino al 17 maggio ’96), Antonio Di Pietro (dal 18 maggio al 21 novembre ’96), Paolo Costa (dal 22 novembre ’96 al 21 ottobre 1998), Enrico Micheli (dal 22 ottobre ’98 alla fine della nostra legislatura provinciale).
L’unico riferimento fermo, sia pure con lievissime oscillazioni, fu la Regione Toscana col Presidente Vannino Chiti e l’Assessore Tito Barbini.

La linea politica era molto sussultoria, anche se noi, specie negli atti formali, fummo lineari.
Negli atti programmatori che trovai in Provincia si auspicava l’ammodernamento dell’Aurelia. D’altro canto proprio tra il 95 e il 96 la Regione Toscana sembrò trovare un asse con la SAT e ambienti governativi: la formula magica fu “percorso unitario d’intenti” per “un’unica infrastruttura con caratteristiche autostradali lungo tutta la direttrice tirrenica”.
Noi tendevamo a leggere quella formulazione più spostata sul versante Superstrada, che su quello dell’Autostrada.
E i nostri atti formali si mossero in quella direzione. Il 25 settembre 1996, infatti, deliberammo in Consiglio Provinciale l’adeguamento dell’Aurelia da Grosseto al confine con il Lazio con l’indicazione puntuale degli svincoli da realizzare al posto delle immissioni a raso, dei tratti da portare a quattro corsie e persino delle indicazioni progettuali e morfologiche per il miglior inserimento nel paesaggio. Questa deliberazione non è stata mai revocata.
Fu proprio sulla base di quella delibera che, nel gennaio 1999, chiedemmo all’ANAS di redigere il progetto definitivo (finanziato da noi e dalla Regione Toscana) per l’adeguamento in sede del tratto a due corsie nel comune di Capalbio: anche questo progetto che io sappia non è mai stato ritirato.
Sia chiaro, però, che eravamo disposti ad accogliere anche la proposta dell’Autostrada costiera (prevalentemente sul tracciato Aurelia) di fronte ad una proposta vera, con soldi veri, con tempi certi e alle condizioni ambientalmente più compatibili.

L’apparente elisir del 1996
Sul fronte del dibattito, sembrò improvvisamente possibile intravedersi una via d’uscita anche a seguito di un autorevole incontro tenuto a Grosseto nel 1996 presso la Camera di Commercio voluto dal Comitato permanente per la realizzazione prioritaria dell'autostrada Livorno-Civitavecchia: presenti Carlo Alberto Dringoli (Presidente del Comitato organizzatore), il vice-presidente del Consiglio regionale Mauro Ginanneschi (per Vannino Chiti), Tito Barbini, assessore regionale ai trasporti, il sottosegretario ai trasporti Giuseppe Soriero, il sottosegretario ai lavori pubblici Antonio Bargone, il presidente della Salt Francesco Baudone, il direttore generale di Confindustria, Innocenzo Cipolletta.
Come detto, l’elisir fu rappresentato da due espressioni: “percorso unitario d’intenti” e “unica infrastruttura con caratteristiche autostradali lungo tutta la direttrice tirrenica”.
Consci che la problematica di fondo era di carattere finanziario, furono fatte anche delle cifre e ipotizzato un percorso.
Secondo calcoli che si dicevano attendibili, la realizzazione del tratto di percorrenza Grosseto-Civitavecchia sarebbe costato circa 1.300 miliardi (l'Anas ne disponeva forse di 1.000, che erano la metà del proprio fondo di dotazione). Quindi che cosa si poteva fare? Ipotizzando la trasformazione della superstrada Rosignano-Grosseto in autostrada a pagamento (costo previsto 300 miliardi di lire) con i ricavi del pedaggio (da cui si pensava di escludere il traffico locale) si sarebbe potuto finanziare il proseguimento del corridoio (una strada europea a norme comunitarie, si diceva) fino a Civitavecchia. A questa ipotesi, si disse, si poteva concretamente lavorare perché la Salt, con il suo presidente Francesco Baudone, aveva dichiarato la propria disponibilità. In sostanza, la Salt avrebbe pagato la spesa di trasformazione (300 miliardi) e incassato il pedaggio del tratto Rosignano-Grosseto. Soluzione che non avrebbe richiesto l'intervento delle casse dello Stato, già allora sempre più asfittiche.
La via di uscita fu più un abbaglio che una realtà. L’elisir ebbe vita breve.

La Provincia, per le sue scarse finanze e le pressoché nulle competenze sulle grandi opere, non poteva in realtà fare molto, però un peso lo poteva avere, soprattutto nella tessitura di una posizione discussa e condivisa.
Insieme all’Assessore Renato De Carlo (ex-dirigente di un importante azienda del Nord) persona di grande signorilità, competenza e abnegazione, contattammo praticamente tutti, incontrandoci o scontrandoci, avanzando proposte e accompagnando ogni piccolo barlume realizzativo. Naturalmente nell’ottica di realizzare un’opera il più possibile capace di unire concretezza a rispetto dell’ambiente.

Personalmente, su questo tema ho sempre avuto un approccio pragmatico.
Non avevo un’ideologia da difendere e comprendevo che i nemici da battere erano i dibattiti inconcludenti, i veti contrapposti, le ipotesi contrastanti. Lo consideravo come il gioco delle tre carte: altri ci davano le carte e puntualmente ne facevano sempre sparire una, naturalmente dirottando le sempre meno pingui risorse statali verso altre zone d’Italia.
Per questo nel 1995 ero favorevole all’adeguamento dell’Aurelia perché c’erano limitate risorse disponibili e l’intervento autostradale ne reclamava molte di più.
Poi dal 1996 venne fuori l’ipotesi dell’Autostrada secondo la modalità che ricordavo prima (unica infrastruttura con caratteristiche autostradali lungo tutta la direttrice tirrenica) che come detto per me voleva piuttosto dire Superstrada con caratteristiche autostradali.
E sposai questa ulteriore possibilità, in sintonia con la Regione Toscana, forse più spinta di noi.
Il problema vero erano sempre le risorse, la certezza della realizzazione e i tempi.

Con i Ministri una vera relazione fu possibile metterla in piedi solo con Paolo Costa.
Ricordo ancora lucidamente quanto mi disse durante un incontro nel ’97 presso il suo Ministero: il corridoio tirrenico è una delle 6 o 7 priorità nazionali. I soldi per tutte non ci sono. Per sperare di farla rientrare tra le prime 2 o 3 è necessario che tutti gli attori locali, comuni, provincia, regione, soggetti vari, trovino una posizione unitaria e parlino con una sola lingua.
Già lo sapevamo, ma il messaggio fu forte e chiaro. E io e De Carlo ci mettemmo proprio a tessere quella tela, con la consapevolezza della nostra modestia, ma anche della utile rilevanza del nostro compito. Continuammo i contatti con la Regione, il Ministero, l’Anas nazionale e regionale, le varie Società Autostrade, dialogammo con il sistema associativo locale e favorimmo diversi incontri con i Sindaci da Capalbio a Follonica (che ancora possono testimoniare): sostanzialmente, grazie a tutti, fummo in grado di raggiungere una posizione unitaria, al di là delle propagande di rito e di intelligenti precisazioni su pedaggio, autostrada aperta e via discorrendo.
Questa raggiunta intesa ebbi modo di comunicarla al Ministro Costa quando venne a Grosseto il 13 luglio 1998. Nell’assise pubblica che si tenne al Granduca gli rivolsi queste parole: “Nell'incontro che si ebbe presso il suo ministero nel corso del 1997 lei mi disse che il Governo avrebbe lavorato per quegli interventi sui quali si registrava un consenso unanime a livello locale. Sul consenso ci abbiamo lavorato ed è stato sostanzialmente raggiunto. Ora attendiamo la risposta nazionale su: tempi, progetti, finanziamenti, esenzione del pedaggio per i residenti. L'Amministrazione Provinciale di Grosseto sull'Aurelia ha già messo risorse insieme alla Regione Toscana per la progettazione esecutiva del tratto a due corsie di Capalbio” (L’intervento completo è rintracciabile sul mio sito: www.stefanogentili.it nella cartella Provincia Amica/Considerazioni su ambiente, territorio, infrastrutture/Le infrastrutture e il Ministro).
Risposte non ne avemmo, anche perché di lì a qualche mese cadde il Governo Prodi (ottobre 1998).

L’uscita della SALT.
Nel frattempo la neonata Salt per bocca del Presidente Carlo Alberto Dringoli tra la fine del 1997 e gli inizi del ‘98 aveva dichiarato che per trasformare in autostrada aperta la variante Aurelia e realizzare con le stesse caratteristiche la tratta mancante fra Grosseto e Civitavecchia, c’era già un progetto con finanziamento da parte dei privati e una data certa di consegna, il 2004.
Noi sollevammo qualche perplessità di tipo burocratico (le concessioni, ma il Presidente Dringoli disse che non ne aveva bisogno), ed era vero che in linea teorica, sempre a risorse e tempi certi, avremmo preferito per il tratto a sud di Grosseto una Superstrada senza pedaggio sul tipo di quella che unisce Siena a Firenze (come si diceva, ristrutturazione dell’Aurelia con tipologia autostradale: 25 metri, due corsie per parte di metri 3.75, corsie di emergenza e tutto il resto).
Ma anche questa volta eravamo disponibili a leggere le carte della Salt, specie perché sosteneva che il suo progetto non sarebbe costato neppure una lira allo Stato.
Il progetto non ci fu mai consegnato.

Con questo giungemmo agli inizi del 1999, cioè alla scadenza del nostro mandato. Ad eccezione del rammentato Progetto definitivo Anas da noi finanziato per il tratto capalbiese, non ricordo altri eventi significativi su questo fronte, salvo cortocircuiti della mia memoria.

DIRO’ INFINE COSA VEDO
Il dopo spetta ad altri ricordarlo.
Ma giusto per parlare e scusandomi per qualche abbaglio, i principali passaggi (andando per sommi capi) dovrebbero essere stati i seguenti.
Un anno e mezzo dopo la nostra “dipartita”, nel dicembre 2000, la Regione e il Governo Amato giunsero ad un Accordo sul progetto Anas, che prevedeva di allargare e ristrutturare l' Aurelia, con tipologia identica a quella autostradale: si diceva fosse meno costoso per lo Stato (1 miliardo di euro invece di 3) e, nell’ ultimo significativo atto dello stesso governo, la Legge Finanziaria 2001, furono stanziati 304 miliardi di lire per la messa in sicurezza dell’Aurelia nei 25 km a due corsie nei comuni di Capalbio e Tarquinia. Lo stanziamento in seguito scomparirà dalla disponibilità dell’ANAS.

Dopo la vittoria di Berlusconi nel 2001, agli amministratori toscani convocati a Roma per discutere della Livorno-Civitavecchia fu presentato un percorso nuovo, “non conosciuto e non argomentato” - per dirla con le parole del presidente toscano Claudio Martini - che avrebbe aumentato a quasi 3.000 milioni di euro il costo di adeguamento: era il tracciato collinare che da Grosseto sud puntava verso l´interno attraverso Montiano, Magliano e Manciano fino a Capalbio.

Martini, al termine di un complesso lavoro insieme alle amministrazioni locali, rispose: il corridoio tirrenico deve essere completato con un´autostrada, ma sia autostrada costiera (primavera 2003). E su questi punti la Toscana cercò e trovò l´alleanza della Regione Lazio nel giugno di quello stesso anno. Nel novembre sempre del 2003 Martini annunciò la ripresa del dialogo col governo, ma di li a poco quei fantasiosi del Gruppo Autostrade pubblicarono 2 progetti, facendo incavolare come una iena l’assessore Conti.

Nonostante tutti gli sforzi constato, però, che NEI FATTI siamo sempre agli anni '95-'99.
A livello nazionale è trascorsa la “fase delle signorie” con l’ulivo e il centro-sinistra (in 5 anni: 3 Presidenti del Consiglio e 5 ministri dei Lavori pubblici, a quelli citati si aggiunsero Bordon e Nesi) e sul corridoio tirrenico non si è realizzato niente.
Poi è venuto il “tempo dell’assolutismo” con Berlusconi e il centro-destra (in 5 anni: 1 Presidente del Consiglio anche se Berlusconi I e Berlusconi II e 1 Ministro delle Infrastrutture, sempre Lunardi) e sul corridoio tirrenico non si è realizzato niente.
Quindi c’è stata la breve stagione “anarchica” dell’Unione (2 anni: 1 Presidente del Consiglio, Prodi e 1 Ministro delle Infrastrutture, ancora Di Pietro) e sul corridoio tirrenico non si è realizzato niente.
Oggi è trascorso un anno della “nuova era populista” (1 Presidente del Consiglio, ancora Berlusconi e 1 Ministro delle Infrastrutture: il sindaco di Orbetello, Matteoli) e sul corridoio tirrenico non si è realizzato niente.

A dire il vero, ma ancora solo a livello di ANNUNCI e di primi importanti ATTI FORMALI, però qualcosa si è mosso 4 mesi or sono.
Il 18 dicembre 2008, il CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica), dal cui vaglio passano tutte le grandi opere infrastrutturali, ha dato il proprio assenso al progetto preliminare della SAT. Dunque, l´autostrada si può fare, secondo il tracciato previsto dalla Regione, che ha portato avanti per cinque anni la battaglia.
Completare l´asse autostradale tirrenico tra Rosignano e Civitavecchia gioverà secondo Claudio Martini non solo alla Toscana ma a tutto il paese, “alla nostra economia, ai nostri porti, al turismo e alle comunità locali”. Il presidente si è impegnato, per quanto a lui compete, a fare “un´opera di qualità e rispettosa dell´ambiente” (La Repubblica.it, 19 dicembre 2008).
Forza Claudio!

E il Ministro Matteoli ha ribadito e annunciato che "l’Autostrada si farà", i lavori inizieranno entro la fine del 2009 e termineranno nel 2013. “I costi di 3,8 miliardi sono tutti a carico del project financing e il progetto approvato dal Cipe è all'85% cantierabile entro l'anno. Il tracciato è quello già concordato nel 2006 dalla Regione Toscana e da allora nulla è stato toccato. Per il tratto laziale non c'era l'accordo. Appena sono diventato ministro, ho chiamato il presidente Marrazzo e gli ho detto, scegli tu. Così è stato” (L’occhio Viterbese, 14 marzo 2009).
Io, però, sono come San Tommaso: non credo se non vedo il primo e l'ultimo cantiere.
Comunque, forza Altero! Lunga permanenza al Ministero.

Certo, mentre lo dico, penso che noi del centro-sinistra di peccati dobbiamo averli commessi tanti per dover sperare nella lunga vita ministeriale di Attila-Altero.
Con rispetto, naturalmente.
Stefano Gentili

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