venerdì 18 novembre 2011

7. L’AZIONE CATTOLICA CONCILIARE TRA STORIA E TEOLOGIA

IL VENTO DEL CAMBIAMENTO
L’AC, come abbiamo visto nel primo paragrafo, si trova dunque nel vortice del cambiamento, che la turba e la entusiasma.
L’entusiasmo nei responsabili più sensibili è legato alle buone notizie conciliari.

Il turbamento deriva dal processo di secolarizzazione in atto, dalle resistenze al nuovo provenienti da una larga fetta della gerarchia ecclesiale e del clero ed anche dalle perplessità e resistenze di non pochi responsabili e iscritti di base dell’associazione.

E’ turbata dal crollo verticale delle iscrizioni. Nel 1948 contava 2.500.000 mila iscritti; nel 1964, 3.500.000 mila; nel 1974 ne conterà 600.000 mila. Nel 2004 si stabilizzeranno intorno ai 350.000 mila.
Perde il consenso di ampi strati della popolazione, ma bisogna tener presente un altro fattore. L’AC degli anni settanta non è più l'unica Associazione dei laici cattolici. Dopo il Concilio nascono nuove realtà, alcune delle quali fondate anche da ex appartenenti all'associazione. Il Movimento dei Focolari, la Comunità di Sant’Egidio, Comunione e Liberazione (che fu parte dell'AC fino alla fine degli anni '60), il Rinnovamento nello Spirito cominciano proprio dagli anni sessanta la loro diffusione e crescita.
Altre associazioni dall’AC un tempo coordinate, diventano autonome e vanno per la loro strada.
Nel complesso il numero di laici cattolici impegnati è andato solo parzialmente diminuendo, essendosi distribuito in realtà diverse.

Ed è anche turbata dalla strada da intraprendere per rinnovare la sua struttura alla luce dei dettami del Concilio, consapevole, specie nel presidente che la guidava, che “non è … che la modificazione delle strutture statutarie possa costituire il toccasana dei nostri problemi. Vi ho ripetuto forse anche troppe volte quanto sia convinto che ciò che conta davvero è il cambiamento di mentalità, la disponibilità del cuore, la generosità del dono” (1).

Provvidenzialmente, c’è un Papa amico (Paolo VI) e una parte della gerarchia decisa a concretizzare le linee conciliari (Mons. Enrico Bartoletti, Mons. Filippo Franceschi, Mons. Emilio Guano, per citarne alcuni).
Provvidenzialmente, sono gli anni della presidenza di Vittorio Bachelet (2) e dell’assistente generale, Mons. Franco Costa (3).
E’ con questi protagonisti – e molti altri – che nasce la scelta delle scelte: la scelta religiosa.

LA SCELTA RELIGIOSA
Ma cosa è la scelta religiosa?
Per spiegarlo utilizzo le riflessioni di due presidenti nazionali, Vittorio Bachelet e Alberto Monticone.

La prima citazione è veramente illuminante; sono parole di Vittorio Bachelet tratte da un’intervista del 1979, dove lui ripete parole del 1965:
“Di fronte a questo mondo che cambia, di fronte alla crisi di valori, nel cambiamento del quadro sociale e culturale, forse con una intuizione anticipatrice, o comunque con una nuova consapevolezza l’AC si chiese su cosa puntare. Valeva la pena correre dietro a singoli problemi, importanti, ma consequenziali, o puntare invece alle radici? Nel momento in cui l’aratro della storia scavava a fondo rivoltando profondamente le zolle della realtà sociale italiana che cosa era importante? Era importante gettare seme buono, seme valido. La scelta religiosa – buona o cattiva che sia l’espressione- è questo: riscoprire la centralità dell’annuncio di Cristo, l’annuncio della fede da cui tutto il resto prende significato. Quando ho riflettuto a queste cose e ho tentato di esprimerle ho fatto riferimento a S. Benedetto che in un altro momento di trapasso culturale trovò nella centralità della liturgia, della preghiera, della cultura il seme per cambiare il mondo, o – per meglio dire – per conservare quello che c’era di valido dell’antica civiltà e innestarlo come seme di speranza nella nuova. Questa è la scelta religiosa”.

La seconda è una bella e storicamente fondata spiegazione di Alberto Monticone (4):
“Per scelta religiosa dell’ACI si intende l'inizio di un nuovo modello di associazionismo ecclesiale, alla luce del Concilio al servizio della comunità ecclesiale e dei suoi Pastori, affidato con metodo democratico alla responsabilità dei laici, radicato nelle realtà locali, avente come finalità primaria la formazione di laici cristiani lungo l'arco di ogni età, che conseguono la loro azione nella Chiesa e nella società in forma aggregata. Essa intese gettare un ponte tra l'appartenenza alla città di Dio nella sua concretezza locale e la partecipazione da cristiani alla città dell'uomo, anche questa individuata nella specificità di tempo e di luogo. La scelta religiosa abbandonò negli anni ’60 il collateralismo politico con il partito della DC, pur riconoscendo in esso il riferimento ai valori umani sorretti dall’ispirazione cristiana, lo sforzo di mediazione per la laicità della politica e la presenza di donne e uomini formatisi nella stessa ACI. Contribuì a distinguere l'ambito ecclesiale da quello politico partitico, mirò a liberare la Chiesa dal coinvolgimento in politica, affermò il valore della laicità cristiana esercitata in forma individuale e collettiva. In sostanza fu la scelta associativa per un laicato conciliare e per una cittadinanza cristianamente ispirata e laicamente declinata”.

La scelta religiosa, non fu una presunzione, né un’evasione spiritualistica. Nacque da un giudizio storico, severo e radicale. Nacque dalla convinzione che il regime di cristianità (5) fosse avviato ad un irreversibile tramonto e che, piuttosto che tentare restaurazioni - impossibili e neppure desiderabili - convenisse piuttosto prepararsi ai tempi nuovi ripartendo dalle fondamenta, dal nucleo essenziale della fede, dalla fede nuda e pura (6).

La radicalità del cambiamento imponeva un mutamento di scenario, ripartire dalla radice e prepararsi ai tempi lunghi, in attesa che quel che si era seminato cominciasse a germogliare e infine a dar frutto.
Essa non fu mai sinonimo di fuga dalle realtà temporali, non doveva portare i fedeli laici a rinchiudersi in sacrestia; spingeva piuttosto la Chiesa intera a farsi presente in ogni campo dell'impegno temporale, restando però sul piano religioso ed etico che le è proprio: annunziando la Parola, comunicando la vita divina con i sacramenti, testimoniando la fede nel cuore dei problemi dell'uomo attraverso il servizio della carità.


(1) Ernesto Preziosi, Il Concilio, l’AC, lo Statuto, in Dialoghi, 03/2003, p. 75.
(2) Vittorio Bachelet. Papa Giovanni XXIII nel 1959 lo nomina vicepresidente nazionale e nel 1964 Paolo VI lo nomina Presidente Generale per la prima volta (verrà riconfermato anche per i due mandati successivi, fino al 1973).
(3) Mons. Franco Costa, assistente centrale della FUCI dal 1955 al 1963 e assistente generale dell'ACI dal 1963 al 1972.
(4) Tratto da Alberto Monticone (Presidente nazionale dell'Azione Cattolica dal 1980 al 1986), La scelta religiosa dell’Azione Cattolica e il cattolicesimo italiano.
(5) Il regime di cristianità aveva implicato l’ esistenza di una società organica in cui l’ appartenenza cristiana era stata lo sfondo e l’ ispirazione necessaria della vita della persona umana dall’ inizio alla fine. Lo si considera realizzato nel periodo medievale.
(6) Come dirà Giuseppe Dossetti. Uomo politico, poi sacerdote e monaco, sostenne e difese la dignità e la centralità della persona; fu testimone autentico della radicalità del Vangelo, della ricerca dell’essenziale, della fedeltà alla parola di Dio. Diceva che si deve vivere la fede pura, senza puntelli e senza presìdi di sorta, che i cristiani si devono ricompattare sulla parola di Dio e sull'Evangelo. “Di fronte alle difficoltà, sempre più dovremo, in questa nuova stagione che si apre nel nostro paese, contare esclusivamente sulla parola del Signore, sull'Evangelo riflettuto, meditato, assimilato. Siamo destinati a vivere in un mondo che richiede la fede nuda e pura. E la Chiesa stessa, se non si fa più spirituale, non riuscirà ad adempiere alla sua missione e a collegare veramente i figli del Vangelo”.

Ad maiorem Dei gloriam.
Stefano Gentili

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