martedì 6 novembre 2012

DIO SI COMUNICA NELLA STORIA

PITIGLIANO, 18 DEL POMERIGGIO. Lettere del Concilio (3)

Il Dio trinitario è un Dio che si comunica, ci ricorda la Dei Verbum.
Questa comunicazione non è dottrinale, ma vitale; avviene nella storia, ha come forma e centro il Cristo, come destinatario il mondo intero e come fine la salvezza dell’uomo (Enzo Bianchi, 2008).

La Dei Verbum muovendosi su questa linea porta anche il suo fondamentale contributo alla grande impresa del Concilio: riconciliarsi con la modernità. Benedetto XVI lo ha ricordato nel 2005: “Il Concilio doveva determinare in modo nuovo il rapporto tra chiesa ed età moderna”.
In effetti, a monte del Concilio stava una pesante eredità di conflitto tra Chiesa e mondo, di rottura tra modernità e cristianesimo risalente alla fine del medioevo.
La Dei Verbum offre il suo decisivo apporto a sanare l’antica questione proprio introducendo, nella sua teologia della rivelazione (DV, tutto il cap. 1), la categoria di storia, caratteristica fondamentale del pensiero moderno.

Si dice, infatti, che tutta la rivelazione è storica: “è il parlare di Dio come evento di comunicazione di sé, come la decisione e l’accadimento del parla­re, del parlare agli uomini come ad amici” (Agostino Gasperoni, 2008). E per questo abbiamo già letto DV 1, 2.

E’ storica nel suo inizio, che è la creazione.
Dio, il quale crea e conserva tutte le cose per mezzo del Verbo (cfr. Gv 1,3), offre agli uomini nelle cose create una perenne testimonianza di sé (cfr. Rm 1,19-20); inoltre, volendo aprire la via di una salvezza superiore, fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori. (DV 1, 3)

E’ storica nel suo svolgimento.
Dopo la loro caduta, con la promessa della redenzione, li risollevò alla speranza della salvezza (cfr. Gn 3,15), ed ebbe assidua cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro i quali cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene (cfr. Rm 2,6-7). A suo tempo chiamò Abramo, per fare di lui un gran popolo (cfr. Gn 12,2); dopo i patriarchi ammaestrò questo popolo per mezzo di Mosè e dei profeti, affinché lo riconoscesse come il solo Dio vivo e vero, Padre provvido e giusto giudice, e stesse in attesa del Salvatore promesso, preparando in tal modo lungo i secoli la via all'Evangelo (DV  1,3)

E’ storica nel suo compimento, che è l’evento storico Gesù di Nazareth.
Dopo aver a più riprese e in più modi, parlato per mezzo dei profeti, Dio “ alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2). Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio (cfr. Gv 1,1-18). Gesù Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come “uomo agli uomini ”, “parla le parole di Dio ” (Gv 3,34) e porta a compimento l'opera di salvezza affidatagli dal Padre (cfr. Gv 5,36; 17,4). Perciò egli, vedendo il quale si vede anche il Padre (cfr. Gv 14,9), col fatto stesso della sua presenza e con la manifestazione che fa di sé con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la sua risurrezione di tra i morti, e infine con l'invio dello Spirito di verità, compie e completa la Rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna. (DV 1, 4 a).

Dinanzi a un Dio così fatto, l’atteggiamento più corretto è quello suggerito in una sua lettera pastorale, In principio la Parola, da Carlo Maria Martini: mettersi spiritualmente in ginocchio “per adorare con commozione e gioia il mistero di un Dio che si rivela e si comunica, che si fa ‘buona notizia’ per noi, Vangelo”.

Dio si comunica nella storia e per ciò stesso dà grande valore alla storia stessa, quindi al mondo e agli uomini che ci vivono.
Infatti, “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito (… ) perché si salvi per mezzo di lui” (Giovanni, 3,16-17).
E la parola di Dio “ci dice come l'amore del Padre ha raggiunto in Cristo le varie situazioni umane, le ha rese vere, le ha illuminate e purificate dal di dentro, le ha aperte a nuove e insospettate possibilità. La vita, la morte, l'amicizia, il dolore, l'amore, la famiglia, il lavoro, le varie relazioni personali, la solitudine, i segreti movimenti del cuore, i grandi fenomeni sociali, tutta questa vita umana, insomma, ci viene consegnata dalla parola di Dio in una luce nuova e vera. E noi, mentre incontriamo questa Parola, incontriamo noi stessi, il nostro passato, il nostro futuro, i nostri fratelli.” (Carlo Maria Martini, 1981).

Stefano Gentili

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