Provvidenzialmente due eventi concomitanti e provenienti entrambi dall’esterno innestarono il cambiamento: l’avvento del nuovo Vescovo, Giovanni D’Ascenzi (dicembre 1975) e l’esperienza dei campi-scuola regionali (quelli che ricordo vanno dal 1972 al 1978), griglia di partenza di quelli diocesani (dal 1977).
Il nuovo vescovo dette la sveglia e provocò la scossa necessaria. Specie attraverso i Convegni di Palidoro (ma anche quelli successivi di Triana, Pitigliano, Orbetello) l’azione della nostra Chiesa fu messa a ferro e a fuoco, nel senso che tutta la sua pastorale fu sottoposta ad un vaglio molto accurato e furono individuati i passi idonei a produrre il cambiamento.
Non pochi di questi passi prevedevano il coinvolgimento diretto dei laici e delle loro organizzazioni, Azione Cattolica in primis, ma anche di categoria (maestri, insegnanti, universitari, medici, lavoratori) sia nella fase della testimonianza che in quella della elaborazione pastorale: videro la luce i primi Consigli Pastorali Diocesani, composti da molti laici, anche di provenienza, per così dire, extra-moenia. Il primo del 1977 era articolato in 20 sacerdoti, 6 suore e 27 laici, oltre al Vescovo.
Forte spirava il vento della diocesanità e questo lo percepivano anche i cristiani laici, invitati ad ampliare i propri orizzonti localistici.
Molta attenzione fu posta nell’analisi e nella terapia per la evangelizzazione della popolazione di campagna, allora ancora numerosa.
Nel settembre del 1977 fu addirittura costituito il Comitato Permanente per la promozione socio-culturale della montagna amiatina, alla luce della perdurante crisi economica e occupazionale di quella zona.
Nel marzo 1979 una serie di interessanti conversazioni sull’occupazione giovanile, l’Europa e di natura religiosa videro la presenza di relatori d’eccezione, come Giuseppe De Rita, Cesare Dall’Oglio, Mario I. Castellano, Pietro Pavan.
Durante il marzo del 1982 vide la luce il primo incontro di laici cattolici (corredato da due opuscoli dai titoli significativi: “Per una presenza attiva ed efficace della nostra Chiesa nella società” e “Missione dei laici nella Chiesa e nella società”), nel quale il Vescovo – dopo avere enucleato una serie di problemi della nostra zona (invecchiamento, disoccupazione-emigrazione giovanile, denatalità, distacco tra sociale e politico) – ricordava: “mio dovere è denunciare i problemi e suscitare la vostra sensibilità all’impegno serio per risolverli con spirito di servizio per amore della giustizia”. Ed invitava i laici cristiani a “conoscere bene, e perciò studiare, lo squilibrio e le distorsioni presenti nel nostro territorio, ricercarne le cause vere e profonde, così da proporre rimedi efficaci”, ad “acquisire una conoscenza adeguata della Dottrina sociale della Chiesa” ed a “lavorare uniti per una presenza efficace”.
La nostra Chiesa, insomma, si apriva al mondo, al sociale, alle professioni, spingeva per la creazione di cooperative giovanili, dialogava e sfidava il mondo della politica sia nella parte più istituzionale, allora egemonizzata da personale comunista e socialista, che in quello partitico con l’allora naturale riferimento alla DC sempre più in fase di consunzione.
Con in mano la dottrina sociale cristiana – presentata in diversi corsi o giornate di riflessione e aggiornamento - la Chiesa diocesana, specie nel suo vertice - appariva all’avanguardia anche rispetto a chi aveva fatto fino allora del progresso e dell’uguaglianza il proprio vessillo.
In campo culturale e formativo nacquero i centri Tre Fontane di Orbetello, Fortezza Orsini di Pitigliano, Silvio Piccolomini di Triana.
L’entusiasmo fu tanto, la sorpresa fu enorme e le resistenze lo furono altrettanto. Non sorpresero quelle esterne, colpirono quelle interne.
Non è questa la sede per un bilancio di quella stagione – ricca di tante altre iniziative – ma da lì scaturì la spinta iniziale ad un rinnovato impegno dei laici cristiani nella chiesa e nella società, dalla quale non si sarebbe più tornati indietro. Anche se nel concreto di alcuni protagonisti laici di quel periodo in seguito si verificò un ritorno ai ranghi di partenza: chi all’esterno, allontanandosi progressivamente dalla vita ecclesiale quotidiana, chi all’interno, allontanandosi dalla vita sociale. Con danno reciproco. E le associazioni cristiane di categoria languirono sino all’estinzione.
Stefano Gentili
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