giovedì 30 dicembre 2021

POST 57 – IL CAOS DEL CORRIDOIO TIRRENICO

Nel 1995 ci trovammo in un vero e proprio bailamme. Con l’assessore Renato De Carlo ci impegnammo come matti per portare a casa qualche risultato. Le sabbie mobili delle chiacchiere e dell’immobilismo altrui ingoiarono anche noi. L’unico fatto concreto fu il progetto definitivo per l’adeguamento in sede del tratto a due corsie di Capalbio da noi commissionato all’Anas

Il corridoio tirrenico è ancora oggi una necessità e infatti se ne continua a parlare. Esso, in verità, significa infrastruttura plurimodale fatta di mare, ferro e strada con la funzione anche di collegare i porti commerciali e turistici toscani. Ma ora mi soffermo sulla strada.

La questione del corridoio tirrenico ha qualcosa di mitologico e la sua origine si perde nella notte dei tempi.

Partita l’avventura quando io avevo 12 anni, nel lontano 1969 con un decreto ministeriale che autorizzava la concessione alla SAT (Società Autostrada Tirrenica) da parte dell’Anas per la costruzione e l’esercizio dell’autostrada Livorno-Civitavecchia, già nel 1975 fu bloccata dalla legge La Malfa (Ugo) con il fermo messo a tutte le costruzioni di nuove autostrade. Costruzioni che tornarono poi in pista nel 1982 e furono confermate nel 1985, ma senza risultati concreti. Nel 1991 il progetto autostradale, con tracciato interno, presentato dalla concessionaria fu oggetto di pronunciamento di Valutazione di Impatto Ambientale negativo da parte del Ministro dell’Ambiente di concerto con quello dei Beni Culturali e Ambientali. Da noi, polemiche, dibattiti, prese di posizione, propaganda sul come farla: alcuni nel riempirsi la bocca ci si sono ingrassati.

① COSA TROVAMMO. Appena eletto Presidente della Provincia di Grosseto, mi trovai in un vero e proprio bailamme.

I punti esclamativi di quel periodo – “Fare l’autostrada è un obbligo morale!”, “Non si deve fare!”, “Muovetevi o moriamo!”, “Non c’è volontà politica!”, eccetera, eccetera, – andavano bene per il circolo bocciofili, per i dibattiti congressuali, per le polemiche sulla stampa.

Notoriamente il come fare questa benedetta strada è sempre stato oggetto di accese disfide e ha dato vita a mille, legittimi, sentiti quanto inconcludenti, dibattiti.

Ma nel 1995 la realtà in cui si trovava chi doveva tentare di fare qualcosa di concreto era il caos assoluto, ed era davvero difficile trovare il pertugio utile.

Sul fronte dei soggetti che potevano dire e fare cose operative, la confusione era massima.

Non si riusciva a comprendere chi avesse veramente il bandolo in mano. C’era l’ANAS (da poco Ente nazionale per le strade) con il Presidente Giuseppe D’Angiolino, la SALT (Società Autostrade Ligure Toscana) col presidente Francesco Baudone, la SAT (Società Autostrade Tirrenica) con Stancanelli, poi in seguito nacque la SPAT (Società per l’Autostrada Tirrenica) con presidente Carlo Alberto Dringoli, una società privata costituita dalle associazioni industriali di nove province della fascia tirrenica e dalla stessa Salt. Sembrava un tavolo da gioco e nessuno sapeva se i giocatori avevano in mano il poker d’assi o una coppia di sette.

Se penso poi agli interlocutori politici, mi viene il mal di mare. Tutte persone rispettabilissime e di livello, naturalmente, ma troppe.

Nella legislatura maggio 1995 – giugno 1999 ho passato 3 Presidenti del Consiglio, Dini, Prodi e D’Alema e 4, dico 4, Ministri dei Lavori Pubblici, Paolo Baratta (fino al 17 maggio ’96), Antonio Di Pietro (dal 18 maggio al 21 novembre ’96), Paolo Costa (dal 22 novembre ’96 al 21 ottobre 1998), Enrico Micheli (dal 22 ottobre ’98 alla fine della nostra legislatura provinciale).

L’unico riferimento fermo, sia pure con lievi oscillazioni, fu la Regione Toscana col Presidente Vannino Chiti e l’Assessore Tito Barbini.

LA LINEA POLITICA ERA MOLTO SUSSULTORIA, ANCHE SE NOI, SPECIE NEGLI ATTI FORMALI, FUMMO LINEARI. Negli atti programmatori che trovai in Provincia si auspicava l’ammodernamento dell’Aurelia. D’altro canto, proprio tra il 1995 e il 1996 la Regione Toscana sembrò trovare un asse con la SAT e ambienti governativi: la formula magica fu “percorso unitario d’intenti” per “un’unica infrastruttura con caratteristiche autostradali lungo tutta la direttrice tirrenica”.

Noi tendevamo a leggere quella formulazione politichese più spostata sul versante Superstrada, che su quello dell’Autostrada. E i nostri atti formali si mossero in quella direzione. Il 25 settembre 1996, infatti, deliberammo in Consiglio Provinciale l’adeguamento dell’Aurelia da Grosseto al confine con il Lazio con l’indicazione puntuale degli svincoli da realizzare al posto delle immissioni a raso, dei tratti da portare a quattro corsie e persino delle indicazioni progettuali e morfologiche per il miglior inserimento nel paesaggio. Questa deliberazione non è stata mai revocata.

Fu proprio sulla base di quella delibera che, nel gennaio 1999, chiedemmo all’ANAS di redigere il progetto definitivo (finanziato da noi e dalla Regione Toscana) per l’adeguamento in sede del tratto a due corsie nel comune di Capalbio. Anche questo progetto che io sappia non è mai stato ritirato.

Sia chiaro, però, che eravamo disposti ad accogliere anche la proposta dell’Autostrada costiera (prevalentemente sul tracciato Aurelia) di fronte ad una proposta vera, con soldi veri, con tempi certi e alle condizioni ambientalmente più compatibili.

② L’APPARENTE ELISIR DEL 1996. Sul fronte del dibattito, sembrò improvvisamente possibile intravedersi una via d’uscita, anche a seguito di un autorevole incontro tenuto a Grosseto nel 1996 presso la Camera di Commercio voluto dal Comitato permanente per la realizzazione prioritaria dell’autostrada Livorno-Civitavecchia: presenti Carlo Alberto Dringoli (Presidente del Comitato organizzatore), il vice-presidente del Consiglio regionale Mauro Ginanneschi (per Vannino Chiti), Tito Barbini, assessore regionale ai trasporti, il sottosegretario ai trasporti Giuseppe Soriero, il sottosegretario ai lavori pubblici Antonio Bargone, il presidente della Salt Francesco Baudone, il direttore generale di Confindustria, Innocenzo Cipolletta.

Come detto, l’elisir fu rappresentato da due espressioni: “percorso unitario d’intenti” e “unica infrastruttura con caratteristiche autostradali lungo tutta la direttrice tirrenica”.

Consci che la problematica di fondo era di carattere finanziario, furono fatte anche delle cifre e ipotizzato un percorso. Secondo calcoli che si dicevano attendibili, la realizzazione del tratto di percorrenza Grosseto-Civitavecchia sarebbe costato circa 1.300 miliardi di lire (l’Anas ne disponeva forse di 1.000, che erano la metà del proprio fondo di dotazione). Quindi che cosa si poteva fare? Ipotizzando la trasformazione della superstrada Rosignano-Grosseto in autostrada a pagamento (costo previsto 300 miliardi di lire) con i ricavi del pedaggio (da cui si pensava di escludere il traffico locale) si sarebbe potuto finanziare il proseguimento del corridoio (una strada europea a norme comunitarie, si diceva) fino a Civitavecchia. A questa ipotesi, si disse, si poteva concretamente lavorare perché la Salt, con il suo presidente Francesco Baudone, aveva dichiarato la propria disponibilità. In sostanza, la Salt avrebbe pagato la spesa di trasformazione (300 miliardi) e incassato il pedaggio del tratto Rosignano-Grosseto. Soluzione che non avrebbe richiesto l’intervento delle casse dello Stato, già allora sempre più asfittiche.

La via di uscita fu più un abbaglio che una realtà. L’elisir ebbe vita breve.

La Provincia, per le sue scarse finanze e le pressoché nulle competenze sulle grandi opere, non poteva in realtà fare molto, però un peso lo poteva avere, soprattutto nella tessitura di una posizione discussa e condivisa. Insieme all’Assessore Renato De Carlo, persona di grande signorilità, competenza e abnegazione, contattammo praticamente tutti, incontrandoci o scontrandoci, avanzando proposte e accompagnando ogni piccolo barlume realizzativo. Naturalmente nell’ottica di realizzare un’opera il più possibile capace di unire concretezza a rispetto dell’ambiente.


Personalmente, su questo tema ho sempre avuto un approccio pragmatico.

Non avevo un’ideologia da difendere e comprendevo che i nemici da battere erano i dibattiti inconcludenti, i veti contrapposti, le ipotesi contrastanti. Lo consideravo come il gioco delle tre carte: altri ci davano le carte e puntualmente ne facevano sempre sparire una, dirottando le sempre meno pingui risorse statali verso altre zone d’Italia.

Per questo nel 1995 ero favorevole all’adeguamento dell’Aurelia perché c’erano limitate risorse disponibili e l’intervento autostradale ne reclamava molte di più. Poi dal 1996 venne fuori l’ipotesi dell’Autostrada secondo la modalità che ricordavo prima (unica infrastruttura con caratteristiche autostradali lungo tutta la direttrice tirrenica) che come detto per me voleva piuttosto dire Superstrada con caratteristiche autostradali. E sposai questa ulteriore possibilità, in sintonia con la Regione Toscana, forse più spinta di noi. Il problema vero erano sempre le risorse, la certezza della realizzazione e i tempi.

Con i Ministri una vera relazione fu possibile metterla in piedi solo con Paolo Costa. Ricordo ancora lucidamente quanto mi disse durante un incontro nel ’97 presso il suo Ministero: il corridoio tirrenico è una delle 6 o 7 priorità nazionali. I soldi per tutte non ci sono. Per sperare di farla rientrare tra le prime 2 o 3 è necessario che tutti gli attori locali, comuni, provincia, regione, soggetti vari, trovino una posizione unitaria e parlino con una sola lingua.

Già lo sapevamo, ma il messaggio fu forte e chiaro. E io e De Carlo ci mettemmo proprio a tessere quella tela, con la consapevolezza della nostra modestia, ma anche della utile rilevanza del nostro compito. Continuammo i contatti con la Regione, il Ministero, l’Anas nazionale e regionale, le varie Società Autostrade, dialogammo con il sistema associativo locale e favorimmo diversi incontri con i Sindaci da Capalbio a Follonica (che non la pensavano tutti allo stesso modo): sostanzialmente, grazie a tutti, fummo in grado di raggiungere una posizione unitaria, al di là delle propagande di rito e di intelligenti precisazioni su pedaggio, autostrada aperta e via discorrendo.

Questa raggiunta intesa ebbi modo di comunicarla al Ministro Costa quando venne a Grosseto il 13 luglio 1998. Nell’assise pubblica che si tenne al Granduca gli rivolsi queste parole: “Nell’incontro che si ebbe presso il suo ministero nel corso del 1997 lei mi disse che il Governo avrebbe lavorato per quegli interventi sui quali si registrava un consenso unanime a livello locale. Sul consenso ci abbiamo lavorato ed è stato sostanzialmente raggiunto. Ora attendiamo la risposta nazionale su tempi, progetti, finanziamenti, esenzione del pedaggio per i residenti. L’Amministrazione Provinciale di Grosseto sull’Aurelia ha già messo risorse insieme alla Regione Toscana per la progettazione esecutiva del tratto a due corsie di Capalbio”. Sia chiaro che in quel caso si sarebbe trattato di autostrada e al ministro dissi: “autostrada sia”.

Risposte non ne avemmo, anche perché di lì a qualche mese cadde il Governo Prodi (ottobre 1998).

③ L’USCITA DELLA SALT. Nel frattempo la neonata Salt per bocca del Presidente Carlo Alberto Dringoli tra la fine del 1997 e gli inizi del 1998 aveva dichiarato che per trasformare in autostrada aperta la variante Aurelia e realizzare con le stesse caratteristiche la tratta mancante fra Grosseto e Civitavecchia, c’era già un progetto con finanziamento da parte dei privati e una data certa di consegna, il 2004. Noi sollevammo qualche perplessità di tipo burocratico come le concessioni (ma il Presidente Dringoli disse che non ne aveva bisogno), ed era vero che in linea teorica, sempre a risorse e tempi certi, avremmo preferito per il tratto a sud di Grosseto una Superstrada senza pedaggio sul tipo di quella che unisce Siena a Firenze (come si diceva, ristrutturazione dell’Aurelia con tipologia autostradale: 25 metri, due corsie per parte di metri 3.75, corsie di emergenza e tutto il resto). Ma anche questa volta eravamo disponibili a leggere le carte della Salt, specie perché sosteneva che il suo progetto non sarebbe costato neppure una lira allo Stato. Il progetto non ci fu mai consegnato.

• Con questo giungemmo agli inizi del 1999, cioè alla scadenza del nostro mandato.

Ad eccezione del rammentato Progetto definitivo Anas da noi e dalla Regione Toscana finanziato per il tratto capalbiese, non ricordo altri eventi significativi su questo fronte, salvo cortocircuiti della mia memoria.

Insieme a De Carlo ci impegnammo con tutte le nostre forze, ma alla fine ebbero ancora una volta la meglio i chiacchieroni e gli inconcludenti di fatto uniti ai contrari a tutto e a chi aveva interesse a dirottare altrove le risorse.

Quindi anche noi fummo sconfitti e nessuno ci riconobbe almeno il cavalleresco onore delle armi.

















Nessun commento: