Ricordo quando a L’Avana io, Achille ed Eliseo sferrammo un attacco rivoluzionario a “el bloqueo”. Tre ex-democristiani contro gli Usa e a favore del popolo cubano; da non crederci
Un particolare rapporto di
amicizia che mi piace ricordare è quello che instaurammo col regime cubano, in
particolare con i responsabili della Provincia dell’Avana. Tutto decollò dalla
visita di una settimana all’Avana che tenemmo nel luglio 1996. La proposta di
quel viaggio era partita dalla Grosseto-Export, allora guidata da Achille
Giusti e fu appoggiata dalla Camera di Commercio presieduta da Eliseo Martelli.
Fu un viaggio bellissimo per le cose viste e provate e fisicamente molto
impegnativo, per la tratta aerea, il fuso, il clima, il tourbillon di incontri
con il ministro del turismo, quello del commercio estero, con i massimi
dirigenti della sanità, con il presidente della Camera di commercio cubana, con
quello della Provincia, con il Vescovo della diocesi dell’Avana e con altri
responsabili i cui ruoli non ricordo.
Vi furono visite abbastanza
pilotate a stabilimenti di artigianato tessile, a zone di possibile sviluppo
termale e ad aree di sicura attrazione turistica (ricordo un’isola raggiunta
nell’ultimo tratto a nuoto), ma anche altre che facemmo personalmente,
scoprendo i forti disagi e la grande dignità di quella popolazione, come pure i
progressi fatti nell’alfabetismo, nell’istruzione e nella sanità
(interessantissimo l’incontro con alcuni scienziati proprio in questo campo).
In molti tratti la città de L’Avana sembrava appena uscita da una guerra.
L’intento
di quel viaggio era quello di stabilire relazioni di amicizia e rapporti
commerciali con un’area del tutto nuova e di sottoscrivere intese che aprissero
la strada a partenariati duraturi. C’era, almeno in me, anche il desiderio che i nostri popoli si
conoscessero meglio e avviassero ciascuno percorsi di riflessione e di
autocritica: chi sul regime, chi sul modello di sviluppo, chi sulla libertà,
chi sulla giustizia. Due anni dopo i cubani restituirono la visita: nel
settembre 1998 ricevetti una delegazione dell’Avana e il Presidente della
Provincia che la guidava, Angel Garate Dominguez, definì la provincia di
Grosseto “interlocutore privilegiato”.
Per questo mi presi una reprimenda dal presidente di un Circolo grossetano di
AN, Fabrizio Pazzaglia. “Gentili
interlocutore di un dittatore”, intitolava La Nazione riportando un suo
intervento. Il 28 gennaio 1999 ricevetti l’Ambasciatore in Italia di Cuba e il
vicepresidente della Provincia dell’Avana per siglare un ulteriore accordo di
collaborazione istituzionale. Piccole cose, s’intende, quelle che poteva fare
un ente come la Provincia.
Al di là di questo mi sovviene un episodio, anch’esso modesto,
ma significativo e simpatico, che ci accadde durante quel viaggio: il
penultimo giorno, a coronamento dei colloqui dei giorni precedenti,
sottoscrivemmo un accordo noi, Provincia di Grosseto, Camera di Commercio,
Grosseto Export, e i nostri omologhi cubani. In quella circostanza erano previsti
brevi discorsi di tutti i presidenti. Sia io che Giusti e Martelli – pur non
avendo concordato nulla e con le diverse sfumature dei ruoli – fummo molto
decisi, anzi decisissimi, su una cosa: sulla
fine dell’embargo (o bloquéo, come lo chiamavano) che durava dal 1960 e il
ritiro della legge Helms-Burton, voluta dal Presidente Clinton, del 1996.
Provvedimento quest’ultimo che inaspriva ulteriormente l’embargo, penalizzando
le imprese straniere che avevano affari con Cuba e consentiva ai cittadini
americani di far causa agli investitori stranieri che utilizzassero proprietà
espropriate dal regime dell’Avana. Il tutto si concluse con l’obbligatoria
fumata di un sigaro cubano (o di parte di esso), cosa che ricordo ancora con
piacere e qualche giramento di testa.
Quelle nostre dichiarazioni,
riportate anche dalla radio nazionale cubana (un parente di Toronto, anni dopo,
mi disse che della nostra visita ne aveva sentito parlare appunto alla radio),
mi sembra furono un episodio semplice ma significativo.
La simpatia della cosa è
legata al fatto che a pronunciare quei
discorsi veramente rivoluzionari fummo 3 ex-democristiani, quindi per
definizione anti-comunisti: Eliseo e Achille certamente, io un po’ meno
perché dal 1987 (quando mi iscrissi alla Dc) al 1994 (quando la Dc si dissolse)
avevo sempre teorizzato le necessità dell’incontro in Italia delle forze di
tradizione marxista con quelle di tradizione cattolico-democratica.
La circostanza che io,
Achille ed Eliseo prendemmo le difese del popolo cubano, contro la strategia
degli USA, l’ho sempre in seguito ricordata con grande affetto e simpatia.
Ma era proprio da non
crederci.
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