giovedì 10 novembre 2011

2. L’AZIONE CATTOLICA CONCILIARE TRA STORIA E TEOLOGIA

SINTETICO RAGIONAMENTO STORICO DEGLI ANNI ’50 SU SOCIETA’, CHIESA, AC
E’ necessario considerare che le annotazioni che seguono sono solo alcune di quelle che dovrebbero essere fatte e per di più solo quelle che ci interessano ai fini del nostro tema.

La Società: sacrifici e consolidamento democratico
Il primo dopoguerra sino al tramonto del centrismo (1) fu un tempo di sacrifici che servì a ricostruire il Paese e a consolidarlo nel sistema democratico. Avviò l’Italia sulla via di un consistente sviluppo economico principalmente nel campo industriale, arricchì i ceti benestanti, buona parte della borghesia e migliorò anche le condizioni di vita di ampi strati della popolazione. Lo sviluppo si realizzò anche grazie al sacrificio di parte del mondo del lavoro, segnato da un'imponente ondata di emigrazione interna verso i centri industriali italiani ed internazionali (l'Europa settentrionale e le Americhe).
La ricostruzione implicò una valorizzazione generale delle virtù tradizionali del popolo di prevalente stampo cristiano: familismo, solidarismo, morigeratezza nei costumi e nei consumi, propensione al risparmio.
Valori e doveri civici coincidevano ancora con le virtù cristiane, proposte con costanza anche dall’Azione Cattolica.
Sino alla fine degli anni ’50 l’onda lunga della secolarizzazione (2) non era ancora giunta a devastare la protetta cristianità italiana.

La Chiesa: società perfetta
L’idea dominante di Chiesa era quella di una società perfetta, sovrana e gerarchicamente strutturata.
La cosa non stupisca più di tanto. Essa era figlia della teologia post tridentina (3), la quale - di fronte alla Riforma protestante che negava la visibilità della Chiesa - aveva insistito sul carattere societario della Istituzione ecclesiastica. La Chiesa da allora fu presentata come “società perfetta”, con i suoi organismi dottrinali e con le sue strutture amministrative, simili a quelle degli Stati moderni assoluti del tempo.
Essa pertanto aveva una configurazione autoritaria, centralizzata e piramidale.
Poco spazio quindi restava alla partecipazione dei laici alla vita della Chiesa che non fosse subalterna ai valori del Papa, Vicario di Cristo (4).
In larghi strati del corpo cattolico il mondo era considerato come una realtà estranea posta al di fuori e di fronte alla Chiesa che andava affrontata; esso era considerato come un ordine naturale rovinosamente condizionato dal peccato originale e da Satana (5).
Nel clima montante della guerra fredda, la sia pure riaffermata imparzialità della Chiesa ad opera del Papa che si poneva al di sopra degli uomini e degli Stati (6), non resse l’urto della guerra religiosa che per vie autonome coinvolse le masse cattoliche in eccitate battaglie contro il demoniaco nemico comunista.
La dottrina di Papa Pacelli in materia di Azione Cattolica seguì quella del suo predecessore, Pio XI, ma si adattò a precise esigenze strategiche. Si delineava, infatti, il problema fondamentale della riedificazione spirituale di un mondo che la guerra aveva diviso in due blocchi contrapposti.
Si trattava del cosiddetto ritorno a Cristo: “il ritorno a Cristo nelle coscienze, nei focolai domestici, nel pubblico costume, nelle relazioni fra classi sociali, nell’ordine civile, nei rapporti internazionali” (7).

L’Azione Cattolica: docile e combattiva

L’assistenza di una forza bene organizzata, compatta, docile ai valori del Papa, era dunque utilissima per un’azione pastorale a vasto raggio. E l’AC per Pio XII era proprio questo: “un sussidio prezioso”, “ma”, sia chiaro, “valido in via strumentale e subordinata”.
Essa sarebbe stata la leva fondamentale per instaurare il ritorno a Cristo.
L’AC, scompaginata nelle sue fila dalla guerra, nell’opera di riorganizzazione si conformò al volere del Papa e, soprattutto, attraverso Luigi Gedda (8) si caratterizzò per un forte attivismo e un forte uso strumentale dell’azione dei laici. Gedda è ancora ricordato per la sua più nota realizzazione: i Comitati Civici sorti i primi mesi del 1948 (9).
Il tipo di AC che emerse era funzionale ad una sempre più estesa ramificazione sociale, al fine di trasmettere i valori cristiani nei vari settori della società civile.
Gli fu chiesto, inoltre, di ricondurre sotto la sua guida, e quindi della Gerarchia, tutti quegli organismi associativi di ispirazione cattolica che costituivano il punto d’incontro tra la Chiesa e le categorie sociali e professionali.
Al tempo stesso essa assicurava una estesa area di consenso organizzato e di massa al Partito unico dei cattolici (la DC) che all’inizio non fu il partito della Chiesa, ma lo divenne nel giro di pochi anni e in suo favore giocò largamente l’unità politica dei cattolici (10) e appunto l’appoggio dell’organizzazione ecclesiastica: parrocchie, clero, AC.

Sia chiaro, l’AC non era solo quella a conduzione Gedda; vi era anche il filone che faceva capo ad Armida Barelli (dal 1946 al 1949 vice presidente generale dell’AC), portatrice delle istanze di Padre Agostino Gemelli della Università Cattolica, che dal 1920 al 1950 percorse più volte l’Italia per la diffusione della Gioventù Femminile (raggiungendo la cifra di 1.500.000 iscritte), e vi erano i movimenti intellettuali della Fuci (e poi del Movimento Laureati) di Giovanni Battista Montini (il futuro Paolo VI) e Igino Righetti con una linea culturale di rifiuto delle posizioni antimoderne prevalenti nel mondo cattolico.
Ma il sopravvento, come forza d’urto le presero le prime due tendenze di massa (Gedda, e la GF) rispetto alla linea minoritaria degli intellettuali montiniani, anche se le posizioni più avanzate di questi ultimi sul terreno religioso e della riflessione teologica fruttificheranno in non poche acquisizioni conciliari.
Tale visione dell'AC (quella di Gedda), che si concretizzava in una forte presenza sociale e nel sostegno politico alla DC, si era affermata, ma a fronte di accesi contrasti come dimostrano le critiche mosse da Giuseppe Lazzati (11) (che difendeva appassionatamente l’autonomia politica del cristiano e giungeva alla giustificazione della diversità delle opzioni dei cattolici sul piano politico, legata alla necessaria unità sul piano dell’azione cattolica) e le resistenze ai vertici dell'Associazione che sfoceranno nelle dimissioni dei presidenti della GIAC: di Carlo Carretto prima (1952) e di Mario V. Rossi poi (1954). Per gli stessi motivi si dimette, o meglio viene dimesso, anche don Arturo Paoli (12), dal 1949 vice assistente della stessa Gioventù maschile di AC.
Va anche tenuto presente, come in parte accennato, che le iniziative e le linee di tendenza dell’associazione in quegli anni si rifanno all’ecclesiologia del tempo che vede nell’apostolato, nella missione di ogni ambiente, verso i lontani, lo scopo proprio della testimonianza cristiana. Il metodo usato fu quello della “base missionaria”: suo punto di partenza fu la necessità di mobilitarsi e agire perché tornassero a Cristo gli uomini, le famiglie, le città, l’umanità intera (impostazione pacelliana). E non fu solo un fatto organizzativo, ma di stile: il cristianesimo doveva essere diffusivo, in grado di irradiare Cristo (lo richiama il segno rappresentato dai distintivi di tutte le associazioni di AC con al centro una croce da cui partono dei raggi), deve essere lievito ovunque, stile di vita e di azione (13).
I meriti di quel periodo e di quelli precedenti sono scolpiti sulla pietra e la storiografia più avveduta ne offre un discreto panorama, come ebbe a dire Papa Paolo VI nel 1966 (14).

(1) Il centrismo nella storia d'Italia è stata la formula politica imperniata sulla Democrazia Cristiana che ispirò i governi della Repubblica Italiana dal 1947 al 1958 e, almeno formalmente, fino al 1963. In senso lato, può essere definito come le tendenza a creare aggregazioni politiche di centro.
(2) Tra il XIX e il XX secolo, il termine secolarizzazione indica propriamente quel fenomeno in base al quale la società non adotta più un comportamento sacrale e si allontana da schemi, usi e costumi tradizionali specie di matrice religiosa; questo fenomeno investe tutto il sistema dei valori, modificandoli e, con essi, trasformando anche le identità, le appartenenze.
(3) Il Concilio di Trento o Concilio Tridentino fu il XIX Concilio ecumenico della Chiesa cattolica, aperto da papa Paolo III nel 1545 e chiuso, dopo numerose interruzioni, nel 1563. Con questo concilio venne definita la riforma della Chiesa (detta Controriforma) e la reazione alle dottrine del calvinismo e luteranesimo (Riforma protestante).
L'aggettivo tridentino viene usato ancora oggi per definire alcuni aspetti caratteristici della Chiesa cattolica ereditati da questo concilio e mantenuti per i successivi tre secoli, fino ai concili Vaticano I e Vaticano II. Periodo, appunto post-tridentino.
(4) “Non voglio collaboratori, ma solo esecutori”, avrebbe affermato Pio XII (pontefice dal 1939 al 1958).
(5) “Sub signo peccati et Satanae” si diceva.
(6) Confrontare con il Radiomessaggio di Natale del 1947.
(7) Pio XII, Allocuzione del 4 settembre 1940.
(8) Luigi Gedda fu presidente centrale della Gioventù Italiana di Azione Cattolica (GIAC) dal 1934 al 1946, presidente degli Uomini di Azione Cattolica dal 1946 al 1949, presidente generale di tutta l'associazione dal 1952 al 1959.
(9) I Comitati Civici vennero fondati l’8 febbraio 1948 e in poche settimane furono costituiti oltre ventimila comitati locali. La rapida diffusione su tutto il territorio nazionale venne resa possibile dal notevole sostegno economico e soprattutto organizzativo che giungeva da parte dell'episcopato, espressamente sollecitato dal pontefice e un ruolo determinante lo ebbe la capillare diffusione dell'Azione Cattolica.
(10) Spinte - ancora non del tutto nitide, ma già forti - provenienti dalla gerarchia verso l’unità politica dei cattolici sono ravvisabili sin dalle elezioni per l’Assemblea Costituente e il simultaneo referendum istituzionale del 1946.
(11) Indimenticabile, il famoso articolo di Giuseppe Lazzati, dall’emblematico titolo, Azione cattolica e azione politica, apparso sul n. 20 di Cronache Sociali del novembre 1948, là dove riproponendo la tesi di J. Maritain della distinzione tra l’agire “da” cristiani e l’agire “in quanto” cristiani, richiamava con evidente allusione ai Comitati civici, “i limiti che si pongono all’Azione Cattolica e che non si possono superare senza andare contro alla sua essenza e perciò senza compromettere la Chiesa…”.
(12) Arturo Paoli, sacerdote, partecipa tra il 1943 e il 1944 alla Resistenza e svolge la sua missione sacerdotale a Lucca fino al 1949, quando viene chiamato a Roma come vice-asistente della Gioventù di Azione Cattolica, su richiesta di Mons. Montini, poi papa Paolo VI. Qui si scontra con i metodi e l'ideologia di Luigi Gedda, presidente generale dell'Azione Cattolica e all'inizio del 1954 riceve l'ordine di lasciare Roma per imbarcarsi come cappellano sulla nave argentina "Corrientes", destinata al trasporto degli emigranti.
Arturo compie solo due viaggi. Sulla nave incontra un Piccolo fratello della Fraternità di Lima, Jean Saphores, che Arturo assisterà in punto di morte. A seguito di questo incontro decide di entrare nella congregazione religiosa ispirata a Charles de Foucauld e vive il periodo di noviziato a El Abiodh, al limite del deserto, in Algeria.
(13) Ernesto Preziosi, Breve profilo storico dell’Azione Cattolica Italiana, Ave, 1984, pag. 61
(14) Paolo VI, Discorso ai partecipanti al Convegno nazionale dell’ACI, 26 marzo 1966. “Come si presenta oggi, dopo il Concilio, l’Azione Cattolica Italiana? Dovremmo dare uno sguardo retrospettivo alla sua storia, che tocca ormai il centenario. Sotto questo aspetto Noi dobbiamo nuovamente riconoscere ch’essa si presenta piena di opere e di meriti. Ci piace vedere che finalmente coloro che descrivono la storia italiana da un secolo a questa parte devono avvertire l’esistenza e l’efficienza di codesta corrente pensante ed operante di cattolici nel cuore del popolo e nello svolgimento della sua vita; si tratta d’un fenomeno molto vasto e profondo, sentito, meditato e sofferto da persone degnissime e numerose, tutto penetrato da ideali nobilissimi: di fede, di cultura, di rinnovamento sociale, di progresso, di amore al popolo, di fedeltà alla Chiesa, di speranza nell’avvenire. È tradizione da ricordare”… e “Ci sembra dover concludere che la posizione della Chiesa oggi in Italia deve moltissimo a quei movimenti di laici cattolici, animati e guidati dal Clero, che hanno organizzato, parlato, scritto, combattuto perché la religione e i principi che ne derivano agissero come fermento vitale nello sviluppo della società; non fu opera vana; fu efficace e salutare, non solo per la causa cattolica, ma per il Paese intero. Diremo di più a questo riguardo: l’animazione spirituale, morale, sociale e civile senza posa alimentata da tali movimenti, che adesso comprendiamo sotto il nome generico di Azione Cattolica, ha davvero preparato, sotto certi aspetti. il Concilio Ecumenico”.


Ad maiorem Dei gloriam.
Stefano Gentili

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