Avevo accettato la rischiosa scommessa di dimostrare che dalla conservazione della natura si potesse creare anche sviluppo. E quella fu una bella prova che riguardò azioni minute, progetti importanti e l’avvio di una riflessione sul Parco del 2000. Dopo nove mesi di maternità surrogata consegnai il Parco al nuovo presidente, non senza che una squisita personalità e gli abitanti del Parco mi dessero due grandi soddisfazioni
Il primo bilancio pubblico
lo feci il 29 maggio 1999 in occasione della pulizia della spiaggia organizzata
da Legambiente ad Alberese, presenti le scuole, le associazioni ambientaliste,
alcuni agricoltori e cacciatori. Partecipai alla pulizia insieme a mio figlio
Giovanni, allora undicenne. Emerse che nei primi 88 giorni di commissariamento
l’Ente Parco, per le emergenze, aveva preso una decisione ogni 4 giorni.
Ma io dovevo e volevo
occuparmi anche delle AZIONI MIGLIORATIVE E DEI PROGETTI DI SVILUPPO che, lo
confesso, erano la mia vera passione. Quando all’inizio della legislatura
provinciale avevo combattuto per il Parco possibile dell’Arcipelago Toscano e
poi in seguito avevamo istituito 13 nuove Riserve Naturali (riserve di natura,
come ci piaceva chiamarle) facendo della provincia di Grosseto la prima in
Toscana per estensione di aree protette, avevo
accettato la rischiosa scommessa di dimostrare che dalla conservazione della
natura si potesse anche creare sviluppo.
Ecco
perché mi dedicai ad alcune partite che
ritenevo strategiche, anche se talvolta fatte di azioni apparentemente modeste.
① La prima riguardò
UNA PIÙ FUNZIONALE GESTIONE DEL PARCHEGGIO DI MARINA DI ALBERESE, tante volte
richiesta anche dal sindaco di Grosseto. Facemmo lavori per incrementare le
capacità del parcheggio e per il miglioramento della sua funzionalità, lavori
di abbellimento complessivo tramite recinzioni e delimitazioni varie in legno;
lavori per il rifacimento e l’accorpamento dei tavoli in legno nella zona
limitrofa alle rivendite di prodotti alimentari. Creammo due isole ecologiche
per la raccolta dei rifiuti e realizzammo la localizzazione dei servizi
igienici e dello spazio per la manovra dei bus mediante la creazione di due
apposite piazzole. Facemmo la manutenzione straordinaria della strada, con
l’ausilio del personale e dei mezzi della Provincia, tramite la fornitura del
materiale. Attivammo un nuovo sistema complessivo della vendita dei biglietti e
un sistema di controllo del parcheggio e della sbarra di accesso al parcheggio,
raggiungendo il triplice obiettivo di eliminare le file lungo la strada di
Marina di Alberese, controllare razionalmente le presenze al parcheggio
consentendo la gestione direttamente dai centri abitati di Alberese e
Rispescia, impiegare per altri compiti istituzionali la vigilanza asservita, i
precedenti anni nel periodo estivo, al controllo e all’azionamento manuale
della sbarra. Attivammo, infine, il servizio di guardia medica per i mesi di
luglio e agosto 1999.
② A metà giugno
presentai VIVI IL PARCO, un progetto teso a valorizzare il territorio
dell’Uccellina. Riguardava, in primo luogo, la questione trasporti. In
collaborazione con la società Rama mettemmo in piedi un sistema di trasporto
integrato (interno-esterno) dei visitatori che prevedeva la ridefinizione della
Linea 17, il collegamento tra Alberese, Rispescia e Marina di Alberese. Era
previsto un numero più alto di corse verso Marina di Alberese, tale da coprire
l’intera giornata. Quindi l’istituzione della corsa diretta Rispescia-Marina di
Alberese, senza passare per Alberese. Senz’altro originale la dotazione di un
pullman colorato contenente il logo del Parco. Sempre in collaborazione con la
Rama migliorarono i collegamenti con la città di Grosseto e addirittura c’era a
disposizione del Parco, su richiesta, anche un veicolo per raggiungere le più
interessanti mete del territorio provinciale. Naturalmente confermato era il
collegamento con la località Pratini, dove partivano gli itinerari del Parco.
Il progetto prevedeva anche l’estensione dei giorni di visita al lunedì e al
giovedì, per una copertura di 5 giorni settimanali. Gli anni passati le visite
erano previste solo il mercoledì e il fine settimana. Iniziammo a lavorare per
organizzare un sito internet del Parco che non esisteva. Prendemmo i primi
accordi con la Grosseto-Sviluppo per giungere, nell’arco di pochi mesi, alla
definizione del marchio del Parco della Maremma. Furono predisposti due nuovi e
originali itinerari: quello per la pace e quello per l’orientamento dei
ragazzi, progettati dai dipendenti Anselmi e Martini, con i quali favorire una
più qualificata utilizzazione degli itinerari esistenti, potenziandone
l’aspetto didattico, in vista di una maggiore attività con le scuole del
territorio.
③ Entrato nell’ente
non trovai il deserto, ma tutta una serie di azioni attivate e non concluse. Ci mettemmo di tutta lena per
condurle rapidamente in porto. Portammo a realizzazione: i percorsi accessibili
ai disabili a Bocca d’Ombrone e lungo l’itinerario faunistico/forestale,
comprensivi di parcheggio, realizzati con materiali a basso impatto ambientale
compatibili con l’area protetta; l’orto botanico accessibile ai disabili con
pista realizzata in materiale a basso impatto ambientale e con precise
indicazioni sulle essenze impiantate; il nuovo edificio a servizio
dell’eliporto provvisto di due unità immobiliari (una per il pilota e una per
il motorista dell’elicottero) oltre ad un magazzino per i pezzi di ricambio; i
lavori di manutenzione straordinaria del Casello Idraulico di Bocca d’Ombrone
per realizzare la foresteria del Parco e un luogo di studio e osservazione
della fauna; l’impianto di telecontrollo per la prevenzione degli incendi,
istallato sul torrino del casello idraulico con video e consolle di controllo
localizzata negli uffici del Parco. Risolvemmo anche una serie di problematiche
riscontrate nel corso dei lavori per la sistemazione dei Laboratori scientifici
in località Scoglietto.
④ Vi erano anche dei progetti interessanti che però richiedevano
risorse per essere realizzati. E queste andavano trovate, altrimenti non
sarebbero partiti o giunti a conclusione. Io gli detti la spinta finale perché
trovassero spazio nel Patto Territoriale che stavamo ultimando. Con quelle
risorse fu possibile: realizzare gli itinerari della zona sud del Parco fruendo
del nuovo centro visite ubicato in località Caprarecce nel comune di Orbetello;
far rapidamente decollare la realizzazione di un nuovo centro visite ad
Alberese, contestualmente alla realizzazione del Museo del Parco e ai nuovi uffici
per la direzione; la realizzazione del centro visite di Collecchio; realizzare
il ripristino della strada di collegamento con Marina di Alberese; la
realizzazione, in adiacenza della strada per Marina di Alberese, di una pista
ciclabile; la realizzazione del centro servizi di Marina di Alberese.
⑤ La corretta
amministrazione di un’area protetta prevedeva, per norma, una serie di
STRUMENTI DI GESTIONE E PROGRAMMAZIONE. La legge nazionale 394 del 1991, già
più volte citata nel caso del PNAT, (integrata dalla 426 del 1998) li
individuava con chiarezza. Erano il Piano
per il Parco, il Piano pluriennale
economico e sociale, il Regolamento
del Parco. Il primo era lo strumento attraverso il quale l’Ente Parco
perseguiva le sue finalità istitutive: la tutela dei valori naturali e
ambientali, nonché storici, culturali, antropologici e tradizionali. Il secondo
era lo strumento che l’Ente aveva in mano per promuovere iniziative adatte a
favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività residenti all’interno
del Parco e nei territori adiacenti. Il terzo era lo strumento che disciplinava
l’esercizio delle attività consentite entro il territorio del Parco che doveva
anche valorizzare gli usi, i costumi, le espressioni culturali proprie e
caratteristiche dell’identità delle comunità locali. Quante volte ne avevo
sentito parlare (a vuoto) nel precedente periodo. E mi misi all’opera,
consapevole di poter solo avviare il percorso, vista la brevità del
commissariamento. Ritenevo anche che il valore programmatico del Piano del
Parco e degli altri strumenti richiedeva la individuazione di un percorso
capace di garantire il pieno coinvolgimento, sin dalle fasi preliminari del
processo, dei soggetti coinvolti a vario titolo nella gestione del territorio
in cui il parco si situava. Era anche l’obiettivo assegnatomi dalla regione
Toscana nel decreto di nomina. La partecipazione delle comunità locali nella
elaborazione dei citati strumenti era, a mio parere, essenziale affinché
fossero capaci di incidere sulle reali problematiche del Parco e per la loro
accettazione complessiva.
Pertanto
individuai un metodo e un itinerario che rendessero effettiva e non solo
declamata la partecipazione di tutti gli attori in campo.
Nella prima fase, dal 21 giugno al 21
luglio 1999 le comunità locali, i cittadini singoli e associati furono da me
invitati a presentare all’Ente Parco istanze, petizioni, proposte scritte
dirette a promuovere interventi per la migliore tutela degli interessi
collettivi. Non ricordo quanti contributi arrivarono.
• Ne
posseggo, peraltro, ancora uno inviato – sotto forma di LETTERA APERTA – da un Comitato di coordinamento degli agricoltori
operanti nel Parco della Maremma, nel quale, dopo aver riconosciuto e
apprezzato il “ristabilimento di alcuni
principi di legittimità e di tolleranza tra l’istituzione da Lei diretta e noi
cittadini”, continuavano dicendo che “i
nodi di fondo restano e si aggravano ogni giorno di più” e “la sua gestione non si distacca minimamente
dal passato”. Aggiungevano “con la
sua gestione siamo passati dall’arroganza al paternalismo” e “in sostanza lei vuole, anche nei fatti,
segnare il passaggio da una monarchia dispotica ad una monarchia illuminata, ma
dimentica che in questo Paese da oltre 50 anni esiste la democrazia”. Mi
accusavano di “continuare ad ignorare”,
ad esempio “sulle catture degli ungulati”,
la cooperativa che avevano fondato. Seguivano poi con una requisitoria contro
l’Azienda Regionale di Alberese e aggiungevano: “Ci scusi signor Commissario, Lei sicuramente è una persona seria e
onesta ma noi non riusciamo ad intravedere una speranza che qualcosa possa
cambiare davvero. Non se la prenda, purtroppo anche Lei è prigioniero di un
passato, di una cultura vecchia e sorpassata: il dirigismo statalista”.
Chiudevano dicendo che il problema vero del Parco era “la democrazia” e annunciavano la loro “intenzione di indire tra tutti gli abitanti di questo territorio le
elezioni dirette per indicare i nomi di coloro che dovranno far parte del
prossimo consiglio del Parco”, che battezzavano come “un atto politico attraverso il quale vogliamo sottolineare la nostra
volontà di autodeterminazione, contro le logiche spartitorie cha hanno
caratterizzato fin qui i Comitati di gestione del Parco”. Una lettera che
grosso modo compresi da quale mano era stata scritta, ma che mi colpì molto.
• Un’altra risposta
indiretta la ebbi dal Comitato per la
difesa del Parco della Maremma che per bocca di Fratini e Manetti
espressero “forti dubbi sulla bozza
ragionata predisposta dall’attuale Commissario Stefano Gentili” (Gli
ambientalisti attaccano: ‘No alla linea seguita da Gentili’, Il Tirreno,
23.08.1999). Erano gli stessi che a metà giugno avevano protestato per “un atto gravissimo verificatosi nei giorni
scorsi: l’abbattimento di un albero monumentale tra i più antichi del Parco”
(Il Tirreno, 18.06.1999). Prossimo a San Rabano, rischiava veramente di recare
danni al monumento e alle persone. L’architetto Giunta naturalmente si premurò
di avere tutti i pareri necessari per svolgere quell’operazione, che autorizzai
per evitare possibili sciagure.
• Il 28 luglio 1999 inviai
alle comunità locali, ai soggetti economici, alle associazioni una BOZZA DI
LAVORO RAGIONATA preparatoria al Documento Programmatico per il Parco del 2000
(di 50 pagine) per gli opportuni approfondimenti, le osservazioni, i
contributi. Era corredata da una ‘Introduzione’,
una prima parte dedicata a ‘Le norme’
e una seconda intitolata ‘Primi elementi
di riflessione’. Quest’ultima a sua volta articolata come segue: Il Parco nella realtà provinciale, Le aree e
le loro funzioni, Le strutture per i servizi di accoglienza e di fruizione, Le
attività economiche e le trasformazioni del territorio, I Piani a servizio
della gestione.
Da quella data rimasi
(inutilmente) in attesa della comunicazione delle osservazioni e dei
contributi, specie da parte delle istituzioni locali: Provincia di Grosseto e
comuni di Grosseto, Orbetello, Magliano. L’itinerario da me pensato prevedeva
che entro 10 giorni dal ricevimento dei ricordati contributi, il Commissario
straordinario o, come più probabile e più giusto il nuovo Consiglio Direttivo
del Parco, presentasse alle comunità locali, ai soggetti economici, alle
associazioni il ‘Documento Programmatico
per il Parco del 2000’. Documento da ritenersi approvato e condiviso se,
entro 15 giorni dalla consegna ai soggetti interessati, non fossero giunte
ulteriori osservazioni. La seconda fase sarebbe
dovuta servire per la redazione vera e propria del Piano del Parco, ma anche
del Piano economico e sociale, redatti alla luce del documento che avevo
inviato ai soggetti preposti. Ero perfettamente consapevole che la cosa sarebbe
rimasta a quel punto, ma redassi quel documento con il decisivo contributo
dell’architetto Pietro Pettini, per dimostrare che oltre al punto di vista di Vellutini
e Mattei che – si diceva – avevano chiesto allo studio Fontana Antonelli di
redigere un Piano del Parco assai vincolante (con ciò scatenando le ire degli
abitanti e degli agricoltori) ci poteva
essere anche un altro modo sostenibile di vedere le stesse cose.
• Infine, la terza fase. Tra i compiti che mi erano stati affidati nel decreto
di nomina c’era anche l’adeguamento dello Statuto del Parco alla legge
regionale 65 del 1997, istitutiva del Parco regionale delle Alpi Apuane. Io
colsi quell’occasione per avanzare una complessiva proposta di modifica e
aggiornamento dello stesso e, nel mese di agosto, inviai agli organismi
competenti una BOZZA DI NUOVO STATUTO, corredato di 36 articoli. Attraverso
quel nuovo strumento sarebbe stato anche possibile portare a termine l’annosa
questione del Direttore del Parco, avendone definito con esattezza fisionomia e
compiti, equiparandolo a un vero e proprio dirigente.
⑥ Ma il tempo che all’inizio
sembrava non scorrere mai, a dicembre finalmente giunse a conclusione. Non
senza che una squisita personalità e gli abitanti del Parco mi dessero DUE
GRANDI SODDISFAZIONI.
Forse nel settembre (ma non
ricordo bene la data), ricevetti una
telefonata che mi annunciava la visita di una persona veramente speciale.
Era il senatore Oscar Luigi Scalfaro, da maggio non più presidente della
Repubblica Italiana: desiderava fare un giro del Parco della Maremma. Fu
un’esperienza emozionante: sulla nostra jeep, guidata da una guardia, il
Presidente, sua figlia Marianna, io ed Enrico Giunta potemmo gustare alcuni dei
più suggestivi scorci del Parco.
Nell’ottobre, quando si
stava attendendo l’imminente nomina del nuovo presidente del Parco della
Maremma ed era partito il toto-nomi, i
residenti del Parco parteciparono alla consultazione referendaria organizzata
dagli agricoltori, per dare alla Regione Toscana la loro indicazione su chi
sarebbe dovuto essere il nuovo presidente. Le aziende agricole interessate
erano 115 e si recarono a votare 167 persone (oltre ai titolari votarono parte
dei loro familiari), nonostante “le loro
associazioni fossero andate nelle aziende a dire di non votare” (Gli
agricoltori vogliono Gentili presidente, Il Tirreno, 26.10.1999). Lo scrutinio
dei risultati non dette dubbi sul loro orientamento: io presi 150 voti,
Giampiero Sammuri (il mio vice alla provincia, che si diceva fosse il
predestinato) 8 voti, Angelo Guido Lombardi (un professore romano) 6 voti,
(oltre ad una scheda bianca e due nulle). “Il
più anziano” che si recò a votare – ricordava sempre Il Tirreno – “è stato Polesan, 95 anni, la più nota,
Giuliana Ponticelli”. Secondo Carlo Sestini si trattava “di un segnale politico molto forte perché si registra una importante
inversione di rotta” (Parco della Maremma: sconfessati i DS. I residenti
‘Gentili presidente’. No al ‘candidato rosso’, Il Giornale, 26.10.1999). Per me
fu un’autentica sorpresa, perché non pensavo che gli agricoltori della famosa
lettera avrebbero dato seguito a quanto detto e tanto meno ritenevo di avere
conquistato la simpatia degli abitanti del Parco, alcuni dei quali a gennaio mi
avevano quasi insultato e preso a pacche poco rassicuranti sulle spalle.
Per i decisori regionali e i loro referenti
locali il referendum era poco più che carta straccia, nonostante l’appello
del PPI provinciale che invitava la Regione a tenere invece conto della
consultazione: “Chi ha una così alta
responsabilità deve avere ben presente che non si potrà continuare ad applicare
la teoria per cui soltanto gli uomini di un partito o da esso proposti
possiedono titoli, esperienze e professionalità per ricoprire incarichi di
rilievo non soggetti al vaglio elettorale, mentre altri candidati sono
discriminati non per oggettive valutazioni di professionalità, ma per una
diversa appartenenza politica” (Parco: il PPI non accetterà
discriminazioni, Il Tirreno, 15.11.1999). Tra l’altro, nella legge regionale 65
del 1997, che dovevo recepire per adeguare lo statuto del Parco della Maremma,
all’articolo 5, comma 1 si diceva: “Il
Presidente è nominato dal Consiglio regionale sulla base di un elenco di almeno
3 nominativi designati dalla Comunità del Parco e dotati di comprovata
esperienza amministrativa, risultante da documentato curriculum”. Quindi
l’unico titolo che formalmente era richiesto era appunto l’esperienza amministrativa, che dopo 4 anni di presidenza della
Provincia avevo indubbiamente maturato. Il comune di Magliano propose il mio
nome, quello di Orbetello Angelo Guido Lombardi, il comune di Grosseto non
ricordo e la Provincia di Grosseto quello di Giampiero Sammuri.
Io andavo dicendo che non
avevo intenzione di continuare, ed era vero, anche perché avevo percepito
alcuni segnali della malattia che più avanti mi avrebbe messo k.o. Ma il mio
parere era del tutto ininfluente, avendo da tempo deciso di indicare Giampiero Sammuri.
“Vuolsi così colà dove si puote / ciò che
si vuole, e più non dimandare”. La modalità era la solita, ma la scelta fu
azzeccata: Giampiero aveva indubbiamente tutte le caratteristiche per essere un
validissimo Presidente del Parco della Maremma.
A lui consegnai il pargolo, dopo nove mesi di maternità surrogata.
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