La caotica situazione del consiglio del Parco nominato dopo il commissario Andrea Vellutini, portò alla nomina del nuovo commissario. Il rumore grosso dei trattori e quello più sottile di un fax azzerarono gli organismi dirigenti. E quella gatta da pelare, il 25 gennaio 1999, toccò a me
Il Parco della Maremma
nacque nel giugno del 1975 per impedire lo scempio della costa. Fu una lotta
dura, che prometteva vantaggi incerti e rifiutava denaro e posti di lavoro nel
presente. Qualcuno, sui muri di Grosseto, scrisse in quei giorni: “Lasciateci morire di agricoltura”. Lo
slogan rimbalzò sui giornali, specie La
Nazione (dalla quale traggo la descrizione che segue), che cavalcò la lotta
contro gli speculatori. Il Parco della Maremma – una striscia di costa di 9.000
ettari tra Principina a Mare (a nord) e Talamone (a sud), limitata, ad est,
dalla ferrovia Grosseto/Roma – divenne in quel modo il simbolo di un territorio
povero che si faceva carico di scelte coraggiose in nome dell’ambiente. Simbolo
di una Maremma incontaminata. Di pinete, colori e odori, mare e terra
abbracciati in una dimensione senza tempo, con ruderi, torri e monasteri ad
osservare dall’alto. La foce del fiume Ombrone, con l’area palustre della
Trappola, i colli dell’Uccellina, le splendide scogliere e il sistema dunale.
Poi la flora: nelle pianure i ginepri, i lentischi, i pini marittimi e
domestici. Nelle aree palustri giunchi e cannucce. Nelle zone collinari
forteto, macchia mediterranea e varie specie floreali: orchidee, ginestre,
papaveri gialli, crisantemi. Quindi la fauna: i buoi dalle lunghe corna e le
mandrie di cavalli, oltre ai cinghiali, daini, caprioli, numerose specie di
uccelli acquatici che svernano tranquilli nelle acque del padule. Bello,
bellissimo, si disse. E per questo, la Toscana attivò subito altri parchi
naturali: Migliarino e San Rossore, Apuane, Casentino.
• Nel 1995 quando
dicevi Parco della Maremma pensavi ad Andrea Vellutini ed Ilio Boschi. Fu
infatti sotto la loro guida che, tra gli anni ’80 e ’90, il Parco transitò da
entità locale a luogo di dimensione internazionale, culminata con il diploma
europeo per la conservazione della natura del 13 ottobre 1992. Un amore
viscerale specie quello di Vellutini, testimoniato anche dal fatto che dopo la
sua morte, avvenuta nel luglio 2014, le sue ceneri, come da lui richiesto,
furono sparse nel mare, davanti al Parco. Naturalmente sulla sua gestione le
opinioni erano variegate: positive quelle del mondo ambientalista, negative
quelle degli agricoltori del Parco e dei sindaci che trovai nella comunità del
Parco. Il 14 dicembre 2015, durante la presentazione del libro postumo da lui
scritto, “Dalla Provincia dei ‘senza’ al
paradosso di Zenone, excursus sulla storia della Maremma toscana” il figlio
Carlo ricordò che quando, nel 1980, il sindaco di Grosseto Finetti gli chiese
di assumerne la presidenza, gli disse che da Roma avevano deciso che
l’Uccellina sarebbe dovuto diventare un modello per dimostrare che con
l’ambiente si poteva fare economia. Il primo esempio di sostenibilità, materia all’epoca
quasi sconosciuta. Appunto, dalla protezione dell’ambiente fare economia: era
ed è questa la sfida dei parchi naturali.
• Perché, allora, ne
parlo? Perché nell’ultimo anno della legislatura provinciale fui costretto a
fare il Commissario straordinario del
Parco della Maremma.
Ma perché quel gioiello, che
dal marzo 1996 aveva finalmente un presidente (Niccolò Mattei) e un consiglio
per la gestione della sua vita, cadde nel baratro dello scioglimento e del
commissariamento? Il discorso sarebbe troppo complesso. Quello che è oggi utile
ricordare è il clima incandescente di
quei giorni, la incomunicabilità che si era venuta a creare tra l’Ente e le
persone fisiche e giuridiche che nel Parco operavano, con in mezzo le
istituzioni comunali e provinciale sballottate nel mare magnum delle polemiche.
Eppure Mattei alcune caratteristiche tecniche le aveva: era biologo,
ricercatore universitario e aveva avuto esperienza amministrativa nella giunta
orbetellana del sindaco Minucci. Io le avevo affiancato una giovane agronoma
molto in gamba, preparata, sensibile e perbene, come Simona Piccini. Poi vi
erano altri consiglieri, nominati dai comuni o dalle associazioni, come Luca
Urbani, Massimo Felicioni, Fausto Corsi, Giovanni Covitto, Maurizio Gonnelli,
Fabrizio Goracci. Mi pare che qualcuno aveva nominato anche Teglielli (che
forse sperava di fare il presidente), ma non si presentò mai.
Fatto sta che invece di
partire in quarta ed affrontare le problematiche del Parco, era tutta una
polemica. Più volte ricevetti Mattei,
dopo tutto ero il Presidente della Comunità del Parco. Lo incoraggiavo, lo
spingevo a fare gruppo all’interno del consiglio, a delineare un programma
operativo concreto, a sanare le diatribe passate. Ma, confesso, che i rapporti
con lui, anche se più frequenti e cordiali, mi facevano venire alla mente
quelli che avevo avuto con il presidente della Rama Fiorentini, ed anche il comportamento di una buona parte del
consiglio mi ricordava sempre i consiglieri della Rama dimissionati.
Ciascuno riteneva di avere ragione e non sentiva ragioni. Questi ultimi ad
accusare il presidente di inattività, il presidente a sostenere che quel gruppo
gli voleva far fare cose non ammesse dalla legge. Io non avevo le stesse
possibilità di azione che avevo avuto per la Rama, di cui la Provincia aveva la
maggioranza delle azioni: in quel caso potei mandarli a casa. Qui non avevo
alcun potere e la presidenza della Comunità del Parco era poco più che un ruolo
formale. Personalmente non avevo problemi con alcuno di loro. Percepivo però
che la politica locale, anche quella diessina, pur avendo Mattei, credo, quella
provenienza, non aveva bene accettato la sua nomina. Non parliamo come lo
vedeva la destra, allora in ascesa. I 6 consiglieri che gli si opponevano e
che, addirittura, prima dei consigli facevano una specie di pre-consiliare, per
andare avanti tutti compatti e provare ad imporre le loro decisioni,
culturalmente e politicamente erano uno strano mix socialista-destra-verde. Il
presidente Mattei aveva anche un bel caratterino, e pian piano si alienò le
simpatie un po’ di tutti: della politica ho detto, di buona parte dei
consiglieri pure, poi anche del comitato scientifico del Parco. Non parliamo
poi dei proprietari e dei gestori delle aziende agricole presenti nell’area protetta.
Rapporti freddissimi anche con il direttore dell’Azienda Agricola di Alberese,
Marco Baglioni. Tra l’altro, da un po’ di tempo i consigli convocati dal
Presidente risultavano sempre senza il numero legale. Era la paralisi.
Ma la croce non può essere
interamente posta sulle sue spalle. Ricordo
un evento che nei suoi aspetti più reconditi venni a conoscere solo in epoca
successiva. I sei consiglieri ricordati in precedenza ad un certo punto
chiesero la sostituzione della vice-presidente, Piccini, per avvicendarla con
Massimo Felicioni. Cosa veramente assurda e immotivata.
La lettera che inviarono al
Parco per chiedere la sostituzione di Simona era irricevibile, ma esprimeva
bene il substrato culturale dei firmatari: scrissero che non poteva fare la vice-presidente
del Parco perché nel frattempo era diventata mamma. Roba da pazzi. Anche se gli
uffici del Parco risposero ai firmatari che non si potevano chiedere dimissioni
perché una persona aveva avuto un figlio, il granitico gruppo raggiunse
l’obiettivo. Rammento un incontro del consiglio del Parco a metà luglio 1997,
presenti come osservatori io, l’assessore regionale Del Lungo e il
vicepresidente della Regione, Ginanneschi, nel quale avvenne la sostituzione.
Simona, da vera signora, aveva anticipato tutti, presentando le sue dimissioni
da vice-presidente e addirittura espresse parere favorevole per votare
Felicioni vice-presidente. Naturalmente nessuno, neppure Simona, mi aveva
informato delle motivazioni della richiesta. L’anno dopo, delusa dal caos, si
dimise proprio dal consiglio.
In quell’occasione le parole
di Del Lungo furono forti e chiare: “Ho
dato due mesi di tempo per verificare il funzionamento del consiglio. Tornerò a
settembre per fare il punto della situazione. Mi sembra che ora si possa tornare
a lavorare” (La Nazione, 12.07.1997). Fu una pia illusione. Una volta
andati via io, Del Lungo, Ginanneschi, continuò il consiglio per definire le
deleghe (che poi deleghe non erano, ma incarichi fiduciari del Presidente) dei
singoli consiglieri e si protrasse sino a tarda sera. Non ricordo come andò a
finire e se furono confermati gli incarichi assegnati da un precedente
consiglio. “Potrebbe esserci stato
qualche problema”, chiosava Giancarlo Capecchi. I problemi, in realtà,
durarono per tutto l’anno successivo.
• Tra l’altro nella
comunità del parco mi trovavo con compagni di viaggio non proprio teneri col
presidente. Il sindaco di Grosseto, Alessandro Antichi, che vista l’inerzia di
Mattei sul parcheggio Marina di Alberese, per il quale aveva anche inviato una
soluzione, dichiarava: “Se questo è il
suo modo di confrontarsi, non posso che dare ragione ai sei consiglieri che
l’hanno criticato”. Quello di Magliano, Giancarlo Tei che chiedeva
scadenziari anche per l’abbattimento degli ungulati, aggiungendo che per gli
agricoltori del Parco “rispetto alla
vecchia gestione (quella di Vellutini) non è cambiato nulla e l’agricoltura
all’interno del Parco è sempre più penalizzata” (La Nazione, 8.07.1997).
Uno dei componenti del consiglio, l’architetto Luca Urbani, nella precedente
legislatura consigliere comunale dei Verdi, ricordava che il presidente Mattei
era di fatto sostenuto solo dal Coordinamento ambientale di “Barocci and company” e dai verdi
regionali che, a suo dire, “o sono male
informati o mirano solo a colpire il Consiglio Direttivo del Parco con la
volontà, più o meno dichiarata, di raggiungere un commissariamento” (Il
Tirreno, 12.01.1999). Il 16 gennaio 1999, il Comitato degli Agricoltori del
Parco chiese addirittura al Presidente della Repubblica, Scalfaro, la rimozione
del presidente del Parco e il “ripristino
della democrazia nell’area protetta” (Il Tirreno, 16.01.1999). Insomma, da
una parte c’erano quelli che volevano la testa di buona parte del consiglio e,
dall’altra, chi voleva quella del presidente. Questi ultimi erano di gran lunga
il numero più consistente.
• La protesta di
questi ultimi culminò nella trattorata di
venerdì 22 gennaio 1999. Un’adunata di 50 trattori in piazza Dante che,
vista dal Palazzo della provincia, sembrava il colonnato del Bernini (guardato
da San Pietro) intorno a Canapone. Urla, fischi e invettive. Ebbi l’intuizione
di scendere tra quelle persone che smadonnavano anche contro di me. Ricordo
qualche pacca sulle spalle modello Cannavacciuolo, mi pare si trattasse della
manona di Perin. Ma non sono sicuro del cognome, comunque veneto, perché negli
anni ’20 nell’area di Alberese, all’inizio della bonifica maremmana, furono
costruiti i poderi dei mezzadri reduci combattenti della prima guerra mondiale,
provenienti in prevalenza dal Veneto con le loro famiglie, appunto per
bonificare e lavorare le terre.
Chiosava
Bianca Zaccherotti su Il Tirreno del 23 gennaio 1999: “Gentili è sceso in mezzo agli agricoltori, ha sorriso e stretto le
mani di chi lo insultava preventivamente accomunandolo al Commissario
precedente che, stando alle invettive, doveva essere stato poco amato”.
Nella premessa del giornale si diceva: “Gli
agricoltori del Parco della Maremma venuti ieri a Grosseto, a bordo dei loro
trattori, per chiedere la testa di Niccolò Mattei, sono tornati ad Alberese
con, in tasca, una vittoria avvelenata. L’unica conquista è la testa di Mattei
il quale, o si dimetterà spontaneamente, o sarà dimissionato dalla Regione non
più tardi di lunedì prossimo, ma, con lui, faranno armi e bagagli anche i
consiglieri (difesi strenuamente dagli agricoltori) ed al suo posto arriverà
proprio quello che gli agricoltori non volevano, un Commissario. Il Presidente
della Provincia, Stefano Gentili (commissario in pectore) ha parlamentato a lungo,
in mezzo alla piazza con gli agricoltori e i loro rappresentanti (Mattia della
Coldiretti, Martellini della Cia, Guerrini dell’Unione). E, nonostante le
proteste per la decisione della Regione, la maggior parte ha convenuto che se
commissario deve essere, meglio che sia Gentili, piuttosto che un funzionario
fiorentino”.
La
Regione in effetti mi aveva sondato ed io avevo preso tempo. Sempre Bianca
riportava: “Non so ancora – ha detto il
presidente della provincia agli agricoltori che lo stringevano da tutte le
parti – se me la sentirò di prendermi questa croce gli ultimi mesi del mio
mandato. La Regione ha chiesto la mia disponibilità, i sindaci della comunità
che ho interpellato mi sono sembrati favorevoli. Ma io ho ancora molti dubbi.
Ditemelo voi – ha provocato i contestatori – devo accettare o no? E gli
agricoltori … hanno vacillato. I più scuotendo la testa hanno ammesso che è
meglio Gentili che un commissario da fuori, altri hanno continuato ad
insistere: ‘Non vogliamo un commissario, ma un nuovo presidente con lo stesso
consiglio’”. Due presidenti delle associazioni degli agricoltori (Mattia e
Martellini) dettero alla fine l’ok al commissariamento purché fosse breve. Il
mio vecchio amico Ado Guerrini, presidente dell’Unione Agricoltori, rimase
fermo sulla posizione: via Mattei, no al commissario, chiunque sia. Anche il
sindaco di Grosseto, Alessandro Antichi, dichiarò: Quella di Gentili “è la soluzione giusta, purché sia una
soluzione ponte che contribuisca a risolvere i problemi emergenti”.
Sempre
il 23 gennaio, Luciano Salvatore su La Nazione, iniziando il suo pezzo, aveva
sentenziato: “Il rumore grosso dei
trattori e quello più sottile di un fax hanno azzerato gli organismi dirigenti
del Parco della Maremma”. Ero con le spalle al muro, non avevo scampo. Bastò attendere tre giorni e il 26 gennaio
1999, sempre Bianca Zaccherotti su Il Tirreno esordì dicendo: “Il dado è tratto. La giunta regionale
toscana ha deciso di commissariare gli organismi direttivi del Parco della
Maremma” ed “è stato nominato commissario
il presidente dell’Amministrazione provinciale di Grosseto, Stefano Gentili”.
Amen!
Una gattaccia da pelare, per
lo più sopraggiunta nel momento in cui avevo ben compreso la guerra che, a
livello politico, era stata scatenata per non farmi ripresentare alle imminenti
elezioni provinciali.
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