Lo vissi nella fase preparatoria per ottenere l’inserimento di alcuni nostri beni culturali e strutture di accoglienza nei finanziamenti giubilari. Riuscimmo a portare a casa quattordici interventi, per un finanziamento di circa 11 miliardi di lire. Da Nomadelfia alla Sforzesca, dalla Sinagoga di Pitigliano alle Cattedrali di Sovana e Massa Marittima. Il breve incontro con Giovanni Paolo II.
Il Giubileo fu
un’opportunità politica che ci capitò tra le mani nel 1997.
Tutto partì dalla legge
270/97, intitolata Piano degli interventi di interesse nazionale relativi a
percorsi giubilari e pellegrinaggi in località al di fuori del Lazio. Noi ci attivammo da subito con grande
impegno, ma alla fine del primo tratto di strada raccogliemmo poco: dei 24
progetti presentati furono accolti e finanziati soltanto tre:
• la costruzione di un’area
di sosta, l’accesso al centro storico di Massa Marittima e l’abbattimento delle
barriere architettoniche nella Cattedrale di san Cerbone (1.700.000.000);
• l’intervento di recupero
della Villa Sforzesca nel comune di Castell’Azzara (5.500.000.000).
• la sistemazione del
seminario vescovile di Grosseto per l’accoglienza povera (538.000.000).
La
cosa scatenò il solito putiferio alla maremmana e, come spesso era accaduto, a
polemizzare furono quelli che non avevano fatto nulla, ma che avevano forte eco
nei mezzi di comunicazione locali.
Imbufalito
come mai, scrissi una lettera aperta il 14 aprile 1998, che cito nei primi
quattro periodi. “Sono allibito per
quanto ho recentemente letto e udito riguardo ai finanziamenti sul Giubileo. La
maggior parte delle chiacchiere apparse sulla stampa e veicolate dalla
televisione locale sono chiacchiere casuali di chi non sa nulla della vicenda o
di chi non ha fatto nulla perché l’esito fosse per noi il più positivo
possibile. Utilizzare questo pezzo dell’evento giubilare per azioni di mera
propaganda di parte è disdicevole come riprovevole è strumentalizzarlo per
offrire occasioni di inutile lamento a quelle categorie di soggetti che godono
quando gli si dice che a livello regionale non contiamo nulla e che Roma guarda
la Maremma solo come luogo di vacanze (…)”. La mia lettera era rivolta al
sindaco di Grosseto, Alessandro Antichi (con il quale avevo, peraltro, un buon
rapporto personale ed un corretto dialogo istituzionale) ed agli esponenti
della destra locale, euforizzati a tal punto dalla vittoria del comune, da
sparare a pallettoni in ogni circostanza.
Ma andiamo avanti. Il mio
lavoro (e quello di Mariella Gennai) per ottenere i finanziamenti ci aveva spinto ad incontrare i Vescovi
delle 5 diocesi che avevano competenze territoriali in provincia di Grosseto.
Il 3 giugno 1997, ospiti del Vescovo di Pitigliano, Mons. Mario Meini,
incontrammo il Vescovo di Volterra, Mons. Vasco Bertelli, il Vescovo della
diocesi di Massa Marittima-Piombino, Mons. Gualtiero Bassetti, il Vescovo della
diocesi di Grosseto, Mons. Giacomo Babini, e un delegato di Mons. Gaetano
Bonicelli, Arcivescovo metropolita di Siena. Dialogammo sulla tutela dei beni
artistici e culturali e delle iniziative legate alle celebrazioni del giubileo.
Ma il loro cuore di pastori volle anche soffermarsi sui problemi occupazionali
della provincia. Ed io e Mariella a spiegar loro le iniziative da noi messe in
campo.
Ci prese subito la voglia di
andare a rintracciare i Santi e i Beati che avevano lasciato nella provincia
tracce significative del loro passaggio. Affidammo uno studio a due persone e
ne nacque una pubblicazione.
Inoltre, utilizzando una
legge regionale (la 44) sul patrimonio artistico non statale, orientammo alcuni interventi in chiave
giubilare.
• Il restauro conservativo
della facciata e l’illuminazione della Cattedrale di Massa Marittima
(240.000.000).
• Il consolidamento, restauro
e completamento della chiesa Santa Maria delle Grazie a Campagnatico
(313.000.000).
• Il restauro dei locali
della Sinagoga a Pitigliano (240.000.000).
• Il restauro e il
completamento della Chiesa di S. Francesco nel comune di Cinigiano
(200.00.000).
•Il restauro conservativo
della facciata della Cattedrale di Grosseto (87.000.000). • Il restauro della
facciata della Fortezza Orsini di Pitigliano (72.000.000).
• Il completamento e il
consolidamento della parrocchia san Lorenzo martire di Monterotondo Marittimo
(60.000.000).
Utilizzammo anche ulteriori
finanziamenti giubilari recuperati dalla Regione Toscana – grazie alla nostra
partecipazione al Protocollo d’Intesa fra la stessa Regione, la Conferenza
Episcopale Toscana, le Amministrazioni Pubbliche e gli Enti Religiosi della
Toscana – e li orientammo verso alcuni di
quegli interventi che non avevano ottenuto finanziamenti dalla Commissione
nazionale:
• la ristrutturazione
dell’ex asilo di Pitigliano per l’accoglienza povera (814.000.000),
• la costruzione a
Nomadelfia di tre fabbricati per accoglienza povera (443.000.000),
• la predisposizione sempre
a Nomadelfia di un’area di sosta e servizi (307.000.000),
• il restauro conservativo
della Cattedrale di Sovana (240.000.000).
Alla fine del salmo riuscimmo
a fare 14 interventi, per un
finanziamento totale di quasi 11 miliardi di lire. Non male, mi verrebbe da
dire.
Ricordo che tra i grossetani ci fu chi storse il naso per il mega finanziamento di Villa Sforzesca. Era troppo marginale rispetto ai grandi flussi giubilari, dicevano. Da questo punto di vista probabilmente non avevano tutti i torti, anche se la via Francigena la poteva lambire. La verità è che non sopportavano che un ingente finanziamento fosse andato ad una zona marginale. Io invece mi spesi per il recupero di quel bene culturale, ma il merito principale fu di tre donne che avevano fatto squadra: il sindaco di Castell’Azzara, Luisa Romagnoli, la mia assessora, Mariella Gennai, e la vicepresidente della Giunta regionale Toscana, Marialina Marcucci. Confesso che tutte le volte che faccio la provinciale della Sforzesca per recarmi alle Scotte di Siena (e sono molte), penso a quanto sia stato importante aver recuperato un bene storico di grande valore che altrimenti, viste le precedenti condizioni, sarebbe andato alla malora. Poi sicuramente in futuro qualche illuminato o facoltoso riuscirà a valorizzarlo come merita. Noi ci investimmo anche per renderlo un centro di formazione sull’agriturismo e affini, ma la cosa non fu più seguita. Sbirciando su Wikipedia, nella parte finale del breve ritratto della Villa, si dice: “Un nuovo lungo periodo di degrado si è verificato durante il secolo scorso, con compromissione irreversibile di alcune parti del complesso. Fortunatamente, un attento restauro effettuato in concomitanza del Giubileo del 2000 ha permesso di recuperare ciò che rimaneva della prestigiosa residenza”. E provo soddisfazione.
Naturalmente il Giubileo era
molto di più di un fatto politico. Per questo, il 18 marzo 1998, insieme a
quattromila pellegrini delle diocesi della provincia ci recammo nella capitale.
Il vescovo Giacomo Babini più volte intervenne per ricordare l’autentico
spirito giubilare: era e doveva essere “un
atto di fede, un evento spirituale”. Quindi “niente pellegrinaggio prova”, né “prove tecniche per il Giubileo” e “neanche occasioni per incrementare il turismo”: queste erano tutte
forzature, diceva il vescovo. Io cercai di viverlo come atto di fede, ma non
c’era dubbio che come amministratore civico ero anche interessato all’aspetto
organizzativo e alle prospettive turistiche. E come me, tanti altri.
Ricordo ancora con nitidezza
il breve incontro con Papa Giovanni Paolo II, tra i vescovi Meini e Babini.
Quest’ultimo, presentandomi, disse che ero anche stato presidente diocesano
dell’Azione Cattolica. Il Papa mi guardò e mi disse: “Bene, bene”. Non lo potrò più dimenticare.
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