PITIGLIANO, 18 DEL POMERIGGIO. Lettere del Concilio (2)
La DV è una guida per riflettere sui principi di
rinnovamento in tutti gli altri documenti conciliari, perché “indica la fonte
prima da cui procede ogni ‘aggiornamento’ nella Chiesa, ossia la Parola di Dio”
(Carlo Maria Martini, 1993). E’ un po’ ” la ‘perla’ del Concilio, la ‘magna
charta’ della Parola di Dio” (René Latourelle, 2000). Essa si occupa della Bibbia
come il deposito scritto della Parola di Dio o della sua auto-rivelazione.
Il proemio è veramente straordinario e
rivoluzionario. “Esso presenta il Concilio che parla di se stesso, che svela la
sua autocoscienza e si pone come esempio per quel ‘popolo degli ascoltanti
della Parola’ (Karl Rahner) che sono chiamati a essere i cristiani. La
centralità – così biblica – dell’audire, dell’ascolto, che caratterizza la
postura del Concilio e dunque della Chiesa, è decisamente innovativa” (Enzo Bianchi, 2008). “E’ come se l’intera
vita della Chiesa fosse raccolta in questo ascolto da cui solamente può
procedere ogni suo atto di parola” (Joseph Ratzinger).
In religioso ascolto della
parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia, il santo Concilio fa sue
queste parole di san Giovanni: “ Annunziamo a voi la vita eterna, che era
presso il Padre e si manifestò a noi: vi annunziamo ciò che abbiamo veduto e
udito, affinché anche voi siate in comunione con noi, e la nostra comunione sia
col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo ” (1 Gv 1,2-3). (DV 1)
La citazione del prologo della Prima lettera di
Giovanni (1Gv 1,2-3) annuncia il tema centrale e la parola chiave della Dei
Verbum e dell’intero Concilio: comunione. Comunione che scaturisce dalla
comunicazione che Dio, il Dio trinitario, cioè il Dio che è comunione nel suo
stesso essere, fa della sua vita agli uomini e che si manifesta pienamente in
Cristo (Enzo Bianchi, 2008).
Piacque a Dio nella sua
bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua
volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo
fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi
della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2
Pt 1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile
(cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici
(cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per
invitarli e ammetterli alla comunione con sé. (DV 1, 2).
Per essere “ecclesia docens”, la Chiesa deve essere “ecclesia
audiens”: per avere una Parola da insegnare, la Chiesa deve prima averla
ascoltata (Enzo Bianchi, 2008).
Parole che non hanno attinto alla PAROLA talvolta
transitano per le nostre comunità ecclesiali. È forse necessario che accada
l’incontro con la fede, così descritto dal poeta cattolico Clemente Rebora:
“Quasi maestro agli altri mi porgevo; / ma qualcosa
era dentro me severo: / Ferma il mio dire, se non dico il vero. / La Parola
zittì chiacchiere mie”.
Stefano Gentili
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