Per provare a rispondere sul perché fui scelto io per la presidenza della Provincia è necessario riportare alla luce il forte cambio di scenario politico avvenuto negli anni 1992 – 1995.
Specie dopo le elezioni
politiche del 5-6 aprile 1992, i più avvertiti avevano compreso che il panorama
politico stava rapidamente cambiando e, anche in provincia di Grosseto, i vecchi equilibri non sarebbero stati più
sufficienti a garantire la vittoria della sinistra nelle competizioni
elettorali.
L’esito elettorale di quell’anno
vide a Grosseto il nuovo partito della sinistra, il PDS, subire una dura
lezione attestandosi sul 27% (contro almeno il 30% pronosticato). Come ricorda
Luca Verzichelli nel suo Comportamento
elettorale e cultura politica a Grosseto, edito nel gennaio 1996, “unendo i voti dei due partiti nati dal
congresso di Rimini (PDS e RC) non si raggiunge, nella provincia di Grosseto,
neanche quel 36% che era stato il peggior risultato del PCI durante gli anni
50”. Era evidente che quel dato elettorale avrebbe sconvolto i rapporti di
forza a livello delle amministrazioni locali, come plasticamente dimostrato da
un articolo su La Nazione del 7 aprile 1992, dove una proiezione dei dati di
quelle politiche al livello del comune di Grosseto e della provincia mostrava
la caduta della maggioranza di sinistra imperniata su PDS e PSI.
Lo sfaldamento politico sotto
traccia fu coperto dalla sostanziale riconferma del numero dei parlamentari
eletti e, in parte, delle persone elette: vi furono le conferme di Hubert Corsi
e Giuliano Amato e dello stesso Nedo Barzanti, questa volta per Rifondazione. I
nuovi erano due candidati naturali come Luciano Giorgi, ex presidente della
provincia e Flavio Tattarini ex sindaco di Grosseto e fu eletto al Senato un
esponente della neonata AN, Giuseppe Turini. Anzi furono proprio alcune di
quelle personalità (Amato per il PSI, Corsi per la DC, due o tre personalità
grossetane per il PSDI) che consentirono al quadro complessivo di assomigliare
ancora a quello della prima repubblica.
• Il 1993, con la novità
dell’elezione diretta del Sindaco, sistema a ballottaggio e premio di
maggioranza del 60% dei seggi consiliari, rese
evidente nel capoluogo (che per poco incappò nella nuova modalità
elettorale) il terremoto che aveva
sconvolto il mondo politico grossetano. Loriano Valentini contro Fausto
Giunta al primo turno prese 18.398 voti contro 15.492 e al secondo 23.836
contro 21.297, 52,81% contro 47.19%, pochi voti di differenza. Ma la novità
stette nelle alleanze, che cambiarono radicalmente l’andazzo passato: da una
parte Valentini era appoggiato dalla lista Alleanza per Grosseto (PDS,
repubblicani che non si riconoscevano nell’ex-segretario Giunta, Popolari per
la riforma e Verdi), dall’altra Giunta era sostenuto dalla lista Rinnovamento
(PSI, PLI, repubblicani vicini a Giunta) e dalla DC. Rifondazione viaggiava per
suo conto, vi fu pure la presenza di una lista di ispirazione cattolica,
Testimonianza per la città, che non si riconosceva in nessuno dei due candidati
principali e la presenza della Lega.
Da quelle consultazioni per la
verità uscì un solido PDS legato, però, a strategie diverse rispetto al passato
e costretto ad una convivenza obbligatoria con quelli che saranno poi chiamati
cespugli. Il cambiamento lo evidenzia anche Luca Verzichelli andando ad
analizzare la composizione degli eletti nel nuovo consiglio comunale: “nelle file del PDS solo il sindaco
Valentini e un paio di consiglieri sono riproposti, mentre la lista di Alleanza
per Grosseto (una lista di coalizione e non una coalizione di liste) presenta
molti esordienti e personalità provenienti da ambienti esterni ai quattro
partiti di riferimento”.
Uscì anche una peculiarità che
differenzierà Grosseto dal resto della Toscana. Si evidenziava un potenziale di
voti di un’area centrale, anti-comunista o comunque non progressista che
esploderà nel biennio successivo.
• Giungiamo così al
fatidico 27-28 marzo 1994. Le elezioni
della straripante vittoria in Italia della destra. A Grosseto avvenne una
cosa che fece cadere alcuni in una pericolosa illusione ottica. Tutti i collegi
uninominali della provincia furono vinti dai progressisti, come nel resto della
Toscana. Tanto da far dire a un giornalista locale (La Nazione, 30 marzo 1994)
che “nel granducato rosso della Toscana
il castello maremmano ha confermato di essere un sicuro e fedele avamposto
della causa progressista”. Il dato proporzionale evidenziava invece un
poderoso avanzamento della destra su tutto il territorio provinciale, specie in
alcune aree del sud e in qualche comune amiatino. In alcune aree, Orbetello,
Monte Argentario, Isola del Giglio, Forza Italia aveva inglobato la quasi
totalità dell’elettorato di area cattolica, socialista e laica. E AN, autonomo
in Toscana da Forza Italia anche nei collegi uninominali, ottenne risultati
strepitosi, coprendo in questo modo l’intero fronte conservatore.
Il PDS riuscì a recuperare
rispetto al 1992, ma non si trattava di un voto identitario. L’identità
nostalgica era rappresentata dai consistenti risultati di Rifondazione
Comunista, come quelli a doppia cifra dell’intera area mineraria. Il PDS, nel
variegato elettorato di centro-sinistra che non si sentiva attratto dalle
sirene berlusconiane, veniva riconosciuto dai più come l’unico attore credibile
sotto il profilo organizzativo e della capacità di offerta politica. Era il
partito che, non solo a Grosseto, più aveva cambiato e che aveva sacrificato
per scelte strategiche parte del proprio personale ad alcune candidature di area.
Che l’opinione schierata a
sinistra non era più in larga parte ideologica era evidenziato anche dalla
gestione delle preferenze. La provincia di Grosseto non era solo la meno rossa
della Toscana, ma anche quella dove le preferenze venivano gestite in modo più
soggettivo ed incoerente rispetto alle indicazioni partitiche. Questo era già stato evidente nelle elezioni
del 1992, dopo l’introduzione della preferenza unica, che impedì l’elezione del
capolista PDS Quercini (personalità di primo piano a livello nazionale), non
essendo riuscito a racimolare a Grosseto e ad Arezzo quei voti che gli
avrebbero consentito di sopravanzare l’altra candidata senese, Anna Serafini.
E lo fu anche nelle elezioni del
1994. Sempre Verzichelli ricorda come esempio “la rischiosa elezione del
candidato progressista nel collegio 19 della camera, l’esordiente Vincenzo
Viviani. Probabilmente tradito da Rifondazione, il magistrato voluto dal PDS e
accettato con soddisfazione da tutti gli altri attori della maggioranza, stacca
di soli 9 punti il candidato di Forza Italia”. Viviani prese il 36,6% e Giulio
Borgia di Forza Italia il 27,3%. L’AN Franco Mugnai il 19,1%, e rischiò una
quasi elezione. Se FI e AN fossero state coalizzate, lo stimato Viviani non ce
l’avrebbe fatta.
• Nel breve volgere di 3 anni vi fu anche la clamorosa smentita di tutti
coloro che, nel tempo, avevano parlato di una tradizione di voto cattolico in
maremma e di una consistente area di opinione laico-socialista. Tutto
spazzato via. E se la destra, allora, non riuscì a sfondare, fu dovuto al fatto
che il suo trionfo si concentrò prevalentemente nelle aree a meno densità di
popolazione.
Analizzando nel dettaglio i dati
delle politiche del 1994 suddivisi per Comuni, si nota infatti che a Nord,
Scarlino, Monterotondo Marittimo, Gavorrano, Massa Marittima, Montieri,
Roccastrada e sull’Amiata, Arcidosso, Castell’Azzara, Santa Fiora, Castel del
Piano erano nettamente ancora in mano al PDS e alla sinistra in genere. Con
Cinigiano e Semproniano che lo erano un po’ meno. Seggiano era ancora più in
bilico, come Roccalbegna.
Grosseto e i suoi satelliti si
trovavano su un piano sempre più inclinato da sinistra verso destra. La somma
dei voti di FI e AN superavano, spesso di gran lunga, quelli del PDS.
Grosseto: PDS 26.44, FI 23.69,
AN 17.47, RC 7.14, PPI 5.72, Patto 5.59.
Castiglione della Pescaia: PDS
28.93, FI 26.3, AN 19.31, RC 6.79, PPI 4.93, Patto 3.82.
Magliano in Toscana: PDS 27.57,
FI 20.61, AN 12.78, RC 10.86, PPI 7.70, PSI 6.96.
Scansano: PDS 26.40, FI 18.84, AN 16.26, PPI 9.18, Patto
6.29.
Molto in bilico erano anche Campagnatico e Civitella
Paganico.
La zona Meridionale era
completamente in mano alla destra. Con Capalbio sulla buona strada.
P.S. Stefano: FI 35.16, AN
18.40, PDS 12.64, PPI 8.22, Patto 7.56, RC 4.92.
Orbetello: FI 27.06, PDS 21,48,
AN 20.61, RC 7.24, PPI 5.33, Patto 4.79.
Isola del Giglio: FI 30.76, AN
24.59, PPI 16.88, PDS 9.89, Patto 5.91.
Capalbio: PDS 28.57, FI 22.72.
AN 16.64, RC 10.39, Patto 6.08, PPI 5.16.
L’Area del Fiora si trovava in
una situazione variegata con Sorano ancora rosso, Pitigliano nelle seguenti
condizioni: PDS 30.31, FI 20.05, AN 15.05, RC 8.47, PPI 7.44, Patto 4.80 e
Manciano dove il PDS aveva ancora quasi il 30%, ma FI e AN insieme
rappresentavano il 32% e RC oltre il 12%.
Spazzato via ogni tipo di
centro, ci venne consegnato un territorio provinciale ancora un po’
frammentato, ma tendente verso la polarizzazione e sempre più incline a
muoversi da sinistra verso destra, con l’eccezione (peraltro ancora numerosa)
delle Colline Metallifere e di buona parte dell’Amiata. Il sud
irreversibilmente consegnato alla destra, Grosseto e i suoi satelliti molto
destri, il Fiora ancora sufficientemente sinistro ma voglioso di destra.
• Le elezioni europee del 12
giugno 1994 non fecero altro che confermare quella tendenza.
A livello provinciale il PDS
prese 43.427 voti (30%), Rifondazione Comunista 11.368 (7,9%), PPI 9.111 (6,3),
Forza Italia 42.961 (29,7%), Alleanza nazionale 19.814 (13,7%).
A Grosseto il PDS prese 13.388
voti (27,5%), Rifondazione Comunista 3.108 (6,4%), PPI 2.590 (5,3), Forza
Italia 15.634 (32,1%), Alleanza nazionale 7.586 (15,6%), il resto delle forze
politiche raccolsero spiccioli.
Insomma, FI e AN raggiunsero il
43,4% a livello provinciale (e il 47,7% a Grosseto) ed erano sempre più
intenzionati a muoversi insieme. Il PDS era in rotta totale con Rifondazione
comunista. Quindi poteva contare sul suo 30% a cui forse poteva essere aggiunto
il PPI (6,3), forse il PRI (1,7), forse il PSDI (0,8), forse i Verdi (1,8),
forse il Patto Segni (2,3) e forse Alleanza Democratica e PSI (2,2). Totale a
livello provinciale: 45,1%. (41,34 a Grosseto). Sempre ammesso che la somma
avesse fatto il totale, per dirla con Totò.
Gli anni ’60, ’70 e ’80 erano ormai un appassito ricordo
politico.
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