SINTETICO RAGIONAMENTO STORICO DEGLI ANNI ’60
Degli anni ’60 ci è utile ricordare alcuni fenomeni socio-culturali e l’avvento del CVII.
In questi anni il boom economico trascinò definitivamente nel cambiamento sociale fasce sempre più vaste di origine popolare, trasformando contadini in operai e piccolo-borghesi in borghesi.
Si colsero i frutti di un quindicennio di sacrifici e austerità e si tentò di avviare con la politica di centro sinistra (1), una redistribuzione sociale del reddito e con la programmazione, l’eliminazione dei più lampanti squilibri. Di fatto non accadrà così se non in parte e gli squilibri (nord-sud, città-campagna) addirittura si aggraveranno.
Comunque la mutazione sociale trasformò anche antropologicamente la popolazione divenuta molto sensibile al dilatarsi della sfera dei consumi.
La mutazione antropologica investì la morale corrente: dalla scuola che decolla anche ai livelli superiori verso indici di massa, ai mass media che – specie con la TV – cambiano le abitudini, i gusti e i consumi degli italiani, alle maggiori opportunità di incontri inter-sessuali, molte sono le distrazioni, specie per i giovani, dal vecchio mondo dell’associazione e dell’oratorio, dove vigeva la separatezza sessuale.
Il mondo sembrava ormai offrire più opportunità in termini di esperienze, formazione, svago, di un ambiente cattolico che continuava a vivere con modelli improvvisamente superati e svuotati (almeno agli occhi di molti).
Il decennio si chiuse con l'economia che mostrava segni di incipiente declino del boom economico e con la decolonizzazione, la guerra in Vietnam e i movimenti rivoluzionari in America Latina che scuotevano le nuove generazioni con i miti della liberazione dalle oppressioni e dalle ingiustizie del passato, ma anche dai progetti e dalle regole del presente.
Anche in Italia ci trovammo in presenza delle molteplici inquietudini della rivolta giovanile del '68, dell'affermazione dei movimenti e della difficoltà di ogni tipo di associazionismo.
Per forza di cose il tradizionale mondo cattolico entrò in crisi. L’Azione Cattolica e le ACLI (tanto per citare due associazioni) dimezzarono gli iscritti: era l’onda schiumosa della secolarizzazione che prendeva la società italiana con i ritmi della rivoluzione tecnologica, della scolarizzazione di massa e dello sfrenato consumismo tipico delle società benestanti.
Non solo. Questa volta in positivo, ma sempre in modo destabilizzante, specie rispetto ai molti che nella Chiesa mantenevano un atteggiamento di contrapposizione frontale rispetto a tutto ciò che chiesa non era, si abbatterono le parole di Giovanni XXIII il giorno dell’apertura del CVII (2) il quale - dopo avere bacchettato coloro che “nelle attuali condizioni della società umana…non sono capaci di vedere altro che rovine e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori” - disse:
“Nello stato presente degli eventi umani, nel quale l’umanità sembra entrare in un nuovo ordine di cose, sono piuttosto da vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa”.
Era il vento del Concilio Vaticano II che spinse forte quella singolare libertà dello spirito, per la quale i Padri conciliari riuscirono a non attestarsi sullo status quo, a non pensare all’interno del quadro teologico affermatosi nel più recente passato, ma ad attingere a piene mani dal grande patrimonio della Sacra Scrittura e del pensiero cristiano antico le componenti di una bella e più ricca visione di Chiesa.
(1) Gli anni Sessanta sono gli anni del Primo Centro-Sinistra, gli anni in cui il maggiore partito italiano, la Democrazia Cristiana, apre al Partito Socialista.
(2) Giovanni XXIII, Discorso di apertura del Concilio Vaticano II, 11 ottobre 1962.
Ad maiorem Dei gloriam.
Stefano Gentili
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