L’ultimissima carta: il Polo della Democrazia e della Solidarietà con quaranta amici. L’intervista a Toscana Oggi-Confronto dell’8 gennaio 1995 e l’incontro di Capalbio del 3 marzo 1995, segnalavano l’approdo finale della mia visione politica.
Le elezioni del marzo 1994 con la discesa in campo di Berlusconi, il
fascino dell’imprenditore di successo che prometteva di farla finita con la
vecchia e detestata politica partitica, la sua spregiudicata politica delle
alleanze, la sciagurata macchina da guerra di Occhetto, la testarda posizione
degli ex-DC, rappresentarono la devastazione dell’assetto politico che aveva
retto l’Italia dal dopoguerra.
Naturalmente anche io non avevo previsto il fenomeno Berlusconi e
ritenevo che si potesse costruire, in un PPI rinnovato, l’alternativa popolare
al campo socialista, realizzando così la terza
fase morotea.
Anche se, sul fronte provinciale, sin dal congresso DC
del 1990, avevo parlato della necessità dell’incontro tra la tradizione
democratico-cristiana e quella comunista. Chi vuol rileggersi quel mio
intervento troverà, nel paragrafo titolato Una
particolare attenzione alla costituente proposta dal PCI, i seguenti
passaggi: “Dobbiamo operare, rispettosi
del travaglio che moltissimi comunisti stanno vivendo, perché nella nuova forza
che si andrà costituendo non prevalgano le suggestioni radical-libertarie e
populiste, ma prenda il sopravvento quello che chiamerei lo spirito di
Godesberg basato sull’etica cristiana, sull’umanesimo. Perché giunga a
superamento la pretesa di avere una risposta ideologica a tutto, come pure
venga superato definitivamente il concetto di egemonia affidato ad una classe,
ad un partito, ad un’ideologia che voleva rappresentare la chiave per aprire le
porte della storia. Consentire la riuscita di questo processo vorrebbe dire non
avere più timore della conclamata alternativa, che è l’igiene della democrazia;
e significherebbe favorire una competizione alta tra il riformismo forte di
sinistra e quello altrettanto radicale ed equilibrato dei democratici
cristiani. Ma dovrebbe anche favorire, secondo questo nuovo contesto,
collaborazione e accordi ai vari livelli con la cosa che uscirà dalla
costituente, sempre però giustificati dalla politica alta e popolare e non da
brutali questioni di potere”.
Vedevo quello storico incontro da attuare sul territorio (comuni,
provincia, regione) come un’autentica opportunità di rinnovamento perché in
quei campi era cresciuta l’erba della buona politica, purtroppo ancora insieme
a troppa gramigna. Pensavo, comunque, che il contesto esterno di indignazione,
pulizia, moralità, rinnovamento radicale, avrebbe potuto favorire l’erba buona.
Il sogno era quello di prendere i ciuffi buoni dei due campi e seminarli
nell’orto della rinascita.
• In attesa che qualcosa maturasse, tra l’incudine della
diaspora politica e il martello del tritello elettorale, insieme ad alcuni dei
soliti amici e qualche new entry, tentammo un’ultimissima carta proprio per la
provincia di Grosseto. L’8 dicembre 1994 comunicammo LA NASCITA DEL POLO DELLA
DEMOCRAZIA E DELLA SOLIDARIETÀ, sottoscritto da 40 cattolici della provincia:
Baccetti Alessandro, Biagioli Claudio, Bonelli Massimiliano, Bruscoli Mario,
Buggiani Cecilia, Caoduro Bruno, Capone Claudio, Ceccarelli Alberto, Cesarini
Adriano, De Concilis Mario, Di Paola Carlo, Furzi Adalgiso, Galli Virgilio,
Gentili Stefano, Ginanneschi Luca, Giulietti Paolo, Luti Paolo, Manini Loriano,
Mecheroni Bista, Merli Giampaolo, Messina Ombretta, Migliorini Silvia, Moretti
Agnese, Nardi Luciano, Nardi Simone, Orsini Francesco, Patti Adelina,
Piccolotti Bruno, Pistis Rosalba, Renzi Stefano, Romani Maurizio, Romualdi
Bulfardo, Saccardi Mario, Schiano Mauro, Valsecchi Pier Luigi, Vergnory
Susanna, Vescera Matteo, Vignoli Paolo, Vistoli Fabio.
Ritenevamo che fosse giunto il momento “di operare per la nascita, anche nella
nostra provincia, di un grande movimento, non rigidamente precostituito, ma
capace di coinvolgere quanti nella società civile si riconoscono nei citati
valori della democrazia e della solidarietà e di abbracciare chi, nell’ambito
delle aree culturali e socio-politiche tradizionalmente sensibili a tali
valori, è alla sincera ricerca di momenti aggregativi nuovi e capaci di dare
una risposta concreta ai molteplici problemi delle gente”. E ci
dichiaravamo disponibili a cimentarsi anche nei successivi passaggi elettorali,
qualora vi fossero stati “evidenti
segnali innovativi nelle persone, nei metodi e nei programmi”.
• L’8 gennaio 1995, in una intervista
a Toscana Oggi Confronto, ribadii i concetti coralmente espressi nel
documento di nascita del Polo, che fanno
propendere definitivamente il mio pensiero politico sul fronte dell’alternanza
tra due schieramenti, con noi schierati sul fronte alternativo al centro-destra
organizzato da Berlusconi. Ubicazione opposta a quella che teoricamente
avevo immaginato, ma in linea – come detto – con quello che avevo da tempo
auspicato almeno per la provincia di Grosseto.
Anche in questo caso ripropongo
l’intervista curata sempre dal direttore, Mariano Landini.
“L’anno da poco tramontato, tra le altre cose, ci fa intravedere, nelle
nostre zone, i bagliori di un nuovo movimento politico e culturale di
ispirazione cristiana che si prefigge l’ambizioso obiettivo di costruire un
Polo della democrazia e della solidarietà nella provincia di Grosseto. Il
manifesto fondativo è stato sottoscritto da 40 cattolici della provincia. Per
comprendere meglio il senso dell’iniziativa abbiamo rivolto alcune domande ad
uno dei fondatori, Stefano Gentili.
D. Partiamo dal
generale. Quella che abbiamo dinanzi agli occhi è la disfatta della presenza
cattolica nella politica italiana?
Assolutamente no; a patto che si comprenda – e si operi per far
comprendere – la necessità di fare i conti con il nuovo sistema politico
inaugurato dalla riforma elettorale. Non risponde al vero l’opinione che i
cattolici italiani non hanno più casa: sono, anzi, spinti ad averne due, sui
due versanti dello schieramento politico. Sarà lì che, fedeli ai valori di
sempre, dovranno contribuire, da posizioni diverse, alla costruzione della casa
di tutti.
D. Andiamo al
particolare. Quale è il senso della vostra iniziativa politica?
Anche noi stiamo cercando di lavorare per mantenere attiva la presenza
dei cattolici in provincia. Nella nuova democrazia dell’alternanza, chi ha la
nostra biografia sente più congeniale lavorare per la costruzione di un moderno
polo riformatore, senza con questo giudicare negativamente quei cattolici che
si ritroveranno legittimamente nell’altro polo.
Quello che mi sembra pericoloso è invece perseguire l’illusione di un
nuovo partito centrale. Illusione perché il partito del centro nel
maggioritario non esiste; pericolosa perché mentre ci si avventura nella
ricerca di qualcosa che non c’è, altri organizzano i poli prima e senza di noi.
Cosa, che in parte è già avvenuta.
D. Un partito
d’ispirazione cristiana, allora non ha più senso?
Intanto di forze che esplicitamente dichiarano di ispirarsi ai valori
cristiani ne vedo almeno tre: i Cristiano-sociali, il PPI, e il Centro
Cristiano Democratico (il CDU non era ancora nato).
E, paradossalmente, l’anomalia è rappresentata dall’attuale PPI. Perché
non vuol scegliere e perché è minato da insanabili contraddizioni interne che
non fanno pronosticare una lunga vita: non è possibile, infatti, che la
simpatia di alcuni per la concezione liberista di Forza Italia possa stare
insieme alla visione nettamente solidaristica degli altri. L’ispirazione
cristiana può quindi ormai concretizzarsi in forme politiche differenziate e
tutte legittime (se coerenti con la matrice). Quello che ha mosso la nostra
iniziativa è stata la volontà di tenere alto il vessillo del popolarismo di
ispirazione cristiana che ha senso se agisce da coscienza critica, se è animato
da coraggioso riformismo e opera scelte di progresso e se si propone di
veicolare il centro della società civile (questo sì esistente e determinante)
sino a farlo diventare forza trainante del Polo della democrazia e della
solidarietà.
D. Ma in una
provincia come la nostra non rischiate di diventare un semplice cespuglio sotto
la Quercia?
E perché mai? Quando diciamo di voler costruire il Polo della democrazia
e della solidarietà con i Progressisti non vogliamo dire che si debbono accettare
alcune mitologie della sinistra tradizionale, né teorie etiche permissive.
Anzi, chiediamo proprio ai Progressisti di europeizzarsi. Il progressismo da
qualche anno in Europa si sta rimodellando su proposte politiche che, come
quella di Delors, mettono insieme le spinte del riformismo di ispirazione
religiosa insieme alle eredità positive del liberalismo e dell’apertura
sociale. Scegliere di costruire il Polo della democrazia e della solidarietà
non vuol dire, allora, indossare casacche diverse, ma riproporre, in un mutato
sistema politico, quello che, ad esempio, da tempo propone il cattolico
Gorrieri sulle politiche sociali.
D. Come è possibile quello che
dici?
Superando quelli che sono i mali della politica nostrana: l’eccesso di
provincialismo, la scarsa cultura politica, l’attaccamento e la fame di potere.
D. Cosa temi da parte progressista?
Che non si colga la rilevanza culturale dell’iniziativa e si ragioni solo
secondo logiche di schieramento e di potere.
D. Cosa temi da parte
dei cattolici della provincia?
Che continuino ad ignorare, con tutta tranquillità, l’ingiustizia
esistente e che si pensino di centro tra la giustizia e l’ingiustizia. Che non
si schierino dalla parte dei poveri e dei deboli, ma cerchino un’inesistente
terza via tra ricchi e poveri, tra interessi forti e interessi deboli, tra il
pianto del Sud del mondo e l’opulenza del Nord. Che siano ammaliati – in nome
di un becero anticomunismo – dalle americanate di Berlusconi che scopre le
povertà nazionali girovagando il Paese, commosso (sic!), con l’elicottero e le
scarpe da tennis”.
Questo è dunque il “Gentili-pensiero”
(come lo battezzerà ironicamente in seguito Enzo Rossi) della fase politica
precedente a quella amministrativa provinciale, che troverà il suo approdo il 3
marzo 1995 a Borgo Carige, dove alcuni vecchi amici, tra cui il carissimo Luigi
Corazzini, mi invitarono a fare “Quattro
chiacchiere sulla situazione politica italiana”. Il testo di
quell’intervento è ancora una volta rintracciabile sul mio Blog: http://stefanogentili.blogspot.com/2015/03/quattrochiacchiere-sullasituazione.html
Lo conclusi con una famosa frase di Aldo Moro: “Questo paese non si salverà e la stagione
dei diritti si rivelerà effimera, se non nascerà in Italia un nuovo senso del
dovere”.
Ne ero proprio convinto.
Gennaio 1995 - Gruppo di famiglie alla Maiella