lunedì 29 ottobre 2012

DEI VERBUM RELIGIOSE AUDIENS: LA CENTRALITÀ DELL'AUDIRE

PITIGLIANO, 18 DEL POMERIGGIO. Lettere del Concilio (2) 

La DV è una guida per riflettere sui principi di rinnovamento in tutti gli altri documenti conciliari, perché “indica la fonte prima da cui procede ogni ‘aggiornamento’ nella Chiesa, ossia la Parola di Dio” (Carlo Maria Martini, 1993). E’ un po’ ” la ‘perla’ del Concilio, la ‘magna charta’ della Parola di Dio” (René Latourelle, 2000). Essa si occupa della Bib­bia come il deposito scritto della Parola di Dio o della sua auto-rivelazione.

Il proemio è veramente straordinario e rivoluzionario. “Esso presenta il Concilio che parla di se stesso, che svela la sua autocoscienza e si pone come esempio per quel ‘popolo degli ascoltanti della Parola’ (Karl Rahner) che sono chiamati a essere i cristiani. La centralità – così biblica – dell’audire, dell’ascolto, che caratterizza la postura del Concilio e dunque della Chiesa, è decisamente innovativa”  (Enzo Bianchi, 2008). “E’ come se l’intera vita della Chiesa fosse raccolta in questo ascolto da cui solamente può procedere ogni suo atto di parola” (Joseph Ratzinger).
In religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia, il santo Concilio fa sue queste parole di san Giovanni: “ Annunziamo a voi la vita eterna, che era presso il Padre e si manifestò a noi: vi annunziamo ciò che abbiamo veduto e udito, affinché anche voi siate in comunione con noi, e la nostra comunione sia col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo ” (1 Gv 1,2-3). (DV 1)

La citazione del prologo della Prima lettera di Giovanni (1Gv 1,2-3) annuncia il tema centrale e la parola chiave della Dei Verbum e dell’intero Concilio: comunione. Comunione che scaturisce dalla comunicazione che Dio, il Dio trinitario, cioè il Dio che è comunione nel suo stesso essere, fa della sua vita agli uomini e che si manifesta pienamente in Cristo (Enzo Bianchi, 2008).
Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. (DV 1, 2).

Per essere “ecclesia docens”, la Chiesa deve essere “ecclesia audiens”: per avere una Parola da insegnare, la Chiesa deve prima averla ascoltata (Enzo Bianchi, 2008).
Parole che non hanno attinto alla PAROLA talvolta transitano per le nostre comunità ecclesiali. È forse necessario che accada l’incontro con la fede, così descritto dal poeta cattolico Clemente Rebora:
“Quasi maestro agli altri mi porgevo; / ma qualcosa era dentro me severo: / Ferma il mio dire, se non dico il vero. / La Parola zittì chiacchiere mie”.

Stefano Gentili


sabato 27 ottobre 2012

4. IL MESSAGGIO DELLA SALVEZZA CON LA MEDICINA DELLA MISERICORDIA

Il Concilio ha rappresentato il punto di riferimento più alto nella vita della Chiesa del XX secolo, aprendo ad essa un nuovo cammino.

Si è pronunciato su importanti argomenti e ha consegnato alla Chiesa ricchi documenti di dottrina e di azione: 4 Costituzioni (1 pastorale, 1 liturgica, 2 dogmatiche), 9 Decreti, 3 Dichiarazioni.
Il cardinale Giacomo Lercaro, Padre conciliare, riferì in seguito le intenzioni di Giovanni XXIII, peraltro note. Il Vaticano II è “un concilio che non definisce nuove dottrine, un concilio che non condanna, ma un concilio che cerca un linguaggio con cui presentare a tutti gli uomini il messaggio della salvezza”.

Agli eventuali errori, era solito dire il Papa, bisogna opporsi con lo spirito dell’amore. Alla severità era preferita “la medicina della misericordia”.
In occasione della inaugurazione, il Papa pronuncia l’allocuzione ‘Gaudet mater ecclesia’ nella quale dichiara, appunto, terminata la stagione delle condanne e asserisce che: “Quanto al tempo presente, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore” (7,2).

L’immagine che si ripresenta alla mente con maggiore insistenza è quella di Papa Giovanni XXIII alla finestra che saluta i fedeli la sera dell’11 ottobre 1962, lì convenuti per la fiaccolata d’inizio Concilio, ai quali tiene un saluto bellissimo culminato nella famosa frase “tornerete a casa, troverete i vostri bambini, fate una carezza ai vostri bambini e dite questa è la carezza del Papa”.

Ecco, appunto: la carezza.
“E’ quella di una Chiesa che dà carezze, di una Chiesa che si sa chinare sui mali del proprio tempo, sulle complessità della vita, sulle difficoltà della vita e le lenisce con bontà, con misericordia, in modo carezzevole” (Vito Mancuso 2012)… la Chiesa del Concilio, la Chiesa di Gesù.

Stefano Gentili

martedì 23 ottobre 2012

LA LITURGIA FONTE E CULMINE DELLA VITA CRISTIANA


PITIGLIANO, 18 DEL POMERIGGIO. Lettere del Concilio (1)
Diamo inizio alle “Letture conciliari” con alcuni passaggi lievemente ragionati del primo documento approvato dai Padri, la SACROSANCTUM CONCILIUM (costituzione sulla sacra liturgia).

Essa ci offre una chiara comprensione della liturgia: essa è tutta la vita del Figlio divenuta, con la Pasqua, la vita della Chiesa e chiamata a essere, ogni giorno, la vita di ogni cristiano” (P. Marini, 2009).

LA LITURGIA È TUTTA LA VITA DEL FIGLIO CHE SI È FATTO PER NOI REDENZIONE
La liturgia infatti, mediante la quale, specialmente nel divino sacrificio dell'eucaristia,  ‘si attua l'opera della nostra redenzione’, contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa. (SC 2)

Quest'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo dell'Antico Testamento, è stata compiuta da Cristo Signore principalmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione, mistero col quale ‘morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ha restaurato la vita’. (SC 5)

Pertanto, come il Cristo fu inviato dal Padre, così anch'egli ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo. Essi, predicando il Vangelo a tutti gli uomini , non dovevano limitarsi ad annunciare che il Figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ci ha liberati dal potere di Satana e dalla morte e ci ha trasferiti nel regno del Padre, bensì dovevano anche attuare l'opera di salvezza che annunziavano, mediante il sacrificio e i sacramenti attorno ai quali gravita tutta la vita liturgica. (SC 6)

La sua (di Cristo) umanità, nell'unità della persona del Verbo, fu strumento della nostra salvezza. (SC 5)
Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. (SC 7)
È presente con la sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. (SC 7)
È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. (SC 7)

LA LITURGIA È LA VITA DELLA CHIESA CHIAMATA AD ESSERE MEMORIALE DEL MISTERO PASQUALE
Dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa. (SC 5)
Mediante il battesimo, gli uomini vengono inseriti nel mistero pasquale di Cristo: con lui morti, sepolti e risuscitati, ricevono lo Spirito dei figli adottivi, ‘che ci fa esclamare: Abba, Padre’ (Rm 8,15), e diventano quei veri adoratori che il Padre ricerca. Allo stesso modo, ogni volta che essi mangiano la cena del Signore, ne proclamano la morte fino a quando egli verrà. (SC 6)
Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa ne uguaglia l'efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado. (SC 7)

La sacra liturgia non esaurisce tutta l'azione della Chiesa. Infatti, prima che gli uomini possano accostarsi alla liturgia, bisogna che siano chiamati alla fede e alla conversione. (SC 9)
Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia. (SC 10)

Il lavoro apostolico, infatti, è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore. A sua volta, la liturgia spinge i fedeli, nutriti dei ‘sacramenti pasquali’, a vivere ‘in perfetta unione’; prega affinché ‘esprimano nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede ‘; la rinnovazione poi dell'alleanza di Dio con gli uomini nell'eucaristia introduce i fedeli nella pressante carità di Cristo e li infiamma con essa. Dalla liturgia, dunque, e particolarmente dall'eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene con la massima efficacia quella santificazione degli uomini nel Cristo e quella glorificazione di Dio, alla quale tendono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa. (SC 10)

LA LITURGIA È LA VITA DEL CRISTIANO
Essa infatti è la prima e indispensabile fonte dalla quale i fedeli possono attingere il genuino spirito cristiano. (SC 14)

In tal modo la liturgia, mentre ogni giorno edifica quelli che sono nella Chiesa per farne un tempio santo nel Signore, un'abitazione di Dio nello Spirito, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo , nello stesso tempo e in modo mirabile fortifica le loro energie perché possano predicare il Cristo. Così a coloro che sono fuori essa mostra la Chiesa, come vessillo innalzato di fronte alle nazioni, sotto il quale i figli di Dio dispersi possano raccogliersi , finché ci sia un solo ovile e un solo pastore. (SC 2)

Culmine verso cui tende l'azione della chiesa, insieme la fonte da cui promana la sua virtù, la liturgia con il suo universo celebrativo è “una grande educatrice al primato della fede e della grazia: è quello che chiamiamo l'aspetto mistico della liturgia, che non vanifica il cammino ascetico di cura minuziosa di tutte le osservanze liturgiche, ma che costituisce il cuore e l'anima” (Carlo Maria Martini).

“Oggi, occorre credere di più nella potenza della liturgia. D’ora innanzi sarà forse necessario confidare meno nei nostri atti e nella nostra volontà e più nella potenza dell’azione liturgica che è sempre potenza di Dio nella forza dello Spirito Santo. A noi spetta il compito di celebrare la liturgia nell’integralità del suo significato, nell’umile splendore dei suoi gesti e nella semplice e nobile bellezza dei suoi antichi riti” (P. Marini, 2009).

Stefano Gentili



lunedì 22 ottobre 2012

PITIGLIANO, 18 DEL POMERIGGIO. Lettere del Concilio

Prendo a prestito il titolo del libro “Roma, due del mattino. Lettere dal Concilio” che raccoglie gli scritti (lettere) di dom Helder Camara durante la sua partecipazione al Concilio Vaticano II.

E’ un libro sorprendente e prezioso e ne consiglio la lettura.

Prendo a prestito quel titolo riadattandolo a me, a noi.
Lo faccio per iniziare la lettura di alcune parti dei documenti conciliari. Di essi e dell’avvenimento conciliare, infatti, si parla molto in questo periodo e io stesso l’ho iniziato a fare e continuerò a farlo. Ma ritengo opportuno abbeverarmi di nuovo a quelle fonti che in gioventù ho avuto modo di leggere in abbondanza; poi la cosa è un po’ passata di moda….e anche io li ho lasciati sugli scaffali a prendere polvere.

Penso di non sbagliare se affermo che il 99,9% dei cattolici frequentanti (tra i 15 e i 60 anni) non hanno mai preso in mano un documento conciliare e tanto meno l'hanno letto dall'inizio alla fine o anche solo una discreta parte.
Sono invece ancora oggi una fonte inesauribile di riflessione e ricchezza, uno scrigno prezioso che va aperto di nuovo.

Io lo farò (a Dio piacendo) da PITIGLIANO, alle 18 DEL POMERIGGIO (ora del vespro) tendenzialmente tutti i MARTEDI' utilizzando questo spazio, ma potrà esserci qualche eccezione.
Lo faccio per me…e per tutte le persone che ne vorranno usufruire, leggendo, magari commentando o utilizzando il testo per qualche incontro con altri amici.

Stefano Gentili

domenica 21 ottobre 2012

3. UN CONCILIO VERAMENTE ECUMENICO

I Padri conciliari furono invitati per la prima volta da ogni parte della terra. Ogni area geografica (con tutto quello che ciò significava) era rappresentata. 
Al primo periodo conciliare parteciparono circa 2.500 padri, tra cardinali, patriarchi, vescovi e superiori di ordini o congregazioni religiose, provenienti da più di 110 Stati diversi e rappresentativi anche di tradizioni cattoliche diverse da quella latina (melchiti, armeni, copti…. 
Complessivamente, ad almeno una delle sessioni dei Concilio parteciparono circa 3.000 padri; di essi, quasi 1.900 parteciparono a tutti i lavori. 
Per tutta la durata dei lavori, i padri si avvalsero dell’appoggio di periti, esperti in questioni giuridiche e teologiche. 

Tanto per fare un confronto, il Concilio di Trento (1545-1563) fu prevalentemente europeo perché ai vescovi dell’America Latina Carlo V impedì la partecipazione: il ‘poverino’ temeva che rivelassero le tristi condizioni degli Indios. 
Il Concilio Vaticano I, che pure fu discretamente numeroso (642 partecipanti), fu solo europeo e americano. 

Il Vaticano II fu quindi veramente ecumenico e vi parteciparono anche “osservatori” di fedi non cattoliche, la cui presenza e i cui interventi al di fuori dell’aula finirono per influenzare positivamente i lavori dell’assemblea. La loro presenza è annotata nei diari di alcuni padri con grande commozione. Il loro numero variò nel corso del Concilio, dai circa 50 dell’inizio fino ai 106 dell’ultima sessione. La loro rappresentatività veniva ogni volta discussa, mentre fuor di dubbio era la caratura di personalità del calibro del grande teologo ortodosso Pavel Evdokimov, l’illustre esegeta Oscar Cullman, il priore di Taizé Roger Schutz, o autorità come Cassian Bezobrazov e Alexander Schmemann, il confronto con i quali lasciò molti segni positivi sui Concilio. 

Dal 2 ottobre 1963, fu presente anche un gruppo di laici, ufficialmente inviati come “uditori” e progressivamente coinvolti i nei lavori delle commissioni. Il loro numero crescerà progressivamente; nel settembre del 1964, dopo un intervento in aula del cardinale Suenens (“le donne, se non mi sbaglio, costituiscono circa la metà dell’umanità”), Paolo VI iscrisse al numero degli uditori anche alcune religiose e laiche. Alla sessione finale, gli uditori saranno 52: 10 religiose, una coppia di sposi, 28 laici e 12 laiche. 
Vi furono accreditati un migliaio di giornalisti di tutto il mondo. 

Ecumenico fu anche lo spirito che animò la maggior parte dei Padri conciliari, le conclusioni del Concilio e alcuni suoi documenti. Spirito riconosciuto anche da due osservatori di origine protestante, ad esempio, sulla nuova soluzione proposta nella Dei Verbum riguardo al problema cruciale dei rapporti tra Scrittura e Tradizione, R. Schutz e M. Thurian (in ‘La parole vivante au Concile’). Pensavano infatti che quella citata poteva ben essere la “soluzione ecumenica giusta per riunire i cristiani separati”. Se vi par poco! 

Stefano Gentili

martedì 16 ottobre 2012

2. IL CONCILIO IDEA DELLO SPIRITO

Il Concilio Vaticano II è stato convocato da Giovanni XXIII. 
Egli era solito ripetere che l’idea era stata un'ispirazione dello Spirito Santo: “un’illuminazione improvvisa”, “una celeste ispirazione” di cui egli stesso era stato “il primo ad essere sorpreso”
In modo arguto confidò ad un amico sacerdote, don Giovani Rossi: “Non è lo Spirito Santo che assiste il Papa. Sono io che sono semplicemente il suo assistente. Perché è lui che fa tutto. Il Concilio è stata un’idea sua” (M. Gnocchi, 2000).

Annota dom Helder Camara nel suo diario, il 20.10.1962: “Un Cardinale recita oggi la bellissima preghiera 'Adoremus, Domine Sancte Spiritus'. Difficilmente troverei i mezzi per dire allo Spirito Santo qualcosa di più e di meglio di quanto dice questa preghiera. Lo Spirito deve regnare sul Concilio”.

Così evidentemente fu, se Paolo VI definì il Concilio come il "transitus Domini per la nostra epoca" (14.4.1964) e Giovanni Paolo II replicherà il 6.10.1985,"Abbiamo contratto un debito verso lo Spirito Santo"

Stefano Gentili

sabato 13 ottobre 2012

VIVA L’EUROPA, NOBEL PER LA PACE

Personalmente ho sempre sostenuto che il merito più grande della nascita dell’Unione Europea (nelle sue varie denominazioni) fosse l’avere garantito uno spazio di pace a tutti i suoi abitanti e a tutti coloro che hanno avuto a che fare con l’Europa stessa. Il carbone e l’acciaio, il sistema monetario, la stabilità dei prezzi, l’euro, le politiche sociali, la politica agricola comune e chi più ne ha più ne metta…..un eccesso di burocrazia, personale non sempre all’altezza della situazione, ma anche grandi leader….tutto questo è stato ed è funzionale (in qualche caso disfunzionale) all’obiettivo principale: la pace, la riconciliazione, la democrazia, i diritti umani. L’inatteso riconoscimento (Nobel per la Pace 2012) è stato giustificato con le seguenti motivazioni. «L'Unione europea e i suoi predecessori hanno contribuito per più di sei decenni a promuovere la pace, la riconciliazione, la democrazia e i diritti umani in Europa», ha detto a Oslo il presidente del Comitato per il Nobel. «Il più importante risultato dell'Ue è l'impegno per la pace, la riconciliazione e per la democrazia e i diritti umani. Il ruolo di stabilità giocato dall'Unione ha aiutato a trasformare la gran parte d'Europa da un continente di guerra a un continente di pace». «Oggi una guerra tra Germania e Francia sarebbe impensabile, ciò dimostra che con la reciproca fiducia nemici storici possono diventare partner. La Caduta del Muro ha reso possibile l'ingresso dei Paesi dell'Europa centrale e orientale». «Negli anni Ottanta, Grecia, Spagna e Portogallo, entrarono nella Ue. L'introduzione della democrazia fu una condizione per il loro ingresso». «L'ammissione della Croazia per l'anno prossimo, l'apertura dei negoziati con il Montenegro e lo status di candidato alla Serbia hanno tutti rafforzato il processo di riconciliazione nei Balcani», scrive ancora il comitato, secondo il quale la possibile adesione all'Ue della Turchia «ha fatto progredire la democrazia e i diritti umani in questo paese». Chi, come me, è nato dopo il 1945 è destinato a vivere l’intera sua esistenza in uno spazio vitale esente da guerre. Chi non ha vissuto l’esperienza della guerra non può rendersi conto di cosa essa significhi. E la nostra Europa è stata per secoli teatro di scontri veramente brutali. Ne ricordo solo alcuni. → Guerra dei Trent'anni (1618-1648): le potenze Cattoliche (Spagna, Austria degli Asburgo, Lega degli Stati cattolici tedeschi) giunsero allo scontro aperto con la Francia, l'Olanda, l'Inghilterra, la Svezia e gli Stati protestanti tedeschi. → Guerra di successione spagnola (1702-1714) → Guerra di successione polacca (1733-1735) → Guerra di successione austriaca (1740-1748) → Guerra dei sette anni (1756-1763) → Prima guerra di indipendenza italiana (1848-49) → Seconda guerra di indipendenza italiana (1859- 1861) → Terza guerra di indipendenza italiana (1862-1871) → Guerra franco-prussiana (1870-1871) → Prima Guerra mondiale (1914-1918): da un lato si schierano la Germania, l'Impero austro-ungarico e l'Impero ottomano, mentre dall'altra la Francia, il Regno Unito, la Russia e la Serbia, ai quali si aggiungono nel 1915 l'Italia e nel 1917 gli Stati Uniti. → Seconda Guerra mondiale (1939-1945). Paesi dell’Asse: le potenze principali furono il Terzo Reich, il Regno d’Italia e l’Impero Giapponese alle quali si affiancarono l’Ungheria e i Paesi satelliti e alleati (come la Finlandia, la Thailandia). Paesi Alleati: le potenze principali furono Francia, Regno Unito, Unione Sovietica e Stati Uniti d’America affiancate da Polonia e Danimarca e dalle varie colonie. Insomma, sono proprio felice di questo meritato riconoscimento. Viva l’Europa. L’Europa siamo noi. Stefano Gentili

giovedì 11 ottobre 2012

1. 1962-2012. IL CONCILIO E’ DAVANTI A NOI

Proprio oggi, 50 anni fa, il quasi ottantunenne Giovanni XXIII apriva il Concilio Vaticano II. 
Una benedizione per la Chiesa e per l’umanità. 
Un dono ricevuto dalla generazione allora contemporanea, come ricordava tempo fa l’ex-Presidente nazionale dell’Azione Cattolica, Paola Bignardi (2000): “La generazione adulta ha ricevuto un grande dono: quello di essere contemporanea - o quasi – dell’evento conciliare e della stagione ecclesiale che ne è seguita". 
Un dono da testimoniare ancora oggi.“Gli adulti hanno oggi la responsabilità di testimoniare alle giovani generazioni la memoria di un momento entusiasmante nella vita ecclesiale; di raccontare loro una ricchezza che non era solo per loro, ma per tutta la Chiesa”

Un dono del quale dobbiamo ancora chiederci “che ne è stato”, come fece Giovanni Paolo II nella Tertio Millennio Adveniente, quando si chiedeva cosa ne è stato di questo evento di grazia e invitava i cristiani e la Chiesa a fare una verifica della loro corrispondenza a questo dono dello Spirito. 
Insomma, “il concilio è davanti a noi non alle nostre spalle: assumere insieme ai giovani la responsabilità di esso è un modo per rinnovarne l’impegno di attuazione”

Stefano Gentili