Lo volli con tutte le forze e mi ci dedicai in modo monacale, inizialmente con pochi compagni di viaggio. Dall’estate 1995 al 3 febbraio 1999 fu una corsa a perdifiato. Fu il patto toscano più finanziato con 100 miliardi di lire. Lo dedicai ai nostri giovani
Ho già parlato della
Lumachella di Trilussa, che mi conduce ad incensare il mio operato. Ma questa
volta, dovendo riflettere sul Patto Territoriale per lo Sviluppo della Maremma
Grossetana, mi sia consentito esondare in soddisfazione. Sì, perché di questo
si tratta: soddisfazione, gioia di aver
sudato per un obiettivo ambizioso ed essere giunto alla meta. Preciso che pubblicherò due post. Questo per
ricordare i protagonisti, l’articolato e duro percorso che dovemmo seguire per
traguardare, unitamente ad alcune puntualizzazioni sul fatto che rappresentò un
importante momento di crescita culturale, fece decollare l’archivio progetti
provinciale e fu anche fatto oggetto di uno studio scientifico. Con una chiosa
finale sulla mia defenestrazione, proprio nel momento di massimo successo. Il
prossimo per parlare di cosa conteneva il Patto e del bilancio che se ne può
fare oggi a distanza di 20 anni dalla sottoscrizione finale. Preciso anche un
aspetto lessicale. Mentre noi correttamente l’abbiamo sempre chiamato Patto
territoriale al singolare, invalse l’uso, nella stampa e in tanti altri
soggetti, di chiamarlo al plurale patti territoriali. Io provai più volte a precisare,
ma quando parte la valanga nessuno la può trattenere.
Vediamo, dunque, come andò.
① I PRIMI PROTAGONISTI.
Quando proposi la mia intenzione di lavorare per la realizzazione del Patto
Territoriale (d’ora in poi PT) la maggior parte degli interlocutori locali
mostrarono un forte scetticismo. Fatti salvi il visionario concreto Fabio Taiti (che con la Grosseto Sviluppo fu
decisivo nella raccolta dei progetti e nella descrizione degli assi di
sviluppo), il lungimirante e
preparatissimo Milvio Parentini (che dall’interno della Provincia fu un
diesel inesauribile) e il super tecnico
Pietro Pettini (che si dedicò con sapienza e cura alla messa in piedi di
circa 40 varianti urbanistiche). Ai quali si aggiunse in seguito, dopo che le
avevo dato la delega alla Promozione Economica, l’assessora Mariella Gennai, che lo sposò con tutte le sue forze,
ed anche il nostro dipendente Roberto Seghi, che l’ha seguito come si
segue un bambino, sino ad oggi.
② LA PARTENZA DELLA NAVE
PATTO TERRITORIALE.
La nave del PT molla gli
ormeggi il 22 maggio 1996 con la richiesta avanzata al CNEL (che ero andato a
sondare qualche mese prima con il segretario generale della Provincia, Giovanni
Battista Biserni) di avviare l’iniziativa per la formulazione di un PT
provinciale. Ma l’idea di partire per la nuova avventura l’avevo già
annunciata, nell’estate ’95 rifacendomi a un dossier predisposto da Parentini,
alla X Commissione Attività Produttive della Camera in visita a Grosseto e fu
inclusa nel documento che recepiva le conclusioni dell’incontro tenuto a
Grosseto il 20 febbraio ‘96 tra la Giunta Regionale, Provinciale e del Comune
capoluogo. In quella sede, infatti, si decideva “di procedere alla definizione di patti territoriali quali strumenti di
concretizzazione dei progetti di sviluppo locale attraverso l’impegno comune di
Provincia, Comuni, Regione e delle categorie economiche e sociali”. Ma
perché pensai di imbarcare la provincia sulla nave PT, quando si erano
consolidate positivamente altre scialuppe di sostegno? Per una preoccupazione. La preoccupazione che i vari strumenti di
sostegno finissero per produrre ricadute positive molto parziali, per i
meccanismi di selezione operanti o per la mancanza di organicità degli
interventi sostenuti. Mentre il PT poteva consentire non solo un ulteriore
consistente afflusso di contributi, ma anche di perseguire più pienamente UN
DISEGNO ORGANICO DI RILANCIO, chiamando all’appello proposte progettuali sulle
vocazioni di sviluppo locale e collegando le proposte a quanto in corso di
realizzazione grazie all’uso degli altri strumenti.
Nel settembre ’96
l’equipaggio della nave ebbe ad iniziare la concertazione vera e propria e
giunse alla elaborazione della strategia, alla individuazione delle filiere,
alla raccolta dei progetti. Ciò fu possibile perché sindaci, altri
amministratori locali, imprenditori, responsabili di categoria, di aggregazioni
consortili di scopo, di sindacati, di istituzioni creditizie si mostrarono
disposti a superare le connotazioni comportamentali del lamento e dell’attesa di
una salvazione dall’esterno e si resero promotori e attori di uno sviluppo
locale pensato, progettato e realizzato dal basso. La strumentazione di bordo
del PT si dimostrava idonea allo scopo e tale da spingerci a comprendere che il
salto di qualità nello sviluppo della nostra provincia passava attraverso la
realizzazione di un circuito virtuoso tra gli attori sociali e istituzionali.
③ LE TRE PAROLE CHIAVE:
PROGETTUALITÀ, BANCABILITÀ, CANTIERABILITÀ. Sempre più convinti della bontà
dell’iniziativa, noi amministratori – in quanto parte della concertazione –
continuammo a remare, nella convinzione che amministrare non volesse dire
denunciare i problemi o evocare i desideri. E che di fronte alle tenebre,
piuttosto che maledire il buio, fosse meglio accendere una candela.
Amministrare voleva (e vuole) dire farsi carico dei problemi e dare gambe ai
desideri; e i desideri per stare in piedi hanno bisogno almeno di tre supporti:
progettuali, finanziari, urbanistici.
Altrimenti sono chiacchiere da bar.
Ci muovemmo insieme alle
associazioni e alle altre istituzioni funzionali, con le imprese, i sindacati e
la Grosseto-Sviluppo (che svolse un ruolo di primo piano) per dare le gambe progettuali e finanziarie, anche attraverso
l’Accordo tra le parti sociali dell’8 maggio 1997 e il Protocollo tra gli
Istituti di credito e i Consorzi Fidi del luglio dello stesso anno. Nacquero
progetti che avevano le carte in regola per muoversi in una moderna economia di
mercato. Forti di significative dotazioni finanziarie messe a disposizione dai
privati e dal sistema creditizio (la bancabilità).
Su questa lunghezza d’onda
ci fu il fecondo lavoro con la Regione Toscana per supportare i progetti
pubblici di valenza sovracomunale. Ne nacque l’Accordo tra soggetti pubblici
firmato il 20.10.1997. Era un accordo dai contenuti profondamente innovativi:
poca aria fritta e molta sostanza, dichiarazioni d’intenti limitate e molti
impegni precisi sia di tipo finanziario che urbanistico per tutti coloro che
avevano titolo ad esercitare competenze su quest’ultimo fronte (Regione,
Provincia, Comuni, Parco Regionale della Maremma). La Regione dichiarava di
considerare il nostro PT prioritario nell’ambito regionale, vi aggiungeva
risorse per circa 12 miliardi e si impegnava ad orientarvi oltre 2 miliardi
della 204/93 (legge di sostegno minerario). Attraverso l’utilizzo di un’altra
legge dello Stato, la 236 (interventi urgenti a sostegno dell’occupazione), vi
si dirottarono altri 3 miliardi. La Provincia vi posizionava 15 miliardi sulle
infrastrutture viarie provinciali funzionali al Patto, 5 miliardi per la Rete
delle Riserve Naturali, 500 milioni per il potenziamento dell’aerostazione,
oltre alla destinazione prioritaria delle risorse disponibili per la Formazione
e l’Orientamento professionale. I Comuni, sui 28 progetti pubblici presentati,
misero complessivamente sul banco circa 30 miliardi di risorse proprie.
Da
un punto di vista urbanistico eravamo in presenza di grandi novità: 40
progetti che nell’arco di 4-7 mesi giunsero ad avere la concessione edilizia.
Il lavoro con la Regione Toscana prima richiamato, era teso soprattutto a
costruire la indispensabile gamba urbanistica, senza la quale quei progetti non
avrebbero mai potuto vedere la luce. Questa operazione fu, infatti, possibile
grazie ad una consistentissima accelerazione delle procedure dovuta ad un
utilizzazione straordinaria della ordinaria L.R. 5/95 ed al recepimento della
finanziaria ’96 e della delibera CIPE del 21.3.97 in virtù delle quali, nelle
aree di crisi, era possibile convocare conferenze di servizi ove adottare
determinazioni congiunte di tutte le amministrazioni interessate con effetto di
variazione degli strumenti urbanistici e di sostituzione delle concessioni
edilizie. Quest’ultima fu l’operazione
forse più significativa, a dimostrazione che se le volontà si incrociano si
trovano anche gli strumenti normativi per fare velocemente quello che invece
avrebbe richiesto mesi e anni. Alla faccia dei pigri e dei burocrati dei miei
stivali.
④ I PASSAGGI FORMALI PER
TRAGUARDARE. Da quanto detto non credo sia sfuggita la complessità delle
operazioni richieste per la realizzazione del PT. Per renderla ancora più
evidente, voglio elencare tutti passaggi formali che dovemmo seguire affinché
la nostra nave potesse attraccare al porto dell’approvazione ministeriale.
Vediamoli, dunque. – La
decisione di inoltrare al CNEL la richiesta per avviare la procedura formale
del PT con mia lettera del 22 maggio 1996. – Lo svolgimento di una prima
Sessione di Consulta generale per discutere di ipotesi strategiche e progetti
da inserire nel processo di definizione del PT (9 settembre 1996). –
L’elaborazione delle prime proposte e l’assistenza alla formulazione di uno
stock di progetti da parte di Grosseto Sviluppo. – Lo svolgimento di una
Seconda Sessione di Consulta generale per definire la strategia del PT e varare
gli organi di coordinamento (23 settembre 1996). – La costituzione formale nel
corso di quella sessione: di una Consulta Permanente per il PT fatta dai
rappresentati di tutte le istituzioni e le organizzazioni aderenti
all’iniziativa (Soggetto promotore); di un Coordinamento Strategico composto
dai rappresentati della Presidenza della Provincia, di quelli della Presidenza
della Camera di commercio e di un rappresentante delle Organizzazioni sindacali;
di una Segreteria tecnica, individuata in Grosseto Sviluppo. – Il Protocollo
con la Regione Toscana per lo snellimento delle procedure per le opere
contenute nel Patto Territoriale (18 dicembre 1996). – L’individuazione di un
primo schema di PT e la raccolta e la definizione di un consistente pacchetto
di ipotesi-progetto. – La riapertura dei termini di raccolta dei progetti di
iniziativa privata e pubblica, dopo l’emanazione di una nuova delibera CIPE
sulla programmazione negoziata (21 marzo 1997). – La sottoscrizione di un
protocollo di intesa tra le parti sociali (8 maggio 1997). – La sottoscrizione
di una Lettera d’intenti per il sostegno al PT tra le Banche e i Soggetti
Finanziari (luglio 1997). – La sottoscrizione di una parallela Lettera d’intenti
tra i Consorzi Fidi operanti nella provincia di Grosseto (luglio 1997). – La
sottoscrizione di un protocollo d’intesa fra la Regione Toscana e gli Enti
Locali (27 ottobre 1997). – La sottoscrizione del Protocollo d’intesa tra tutti
i Gruppi Promotori (4 marzo 1998). – La scelta dell’Istituto di credito al
quale affidare il vaglio dei progetti del Patto e la consegna del Patto allo
stesso. Fu scelto il Mediocredito Toscano (4 marzo 1998). – La firma tra i
soggetti componenti il PT: imprenditori privati, Provincia, Enti Locali, Parco
della Maremma, Regione Toscana (30 marzo 1999). Dopo quell’ultimo atto
pubblico, noi, in quanto soggetto responsabile, inoltrammo alla Cassa depositi
e Prestiti la documentazione finale.
⑤ L’APPRODO DEL PATTO: 100
MILIARDI A DISPOSIZIONE DEL NOSTRO TERRITORIO.
Tra il quattordicesimo e il
quindicesimo atto vi fu la notizia tanto attesa: il nostro PT era stato
finanziato. Anzi, avevamo ottenuto dal Ministero del Tesoro il finanziamento
più cospicuo fra i sei protocolli d’intesa sottoscritti dalla Regione Toscana.
Era il 3 febbraio 1999. Il nostro entusiasmo era alle stelle, ma quante paure
nei giorni precedenti. Specie quando il Sole 24 Ore, pochi giorni prima, aveva
pubblicato l’elenco dei PT approvati e mancava proprio il nostro. Per la
miseria. “Voci che si rincorrevano,
smentite, imprecazioni, speranze”, diceva Capecchi su La Nazione del 2
febbraio. Mi prese un colpo, ma non ci volevo credere, non ci potevo credere,
dopo tutto quel lavoro. In poche ore attivammo il mondo. A rasserenarci un po’
venne la dichiarazione dell’assessore regionale Mauro Ginanneschi: “Nessun timore, il PT grossetano, insieme a
quello dell’Appenino centrale, è fuori quota, quindi fuori discussione”. Il
giorno dopo risultammo finanziati. Raccontati oggi questi frangenti lasciano il
tempo che trovano, ma lo stress che
provocò su di me e Mariella fu enorme. La mia malattia esordì in quel
periodo e Mariella qualche anno dopo ci ha lasciati. Casualità?
Non saprei.
⑥ UN MOMENTO DI CRESCITA
CULTURALE E PROFESSIONALE. Ma il patto territoriale fu anche un momento di
crescita culturale e professionale per chi ha partecipato alla sua formazione.
L’architetto Pietro Pettini qualche anno fa mi scrisse un ricordo molto bello
di quel periodo.
“Ricordo –
diceva – il grande lavoro di
coordinamento svolto all’interno dell’Ente e soprattutto nei confronti degli
attori esterni (Comuni, privati, ecc.) per la valutazione dei progetti che
furono selezionati in ragione di una loro reale fattibilità
economico-finanziaria e occupazionale. Vorrei ricordare, però, un altro
elemento efficace di quell’importante esperienza che costituì di fatto un
fondamentale banco di prova per l’elaborazione e formazione del Piano
Territoriale di Coordinamento della Provincia (PTC). Infatti, dall’esame dei
progetti da inserire nel Patto furono di conseguenza verificate e adeguate le
regole urbanistiche e paesistico-ambientali del nuovo Piano che, prima della
sua adozione da parte del Consiglio Provinciale nell’aprile del 1997, ebbe
l’occasione, più unica che rara per uno strumento urbanistico, di essere
testato e valutato in anticipo. Grazie all’effettiva collaborazione tra gli
Uffici, tra i Dirigenti, gli Assessori e il Presidente, la Provincia di
Grosseto, tra le prime in Italia, si dotò in contemporanea di due strumenti di
grande importanza sia per la programmazione economica (Patto Territoriale) che
per la pianificazione territoriale e urbanistica (PTC) che consentirono in modo
straordinario di rispondere concretamente e sapientemente allo sviluppo e alla
crescita della provincia in armonia con il sistema territoriale e ambientale”.
Se lo dice Pietro.
⑦ HA FATTO DECOLLARE
L’ARCHIVIO PROGETTI DELLA PROVINCIA. Quella esperienza consentì anche
l’attivazione dell’Archivio Progetti della provincia di Grosseto. Avevamo
infatti appreso che per cogliere al volo le occasioni che di volta in volta si
potevano presentare, tramite leggi e interventi finanziari europei, nazionali e
regionali, era indispensabile farsi trovare pronti, come detto, con progetti
bancabili e cantierabili. Il compito che si assunse l’Amministrazione
Provinciale, in collaborazione con le associazioni dell’industria,
dell’artigianato e del commercio, fu quello di attivare un costante censimento
dei progetti che nascevano negli enti locali e nelle aziende private. Conoscere
soprattutto per ottimizzare l’uso delle opportunità finanziarie, anche in vista
dei protocolli aggiuntivi al PT e per tutte le altre forme di programmazione
negoziata in generale praticabili. L’archivio – che doveva essere aperto, nelle
nostre intenzioni, anche al mondo agricolo, escluso per legge dal PT –
rappresentò un grande cambiamento nei metodi d’approccio allo sviluppo
economico. Rappresentava uno strumento per fare realmente sistema, uscendo
dalle fumisterie dei chiacchieroni, garantire l’ottimizzazione delle idee
progettuali e tentare di offrire prospettive occupazionali e di sviluppo al
nostro territorio. Zero chiacchiere, ma fatti concreti, coerenti con lo
sviluppo che si era insieme scelto di perseguire.
⑧ È STATO ANCHE FATTO
OGGETTO DI STUDIO. Il nostro Patto Territoriale è stato anche oggetto di studio
scientifico. La sociologa Anna Carola Crespi ha scritto un saggio su “Stato e Mercato”, storica e autorevole
rivista de Il Mulino al numero 63, del dicembre 2001 (pagg. 451-486) dal
titolo “Capitale sociale, politica e
sviluppo. L’esperienza dei Patti in Toscana”. Ne riporto alcuni stralci,
anche se vale la pena leggere il saggio per intero.
Quello
di “Grosseto è uno dei patti più estesi a
livello nazionale”. “Il patto di
Grosseto è quello che dei casi qui esaminati raggiunge il tetto CIPE
finanziabile per i patti”. “Questo
viene subito concepito come occasione per puntare a obiettivi nuovi ed
aggiuntivi rispetto a quelli previsti dalle misure già finanziate, incoraggiando
il rafforzamento di filiere intorno a vocazioni tipiche dell’area”. “Il patto costituisce così l’occasione per
rafforzare il ruolo di tutti gli attori locali, attraverso il raccordo intorno
ad una visione e ad un progetto complessivo largamente condiviso”. In
particolare, “l’Ente provinciale ha
mantenuto nell’esperienza grossetana un ruolo centrale di coordinamento
politico-amministrativo, fondato su una legittimazione di tipo istituzionale,
in risposta ad una domanda imprenditoriale strutturata”. Infatti, “si riconosce ampiamente alla Provincia la
funzione decisiva di leadership nel coordinamento istituzionale e gestionale”.
“In due dei casi studiati una forte
leadership pubblica – a Grosseto di tipo collegiale, nell’Appennino Centrale di
tipo più personale, ma allo stesso tempo con una spinta forte all’affermazione
di un nuovo livello politico-istituzionale – ha favorito con intensità diversa
un processo di istituzionalizzazione del patto come nuovo soggetto delle
politiche di sviluppo locale”. “In questo
senso, rispetto alla tipizzazione di tipo dirigista del caso livornese, il
patto di Grosseto si distanzia avvicinandosi di più al tipo del patto
integrativo”. Se lo dice Anna Carola.
⑨ LA SIDERALE DISTANZA TRA
LA BUONA POLITICA E I POLITICANTI. Pensare alla sala della Provincia semi-vuota
del settembre 1996 e strapiena del marzo ’99, mi riempie ancora oggi di
soddisfazione. Colsi volutamente quell’occasione, terminato l’ultimo atto dell’approvazione
del PT – convocando una conferenza stampa nelle ore successive – per dire che
chiudevo la mia esperienza politico-amministrativa, vista la guerra che alcuni
responsabili delle forze politiche della mia maggioranza ormai mi stavano
facendo da diversi mesi. E lo feci per
segnalare l’abissale distanza esistente tra i politicanti che decidevano nel
chiuso di una stanza le sorti di questo e di quello e la realtà dei fatti di
un’amministrazione che portava a casa un risultato eccezionale (accanto a molti
altri). I partiti della maggioranza, che non avevano mai offerto alcun
contributo alla realizzazione del PT, uscirono con comunicati di apprezzamento
per il risultato raggiunto. Il Partito Popolare, per la verità, era stato
l’unico a dichiarare per tempo il proprio appoggio pubblico a quella scommessa
(Il PPI plaude ai patti: Scommessa per il futuro, La Nazione, 29.10.1997). Gli
altri si fecero avanti solo quando c’era da raccogliere i frutti del duro
lavoro. E, mentre decidevano di defenestrarmi, l’esecutivo dei DS provinciali
dichiarava che “il patto costituisce
un’occasione di grandissima rilevanza per l’economia grossetana” e “per questo esprimiamo una grande
soddisfazione per il risultato ottenuto”.
Io
precisai che il PT non era ascrivibile agli uni o agli altri, ma era di tutti,
come riportò il giornalista P.P. de La Nazione: “E bene ha detto Stefano Gentili, presidente della Provincia, quando ha
affermato che ‘si è trattato della vittoria della concertazione’. Gentili, poi
ha ringraziato tutti i protagonisti: Camera di Commercio, il fronte sindacale,
gli imprenditori, Grosseto Sviluppo, la Regione Toscana ed in modo particolare
il presidente Chiti e gli assessori Ventura, Barbini e Ginanneschi. Un
ringraziamento particolare è stato rivolto al sottosegretario al bilancio,
Giorgio Macciotta e all’onorevole Flavio Tattarini” (‘I patti sono di
tutti’. I Popolari e i DS esprimono soddisfazione per i risultati ottenuti, La
Nazione, 11.02.1999).
I
popolari, dopo avere espresso la propria soddisfazione colsero la palla al balzo per ripropormi (insieme ad altri sindaci) per
la legislatura entrante. Dopo tutto… sembrava così naturale. Il
neosegretario dei DS, Fabio Capitani, rispose: “Sugli amministratori uscenti diamo un giudizio positivo”.
Ma…aggiunse un ma. “Nella scelta dei candidati vanno coinvolti
gli elettori del centro sinistra e non deve essere appannaggio solo dei
partiti. Ricordo, inoltre, che il coordinamento politico ha detto sì,
all’unanimità, ad una vasta consultazione, senza escludere le primarie” (Il
PPI ricandida Gentili e i sindaci. ‘I nostri rappresentanti nelle istituzioni
hanno lavorato bene’. I patti territoriali fiore all’occhiello dell’azione del
Presidente, Il Tirreno, 22.02.1999). In una intervista – di cui parlerò più
avanti – rilasciata lo stesso giorno al giornalista Giancarlo Capecchi e
pubblicata quello successivo su La Nazione, accettai la sfida e rilanciai. Alla
domanda di Capecchi: “E delle primarie,
presidente, cosa pensa?”, risposi: “Che
sono un’iniziativa di straordinaria importanza. Se ben fatte, dotate di
opportune garanzie e controlli, veramente aperte ai cittadini e non solo preda
dei soliti noti. Se la coalizione avrà il coraggio e l’intelligenza di metterle
in piedi, offrirà ai cittadini un segnale di straordinaria rilevanza”. “E lei si sottoporrà al rischio delle
primarie?” continuò l’intervistatore. “Certamente”
risposi, “competition is competition”
(Giancarlo Capecchi, Qualcuno vuole fermare il nuovo, La Nazione, 23.02.1999).
Le primarie fecero la fine del povero Matteotti, non ne
parlò più nessuno e i soli partiti,
per riprendere l’espressione di Capitani, o meglio, aggiungo io, le 5-10 persone che decidevano (sommando
i comandanti in capo dei DS, Democratici, Socialisti Italiani, Repubblicani,
con l’aggiunta dei parvenu di Rifondazione Comunista e qualche Popolare
sottobanco) decisero di disarcionare Gentili. Alla faccia del Patto.
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