La stiva della sua nave era piena di un carico prezioso e vi erano inclusi importanti progetti per un rilancio economico. A distanza di 18 anni dalla sottoscrizione è possibile trarne un bilancio positivo, nonostante alcune defezioni.
Nel precedente post ho parlato dell’intuizione, dei protagonisti, del percorso, delle ansie e soddisfazioni dell’attivazione del Patto Territoriale. In questo secondo post andiamo a vedere cosa c’era dentro.
① La stiva della nostra nave
era piena di un CARICO PREZIOSO. Furono presentati 108 progetti. Passarono il
vaglio di conformità (progettuale, urbanistica, finanziaria) 79: 58 progetti
presentati da privati e 21 presentati da enti pubblici. Gli investimenti totali
comprensivi delle richieste avanzate sul PT alla fine risultarono oltre 431
miliardi di lire (€ 223.000.000), di cui 373 (€ 193.000.000) destinati ai
privati e 58 (€ 30.000.000) agli enti pubblici. Ottenemmo il massimo contributo
possibile: 100 miliardi di lire (€ 51.645.000). Prevedevamo poco meno di 1000
occupati fissi tra pubblici e privati, 1000 occupati in fase di cantiere e 500
con l’indotto. Queste furono le indicazioni contenute nel patto che consegnammo
al Ministero. Nelle prime fasi di elaborazione i numeri erano un po’ più alti,
ma vi furono defezioni.
Vi
erano inclusi una buona parte degli interventi ritenuti, a ragione, ma di
solito evocati retoricamente e solo a scopo polemico, fondamentali per il
rilancio della nostra economia. Trovavano spazio, infatti, nel PT i Porti
Turistici di Scarlino, Marina di Grosseto (l’approdo di Talamone alla fine si
sfilò). Le modalità di approvazione dei PRG portuali trovavano una notevole
accelerazione attraverso l’effettuazione di Accordi di programma promossi dalla
Regione, previa presentazione dei progetti da parte dei Comuni, che dovevano
concludersi entro 60 giorni dal loro avvio. Gli Enti sottoscrittori erano
inoltre impegnati ad agire per la convocazione di Conferenze di servizi da
parte delle autorità statali e dei loro uffici periferici per l’approvazione
dei progetti esecutivi delle opere portuali. Per la realizzazione dei Porti di
Scarlino e di Marina di Grosseto erano state avanzate proposte di investimento,
da parte di soggetti privati, per un importo complessivo di circa 43 miliardi.
Recepimmo interventi
riguardanti le Terme di Saturnia e Monterotondo Marittimo. Le proposte
riguardavano le esigenze di potenziamento, qualificazione e avvio di
stabilimenti turistico-ricettivi termali che corrispondevano, in gran parte,
all’offerta che il territorio provinciale poteva mettere sul mercato.
Attraverso le proposte, fatte proprie dal PT, per nuovi impianti golfistici
(collocati nelle Colline Metallifere, nelle Colline del Fiora e nella Costa
d’Argento), poteva consolidarsi e acquistare precisi connotati un ulteriore
segmento di attività turistica, tale da alimentare flussi specifici e
qualificare l’offerta. In relazione alla necessità di migliorare l’accoglienza
erano presenti nel PT proposte di potenziamento di strutture esistenti e di
creazione di nuove attività turistico ricettive, che interessavano in generale
il territorio provinciale e che avrebbero potuto generare oltre 3000 nuovi
posti letto in strutture alberghiere o extra-alberghiere. Erano inoltre previsti
ristoranti, impianti sportivi e ricreativi, strutture
culturali-didattico-informative.
Oltre agli interventi nella
zona costiera, già previsti negli strumenti urbanistici erano presenti rilevanti insediamenti – alcuni dei quali in variante –
da realizzare nelle zone interne. Questi ultimi rispondevano all’obiettivo
di un riequilibrio nello sviluppo ed
erano resi possibili dal riutilizzo e dal potenziamento di volumi esistenti
contribuendo, così, a dare corpo all’aspirazione di rappresentare una meta privilegiata
dai flussi crescenti di turismo nel verde e di carattere
naturalistico-culturale. Andava d’altra parte tenuto presente l’impegno, in
parte presente anche nel PT, teso a migliorare l’attività di
commercializzazione, informazione e accoglienza svolto dai consorzi privati
degli operatori e dai soggetti pubblici. Si collocavano in questo quadro anche
gli investimenti nelle strutture di turismo equestre, di servizi per l’attività
allevatoriale e per la promozione di un’offerta integrata legata al cavallo.
Si integravano profondamente
con le proposte avanzate dai privati, i
progetti di iniziativa pubblica che riguardavano la valorizzazione di molte
emergenze culturali e ambientali ai fini dell’accoglienza e della
qualificazione dell’offerta turistica di base. Rientrarono nel PT la
realizzazione di un sistema di teleriscaldamento geotermico a Santa Fiora; il
completamento e il restauro dell’ala sud del complesso monumentale di San
Pietro all’Orto di Massa Marittima; il restauro conservativo dei resti della
basilica di San Bruzio di Magliano in Toscana; la ristrutturazione della rocca
di Montemassi; la realizzazione di Centri di informazione turistica; la
realizzazione del Parco Tematico della Civiltà Etrusca; la realizzazione di
itinerari per il turismo equestre; la realizzazione del Parco del Fiume Ombrone
a Grosseto; la realizzazione della Rete delle Riserve naturali; la
riqualificazione del sistema dei parchi pubblici del comune di Santa Fiora; la
riqualificazione della torre della Rocca Aldobrandesca di Capalbio; il recupero
della Rocca degli Alberti di Monterotondo Marittimo; la realizzazione del
Centro visite e del Centro direzionale per il Parco della Maremma; la
realizzazione del Polo di Eccellenza del Cavallo Italiano a Rispescia; la
sistemazione dell’area e la realizzazione di impianti sportivi nel comune di
Casteldelpiano; la realizzazione del centro di accoglienza dell’albergo I
Casali della Comunità Montana di Massa Marittima; il recupero architettonico e
funzionale degli edifici dell’area ex-Ilva di Follonica e la realizzazione di
un centro per incubatori d’impresa. Poi i progetti riguardanti il Parco
Tematico della Civiltà Etrusca, la Rete delle Riserve Naturali, il Parco
Regionale della Maremma, la Rete delle Ippovie. Quest’ultima poi non ebbe
seguito, perché il progetto presentato nel patto (così mi è stato detto) era
sottodimensionato rispetto all’effettivo costo che avrebbe richiesto l’intera
operazione.
Siffatta nuova
infrastrutturazione contribuiva a dare concretezza all’antico obiettivo di
utilizzare più pienamente, ai fini dello sviluppo, le doti derivanti dalla
natura e dalla storia che identificavano il territorio provinciale e lo avevano
già reso riconoscibile sul piano nazionale e internazionale. Emergeva, inoltre,
la significativa partecipazione della piccola impresa e dell’artigianato, con
10.000 nuovi metri quadrati coperti previsti dalle varianti urbanistiche, oltre
alla previsione di strutture di promozione e di assistenza. Era, infine,
previsto il miglioramento dell’offerta fieristica mediante l’organizzazione e
l’azione della FiMar (Fiere Maremma) e il potenziamento dell’aerostazione
civile, grazie all’impegno che i soggetti interessati, principalmente gli Enti
Pubblici, avrebbero dovuto riversare nella Seam.
② I RISULTATI FINALI DEL
PATTO TERRITORIALE. Sono così fiero del Patto Territoriale che volevo
verificare la sua riuscita a distanza di 20 anni, anche se ero timoroso di un
suo eventuale flop. Mi sono messo in contatto con chi l’ha seguito sino ad ora
e sono emersi lusinghieri risultati. Va precisato che la concretizzazione del
PT ha conosciuto due fasi: la fase 1, con i progetti presentati nel 1999, la
maggior parte dei quali è andato a realizzazione, salvo quelli che si sono
ritirati o sono stati esclusi per varie inadempienze; la fase 2, che ha accolto
altri progetti in linea con la filosofia del PT, utilizzando le risorse rimaste
disponibili.
Allora, andiamo a fare il
bilancio.
Gli INVESTIMENTI totali
inizialmente previsti erano di 223 milioni di €, quelli realizzati nelle fasi 1
e 2 sono stai 193 milioni, pari all’86%. Gli investimenti iniziali per i
progetti privati erano 193 milioni di €, quelli realizzati tra la fase 1 e la 2
sono stati 164 milioni di €, pari all’85%. Gli investimenti pubblici iniziali
previsti erano 30 milioni di €, quelli realizzati 28 milioni di €, pari al 93%.
Il CONTRIBUTO iniziale del
patto territoriale era di 51 milioni di €, quello realizzato tra la fase 1 e la
fase 2 è stato di 44 milioni di €, pari all’85%.
Dei 21 PROGETTI PUBBLICI
inizialmente previsti sono giunti al traguardo 20, mentre 1 non è stato
realizzato (itinerari per turismo equestre). Dei 58 PROGETTI PRIVATI iniziali
previsti hanno traguardato 37 e 21 sono stati revocati/ritirati. Nella
rimodulazione sono stati inclusi altri 28 progetti: di questi hanno raggiunto
il traguardo 19 e 9 sono stati revocati/ritirati. Il totale dei progetti che
hanno ottenuto il finanziamento dal Patto territoriale sono dunque 56, due in
meno di quelli di partenza. Insomma, tra pubblici e privati sono stati
realizzati 76 progetti.
Per quanto riguarda
L’OCCUPAZIONE prodotta dai progetti privati, degli 854 occupati previsti
inizialmente sono stati effettivamente occupati 492 U.L.A. a questi vanno
aggiunti i 127 U.L.A. della rimodulazione. Preciso che U.L.A. sta per unità di
lavoro per anno. In sostanza un occupato a tempo pieno e indeterminato
corrisponde ad un’U.L.A.; un occupato part time (20 ore a settimana) a tempo
indeterminato è 1/2 U.L.A., a sei mesi è 1/4 di U.L.A. e così via. Pertanto le
619 (492 + 127) U.L.A. effettivamente realizzate corrispondono ad un numero di
persone sicuramente maggiore, anche se non è possibile dire di quanto. Del
centinaio di occupati previsti dai progetti pubblici non si hanno notizie. Come
pure dell’occupazione di cantiere, che era stata prevista in circa mille unità
e che c’è sicuramente stata. Non è possibile neppure quantificare l’occupazione
legata all’indotto, anch’essa sicura. Quello che è possibile osservare è che i
progetti che sono andati in porto hanno prodotto più occupazione di quella
prevista, nonostante che, rispetto a quando sottoscrivemmo il Patto, le
modifiche normative introdotte a seguito della crisi economica, hanno fatto
venire meno l’obbligatorio rispetto degli impegni occupazionali.
Sono lieto soprattutto che
la Provincia di Grosseto abbia svolto un compito attivo, supportando i comuni e
i privati, rimodulando le risorse rimaste inutilizzate dopo la prima fase e
pretendendo correttamente tutte le giustificazioni previste dalla legge. Alcuni
privati sono stati di parola, altri no. Quest’ultimi in parte presentarono
progetti velleitari e magari qualcuno tentò operazioni un po’ spregiudicate.
Altri videro che il patto e i suoi impegni non facevano per loro. Peccato per
qualche progetto di grande spessore e anche di notevole rilievo occupazionale:
ricordo per tutti Il Pelagone nel comune di Gavorrano che presentò un progetto
di quasi 30 miliardi di lire, richiedeva al patto circa 5 miliardi e avrebbe
avuto un impatto occupazionale di 251 persone. Poi decise di sfilarsi.
Comunque i 100 miliardi di lire che riuscimmo a
portare a casa continuano ancora oggi a dare i frutti. Oltre due milioni di
euro sono stati 3anni fa utilizzati per il
parziale finanziamento di due Poli Tecnologici. Un investimento di
1.200.000 € (più 3.800.000 della Regione) per il Laboratorio Tecnologico
Multidisciplinare di Borgo Santa Rita che ha preso il nome di Certema,
consorzio in cui sono confluite sei aziende con il compito di fare ricerca
avanzata e produrre innovazione tecnologica. Un altro investimento di 840.000 €
(oltre a 1.700.000 € della Regione) per il Polo Agroalimentare in fase di
realizzazione a Rispescia, per accompagnare l’agricoltura con la qualità, la
ricerca e l’innovazione sia per i prodotti che per le loro trasformazioni e
supportare le piccole e medie imprese del settore.
Insomma, il
Patto è sempre tra noi e continua a dare i suoi frutti.
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