O meglio, come le forze e le convinzioni del momento gli consentivano di viverlo e, quindi, ora prendendo il toro per le corna ora tentando di schivarlo. Talvolta agendo più in solitaria, tal’altra usufruendo dell’apporto regionale e nazionale, specie grazie al contributo offerto dall’Azione Cattolica diocesana, associazione che per una lunga fase dei citati 35 anni (e a mio parere ancora oggi) ha rappresentato il fulcro della vita laicale associata.
E’ in questo grande sforzo della nostra chiesa diocesana di essere testimone sempre più autentica del suo Signore nel vortice di un cambiamento, a volte tellurico, che si inserisce la vicenda dei cristiani laici della diocesi.
Se dovessi ricordare in estrema sintesi i principali eventi e fatti che hanno potuto influenzare la vita dei nostri laici direi i seguenti:
•i Convegni diocesani di Palidoro e seguenti,
•i Corsi sociali e sulla Dottrina sociale cristiana,
•l’esperienza dei Campi-scuola diocesani e regionali,
•l’accompagnamento che l’Azione Cattolica ha assicurato per lungo tempo alla formazione dei Gruppi parrocchiali giovanili e le occasioni formative che la stessa ha promosso mediante incontri con responsabili nazionali e regionali preparati e testimoni,
•il rinnovamento della Catechesi, specie attraverso i convegni annuali dei catechisti,
•la nascita del settimanale diocesano Confronto,
•l’organizzarsi della Caritas nelle singole parrocchie,
•la Scuola di formazione all’impegno sociale e politico,
•il Sinodo diocesano e le sollecitazioni del Vescovo Mario.
Alcuni di questi sono stati veri e propri eventi ecclesiali, altri settoriali e qualcuno di nicchia; non è facile quindi misurare l’influenza provocata sul laicato cristiano, anche perché il termometro non è del tutto nelle nostre mani (mi soffermerò, in seguito, sui tre avvenimenti che ritengo più significativi).
Certo è, almeno ai miei occhi, che cambiamenti, crescite, conversioni ci sono state; non hanno coinvolto masse sterminate di fedeli, ma sono transitate nel profondo delle coscienze di tanti singoli laici che, in un tempo difficile, hanno maturato scelte di vita impegnative e significative.
E non era facile, anche perché si veniva da una fase diocesana delicata quanto ai laici: questo almeno mi sembrò di comprendere quando, da poco maggiorenne, fui scelto come Presidente diocesano e scaraventato nell’arena. Scegliere un diciannovenne come presidente dell’AC unitaria poteva essere dettato dal coraggio o dalla disperazione (mi si passi il termine). Forse entrambi, ma ciò non toglie che stessero ad indicare la difficoltà di acquisire disponibilità o la necessità di produrre forti cambiamenti.
In effetti, dal 1970 al 1976 l’AC diocesana era passata da 1372 a 587 iscritti e il gruppo dei laici più impegnati di allora, perlopiù costituito da giovani-adulti, per motivi di lavoro dovette lasciare la diocesi e, forse, la parte più adulta risentiva ancora molto di una educazione pre-conciliare che faticava ad innestare i cambiamenti che la Chiesa italiana post-conciliare e l’Azione Cattolica della scelta religiosa reclamavano.
Non che a livello parrocchiale non vi fossero belle figure laicali. Anzi, uomini e specialmente donne di profonda spiritualità, senso della chiesa, attente al prossimo, specie quello più bisognoso, costellarono la vita di alcune parrocchie. Qualcuna ci ha lasciato, altre sono ancora con il testimone in mano a condurre la buona battaglia.
Ma certo, il numero era troppo esiguo, soprattutto rispetto al corpo cattolico ancora molto tradizionalista, per sopportare lo sforzo che ci attendeva: convertirsi come singoli e come comunità ecclesiale alla Chiesa tratteggiata dal Concilio Vaticano II, anche per quel che riguardava la vocazione e il ruolo dei laici.
Stefano Gentili
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